Associazione Nazionale SINDACATO Professionisti Sanitari della

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Associazione Nazionale SINDACATO Professionisti Sanitari della
Associazione Nazionale SINDACATO Professionisti Sanitari della Funzione Infermieristica
RELAZIONI PROFESSIONALI
Roma, 11 Ottobre 2013
Ai Dirigenti Sindacali di tutti i livelli operativi
E per loro tramite agli associati
Facciamo il punto sulle novità normative che riguardano l’art 18 dello
Statuto Dei Lavoratori
Alla luce di una serie di provvedimenti legislativi che partono con il Governo Monti ed
arrivano all’attuale Governo Letta diventa importante fare il punto su come va interpretato
oggi l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori.
Oggi il licenziamento di un lavoratore con contratto di lavoro subordinato a tempo
indeterminato può avvenire per giusta causa o per giustificato motivo.
La giusta causa si basa sull’art 2119 del codice civile mentre il giustificato motivo sull’art. 3
della Legge 604 del 1966.
1) Il licenziamento per giusta causa si manifesta quando si verificano inadempienze
così gravi da consentire il licenziamento in tronco senza bisogno di alcun
preavviso. Possono essere esempi di giusta causa di licenziamento:. il rifiuto
ingiustificato e reiterato di eseguire la prestazione lavorativa, l’insubordinazione,
ovvero la violazione da parte del lavoratore degli obblighi di diligenza e
obbedienza sanciti dall'art. 2104 del codice civile; il rifiuto a riprendere il lavoro
dopo una visita medica che ha constatato l'insussistenza di una malattia; la
sottrazione di beni aziendali nell'esercizio delle proprie mansioni; la condotta
extra-lavorativa penalmente rilevante e idonea a far venir meno il vincolo
fiduciario.
Al riguardo la Cassazione ha specificato che la giusta causa si sostanzia in un
inadempimento talmente grave che qualsiasi altra sanzione, diversa dal
licenziamento, risulti insufficiente a tutelare l'interesse del datore di lavoro.
(Cass. 24/07/03 n. 11516).
2) Il licenziamento per giustificato motivo impone un preavviso da parte del datore
di lavoro che varia a seconda dei contratti di lavoro e se non viene concesso, il
datore di lavoro sarà costretto a risarcire al dipendente la relazione che
corrisponde al periodo di mancato preavviso.
Il giustificato motivo si classifica in giustificato motivo oggettivo e in giustificato motivo
soggettivo.
a) Giustificato motivo Oggettivo: si manifesta quanto esiste una esplicita necessità
dell’impresa (e’ il caso della crisi aziendale ad esempio) e puo’ riguardare ragioni
inerenti l’attività produttiva, l’organizzazione del lavoro e il suo funzionamento.
b) Giustificato motivo Soggettivo: si realizza quando si e’ di fronte ad un NOTEVOLE
INADEMPIMENTO degli obblighi contrattuali del prestatore di lavoro comunque
non così gravi da consentire il licenziamento in tronco (si tratterebbe in quel caso di
giusta causa).
Anche il giustificato motivo soggettivo ha comunque una motivazione disciplinare.
L’esempio classico era (il passato è d’obbligo e vedremo poi perchè) fornito dal
superamento del periodo di comporto (l’arco temporale in cui, in caso di malattia, il
lavoratore ha diritto di conservare il posto) scaduto tale termine si poteva parlare di
un licenziamento per giustificato motivo soggettivo sempre che la malattia non
dipendesse da violazioni di misure in tema di tutela della salute e della sicurezza sul
lavoro.
Il nodo cruciale sul quale i vari governi si interrogano ed adottano provvedimenti
normativi dettati dalla corrente di pensiero sulla quale si basa il partito che ha la
maggioranza in quel momento va ricercata nel trade off che esiste tra diritto del
lavoro e libertà dell’attività economica (sancita dall’articolo 41 della costituzione).
La ragione del giustificato motivo oggettivo come causa di licenziamento va
ricercata infatti nella protezione che si vuole garantire alla libertà del datore di
lavoro che ha la facolta’ di licenziare un lavoratore quando ritiene che per attuare
determinate modifiche sia necessario tale provvedimento.
