Testo completo della sentenza n. 142/06 del 05/04/2006

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Testo completo della sentenza n. 142/06 del 05/04/2006
Lavoro (Rapporto) – Licenziamento: giustificato motivo soggettivo – Percosse e lesioni sul luogo di lavoro –
Licenziamento disciplinare – Carenza di codice e di informazione – Infondatezza – Previsione della “rissa” nel ccnl di
settore quale giusta causa di recesso – Prescrizione esemplificativa e non tassativa – Genericità della contestazione –
Esclusione – Estrema gravità oggettiva e soggettiva del comportamento – Inadeguatezza della sanzione conservativa –
Legittimità della sanzione ablativa – Conversione del recesso in licenziamento per giustificato motivo soggettivo –
Rif.Leg. art.7 L 300/70; artt.409, 414, 416, cpc;
Sentenza n. 142/06
Pronunziata il 03/04/2006
Depositata il 05/04/2006
REPUBBLICA ITALIANA
TRIBUNALE DI MODENA - SOTTOSEZIONE LAVORO
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
All'udienza del 3.4.06 il Tribunale di Modena in funzione di giudice del lavoro ha
pronunciato la seguente sentenza nella causa promossa da:
XX, rappresentata e difeso in forza di procura speciale in calce del ricorso dall'Avv.
Ernesto Giliani e dall'Avv. Raffaella Bertoni, nello studio dei quali in Modena è
elettivamente domiciliato
parte attrice
CONTRO
YY s.n.c. di L.G. & C., con sede in Castelvetro di Modena, rappresentata e difesa in
forza di procura speciale a margine della memoria difensiva dall'Avv.Giovanni Zanasi,
con domicilio eletto in Modena, presso lo studio del predetto difensore
parte convenuta
Conclusioni di parte attrice:
quelle di cui al ricorso da intendersi integralmente trascritte
Conclusioni di parte convenuta:
rigettarsi le domande attoree, con rifusione delle spese di lite
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso ex art 414 c.p.c. la ricorrente in epigrafe, premesso di essere stata dipendente
della convenuta dal 12.10.94 come operaia di 4° livello, si doleva di licenziamento per
giusta causa comminatogli in data 16.7.03.
Il licenziamento era illegittimo, in quanto il codice disciplinare non era stato in radice
predisposto e quindi affisso, né aveva carattere di specificità il ccnl inter partes sul punto,
generica la contestazione disciplinare, ingiustificato nel merito (posto che era stata
provocata dalla cugina e che non la aveva percossa), e, in via ulteriormente gradata, non
proporzionato.
Le conseguenze andavano ricercate nell'alveo della tutela obbligatoria, e con opzione per
la penale risarcitoria da riconoscersi nella misura massima.
Si costituiva la convenuta, chiedendo la reiezione delle domande, posto che la ricorrente
aveva posto in essere tutti i fatti contestati, né, trattandosi di violazione di fondamentali
doveri (quello di non percuotere ed ingiuriare), poteva venire utilmente in
considerazione il primo comma dell'art 7 della legge n.300/70, così come
sufficientemente specifiche dovevano ritenersi le contestazioni disciplinari de quibus.
Assunti gli interpelli delle parti, escussi cinque testi (quello indotto da parte ricorrente e
quattro indotti da parte convenuta, all'esito della riduzione delle relative liste ex art 245
c.p.c.), la causa, all'odierna udienza, era definita come da separato dispositivo, sulle
conclusioni epigrafate, conformi a quelle rassegnate nelle prime difese.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Violazione dell'art 7, primo comma, di fonte statutaria.
Il diritto vivente è per la ristretta lettura proposta dalla pregressa datrice, posto che il non
percuotere ed il serbare un comportamento urbano costituiscono illeciti percepibili dalla
coscienza comune, e quindi non necessitano, all'evidenza, di previa predisposizione o
affissione informativa veruna (Cass. n. 12902/00).
Comunque, il ccnl del 27.11.97 inter partes – relativo al settore matalmeccanico artigiano
– dalle parti recepito come emerge dai prospetti paga, all'art 32 prevede la rissa (da non
intendersi nella accezione tecnica penalistica, e cioè con la presenza di almeno tre
corrissanti) come giusta causa di recesso e, in ogni caso, le prescrizioni dei ccnl in punto
ad infrazioni e sanzioni, come è noto, sono meramente esemplificative e non tassative.
