darfur, nuovi confini della guerra tra sudan e ciad

Transcript

darfur, nuovi confini della guerra tra sudan e ciad
DARFUR, NUOVI CONFINI DELLA GUERRA TRA SUDAN E CIAD
Venerdì 13 Aprile 2007 14:30
di Elena Ferrara
La parola “pace” è bandita dal Darfur. Con il tragico scenario del Sudan e del Ciad che
riprendono le ostilità. Da Khartum (che alle spalle ha sempre una guerra civile tra Sud e Nord
del paese, scoppiata per il controllo dei giacimenti di petrolio e complicate questioni etniche e
religiose) giungono notizie sempre più allarmanti (in Darfur si combatte) che riferiscono di
un’aggressione armata, in cui almeno 17 soldati sudanesi sarebbero rimasti uccisi dopo
un’incursione delle truppe del Ciad. E da N’Djamena – la capitale situata sulle rive del fiume
Chari – si ammette l’incursione sostenendo, però, che alcuni reparti dell’esercito erano sì entrati
nella regione sudanese del Darfur, ma solo per inseguire un gruppo di ribelli. E sempre in
riferimento a questi scontri il Ciad accusa le forze sudanesi di essere intervenute a protezione
delle retroguardie dei ribelli del Cnt (“Concordia nazionale del Ciad”). Khartum sostiene invece
di avere respinto un attacco nella zona di Khour Baranga, nel Darfur occidentale. E ancora una
volta negli scontri – a quanto risulta alle agenzie di stampa - ci sarebbero state ingenti perdite
tra i civili. E’ chiaro, quindi, che anche questi nuovi “incidenti” aggravano ulteriormente i già
pessimi rapporti tra i due Paesi. Non solo: rimettono in discussione gli accordi per la
pacificazione della frontiera comune raggiunti con la mediazione di Libia e Eritrea; e
aggiungono poi un ulteriore elemento destabilizzante alla grave crisi del Darfur.
Sulla “questione” interviene ora l'Alto Commissariato dell'Onu per i rifugiati (Unhcr) che
presenta i risultati di un'inchiesta sull'incursione condotta dai miliziani arabi Gangawid, una
milizia filo-governativa sudanese composta di predoni presentati, in modo leggendario, come
"uomini a cavallo armati di carabina". E secondo molte fonti sudanesi sono loro i responsabili
delle nefandezze che tormentano la martoriata regione occidentale del Sudan. Intanto dopo gli
scontri più recenti, un portavoce militare dichiara che l'esercito di Khartum è pronto a rispondere
a quella che definisce un'aggressione armata.
La situazione si fa sempre più complessa e annuncia una nuova fase tumultuosa. Perché la
tragedia del Darfur - vero e proprio genocidio - continua. E il conflitto iniziato nel febbraio del
2003 vede contrapposti i Gangawid e la popolazione. Con il governo sudanese che pur
negando pubblicamente di supportare le milizie locali fornisce loro armi e assistenza. E sul
campo il numero delle vittime è impressionante. Per l’Organizzazione mondiale della Sanità si
sarebbe ora a 70.000 morti, ma le Ong parlano di 400mila. E almeno 2.500.000 sono le
persone che hanno cercato rifugio nei campi profughi.
Darfur, quindi, come tragedia globale che stravolge e cancella le radici di un popolo. Perché
qui il governo non vuole usare l’esercito regolare sudanese (i cui coscritti per il 50% vengono
proprio da questa regione) e reagisce armando milizie filogovernative che hanno carta bianca:
1/4
DARFUR, NUOVI CONFINI DELLA GUERRA TRA SUDAN E CIAD
Venerdì 13 Aprile 2007 14:30
possono cacciare le etnie ribelli dalle loro case e dai loro villaggi. Il conflitto si sviluppa in
maniera brutale con interi villaggi incendiati. Si commettono atti di inaudita violenza, assassinii e
stupri. Le milizie distruggono anche il sistema idrico di irrigazione da cui dipende la vita dei
contadini, mentre i villaggi “arabizzati” restano intatti.
