1 LA TRATTA delle DONNE Paolo Borgna Il rinverdire di un vecchio

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1 LA TRATTA delle DONNE Paolo Borgna Il rinverdire di un vecchio
LA TRATTA delle DONNE
Paolo Borgna
Il rinverdire di un vecchio arnese: sino a 15 anni fa il reato di riduzione in schiavitù era un relitto
della storia: introdotto nel codice Rocco del 1930 (in ossequio alla Convenzione di Ginevra del ’26
proposta dalla Società delle Nazioni1) pensando essenzialmente alle colonie da “civilizzare”2 (nella
Francia della Rivoluzione la schiavitù nelle colonie è abolita dalla Convenzione nel 1794; viene ripristinata da
Napoleone e definitivamente abolita nel 1848. L’Inghilterra vieta la tratta nel 1808 e la schiavitù nelle Indie occidentali
nel 1833).
Quando le “schiave” erano le europee: la “tratta delle bianche” di fine Ottocento - inizio
Novecento. Quando, per effetto della II rivoluzione industriale, grandi flussi migratori di masse di
uomini europei tentavano fortuna all’estero (Sud America o Sud Est asiatico): creando grandi
concentrazioni di popolazione maschile; a cui trafficanti di vario tipo mettevano a disposizione
donne migranti, partire alla ventura prive di protezione o direttamente reclutate nell’Europa
centrale, in Italia (in Campania) e nei sobborghi poveri dell’Inghilterra e portate a lavorare nei
bordelli delle città delle colonie d’oltreoceano (a Saigon, Buenos Aires, Calcutta, Alessandria
d’Egitto).
Nuove geografie, nuovi percorsi per un fenomeno che ritorna: meccanismi di reclutamento e
flussi (da aree economicamente svantaggiate a mercati ricchi con domande elevate) che ricalcano
quelle di fine ‘800:
- I flussi dall’Africa (Nigeria; soprattutto Edo State – antico stato schiavista): caratteristiche;
la struttura familista della tratta dalla Nigeria.
- I flussi dall’Est Europa: caratteristiche (il carattere maschile delle strutture di reclutamento
e sfruttamento).
Non sempre c’è tratta e schiavismo. Non sempre, quando c’è prostituzione, c’è una donna
sfruttata. Non sempre, quando c’è sfruttamento, si può parlare di tratta. Non appiattire il fenomeno
ad un unicum indistinto per evitare di svilire la denuncia della tratta. La prostituta autonoma decide
liberamente di vendere il proprio corpo; lo fa soltanto quando lo desidera; trae esclusivo beneficio
da questo commercio; può rifiutare un cliente; è libera di muoversi come e quando vuole. La
prostituta sfruttata è costretta a consegnare ad altri una parte dei suoi guadagni, anche se la sua
libertà di movimento e di scelta dei clienti non è rigidamente coartata. La prostituta vittima di tratta
non può scegliere quando esercitare, non può decidere se, una certa sera, sia meglio per lei starsene
a casa o uscire in strada a “lavorare”; non può tornare a casa senza avere incassato una certa somma
minima; non può scegliersi i clienti; deve consegnare ad altri tutti i suoi guadagni; non può
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Convenzione di Ginevra del 25 settembre 2006: La schiavitù è lo stato o la condizione di un individuo sul quale si
esercitano gli attributi del diritto di proprietà o alcuni di essi. Per contro: la tratta comprende ogni atto di cattura,
acquisto o cessione di individuo per ridurlo in schiavitù; ogni atto di acquisto di uno schiavo per venderlo o
scambiarlo; ogni atto di cessione per vendita o scambio di uno schiavo acquistato, per essere venduto o scambiato;
come pure, in genere, ogni atto di commercio o di trasporto di schiavi.
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Vecchio art. 600 c.p.: Chiunque riduce una persona in schiavitù, o in una condizione analoga è punito con la
reclusione da 5 a 15 anni” “E’ evidente – scriveva Vincenzo Manzini, nel suo trattato di diritto penale del 1933, citando
la relazione ministeriale sul progetto del codice penale – che questo delitto non può verificarsi mai nel territorio italiano,
né in altro Stato nel quale non sia giuridicamente ammessa la schiavitù né altra condizione personale analoga. Ma può
darsi che qualche Stato barbarico conservi o introduca nel suo ordinamento giuridico l’istituto della schiavitù o altro
istituto analogo, e perciò la disposizione dell’art. 600 è giustificata.