Si veda il seguente arresto occasionato da una fattispecie similare:
“L'elencazione delle ipotesi di giusta causa di licenziamento contenuta nei contratti collettivi, al
contrario che per le sanzioni disciplinari con effetto conservativo, ha valenza meramente
esemplificativa e non esclude la sussistenza della giusta causa per un grave inadempimento o
per un grave comportamento del lavoratore contrario alle norme della comune etica o del
comune vivere civile alla sola condizione che tale grave inadempimento o tale grave
comportamento, con apprezzamento di fatto del giudice di merito non sindacabile in sede di
legittimità se congruamente motivato, abbia fatto venire meno il rapporto fiduciario tra datore
di lavoro e lavoratore”.
(Nella specie, la sentenza impugnata, confermata dalla S.C., aveva ritenuto sussistente la
giusta causa di licenziamento nel comportamento del lavoratore che aveva percosso un
superiore, pur se l'art. 25 del c.c.n.l. per i metalmeccanici dell'industria privata prevedeva
come giusta causa di licenziamento la rissa).
2. Genericità della contestazione
La contestazione non deve avere la analiticità della memoria difensiva di cui all'art 416
c.p.c., dovendo semplicemente individuare i fatti con sufficiente precisione, anche in via
sintetica, una volta che non risulti incertezza circa le questioni sulle quali il prestatore è
chiamato a difendersi (Cass. n.624/98).
Nella specie è indicato il giorno, l'elemento topografico e la "corrissante" con il nome ed
il prenome quanto alla prima contestazione, che è poi richiamata nella lettera di
licenziamento, e del resto, dal tenore del ricorso, emerge che la ricorrente non ha avuto
difficoltà a ben comprendere i fatti storici posti a base prima della contestazione e del
recesso disciplinare.
La seconda contestazione (l'insubordinazione nei confronti dei superiori, nella specie la
socia S.), non richiamata, e che è quindi irrilevante quanto ai fatti costituitivi della
mancanza di rilevanza, può essere valutata sul terreno della proporzionalità, come
emerge dal seguente arresto:
"Il principio di corrispondenza fra la contestazione preventiva dell'addebito e la "causa" del
licenziamento comporta senz'altro l'irrilevanza dei fatti non contestati quali elementi costitutivi
della "mancanza" addotta a motivazione del licenziamento, ma non esclude tuttavia che i fatti
stessi possano essere presi in considerazione, anche nell'eventuale nesso di continuazione fra
loro, e con i fatti contestati per valutare la gravità della mancanza e la proporzionalità della
sanzione”.
Cassazione civile, sez. lav., 23 gennaio 1998, n. 624
Grandinetti c. Soc. Ca.ri.cal.
Giust. civ. Mass. 1998, 136 Notiziario giur. lav. 1998, 168
La contestazione formulata dalla pregressa datrice possiede, ad avviso del tribunale, pari
carattere di specificità indicando il giorno ed il relativo contesto fattuale.
3. Sussistenza di giusta causa o, all'esito di eventuale conversione ope judici, giustificato
motivo soggettivo
Il diritto vivente in materia di scrutinio della legittimità (sotto il profilo dell'annullabilità
alla luce della legislazione vincolistica, che condiziona il recesso del datore alla esistenza
della giusta causa o giustificato motivo soggettivo) del licenziamento per motivi
soggettivi, è nel senso che occorre avere riguardo, all'elemento oggettivo in ogni suo
aspetto, anche in relazione alla posizione delle parti, della dedotta inadempienza, nonché
all'elemento psicologico soggettivo del prestatore dedotto inadempiente, alla luce del
rilievo che, essendo la massima sanzione espulsiva la estrema ratio, (disponendo il datore
di sanzioni disciplinari anche gravi, ma conservative), entrambi gli elementi devono
essere rivelatori di una estrema gravità oggettiva e soggettiva dell'inadempimento, alla
stregua del quale appunto nessuna altra sanzione (salvo la massima ablativa) si riveli
adeguata.