Quindi se un riassetto aziendale impone licenziamenti si deve ritenere che il datore
di lavoro sia libero di licenziare salvo poi avere l’onere della prova, cio’ significa che
dovrà essere lui a dimostrare la sussistenza delle ragioni del licenziamento ed in
particolare il nesso di causa-effetto con il recesso dal rapporto di lavoro e
l’impossibilità di una riallocazione del dipendente licenziato
In caso di ricorso in questo ambito, il giudice avrà l’obbligo di controllare che le
ragioni siano VERE ma non potrà entrare nel merito delle scelte del datore di lavoro
ossia non potrà opporsi al ridimensionamento o riorganizzazione aziendale (tutela
del 41 della costituzione appunto) e se in questa sede il lavoratore licenziato indica
mansioni che avrebbe potuto svolgere in alternativa al licenziamento, spetta al
datore di lavoro motivare il mancato riposizionamento.
Se in seguito al ricorso del lavoratore il giudice dichiara illegittimo il licenziamento,
il datore di lavoro dovrà applicare la tutela legale o quella obbligatoria:
a) Tutela legale: prevede il reintegro a norma dell’art. 18 della Legge
300/1970(Statuto dei lavoratori) ed un risarcimento pari alla mancata
retribuzione dal giorno del licenziamento al giorno del reintegro (con un minimo
di 5 mensilità) che dovrà avvenire nella medesima precedente mansione. E qui si
inserisce la riforma Fornero che ha modificato l’art. 18 prevedendo in questo
caso la possibilità di un risarcimento senza reintegro nel caso in cui il
licenziamento ILLEGITTIMO sia avvenuto per motivi economici (il famoso
giustificato motivo oggettivo) La riforma Fornero ha tra l’altro previsto (anche se
in casi limitati) anche una discrezionalità del giudice di sostituire un
risarcimento al reintegro in caso di licenziamenti disciplinari (per giusta causa o
per giustificato motivo soggettivo) l’alternativa sarebbe un’indennità compresa
tra 12 e 24 mensilità.
b) Tutela obbligatoria e’ normata dall’ art. 8 della legge 604/1966 con la
riassunzione entro 3 giorni o il risarcimento attraverso una indennità tra 2,5 e 14
mensilità. Questa ultima e’ l’ipotesi che più interessa le piccole e medie imprese
sotto i 15 dipendenti per la non applicazione dell’art. 18 a tali realtà.
A questo punto diventa interessante citare un caso di licenziamento senza reintegro nel
quale si è applicato il nuovo art. 18 dello Statuto dei lavoratori.
Il Tribunale di Milano ha infatti messo in pratica le modifiche dell’art. 18 previste dalla
riforma Fornero ossia il risarcimento economico senza reintegro nel posto di lavoro .
Si tratta del ricorso di un lavoratore che ricorreva contro un licenziamento per giustificato
motivo oggettivo. Il tribunale di Milano ha sentenziato che tale licenziamento era
ILLEGITTIMO ma non ne ha imposto il reintegro bensì solo un risarcimento in denaro.
Si tratta dell’ordinanza 28 Novembre 2012 sezione Lavoro Tribunale di Milano, il datare di
lavoro non e’ riuscito a dimostrare l’impossibilità di reimpiego del dipendente in altre
attività e quindi i giudici hanno stabilito che tale licenziamento fosse illegittimo e che il
datore di lavoro fosse obbligato a risarcire il lavoratore ingiustamente licenziato con una
somma pari a 20 mensilità ma non , ripetiamo, con il reintegro.
Un’ultima modifica in tale ambito viene dal Decreto lavoro dell’attuale governo Letta.
Si e’ voluto, in questa sede da un lato rafforzare lo strumento della conciliazione preventiva
e dall’altro si sono modificate le procedure di fronte alla direzione territoriale del Lavoro,
obbligatoria nel licenziamento per giustificato motivo oggettivo. Si e’ tra l’altro escluso il
giustificato motivo oggettivo nel caso proprio classico del superamento del periodo di
comporto di malattia.
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