Il risultato è che oltre un milione di persone si è dato alla fuga. E’ vera guerra civile che è in
corso ormai da 20 anni. Vede opporsi il governo settentrionale di Karthum ed i ribelli del Sudan
People's Liberation Army
(SPLA), che rivendicano l'indipendenza delle regioni meridionali del Paese. Una delle principali
motivazioni di questa guerra (oltre a questioni economiche e territoriali) è sicuramente la
profonda differenza etnica, sociale e religiosa esistente tra il Nord nazionalista, arabo e islamico
ed il Sud nero e cristiano-animista, organizzato in strutture di stampo prevalentemente tribale.
Tale contrapposizione, portata alle estreme conseguenze da rivalità etniche, aveva già
condotto le parti a combattersi in un primo conflitto che insanguinò il sud Sudan dal 1955 al
1972, poco prima che il Paese raggiungesse l'indipendenza dall'Inghilterra; le ostilità ebbero
inizio quando una guarnigione governativa dell'Equatorian Corps si ammutinò e diede origine
ad una lotta armata contro Khartum.
Il conflitto, concentratosi quasi esclusivamente nel sud del Paese, ha colpito in particolar modo
la popolazione civile, tra cui si registrano gran parte degli oltre due milioni di vittime; inoltre, in
centinaia di migliaia hanno perso la vita a causa delle carestie e delle epidemie connesse con la
guerra, mentre altri quattro milioni e mezzo di persone hanno dovuto abbandonare le proprie
case e rifugiarsi nei campi profughi locali o dei Paesi confinanti (Uganda e Kenya in particolare).
E’ in atto, in pratica, la distruzione sistematica della intera società locale. Governo e ribelli si
sono resi responsabili di gravissime violazioni dei diritti umani; per vent'anni l'aviazione ha
bombardato incessantemente i villaggi, colpendo case, scuole, edifici pubblici, mercati e chiese.
Le stragi di civili sono state quasi quotidiane, come testimonia l'enorme numero di fosse comuni
rinvenute; inoltre, migliaia di persone, soprattutto donne e bambini, sono state rapite e
deportate al nord come schiavi. Quanto alle “vere” ragioni del conflitto, va ricordato che negli
ultimi anni il tentativo di controllo dei giacimenti petroliferi e delle altre risorse dei territori
meridionali ha preso il sopravvento su ogni altra questione, diventando, appunto, il vero motivo
della guerra.
Le enormi ricchezze del sud - fra cui, oltre al petrolio, anche acqua, terreni coltivabili,
bestiame, minerali, che non si trovano nel nord principalmente desertico - rappresentano da
sempre un fortissimo richiamo per la classe dirigente e per i grandi amministratori e proprietari
terrieri ad essa legati. Ad aggravare la situazione si è aggiunto l'intervento di influenti
multinazionali petrolifere straniere che hanno fomentato la campagna di guerra di Khartum per
tentare di conquistare quante più "aree produttive" a sud alimentando, nello stesso tempo, i forti
contrasti nazionali. Si è così instaurato un circolo vizioso, attraverso cui il regime ha utilizzato
gran parte dei ricavi dell' "oro nero" per acquistare armi sempre più distruttive e prendere il
controllo di un numero sempre maggiore di giacimenti.
2/4
DARFUR, NUOVI CONFINI DELLA GUERRA TRA SUDAN E CIAD
Venerdì 13 Aprile 2007 14:30
Centinaia di migliaia di civili sono stati così scacciati o uccisi unicamente per il fatto di abitare
nei pressi di campi petroliferi e talvolta, secondo numerose denunce di osservatori indipendenti,
le multinazionali non hanno esitato a scatenare i propri eserciti privati sulla popolazione. Intanto
a partire dalla fine di febbraio alcune delle etnie locali più rappresentate - a quanto pare
sostenute dall'SPLA e da altri Paesi stranieri - hanno cominciato una campagna di lotta armata
contro il governo, che a sua volta ha reagito rifiutando qualsiasi soluzione negoziale e
replicando agli attacchi.