Relazione ministeriale: “E’ certamente esatto che il delitto di riduzione in schiavitù, intesa come condizione di diritto, non può
commettersi in Italia …”. Ed infatti la dottrina dell’epoca si esercitava nel definire la distinzione tra art. 600 (soggezione
intesa come condizione di diritto: sic Rocco)) e il plagio (art. 603) [… sottopone una persona al proprio potere:
soggezione di fatto].
Dunque: il reato di poteva in ipotesi contestare nel caso in cui fosse stato commesso ai danni di un cittadino italiano che
fosse ridotto in schiavitù trovandosi all’estero (in uno “stato barbarico”): ex art. 10 c.p.
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muoversi liberamente; non può avere un fidanzato o coltivare amicizie che mettano a rischio la sua
sudditanza allo sfruttatore o alla madam [fare es.3].
La persona che diventa cosa – il ritorno della tortura. Ciò che rende la tratta degli essere umani
un reato particolarmente intollerabile – assai più grave rispetto ad altre condotte di sfruttamento – è
la mercificazione della persona umana, la sua riduzione a mero oggetto. Torna in mente Beccaria
quando parla della tortura: “Non vi è libertà ogni qual volta le leggi permettono che, in alcuni
eventi, l’uomo cessi di essere persona e diventi cosa”. La donna vittima di tratta è merce: le madam
– parlando delle ragazze fatte arrivare dalla Nigeria – usano il verbo to buy (the girl that I bought).
Fare es.: la ragazza ceduta in compensazione di un debito verso un terzo, che la può far lavorare
sulla strada. Dunque:
Non a caso nelle vicende di tratta, ricostruite dalle nostre indagini, ci imbattiamo spesso in episodi
di tortura (fare es.: la ragazza sequestrata in strada, legata ad una sedia e piagata, per un’intera notte,
col ferro da stiro rovente affinché rivelasse l’indirizzo in cui una sua amica aveva trovato rifugio; la
ricorrente pratica dello straccio imbevuto d’acido e passato sulle braccia, etc.). Non ci sembra vero;
ma, leggendo le pagine di certe indagini, ci accorgiamo che nelle nostre città è tornata la tortura.
Non la tortura morale, psicologica, ma la tortura “che strazia le carni, la tortura delle ruote dentate e
delle carni roventi” per cui si disperava, sgomento e quasi incredulo, Calamandrei nella
commemorazione dell’avvocato Enrico Bocci del novembre ’47. I mostri – che si credevano
sconfitti per sempre – che ritornano.
Le definizioni teoriche della riduzione in schiavitù e della tratta – l’esercizio su una persona di
“poteri corrispondenti al diritto di proprietà”, la “riduzione dell’uomo al rango di oggetto” –
scendono dall’empireo dei dibattiti dottrinali e diventano esperienza quotidiana: diventano il
diritto, di cui parlava Calamandrei, che non si perde nel cielo delle astrazioni ma diventa quella cosa
in cui “circolano dentro le lacrime e il sangue degli uomini”.
Gli strumenti giuridici per il contrasto.
Norma più normalmente utilizzata nel contrasto allo sfruttamento di donne migranti il 12.3, 3bis, 3
ter D.L.vo 286/98
La riscoperta – ante riforma del 2003 – del vecchio art. 600: valorizzazione della “condizione
analoga alla schiavitù” \---> (paragone con riscoperta del 306 c.p. avvenuta sul finire degli anni ’70
per il terrorismo).
La nuova giurisprudenza (ante 2003) sul 600 a partire dai primi anni ‘90: v. all. [sent. 16.12.97]
La riforma della L. 11 agosto 2003 n. 228: attuazione, a livello di legge nazionale, di un dei due
Protocolli alla Convenzione di Palermo del 20004 [richiamo alla lezione del prof. Sotis].
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Sul tema, v., per tutti, Paola Monzini, Il mercato delle donne, prostituzione, tratta e sfruttamento, Donzelli, 2002.
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Nell’ambito della Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale, firmata a Palermo
il 15 Dicembre del 2000, sono stati inseriti due protocolli : il primo contro il traffico di esseri umani (inteso come
tratta delle persone, in particolare donne e bambini): "Protocol to Prevent, Suppress and Punish Trafficking in Persons,
Especially Women and Children";il secondo, alla prevenzione e contrasto del traffico di migranti ("Protocol against
Smuggling of Migrants by Land, Air and Sea"): per noi: contrabbando . La definizione di traffico di esseri umani è
contenuta nel "Trafficking Protocol" aggiuntivo della suddetta Convenzione. Il "traffico di persone" è qui definito come
il reclutamento, il trasporto, il trasferimento mediante minacce, uso della forza, abuso di potere, a fini di sfruttamento.
