E` un fatto davvero sorprendente e nello stesso tempo comune, tanto

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E` un fatto davvero sorprendente e nello stesso tempo comune, tanto
ACCADEMIA BELLE ARTI DI BRERA
SCUOLA NUOVE TECNOLOGIE DELL‟ARTE
FOCUS 2011
Della schiavitù e della schiavitù volontaria
E' un fatto davvero sorprendente e nello stesso tempo comune, tanto che c'è più da dolersene che da meravigliarsene,
vedere milioni e milioni di uomini asserviti come miserabili,
messi a testa bassa sotto ad un giogo vergognoso non per costrizione di forza maggiore ma perché sembra
siano affascinati e quasi stregati dal solo nome di uno di fronte al quale non dovrebbero né temerne la
forza, dato che si tratta appunto di una persona sola, né amarne le qualità poiché si comporta verso di loro
in modo del tutto inumano e selvaggio.
Etienne De La Boétie (1576).
In termini spinoziani la schiavitù volontaria è una situazione in cui si accetta una condizione
fortemente limitativa della propria potenza d‟agire. La propria potenza di agire, a causa dell‟
oppressione si declina ad un grado inferiore, ovvero si accetta una condizione di sottomissione; da
ciò deriva uno stato di alienazione: la paura ha provocato la separazione tra ciò che un individuo
può fare e i suoi atti effettivi. «E’ la sorte della maggior parte degli uomini, la maggior parte del
tempo. Il debole e lo schiavo non posseggono da un punto di vista assoluto, una forza inferiore. Il
debole è colui che, qualunque sia la sua forza, rimane separato dalla sua potenza d’agire,
confinato nella schiavitù e nell’impotenza». (Deleuze, Spinoza e il problema dell’espressione)
In un mondo plasmato dalle leggi del mercato che riducono l‟individuo a soggetto economico, in un
contesto di liberalizzazione del mercato del lavoro e di competizione selvaggia, l‟essere obbediente
corrisponde a una condizione senza la quale si è privi dell‟accesso. La nuova layout del sistema di
produzione, in cui l‟informazione assume un ruolo strategico, impone strutturalmente la flessibilità
e la precarietà, e contemporaneamente collaborazione e fedeltà all‟impresa secondo una logica
servile in cui ogni idea di conflitto di interessi è rimossa. Un aspetto servile del lavoro che
identificandosi con quello comunicativo fa si che il tempo di lavoro non è più circoscritto e separato
dal resto delle attività ma invade l‟intera esistenza, dove il „lavoro morto‟ ha totalmente assorbito a
se il „lavoro vivo‟, mettendo all‟opera tutte le „risorse umane‟, la creatività, la vita.
Dal punto di vista del diritto, tradizionalmente, il concetto di schiavitù e quindi di „condizioni
analoghe alla schiavitù‟, è stato oggetto di numerose critiche: si discuteva se limitarla alle sole
situazioni di diritto o se comprendere anche situazioni di fatto. Oggi si ritiene che lo stato di
schiavitù e la „condizione analoga alla schiavitù‟ sono uguali dal punto di vista sostanziale perché lo
stato di soggezione della vittima è lo stesso; differiscono, però, nel loro inquadramento giuridico
perché nel caso della schiavitù di fatto, il soggetto, pur avendo la condizione di schiavo, conserva il
suo stato giuridico di libertà. Questo scarto tra interpretazione della schiavitù di fatto e
l‟applicazione delle norme vigenti è ciò che ci interessa mettere a fuoco con gli strumenti del
pensiero critico e libero dai vincoli del legislatore. Non di meno ci importa mettere in rilievo quel
fenomeno che è la schiavitù volontaria, consustanziale alla stessa condizione umana, perchè ci
sembra la causa che più incide sulla difficoltà di circoscrivere normativamente i fenomeni della
schiavitù di fatto.
