Emergenza Darfur, Rapporto Narrativo

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Emergenza Darfur, Rapporto Narrativo
EMERGENZA DARFUR:
INTERVENTO CONGIUNTO DELLE CHIESE CRISTIANE
In Darfur si è conclusa la prima fase dell’intervento in risposta all’emergenza gestito in maniera congiunta
dalla confederazione Caritas Internationalis e dalla rete delle organizzazioni umanitarie delle chiese
protestante e ortodossa ACT (Action by churches together). Caritas Italiana ha potuto contribuire
all’intervento grazie attraverso le offerte di diverse Caritas Diocesane e di privati cittadini. L’emergenza però
non si è conclusa e Caritas Italiana rinnova l’impegno anche per il 2006. Di seguito riportiamo un
aggiornamento della situazione, un resoconto delle attività svolte e i programmi futuri.
Aggiornamento della situazione
La storia
Il Darfur è la regione Nord occidentale del Sudan, copre un territorio corrispondente ad un quinto del
Paese (quanto la Francia) ed ha una popolazione di 7 milioni di abitanti. La regione è stata da sempre
molto povera, con pochissime infrastrutture e servizi di base e una pressoché totale assenza di opportunità
lavorative. Il conflitto tra agricoltori sedentari nero africani e pastori arabi nomadi, in movimento alla continua
ricerca di acqua e pascoli per il loro bestiame, fa parte da secoli della storia di questa regione, come anche
la contrapposizione con il governo centrale, accusato di aver trascurato Il Dafrur e i suoi abitanti.
Il conflitto
Il conflitto è esploso con un intensità inaudita nel 2004, ed è successivamente arrivato alla ribalta
internazionale mettendo in moto la macchina degli aiuti umanitari. Dopo un periodo di relativa calma la
conflittualità è di nuovo degenerata a partire dal mese di agosto 2005.
Preoccupante è il fatto che si è assistito ad un aumento della frammentazione tra i
diversi gruppi di ribelli e delle stesse milizie di nomadi; e questo ha portato ad una
situazione sul terreno sempre più incontrollabile. A farne le spese continua ad essere la
popolazione civile che viene ferita e uccisa e costretta ad abbandonare i villaggi.
Il governo sudanese non riesce a controllare la situazione sul terreno e a proteggere la
popolazione, cosa questa che non è riuscita finora neanche alla forza di pace
dell’Unione Africana, i cui numeri e mandato non sono ancora in grado di assicurare
loro il controllo del territorio. A complicare la situazione si aggiungono le tensioni tra il
Ciad e il Sudan, sempre rimaste all’ombra del conflitto ma che si sono riacutizzate negli
ultimi mesi.
Situazione umanitaria
In Darfur sono 1,8 milioni gli sfollati interni, mentre 200.000 persone si sono rifugiate nel vicino Ciad.
A queste si devono aggiungere 1,3 milioni di persone che, pur non avendo dovuto lasciare i villaggi,
subiscono in qualche modo le conseguenze della guerra e hanno bisogno di essere assistite. Le
Nazioni Unite stimano che circa 180.000 persone siano morte come conseguenza, spesso indiretta, del
conflitto. Tutti gli ultimi rapporti sottolineano come la situazione di emergenza sia ancora grave e ad una
prevedibile diminuzione degli aiuti nel 2006 non corrisponderà una diminuzione dei bisogni.
Resoconto delle attività svolte
Storia e strategia
Quando nel mese di maggio del 2004 il conflitto in Darfur è divenuto pubblico Sudan Aid (Caritas Sudan), ha
invitato i suoi partners, riuniti nella confederazione di Caritas Internationalis, a
sviluppare un intervento ecumenico, in collaborazione con le agenzie umanitarie
della chiesa ortodossa e protestante riunite nel network ACT (Action By Churches
Together). Si è cercato, da un lato, di evitare che un intervento della sola chiesa
cattolica in una regione a predominanza musulmana fosse visto come una volontà
di fare proseliti, dall’altro di unire gli sforzi, tenendo conto che la regione ha una
presenza limitata di strutture e personale delle tre confessioni religiose tale da
rendere sicuramente più efficace un approccio comune. L’esperienza di questi 18
mesi, pur nelle difficoltà di mettere d’accordo e far lavorare insieme organizzazioni di diversa natura,
conferma la validità di questa scelta, sia per il senso, le tre chiese cristiane insieme a servizio della
popolazione prevalentemente musulmana; sia in termini di risultati, in quanto mettendo insieme esperienze e
capacità dei due diversi network si è migliorata l’efficacia e l’efficienza degli interventi.
Caritas Italiana all’inizio dell’operazione, non aveva un ufficio in Darfur, è stata dunque aiutata ad avviare lo
stesso e formare gli operatori.