Lo sfruttamento non è solo sfruttamento della prostituzione ma include anche altre forme di sfruttamento sessuale, del
lavoro o di altrui prestazioni.
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\---> nuova formulazione nel codice- dei reati di riduzione in schiavitù e di tratta5.
\---> Cass.: delitto a fattispecie plurima integrato alternativamente ... ..[esercizio diritto di propr. o
mantenimento persona in stato di soggezione continuativa.] la soggezione (evento a forma
vincolata) ottenuta dall’agente ... mediante violenza, minaccia inganno, abuso di autorità ovvero
approfittamento di una situazione di inferiorità fisica o psichica o di una situazione di necessità: v.
1) in all.
Il nuovo 6° comma dell’art. 4166
Competenza DDAper 416, 6° co., 600, 601 e 602 c.p.: art. 51 co. 3 bis cpp (novellato)
Incidente probatorio facilitato: inserimento del 600, 601 e 602 nella lista dei reati di cui al co. 1
bis dell’art. 392 cpp: si può adire ad inc. prob., per sentire testi infrasedicenni, anche al di fuori dei
presupposti del co. 1 (cioè anche senza previsione di non poter sentire persona in dibattimento per
rischio di malattia o altro grave impedimento o per rischio di intimidazioni).
Giurisprudenza su nuova fattispecie [v. all.: 1 e 2]
La difficoltà della repressione di un fenomeno criminale transnazionale. Carattere tipicamente
transnazionale della tratta. Le condotte criminali “sparpagliate” sui territori di molti Stati (ciascuno
dei quali ha la sua legislazione, la sua polizia, il suo codice di procedura penale): rinvio a lezioni di
martedì 14.
La tratta dei bambini (infraquattordicenni e dunque non imputabili) usati per lo spaccio di droga
in strada: i baby pusher delle grandi città del nord: gli adulti che li manovrano, le violenze per
controllarli. L’imputazione di “riduzione in schiavitù” utilizzata per colpire il fenomeno. Le diverse
culture a confronto: la diversa percezione del disvalore delle condotte di sfruttamento da parte delle
stesse vittime (“lasciatemi tornare in piazza a spacciare, perché devo mandare i soldi a mia mamma
a Casablanca”)7.
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Il nuovo art. 600 punisce chiunque esercita su una persona poteri corrispondenti a quelli del diritto di proprietà
ovvero riduce o mantiene una persona in uno stato di soggezione continuativa, costringendola a prestazioni lavorative
o sessuali ovvero all’accattonaggio o comunque a prestazioni che ne comportino lo sfruttamento (dunque, con una
definizione che ricorda di più quella del plagio ma con una descrizione molto più dettagliata e specifica delle condotte).
Il nuovo reato di tratta di persone (601 c.p.) punisce invece chi commette commercio o introduce nel territorio
nazionale persone che si trovano nelle condizioni di riduzione in schiavitù. Il nuovo 602 chi, fuori dei casi di cui al 601,
acquista o aliena o cede persona che si trovi nelle condizioni del 600: tutti puniti da 8 a 20 aa.
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pena da 5 a 15 aa. per i promotori e organizzatori e da 4 a 9 per i meri partecipi di associazioni finalizzate ai 600, 601
e 602.
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Perché è vero che il compito del costituzionalismo europeo di oggi è di integrare, estendere i diritti, includere nuove
popolazioni, consentire che nuove culture entrino in rapporto, arricchendosi reciprocamente, anziché chiedere rinunce
ai propri valori ed imporre regoli ferrei. Ma è anche vero – come ci ricorda lo stesso Zagrebelsky - che oltre ad un certo
limite l’interazione tra culture e valori diventa assenza di regola e lo stesso ideale di convivenza, che si vorrebbe
ampliare, viene totalmente travolto. E dunque: dov’è l’equilibrio? Penso che l’ancora di questo equilibrio debbano
essere i valori costituzionali: in primo luogo il valore della dignità della persona umana: che non può mai essere valicato
neppure in nome della accettazione di culture diverse: così Cass. sent. cautelare 12.12.06: v. 3) in all.
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