Intervento di emergenza in Ciad ed in Darfur CI-ACT

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Intervento di emergenza in Ciad ed in Darfur CI-ACT
Intervento di emergenza della Confederazione Caritas Internationalis
in SUDAN (Darfur) ed in CIAD
I numeri della crisi nel Darfur sono impressionanti: migliaia di morti (le stime più accreditate
riportano una cifra tra 10 mila e 30 mila unità), circa un milione e duecentomila sfollati
interni, quasi 200.000 rifugiati (tutti nel confinante Ciad).
Ma le cifre, da sole, non riescono a descrivere le immense sofferenze cui sono sottoposte
popolazioni che hanno perso tutto e ora lottano per sopravvivere. Si pensa che circa 300.000
persone possano morire da qui alla fine dell’anno, se non saranno garantiti adeguati aiuti
umanitari. Il problema maggiore sono ora le piogge che si stanno abbattendo in molte zone
della regione, prima le persone potevano anche dormire all’aperto ora non più ed anche i ripari
provvisori vengono facilmente distrutti dai violenti temporali. Vi è da registrare inoltre una
grave epidemia di Epatite E.
Informazioni a nostra disposizione riferiscono inoltre che continuano gli attacchi contro i civili
da parte delle milizie armate conosciute con il nome di Janjaweed, in particolare contro le
donne che si allontanano dai campi per sfollati per andare a raccogliere legna.
Caritas Internationalis ha avviato due interventi di emergenza: il primo in Ciad, per circa 2
milioni di euro, a supporto della Caritas diocesana di N’djamena (SECADEV), che gestisce tre
campi per rifugiati per un totale di 38.000 persone; il secondo in Darfur, per circa 14
milioni di euro, insieme al network delle chiese ortodossa e protestante (ACT-Action by
Churches Together) prevede prima assistenza, interventi igienico-sanitari ed educativi a
beneficio di 500.000 persone. In questo secondo intervento i partners locali sono: Sudanaid
(Caritas Sudan), Sudan Social Development Organisation (SUDO), Sudan Council of Churces
(SCC).
1. Quadro storico
Per secoli nella zona del Darfur si è assistito ad uno scontro tra Pastori nomadi, che si
spostavano verso Sud in cerca di acqua e pascoli, e agricoltori sedentari che cercavano di
proteggere le terre che coltivavano. Il conflitto è continuato a bassa intensità per anni fino
all’inizio del 2003, quando una serie di fattori tra cui la rivalità etnica, la massiccia
presenza di armi nella regione ed un sentimento di marginalizzazione e non
considerazione vissuto dagli abitanti del Darfur nei confronti del governo centrale hanno
portato alla formazione di due movimenti politici e militari conosciuti con i nomi di
Sudanese Liberation Movement/Army (SLM/A) e Justice and Equality Movement (JEM). Il
conflitto si è sviluppato tra questi due gruppi e il Governo del Sudan, che è intervenuto sia
direttamente e sia armando le milizie arabe che per molti anni erano state protagoniste
della guerra a bassa intensità descritta in precedenza. Attualmente sembra che il governo,
grazie soprattutto alle pressioni internazionali, abbia cessato il suo intervento militare
diretto e dica di volersi impegnare a disarmare le milizie. Il problema maggiore per la
popolazione civile restano proprio queste milizie, conosciute con il nome di Janjaweed.
Sono state accusate di commettere pesanti violazioni dei Diritti Umani tra cui esecuzioni di
civili, violenze sulle donne, rapine e distruzione di villaggi, campi e delle sementi coltivate.
2. La situazione umanitaria
Le Nazioni Unite definiscono la crisi del Darfur la più grave catastrofe umanitaria
attualmente presente nel mondo con più di un milione e mezzo di persone che sono state
costrette ad abbandonare i propri villaggi, sfuggendo agli attacchi delle milizie. Di queste
circa 200.000 si sono rifugiate nel vicino Ciad, mentre le altre hanno cercato protezione
nelle città principali della regione o nei campi per sfollati che le organizzazioni umanitarie
stanno, seppur lentamente, istituendo. L’insicurezza, tra l’altro, permane anche nei campi
per sfollati, dove ci sono stai ripetuti casi di violenza sulle donne quando si allontanano per
cercare legna da ardere o lavori saltuari nei villaggi vicini. Si registrano problemi anche nei
campi in Ciad dove gruppi di ribelli istigano i rifugiati alla rivolta, provocando scontri sia
tra i rifugiati stessi sia contro le organizzazioni che distribuiscono gli aiuti. Si verificano
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inoltre sporadiche incursioni delle milizie provenienti dal Darfur. Al momento solo 140.000
dei circa 200.000 rifugiati arrivati in Ciad sono ospitati nei campi allestiti, mentre gli altri
ancora sono accampati, senza alcuna assistenza, al confine con il Sudan.
