MichaelJordan i 50 anni dell`uomo che imparò a volare
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MichaelJordan i 50 anni dell`uomo che imparò a volare
52 SPORT DOMENICA 17 FEBBRAIO 2013 GIORNALE DI BRESCIA IL COMPLEANNO L’INTERVISTA Michael Jenkins «Mi chiamano MJ ma è solo una casualità Lo guardavo e sognavo» Una recente immagine di Michael Jordan, considerato il più forte cestista di sempre Michael Jordan i 50 anni dell’uomo che imparò a volare Cambiò il basket come nessuno, portando il suo numero 23 sulla vetta del mondo 1991 e il 1998, ripetè sei volte. Nel ■ Gli dei del basket devono per forza mezzo, un ritiro per giocare - con averlo scacciato dall’Olimpo. Motivo? scarsi risultati - a baseball. Dopo un Questo ragazzo... vola. Basta dargli una secondo ritiro, tornò poi per due stapalla a spicchi, i suoi inseparabili pantagioni con i Washington Wizards, regaloncini della University of North Carolilando le sue ultime gemme di poesia na ed un canestro. cestistica. Mezzo secolo di Michael Jordan «pesa» Jordan che vola, che schiaccia saltansul basket in modo impressionante. Sei do dalla linea del tiro libero, Jordan anelli di campione Nba, 5 titoli di Mvp, 2 che spazza via difese inteori olimpici, un alloro Univerre. Talmente forte che, sitari (tanto per togliersi di nelle fasi calde dei matorno la sindrome del palmaRIVALI tch, loschema tipo di coares) non racconteranno mai Lanciato ch Jackson era. «Date la fino in fondo la parabola del palla a Michael e toglietedalle ultime cestista che, raccogliendo vi dai piedi». E, mi piace ril’eredità di Doctor J, portò il prestazioni, cordarlo, Jordan difensobasket ad altezze mai ipotizLeBron James re letale. Quello che (ahizate. E parliamo di altitudine, vorrebbe mè) manca a Kobe Brdi quote alle quali il «nostro» fluttuava, lingua perenneinsidiare il trono yant (a meno che non ne abbia voglia) e, in parte, mente a penzoloni, prima di di His Airness a LeBron James. Ma il affondare schiacciate perenPrescelto, dopo 6 partitorie o di lasciar andare il suo ta di fila con almeno 30 proverbiale tiro rovesciato. punti col 60% al tiro, si dice pronto Nonostante l’amore del padre per il basea diventare il più grande di semball, è nel basket che Michael trova la propre. Ma dovrà fare i conti con lui, pria strada. Iniziando a diventare... Jorcon «his Airness». L’uomo col nudan già all’università. Certo, non è che mero 23 che non si limitò a credere avesse scelto una squadretta. North Cadi poter volare, lo fece davvero. A 30 rolina aveva il mitico Dean Smith in panpunti di media. china (uno che, a fine carriera, allenava i Rosario Rampulla suoi in un palazzetto che portava il suo nome....) e due compagni quali il futuro «all of famer» James Worthy e Sam Perkins. Nonostante il gioco iper-ragionato di Smith lo tenesse sotto i 20 punti a partita (cosa che nessuna difesa al mondo è più riuscita a fare), Jordan mostrò subito la stoffa del leader, vincendo - al secondo anno - il campionato universitario. Quindi, venne il momento dell’Nba, dove i maligni lo pensavano destinato ad ■ Noi che andavamo al campetto con una carriera spettacolare più che vincenle Air Jordan, quelle che ogni anno ne te. E, del resto, i Bulls erano un team derelitto, che i play off li vedeva solamente usciva un modello nuovo e con quelle ai alla televisione. I primi anni furono ricpiedi ti sembrava davvero di volare, altro chi di schiacciate, uno contro uno imche Red Bull. pressionanti, ma avari di risultati. MichaNoi che da bambini eravamo cresciuti el ebbe la pazienza di lavorare, migliocon le figurine di Platini e Maradona, ma rando il tiro da fuori, fino a che Chicago che alla soglia della maggiore età ci sentisulla cui panchina era finalmente arrivavamo grandi nel maneggiare i Vhs di JorJordan e Magic, to Phil Jackson - non gli mise vicino giodan, che poi era solo un’evoluzione della due ere Nba catori come Pippen, Paxson, Kucoc, Lonspecie. a