Privatizzazioni, un piano che piace agli investitori
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Privatizzazioni, un piano che piace agli investitori
II Lunedì 3 Febbraio 2014 STUDI & CARRIERE Secondo gli avvocati d’affari, il programma del governo va bene, ma ci vogliono certezze Privatizzazioni, un piano che piace agli investitori Pagine a cura di DUILIO LUI S oddisfazione per la volontà di aprire al mercato, ma anche qualche dubbio sull’effettiva capacità di realizzare i programmi indicati. Il piano di privatizzazioni varato venerdì 24 gennaio dal governo Letta (due Dpcm che mettono sul mercato il 40% di Poste Italiane, per un controvalore variabile tra i 4 e i 4,8 miliardi di euro, e il 49% di Enav, per un controvalore di 1,8-2 mld €) ha sì l’obiettivo di intercettare la ripresa internazionale, ma convince a metà gli avvocati d’affari, che in questo periodo sono particolarmente attenti ai mandati in arrivo dagli investitori internazionali intenzionati a puntare sul mercato della penisola. Decisivo il fattore prezzo L’ o b i e t t i v o i n d i c a t o dall’esecutivo è di far cassa attraverso un pacchetto di dismissioni di quote azionarie in aziende oggi partecipate dallo Stato (inoltre a Poste e Enav, il governo pensa anche a Sace, Grandi Stagioni, Stm, Fincantieri e Cdp Reti). Un programma che si affiancherà alla cessione di immobili pubblici e degli Oscar Podda Filippo Satta enti locali, con l’obiettivo di portare in cassa non meno di 20 miliardi di euro complessivi nell’arco di qualche anno. Daniela Sabelli, socio del dipartimento corporate di Simmons & Simmons, parla di un «piano ambizioso, ma che sconta da un lato la non condivisione da parte di alcune forze politiche e, dall’altro lato i precedenti non positivi che la gente ricorda meglio, come Ilva, Telecom e Alitalia». Secondo l’avvocato, «l’apertura del capitale delle aziende di Stato non è da sola sufficiente per ottenere l’efficientamento di alcuni servizi pubblici che le stesse svolgono». «I processi di privatizza- zione sono in genere seguiti con interesse dal mercato», osserva Luigi Verga, partner di Freshfi elds. «Le possibilità che l’interesse si tramuti in qualcosa di più concreto dipendono da una serie di fattori, non ultimi, come si è potuto constatare in alcuni recenti tentativi di dismissione da parte di enti locali, il prezzo base e i diritti che il socio pubblico intende conservare, direttamente o indirettamente». Un concetto che vale per tutti i potenziali compratori, ma in particolar modo per quelli stranieri, che nelle loro valutazioni tengono in considerazione anche il «rischio Paese». Così Verga si augura che l’effetto di SECONDO LUCA FABBRINI, CBA Inevitabile l’m&a nelle multiutility patto vi sia un quadro Secondo Luca Fabdi regole certe e stabibrini di Cba, per li nel tempo, insieme la buona riuscita a regimi tariffari che dell’operazione sarà contemplino chiarafondamentale «la dimente i criteri di remusponibilità da parte nerazione del capitale degli Enti locali di ceinvestito». dere il controllo delle D. Quali sono gli imprese e adottare elementi critici dal modelli di governance punto di vista norche possano agevolamativo o soluzioni re il superamento di che potrebbero aclocalismi e vincoli. Si celerare questo protratta di una scelta cesso? politica che sicuraR. Prendiamo l’esemmente condizionerà pio del settore idrico. l’esito delle privaDall’approvazione deltizzazioni». Secondo la legge Galli fino al l’avvocato, «le cessioni Luca Fabbrini recente trasferimento di quote di minorandi funzioni attinenti za rischiano di essere alla regolazione e al controllo all’Aeeg il poco appetibili per operatori industriali, disegno del quadro normativo di rifericosì come l’imposizione di obblighi volti a mento è stato particolarmente tortuoso preservare i livelli occupazionali». e accidentato. Il referendum abrogativo Domanda. Quali sono a suo avviso i del giugno 2011 ha ulteriormente mutasettori che, non ancora inseriti nella to il contesto di riferimento. Questo non lista delle dismissioni, si candidano a agevola gli investimenti in un settore che essere messi sul mercato necessita di interventi urgenti al fine di Risposta. Penso in primo luogo alle adeguare gli standard di servizio a livelli multiutility, che possono far gola sia a europei e scongiurare la grave dispersione operatori industriali, che a fondi di invedi risorse idriche. stimento e altri investitori finanziari. A questo processo di privatizzazione «non sia solo quello di un miglioramento della situazione di bilancio, ma anche l’attrazione di investitori intenzionati a contribuire allo sviluppo delle società partecipate». Per Filippo Satta, socio dello Studio Satta Romano & Associati, è fondamentale «aver chiaro dove si vuole andare e arrivare attraverso la privatizzazione. Questo vale a maggior ragione per gli immobili, per l’impiego dei quali sono coinvolte competenze di ogni genere (ambiente, soprintendenze, comuni, regioni), che troppo spesso vengono esercitate con effetti paralizzanti». E il concetto vale anche per le infrastrutture da realizzare: «Basti pensare al rigassificatore di Bari, da cui British Gas è letteralmente scappata», aggiunge l’avvocato. Che suggerisce di inserire il piano di industrializzazioni nella cornice di un piano di politica industriale per evitare la «deindustrializzazione del Paese». Il riferimento è in primo luogo a Finmeccanica. «Questo colosso va certamente alleggerito e riorganizzato; ma è evidente che se qualche fondo la acquistasse, al di fuori di un quadro di riferimento ben preciso, farebbe quel che si è visto fare tante volte negli Stati Uniti: un gigantesco spezzatino». Secondo Oscar Podda di Nunziante Magrone, le grosse prede come Sace e Grandi Stazioni possono interessare a diversi soggetti. «Gli aspetti più attraenti per uno straniero che investe sono i bassi costi di sistema (cioè le imposte), Nunzio Bevilacqua una ragionevole flessibilità del mercato del lavoro e una certa stabilità normativa, magari accompagnata da un sistema giudiziario decente», commenta. Sollevando comunque perplessità sulla volontà di cede piccole quote in realtà come Eni e Fincantieri: «Con i piccoli passi Daniela Sabelli non si va molto lontano». Secondo Podda, per evitare gli errori riscontrati nei precedenti tentativi di privatizzazione: «Si deve puntare a fare soldi, ma onestamente: quindi si mette un asset sul mercato e lo si vende a chi offre di più, che sia indonesiano o di Voghera. Si deve resistere alla tentazione di aumentare il prezzo scaricando il costo sui consumatori perché l’azienda viene ceduta con privilegi speciali, come il caso del monopolio “legale” di cui ha goduto la nuova Alitalia. O deprimerlo perché vengono messi vincoli sull’occupazione o vengono scelti investitori “amici”, con la scusa che sono italiani o altro». Secondo Sabella «occorrerà esaminare caso per caso quali sono le modalità di dismissione che verranno implementate». Un esempio? «Per l’Eni si parla di una fase di buyback nella quale lo Stato reperirà altre azioni STUDI & CARRIERE Lunedì 3 Febbraio 2014 III I processi di privatizzazione sono sempre seguiti con attenzione dal mercato sul mercato per poi effettuare la cessione, mantenendo comunque una partecipazione del 30%. In questo caso occorrerà capire se ci sono uno o due soggetti interessati a rastrellare la percentuale di capitale ceduta, oppure se saranno singoli investitori ad acquistare pacchetti ridotti di azioni». «Un’operazione che, proprio come tutte quelle che Italia vengono a lungo ‘decantate’, fa sorgere seri dubbi su di una sua concretizzazione che travalichi l’aspetto formale e di contingente promozione politica per arrivare a dei ritorni sostanziali per le casse pubbliche, che di ben altro avrebbero bisogno, e a un miglioramento in termini di efficienza delle società in questione», commenta l’avvocato Nunzio Bevilacqua, direttore della rivista giuridica Notarilia. «Quello di cui gli investitori esteri necessitano oggi è una seria scelta di campo da parte del nostro paese che vada nel senso di un superamento di modelli “ibridi”, a volte creati ad hoc, dove lo Stato riesca comunque, in un modo o nell’altro ad influire, dove la trasparenza diventi canone di comportamento in binomio a una certezza del diritto la cui assenza continua ad essere il più efficace «repellente” all’attrazione degli investimenti». «Se in passato si è svenduto», conclude Bevilacqua, «a ciò oggi si aggiunge il rischio di attuare le solite «partite di giro» e un’eventualità del genere potrebbe rappresentare, in termini di credibilità, una vera spina nel fianco all’alba della presidenza italiana al semestre europeo». I nodi da sciogliere per realizzare un’operazione di successo Fabrizio Faina, m&a partner di Jones Day, sottolinea la necessità di conoscere nel dettaglio il piano per fare una valutazione compiuta e indica un altro nodo da sciogliere, quello relativo ai Fabrizio Faina diritti di governance in capo ai potenziali compratori che arriveranno da oltreconfine. «Per conoscenza diretta del mercato mediorientale ritengo che, se si prende come esempio tale bacino geografico, difficilmente ci saranno soggetti interessati all’acquisto di partecipazioni minoritarie con fi nalità speculative, senza alcuna prospettiva di partecipare alla gestione o perseguire sinergie derivanti dall’integrazione delle target nei Manila Rainò Paolo Montironi propri gruppi». In tale ottica, la cessione del pacchetto di maggioranza di Grandi Stazioni potrebbe risultare interessante, secondo Faina, «soprattutto per investitori del settore immobiliare». Prevale la prudenza anche nell’analisi di Manila Rainò, managing associate del gruppo corporate di Linklaters, che parte con una premessa (da quanto emerso non si tratta di vere e proprie privatizzazioni, ma di cessioni di partecipazioni attualmente in mano pubblica), per poi indicare tre