Da tutte queste considerazioni sorge ancora una volta la domanda sul perché della situazione
nel Darfur. Qui – tra le prime cause – c’è quella relativa alla crescente concorrenza per
possedere la terra e l’acqua, in una regione colpita fin dagli anni settanta da siccità ricorrenti.
Quindi la volontà di Khartum di mantenere il controllo sul Paese, che ha radicalizzato i conflitti
attorno alla suddivisione del territorio. La crescente concorrenza per possedere la terra e
l’acqua, in una regione colpita fin dagli anni settanta da siccità ricorrenti, è, appunto, una delle
ragioni della crisi del Darfur. Questa ha messo a dura prova il fragile equilibrio tra i gruppi,
causando la moltiplicazione dei conflitti tra le comunità di agricoltori neri ed i gruppi di pastori
nomadi, per lo più arabi.
I conflitti assumono, comunque, l’aspetto di una pulizia etnica sistematica. L’elemento
scatenante di questa radicalizzazione è stato la nascita, nel 1987, del “Raggruppamento
Arabo”. Composto di "intellettuali" e da capi politici, il “Raggruppamento” sviluppa un’ideologia
apertamente razzista, che attribuisce alla “cultura araba" il “compito di civilizzare questa
regione”. Il governo, invece di prendere le distanze dai radicali, copre questi sbandamenti
razzistici e si appoggia a loro. Così, nel 1994, instaura una nuova divisione amministrativa del
Darfur, il cui risultato è stato solo quello di frammentare le regioni abitate dai neri,
aumentandone la loro esclusione.
Anche le sfide di politica interna sono una componente di questa radicalizzazione del potere e
dimostrano l’esistenza di precisi interessi strategici. Alle elezioni del 1986, durante il breve
periodo di democrazia, il Darfur ha in maniera massiccia votato per l’Umma (movimento della
comunità dei credenti), attualmente all’opposizione. Questo Partito, come del resto il Partito
Comunista, ha influenzato ideologicamente uno dei due movimenti ribelli del Darfur, l’"Esercito
di Liberazione del Sudan” (SLA), nato nel febbraio 2003. Ma è soprattutto la volontà del
governo di accaparrare le ricchezze del paese a vantaggio di una piccola élite centrale e quindi
a scapito delle zone periferiche, che spiega meglio la radicalizzazione del conflitto.
Insistendo sul successo dei negoziati nord-sud e rifiutando inizialmente di considerare
l’ampiezza e la profondità della crisi nel Darfur, la Comunità internazionale, con gli Stati Uniti in
testa, ha lasciato le mani libere a Khartum per condurre la sua guerra nell’Ovest del paese. Il
disastro umanitario attuale sembra finalmente aver fatto uscire questo conflitto dal suo letargo.
Anche un paese come la Francia, tradizionalmente vicino al governo sudanese, si aggiunge
ormai al coro delle pressioni. Ma per gli abitanti del Darfur buttati fuori dai loro villaggi in seguito
alle violenze dei Gangawid è già troppo tardi; infatti dal 2003 il conflitto ha causato lo
spostamento di oltre un milione di persone.
I Gangawid non hanno mai smesso di assaltare villaggi, uccidere, violentare, bruciare
3/4
DARFUR, NUOVI CONFINI DELLA GUERRA TRA SUDAN E CIAD
Venerdì 13 Aprile 2007 14:30
capanne. E nulla garantisce che il governo sudanese, così abile nel fare dichiarazioni di buone
intenzioni, disarmerà poi, come promesso, le sue milizie e lascerà spazio all’organizzazione
degli indispensabili aiuti umanitari.
Lo scenario del Sudan-Ciad, intanto, si arricchisce di una nuova pagina. Perché il Presidente
sudafricano Thabo Mbeki arriva ora a Khartum nella speranza di convincere le autorità
sudanesi ad accettare che la missione dell'Unione Africana dislocata nel Darfur sia affiancata
da una forza di pace internazionale. Il Sudan non sembra disposto ad assentire e fonti
governative hanno escluso che la visita di Mbeki possa modificare l'attuale linea.
4/4