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I settori di intervento sono stati:
a. Sanità: sono state costruite o riabilitate e ingrandite e sono in funzione 13 cliniche permanenti, mentre 9
sono con strutture temporanee. Insieme servono più di 23.500 pazienti ogni mese. Sono stati rinnovati
anche due ospedali in zone rurali.
b. Acqua: sono stati scavati 80 pozzi profondi con la trivella e 22 poco profondi a mano, sono state
installate 52 pompe a mano e 14 serbatoi provvisori. Sono state riparate 36 pompe a mano ed è stata
fatta la pulizia e la manutenzione di 40 pozzi poco profondi scavati a mano.
c. Igiene pubblica: sono stati distribuiti 29.126 kit semplici e 11.061 più forniti per l’igiene personale. Sono
stati formati 31 animatori comunitari e 349 volontari per l’igiene pubblica e costituiti 31 comitati d’igiene
pubblica. Sono state costruite 3.451 toilette nei campi, 60 nelle scuole e 1.129 lavabi.
d. Nutrizione: sono state ammesse al programma di assistenza alimentare 37.668 tra bambini malnutriti al
di sotto dei 5 anni, donne incinte e durante l’allattamento, di questi 22.451 sono stati dimessi poiché
avevano raggiunto un livello nutrizionale non più a rischio. Sono stati ammessi al programma terapeutico
per la malnutrizione grave 187 bambini sotto i cinque anni e di questi 138 sono stati dimessi.
e. Distribuzione Kit di emergenza che comprendono utensili per la cucina, teli tenda, coperte, taniche per
l’acqua, saponi, zanzariere, stuoie, materiale per costruire le capanne. Più di 254.000 persone hanno
ricevuto questo tipo di assistenza, e sono state costruite più di 4.000 capanne.
f. Trauma e aspetti psico-sociali: sono stati costruiti nove centri comunitari e di questi 5 sono già
operativi. 180 volontari delle comunità e 231 insegnanti delle scuole primarie sono stati formati sul
sostegno a persone che hanno subito gravi traumi. Il Servizio di counselling è operativi nei diversi centri.
g. Educazione alla pace e ai diritti: sono stati formate 1,329 persone tra autorità, partner e leader locali
oltre allo staff di ACT/Caritas sui diritti dei bambini, il diritto internazionale umanitario, il ruolo dei diversi
attori in un’emergenza e il monitoraggio degli abusi. Anche 128 poliziotti, compresi alcuni appartenenti
ai servizi segreti, sono stati forniti di una conoscenza di base sul diritto internazionale umanitario e
principi di protezione dei civili. Sono state formate 329 donne sull’uso di cucine a basso consumo di
legna, per evitare che vadano a raccoglierla in zone pericolose. Sono stati fatti seminari di educazione
alla pace e quattro club per la pace sono stati avviati.
h. Istruzione: sono state costruite 9 scuole permanenti e 11 temporanee, in tutte sono stati distribuiti
materiali scolastici.
i. Agricoltura: sono state distribuiti ad altrettanti contadini 22.500 pacchetti con diverse sementi e
attrezzature agricole.
Programmi futuri
Alla fine del 2005, tenuto conto dell’estrema difficoltà nella quale continuano a vivere gli sfollati senza
possibilità e speranza di un ritorno immediato alle loro terre i due network ACT e Caritas hanno ritenuto
importante proseguire l’intervento, anche se in scala minore, e tenendo conto che tutto l’equipaggiamento
necessario è già sul posto. Il budget previsto per il 2006 è di 15 milioni di dollari e saranno tre le parole
chiave dell’intervento:
- Consolidamento: non si prevede di lavorare in nuove aree ma migliorare i servizi nelle aree in cui si sta
già lavorando cercando, soprattutto nei settori della nutrizione e della sanità.
- Sostenibilità: si cercherà di migliorare la capacità di gestione delle diverse attività
da parte dei partner locali, cui verranno assegnate sempre più responsabilità. Verrà
ridotto il numero del personale espatriato cui verrà comunque dato sempre più un
ruolo di formazione e accompagnamento più che operativo.
- Flessibilità: si manterrà comunque un fondo a disposizione per intervenire nel caso
ci siano nuovi significativi movimenti di popolazione in zone non fornite di servizi o
necessità che oggi non è possibile prevedere con precisione.
Centrale nelle attività sarà la tematica della riconciliazione, per cercare di aiutare i
diversi gruppi e le diverse etnie portatrici di esigenze e interessi contrapposti che il
conflitto non ha fatto altro che esacerbare a ricostruire quel tessuto sociale di relazioni e
rispetto reciproco che solo potrà garantire una convivenza pacifica.
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