condizioni indispensabili perché l’operazione risulti attrattiva: «Innanzitutto che si tratti di cessioni a terzi e non, come avvenuto nel recente passato, alla Cassa depositi e prestiti (controllata dal Tesoro e dalle Fondazioni bancarie, ndr). In secondo luogo che vengano realizzate in parallelo riforme per garantire l’accesso al mercato da parte di più soggetti, quindi aumentando la competitività, e regole chiare che prevengano posizioni di monopolio se pur in mano privata. Infine che si superi la cultura della “italianità” delle nostre imprese fine a se stessa, penalizzando così operazioni industriali proposte da investitori stranieri che porterebbero valore aggiunto alla nostra economia». Se verranno rispettate queste condizioni, è il pensiero di Rainò, le operazioni «saranno attrattive per gli investitori stranieri, come fi nora è stato dimostrato in varie occasioni». Anche se poi alcune vendite non si sono concretizzate «a causa di una concorrenza della stessa longa manus dello Stato e diffidenza statale nei confronti di inMassimiliano Perletti vestitori stranieri. I rischi di decidere in emergenza Secondo Paolo Montironi, senior partner di Nctm, non sarà facile evitare gli errori emersi nel corso delle passate privatizzazioni: «Anche questa volta, infatti, le operazioni sono detta- LO DICE FABRIZIO ARENGI BENTIVOGLIO, FIDIAFIN L’Italia può diventare un’opportunità Fabrizio Arengi Bentivoglio è chairman e ceo di FidiaFin, investment company italiana basata a New York. Per questo le sue riflessioni possono risultare utili a comprendere cosa cercano gli investitori internazionali al momento di scegliere dove allocare i propri fondi. Domanda. Ritiene che questa nuova ondata di privatizzazioni annunciata dal governo attirerà l’interesse degli investitori stranieri e, in particolar modo, statunitensi? Risposta. C’è molta liquidità nel sistema in cerca di investimenti interessanti e certamente una parte sarà allocata anche all’Europa, ma occorre chiedersi se vi saranno scelte sporadiche e opportunistiche o più sistematiche. Credo che i fondamentali delle economie europee siano ancora deboli e in questo contesto quelli italiani ancora più incerti. Quindi è diffi cile prevedere che l’Italia diventi improvvisamente una grande opportunità d’investimento Fabrizio Arengi Bentivoglio per il semplice fatto che il governo sta vendendo alcuni asset. D. Eppure proprio gli investimenti opportunistici, ai quali ha fatto cenno, sembrano in crescita… te da una situazione d’emergenza. Per tentare di abbattere il debito pubblico italiano la strategia non dovrebbe essere di puntare su cure paliative, che tentano di arginare il problema soltanto per un anno, ma su una soluzione più duratura nel tempo». L’avvocato indica come discriminante la capacità di «intervenire sulle spese con coraggio, sfidando l’impopolarità presso le lobby che adottano sempre un approccio Nimby (not in my back yard)». Il discorso di Montironi sull’importanza di focalizzarsi sul taglio dei costi è legato alla constatazione che R. Se si è pronti a sostenere un investimento di lungo termine in un sistema inefficiente, che quindi richiede energie e risorse per gestire la complessità, le crisi possono rappresentare delle ottime opportunità, specialmente per investitori liquidi, ma i tempi di realizzo rimangono incerti. D. Quali sono i fattori negativi che rendono invece meno attrattivo il nostro paese per gli investitori americani? R. Sono i soliti: zero crescita, burocrazia, mancanza di regole chiare e che vengano applicate, inefficienza, mancanza di un libero mercato, rigidità del mercato del lavoro, limitato accesso al mercato dei capitali. Inoltre le aziende italiane rimangono di piccole o medie dimensioni e quindi faticano di più ad affermarsi nei mercati internazionali. Gli investitori stranieri, e soprattutto americani, cercano mercati in crescita e con sistemi di riferimento chiari. © Riproduzione riservata anche un incasso in linea con le previsioni di 20 miliardi di euro consentirebbe di ridurre il debito pubblico di appena l’1%. «Inoltre si tratterebbe di incassi una tantum, mentre già dall’anno successivo si dovrebbero cercare nuovi asset da dismettere». Dello stesso avviso è anche Massimiliano Perletti, partner di Rödl: «Se l’obiettivo è cercare di ripianare - con gli incassi delle vendite delle partecipazioni - lo sterminato debito pubblico i dubbi su questo strumento, bisogna sapere che l’incasso inciderà in maniera marginale. Quello che, invece, queste privatizzazioni potrebbero rappresentare è un messaggio chiaro ed inequivocabile verso un nuovo modo di concepire la proprietà pubblica». Inoltre suggerisce di chiarire il ruolo della Cdp, «che parrebbe essere il soggetto che si avvantaggerebbe concretamente da queste operazioni attraverso una possibile ricapitalizzazione». © Riproduzione riservata Supplemento a cura di ROBERTO MILIACCA [email protected] e GIANNI MACHEDA [email protected]