Espressive di tali impostazioni interpretative possono ritenersi le seguenti sentenze della
Corte suprema, che, per completezza espositiva, pare opportuno trascrivere in parte qua:
"L'inadempimento legittimante il licenziamento per giusta causa o giustificato motivo deve
essere notevole, in particolare per il venir meno dell'elemento della fiducia che deve
necessariamente sussistere tra le parti, e vanno valutati gli aspetti concreti dei fatti addebitati
al lavoratore, con riguardo alla natura ed alla qualità del singolo rapporto, alla posizione delle
parti stesse, al grado di affidamento richiesto dalle specifiche mansioni del dipendente, alle
circostanze del loro verificarsi, ai motivi ed all'intensità dell'elemento intenzionale. La
valutazione della gravità delle infrazioni commesse da un lavoratore subordinato e la loro
attitudine a costituire giustificato motivo di licenziamento per giusta causa o giustificato
motivo, si sostanzia in un apprezzamento di fatto demandato al giudice di merito, censurabile,
in sede di legittimità, nel caso in cui, in relazione alle circostanze di fatto, ai motivi ed
all'intensità dell'elemento intenzionale, non sia motivato in modo congruo. Nella specie non
possono ravvisarsi gli estremi della giusta causa o del giustificato motivo nel ritardato invio di
due certificati medici e nelle ingiurie proferite dalla lavoratrice ad un consulente esterno
dell'azienda, in quanto la lavoratrice aveva comunicato tempestivamente per telefono la
malattia e, in considerazione della veste di consulente esterno dell'offeso, il comportamento
della stessa non appare di gravità tale da incidere sulla fiducia insita nel rapporto di lavoro.”
Cassazione civile, sez. lav., 14 luglio 1989 n. 3330,
Nello stesso senso le pronunce di seguito in massima riportate: "la giusta causa di
licenziamento ex art. 2119 c.c. deve rivestire il carattere di grave negazione degli elementi del
rapporto di lavoro ed in particolare dell'elemento della fiducia che deve effettivamente
sussistere fra le parti; tale valutazione va operata con riferimento non al fatto astrattamente
considerato bensì agli aspetti concreti afferenti alla natura ed alla qualità del singolo rapporto,
alla posizione delle parti, al grado di affidamento richiesto dalle specifiche mansioni del
dipendente nonché alla portata soggettiva del fatto stesso, ossia alle circostanze del suo
verificarsi, ai motivi ed all'intensità dell'elemento intenzionale e di quello colposo.
Cassazione civile sez. lav., 27 novembre 1992 n. 12678,
Per stabilire l'esistenza della giusta causa di licenziamento occorre accertare in concreto se - in
relazione alla qualità del singolo rapporto intercorso tra le parti, alla posizione che in esso
abbia avuto il prestatore d'opera e, quindi, alla qualità e al grado del particolare vincolo di
fiducia che quel rapporto comportava - la specifica mancanza commessa dal dipendente,
considerata e valutata non solo nel suo contenuto obiettivo, ma anche nella sua portata
soggettiva, specie con riferimento alle particolari circostanze e condizioni in cui è posta in
essere, ai suoi modi, ai suoi effetti ed all'intensità dell'elemento psicologico dell'agente, risulti
obiettivamente e subiettivamente idonea a ledere, in modo grave, così da farla venir meno, la
fiducia che il datore di lavoro ripone nel proprio dipendente e tale, quindi, da esigere sanzioni
non minori di quelle massime, definitivamente espulsive. La valutazione della gravità
dell'infrazione e della sua idoneità ad integrare giusta causa di licenziamento si risolve in un
apprezzamento di fatto, riservato al giudice di merito ed incensurabile in sede di legittimità se
congruamente motivato.
Cassazione civile sez. lav., 28 aprile 1992 n. 5080,
È incensurabile in sede di legittimità, in quanto sorretto da motivazione adeguata ed immune
da vizi, l'accertamento del giudice del merito in ordine alla legittimità del licenziamento con
preavviso del vicedirettore di un'agenzia bancaria ritenuto responsabile, ad onta dei particolari
doveri di correttezza e diligenza impostigli dal grado, di reiterare violazioni di istruzioni e
regole organizzative con conseguente lesione dell'immagine della banca e rischio per l'attività
creditizia della medesima.