confronto gley. Piccole stelle o grandi comprimari, Noi che all’inizio degli anni ’90 eravamo ma comunque essenziali per vincere. Ci tutto ciccia (oppure ossa) e brufoli, che mise sette anni, Jordan, ad alzare il trole ragazzine proprio non ci filavano e alfeo di Nba Champion. Gesto che, tra il lora ci rintanavamo il 31 dicembre tra QUJKlpR8FCeYFPyUrYAbbneQCVV7Rj9koTW1rh7J74g= BRESCIA Pur essendosi goduto solo la fase finale della sua straordinaria carriera, anche l' «MJ» della Centrale del latte Brescia Michael Jenkins, così come tanti dei suoi coetanei, è cresciuto nel mito del numero 23 dei Chicago Bulls. «Ci sono mille ricordi che mi legano a Michael Jordan - spiega la guardia classe 1986, nato due anni dopo l'approdo di «Air» Jordan nell'Nba -. Dal primo paio di scarpe che ho indossato da bambino, ai suoi spot televisivi, alla sua interpretazione nel film "Space Jam", senza dimenticare il suo modo straordinario di interpretare il gioco della pallacanestro. È innegabile che abbia avuto una forte influenza nel corso della mia infanzia e continua ad averla tutt’ora». Sul soprannome «MJ» il prodotto di Winthrop University dimostra tutta la sua umiltà, scherzandoci sopra. «Non è in alcun modo legato a Michael Jordan, ci mancherebbe altro. Si tratta solo di una casualità, perché il mio nome comincia con la M e il cognome con la J. Nessuno tra i miei parenti o amici mi chiama in questo modo, per quanto riguarda gli altri ognuno è libero di chiamarmi nel modo che preferisce». Delle innumerevoli prodezze del sei volte campione Nba Jenkins ne ricorda in particolare una, probabilmente la più carica di contenuti emotivi. «Non potrò mai dimenticare il suo canestro decisivo contro gli Utah Jazz in gara 6 delle finali 1998. Il suo ultimo jump shot con la maglia dei Chicago Bulls, valso il titolo, è un’immagine ancora fissa nella mia mente e rimane uno dei momenti memorabili della storia dello sport». Uno dei tanti leggendari gesti di un atleta unico, che ha saputo avvicinare alla palla a spicchi anche coloro che fino a quel momento mai ne avevano sentito parlare. «Non ho potuto ammirarlo nei momenti migliori della sua carriera, a cavallo tra gli anni ’80 e ’90, ma a mio parere resta il giocatore di basket più forte di tutti i tempi». Anche se c'è chi, nel nuovo millennio, sta provando a mettere in discussione questo primato. «Kobe Bryant e Lebron James sono gli altri due cestisti che ritengo fuori dal comune. Su campioni comequestiperò èsempre difficile fare dei paragoni, a maggior ragione se non hanno giocato contro. In definitiva però penso che anche perloro sia difficile un paragone con Jordan». Simone Rizzolo Gli anni ’90, il «23 rosso» professione di fede Al campetto con le Air Jordan, i Vhs scambiati come figurine e la voglia di studiare la gravità maschi a rivedere schiacciate e tiri da tre punti, terzi tempi e recuperi difensivi e ci risvegliavamo nel nuovo anno con un solo desiderio: che il 23 rosso allungasse di un altro anno le magie, perchè qualcuno che ti fila devi pur averlo. Noi che qualche anno dopo, quando i brufoli erano scomparsi, ci potevamo permettere di rispondere «no scusa stasera non esco, voglio vedere BullsLakers». E lei chiamava le sue amiche: «Quello è un povero scemo...». Noi che in chimica e fisica prendevamo 3, ma che quando sentimmo che Michael Jordan sfidava la forza di gravità an- dammo subito a studiarla, ma ancora oggi non sappiamo se fa parte di una o dell’altra materia. Noi che quando il profe alle superiori ci chiedeva che università avremmo voluto fare, rispondevamo «North Carolina». Noi che imparavamo a memoria le frasi di Flavio Tranquillo, l’inimitabile cantore dell’uomo che ha riscritto le leggi della pallacanestro. Noi che oggi cerchiamo di spiegare a nostra figlia di 8 anni chi è quell’uomo di 50 anni che si chiama Michael Jordan, così come i nostri genitori ci spiegarono chi erano i Beatles. Cristiano Tognoli