Se per schiavitù si intende la dipendenza di un soggetto da un altro, bisogna altrettanto notare che il
rapporto originario dell‟ „io‟ nei confronti del „tu‟ ha il carattere della soggezione . Il processo di
individuazione del soggetto infatti, prende avvio da un periodo di cura dalla quale la
consapevolezza dell‟ „io‟ emerge come già da sempre in debito rispetto ad un tu-altro (o meglio,
altra). Un altro che è anche la comunità di appartenenza, che non sono io a scegliere ma che al
contrario mi sceglie e mi accoglie. L‟altro è la norma sociale che la comunità incarna e che
stabilisce il valore e il senso delle mie azioni. Si tratta di norme esterne al soggetto ma che
predefiniscono ciò che io posso essere, stabilendo quali saranno o meno delle forme di esistenza
riconoscibili. Siamo da sempre consegnati al linguaggio, un linguaggio performativo che fonda le
istituzioni e il contratto sociale: un insieme di regole comuni che però nel dispositivo liberista
equivale a una delega delle nostre libertà allo Stato. Questa delega per funzionare, inevitabilmente
presuppone un patto di obbedienza al comando statale. Questo rapporto di dipendenza
dell‟individuo rispetto allo stato nasce in coincidenza con il capitalismo, ed ha generato una serie di
pratiche che mirano al disciplinamento dei corpi, che passa, come Foucault ci ha insegnato nelle
genealogie, attraverso gli ospedali, la sessualità, la famiglia, la scuola ecc. Con il concetto di
biopolitica Foucault indica il controllo delle condizioni della vita umana come affare politico.
Discipline come la biologia, la psichiatria, la sessuologia e la sociologia, hanno contribuito a
definire la "normalità" e a fornire al potere gli strumenti concettuali per la gestione di zoe:
l‟introiezione di ciò che mi definisce come normale e socialmente riconoscibile è il livello più alto
raggiunto dalla politica del controllo totale della vita.
Troviamo interessante confrontare due posizioni divergenti sul concetto di biopolitica: da una parte
quella espressa dalla figura del “campo” per cui la crisi dello stato nazione comporta l‟esercizio del
potere sovrano attraverso la dichiarazione dello stato di eccezione e il campo di internamento. La
creazione di situazioni in cui il diritto viene temporaneamente sospeso si materializza nel campo
(campo profughi, centri di detenzione…) fino a diventare norma vigente. Il campo, dunque come
luogo di sperimentazione di nuove modalità di esercizio del potere sovrano per il controllo della
produttività della vita. Dall‟altra invece, la posizione di trova nella superficie liscia della
globalizzazione, della flessibilità del lavoro e della mobilità, quella carica di desiderio delle
soggettività molteplici, che non si lascia imbrigliare nelle tecniche di disciplinamento del potere. Da
questo punto di vista la biopolitica non è solo un potere al quale siamo soggetti, ma una potenza che
possiamo esercitare: si rivendica la potenza creativa, inventiva e sociale di quel nuovo soggetto
politico che è la moltitudine. Con lo stesso sguardo rivolto alle soggettività, Moulier Butang nella
sua monumentale opera sulla schiavitù, individua nella fuga la strategia comune e riscontrabile
attraverso i secoli, di una resistenza alla disciplina del lavoro. Boutang mostra come il rapporto di
lavoro salariato si è storicamente costituito come una tecnica normativa attraverso cui il capitale ha
cercato di contenere il rifiuto del lavoro e il desiderio di fuga del lavoratore, immobilizzandolo
attraverso il contratto. Un rapporto quello suggerito da Boutang, rintracciabile facilmente nella
cronaca di questi tempi: basta pensare agli avvenimenti di Rosarno, e non per ultimo alla protesta
sulle gru nel centro di Brescia, dove gli immigrati irregolari reclamano il contratto di lavoro perché
solo questo da accesso ai diritti che il permesso di soggiorno garantisce. Dunque lo status giuridico
dell'immigrato è reso in tutto «dipendente dalla sussistenza del contratto di lavoro e quindi, in
ultima analisi, dalla volontà del datore di lavoro».
Abbiamo voluto proporvi degli spunti per invitarvi a riflettere insieme a proposito della schiavitù e
della schiavitù volontaria, che nella dimensione amplificata dalla globalizzazione del lavoro ci
sembra urgente articolare nelle sue molteplici sfaccettature attraverso i vostri punti di vista e le
vostre sensibilità.
A cura della Scuola di Nuove Tecnologie dell‟Arte, Accademia di Brera
Responsabili progetto: Mauro Folci e Paolo Rosa
Comitato scientifico focus: Laura Tettamanzi, Antonio Caronia, Paolo Rosa, Franco Berardi (Bifo), Andrea Balzola,
Andrea Lissoni, Mauro Folci.
Info: [email protected]