Cassazione civile sez. lav., 3 dicembre 1991 n. 12938,
“Il comportamento di un funzionario di banca, consistente in reiterate violazioni di regole
organizzative e di istruzioni precise dell'istituto, essendo lesivo dell'immagine della banca verso
i clienti e fonte di pericolo e di rischio per la stessa attività creditizia e concretandosi in fatti
rivelatori della abituale inosservanza della normativa, pregiudica profondamente ed
irreparabilmente il vincolo di fiducia e legittima il licenziamento per giustificato motivo
soggettivo del lavoratore."
Cassazione civile sez. lav., 3 dicembre 1991 n. 12938,
"Al fine della verifica della sussistenza o meno del giustificato motivo di licenziamento di un
dipendente bancario, le violazioni del dovere di diligenza e di obbedienza, intesi
rispettivamente, ai sensi dei commi 1 e 2 dell'art. 2104 c.c., come obbligo di usare la diligenza
richiesta dalla natura della prestazione lavorativa e di osservare le disposizioni impartite dal
datore di lavoro, debbono essere valutate con riguardo alla idoneità del comportamento del
lavoratore ad arrecare pregiudizio all'interesse del datore di lavoro, indipendentemente dalla
verificazione o meno di un danno effettivo da apprezzare, peraltro, ove sussistente, in via non
assoluta ma relativa, cioè in rapporto alla posizione del dipendente nell'ambito
dell'organizzazione imprenditoriale bancaria (con la conseguenza di ritenere tanto maggiore
l'inadempimento quanto maggiore è l'importo del profitto indebitamente acquisito in rapporto a
quello acquisibile in virtù della posizione predetta) - e tenendo anche conto, con specifico
riguardo al settore degli affidamenti, della maggiore o minore probabilità del danno in relazione
alle qualità, sul piano sia economico che morale, del soggetto cui il fido e' stato
illegittimamente concesso."
Cassazione civile, sez. lav., 9 febbraio 1989 n. 823,
Nella specie i testi indotti dalla convenuta ne hanno confermato il relativo assunto, e la
teste M. la ragione per la quale nel corso di una telefonata con la ricorrente, nel gennaio
del 2004, aderì alla relativa prospettazione ("perché non mi disturbasse più").
Orbene, osserva il tribunale, un alterco tra colleghi, gravi cadute di stile ed inurbanità,
possono ben legittimare (solo) l'applicazione di sanzioni conservative, potendo essere
considerate, tutto sommato, lo stress e la tensione (che, nondimeno, il prestatore ha
peraltro il dovere di controllare, posto che l'inserzione in un contesto etero diretto,
postula evidentemente moduli relazionali adeguati), figlie, in qualche modo, della attività
di facere.
Premesso che non è stata dimostrata la dedotta provocazione, la percossa e il lancio del
pesante componente (un rullo di ferro, al di là della sua esatta traiettoria e della relativa
altezza, in uno con la inurbanità), costituiscono elementi di grave inadeguatezza, idonei a
riflettersi ragionevolmente sulla fiducia nel futuro corretto adempimento della
prestazione di facere, ad elementari doveri relazionali e di autocontrollo, che
effettivamente, ad avviso del tribunale, rendono inadeguata una mera sanzione
conservativa, ancorché quella espulsiva, possa ritenersi, nella specie, compatibile con
l'onere del preavviso.
Del ché è conforme dispositivo in calce, previa relativa conversione, come è noto,
operabile anche officiosamete (Cass. n. 12769/00).
Trattandosi, pur sempre, di controversia ex art 409, n. 1 c.p.c., pare equa la
compensazione delle spese di lite, anche alla luce della reciproca soccombenza.
PQM
definitivamente pronunciando, ogni diversa domanda od eccezione disattesa e respinta:
previa conversione del recesso in licenziamento per giustificato motivo soggettivo,
condanna la convenuta a corrispondere a parte ricorrente l'indennità sostitutiva del
preavviso, oltre agli accessori di cui all'art 429, terzo comma, c.p.c., dal dovuto al saldo.
Compensa le spese di lite
Modena, 3.4.06
IL GDL
Dott. Claudio Bisi
Depositata in Cancelleria il 05 APR 2006