Investimenti esteri, Renzi vuole attirarli ma esce da Carta su energia

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Investimenti esteri, Renzi vuole attirarli ma esce da Carta su energia
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Investimenti esteri, Renzi vuole attirarli ma
esce da Carta su energia che li tutela
di Elena Veronelli | 7 maggio 2015
Nelle pieghe della legge di Stabilità viene disposto che dal 2016 l'Italia non aderirà più al trattato
europeo del 1994, che dà certezze giuridiche alle aziende straniere ed è diventato un punto di
riferimento per gli operatori del fotovoltaico. Le tutele continueranno a valere per 20 anni. Poi non è
chiaro a chi potranno appellarsi gli investitori danneggiati da modifiche in corsa della normativa
di Elena Veronelli | 7 maggio 2015
L’Italia esce dal trattato sulla Carta europea dell’energia. L’obiettivo, sostiene il governo, è
ottenere un risparmio di 450mila euro l’anno, bene che vada. A fronte del quale si generano però
profonde incertezze sulle tutele future degli investitori stranieri nel nostro Paese, proprio mentre si
tenta di attirarli assicurando loro una maggiore “stabilità” delle norme fiscali. La scelta, nascosta
nelle pieghe della legge di Stabilità, rischia di gettare un’ulteriore ombra sull’immagine dell’Italia
all’estero. Anche perché, visto che il gioco non vale la candela, il sospetto è che dietro ci sia
dell’altro.
Il trattato, a cui aderiscono 53 Paesi, è stato siglato nel 1994 sulla base della precedente Carta
redatta alla fine della Guerra fredda per superare le divisioni economiche. Con il tempo è diventato
un punto di riferimento per il settore dell’energia: tra le altre cose, definisce infatti norme e
principi comuni con l’obiettivo di dare certezze giuridiche agli investimenti stranieri. Norme e
principi a cui si può appellare chiunque faccia parte di uno degli Stati aderenti.
Esemplare è il caso dei recenti ricorsi degli operatori del fotovoltaico contro il decreto spalma
incentivi varato dal governo Renzi. Prima dell’estate un centinaio di investitori stranieri in impianti
solari hanno infatti avviato la procedura di arbitrato internazionale contro il provvedimento,
basandosi proprio sui principi del Trattato. Secondo gli operatori, lo spalma-incentivi violerebbe,
infatti, l’articolo 10 che contiene il principio del “giusto ed equo trattamento e tutela gli investitori
da repentini e inattesi cambiamenti delle condizioni sulla base delle quali gli investimenti sono stati
effettuati”, e l’articolo 13, che mira a proteggere gli investitori da un’espropriazione da parte di
uno degli Stati contraenti.
Il recesso dal Trattato, decisione del tutto inedita (nessun altro Paese aderente lo aveva mai fatto),
non dovrebbe avere effetti sulla vicenda. Le norme continuano infatti a valere per 20 anni per tutti
gli investimenti effettuati in passato. Ma per il futuro, a partire dal gennaio 2016 quando l’uscita
sarà effettiva, le domande sono molte. Gli investitori, non solo quelli nel fotovoltaico, a chi si
potranno appellare per contestare qualsiasi nuovo provvedimento e far valere le proprie ragioni?
L’attrattività della Penisola ne risentirà? Assisteremo a un fuggi fuggi degli imprenditori stranieri
proprio mentre, come ribadito giovedì dal viceministro dell’Economia Luigi Casero, il governo
afferma di voler creare un sistema fiscale ”attrattivo per le imprese straniere” che investono in
Italia?
“L’uscita dal trattato non incide retroattivamente sugli investimenti già effettuati. Tuttavia avrà
effetto su quelli futuri e questo crea un problema di immagine del nostro Paese”, spiega a
ilfattoquotidiano.it Germana Cassar, socio dello studio legale Macchi di Cellere Gangemi, che
segue alcune delle aziende straniere che hanno fatto ricorso. “L’investitore ragiona sia in termini di
remunerazione che di rischio. Già ora non siamo visti come un Paese molto affidabile e questa
decisione è un ulteriore elemento che verrà valutato attentamente dagli investitori stranieri. Prima lo
spalma-incentivi, poi l’uscita dal trattato: mi pare che il messaggio sia chiaro”.
Messaggio che sembra invitare ad andare altrove, negli Stati dove le tutele del Trattato sono ancora
in vigore. Per esempio la violazione della Carta dell’Energia è oggi lo strumento legale più
utilizzato dalle aziende straniere in Spagna per ottenere risarcimenti in seguito a cambiamenti
retroattivi dei sistemi incentivanti per le fonti rinnovabili. Il Paese, secondo i dati sulle cause
pendenti della segreteria della Carta, ha ben 13 cause pendenti. Seguono la Repubblica ceca, con
sette cause, la Turchia e il Kazakhstan, con 5 procedimenti a testa.