Si pensa che circa 300.000 persone possano morire da qui alla fine dell’anno, se non
saranno garantiti adeguati aiuti umanitari. Il problema maggiore sono ora le piogge che si
stanno abbattendo in molte zone della regione, prima le persone potevano anche dormire
all’aperto ora non più e anche i ripari provvisori vengono facilmente distrutti dai violenti
temporali. Molte piste stanno diventando impraticabili e alcune zone non si possono più
raggiungere via terra mentre per altre il viaggio, che prima durava poche ore, oggi
richiede un intera giornata (è il caso riferito da alcuni operatori Caritas che si sono recati
da Nyala a Kubum, un tragitto che di solito necessitava due ore di viaggio, a causa delle
condizioni delle strade ha invece richiesto un’intera giornata). Inoltre, con le piogge, la
temperatura si abbassa e le persone sono più vulnerabili alle malattie e vi è un incremento
dei casi di Malaria.
3. Gli interventi di emergenza di Caritas Internationalis
Caritas Internationalis, attraverso le diverse agenzie della confederazione, sta portando
avanti due diversi interventi di emergenza, il primo, di grosse dimensioni in Darfur tra gli
sfollati, e il secondo, di dimensioni minori, tra i rifugiati in Ciad.
3.1 SUDAN (Darfur)
3.1.1 La zona e i numeri dell’intervento
Caritas Internationalis sta organizzando tre uffici di coordinamento rispettivamente nelle
cittadine di Nyala nel Sud Darfur (già attivo) e in quelle di Zallingi e Al Geniena
nell’ovest del Paese (ancora in fase di allestimento). Lavora a stretto contatto con le
Nazioni Unite, che hanno un ruolo di coordinamento di tutte le operazioni umanitarie nella
regione. L’obiettivo è di raggiungere quei territori, più periferici, dove minore è la
presenza di organizzazioni umanitarie e quindi di aiuti. In questo senso, fino ad ora si è
deciso di operare nei seguenti campi o località: Kubum, Um Labasa, Mershing, Manwashi e
Duma che verranno seguiti dall’ufficio di Nyala e Garsila, Mukjer, Nertiti, Golo, Judo e
Rokero che verranno seguiti dall’ufficio di Zellingi. La popolazione complessiva che si
vorrebbe raggiungere con l’intervento, che si prevede continui per 18 mesi 1 è di 500.000
persone, circa il 7 % della popolazione totale del Darfur.
3.1.2 I partners locali e la strategia di intervento
La confederazione Caritas, che lavora a livello internazionale con la rete della chiesa
protestante e ortodossa ACT (Action by Church Together), a livello locale ha come
riferimento la Caritas Sudanese (SUDANAID), la rete nazionale delle chiese SCC (Sudan
Council of Church, e l’organizzazione locale SUDO (Sudan Social Development
Organization). Si lavora con le comunità e soprattutto con i leader delle stesse cercando di
coinvolgerli in tutte le decisioni che li riguardano, tra cui la selezione dei beneficiari degli
interventi. L’obiettivo è quello di assicurare la massima trasparenza nelle decisioni ed
evitare tensioni e conflitti. Idealmente si vorrebbero creare dei comitati, formati appunto
dai leader, dove la presenza di uomini e donne sia eguale.
Il programma di emergenza segue il codice di condotta delle Organizzazioni non
governative e della Croce Rossa Internazionale che prevede che l’assistenza umanitaria sia
sempre e comunque la priorità che deve essere fornita senza alcuna discriminazione di
razza religione o nazionalità ma è basata solamente sui reali bisogni della persona. Dovuta
attenzione sarà attribuita alla sicurezza della popolazione, cercando di assicurarne la
protezione e di ridurne i rischi di attacco da parte delle milizie. Caritas Internationalis sta
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L’intervento è iniziato nel luglio del 2004 e si prevede possa concludersi nel dicembre del 2005. Si è tenuto
conto del fatto che la popolazione quest’anno non ha potuto coltivare la terra, e quindi avrà bisogno di
essere assistita almeno fino al raccolto dell’anno prossimo.
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inoltre cercando di utilizzare tutti i canali a disposizione per spingere le parti in conflitto a
terminare le ostilità, a permettere l’accesso della popolazione agli aiuti umanitari e dare la
possibilità alle persone di ritornare ai propri villaggi di origine, tenendo presente che
questo tipo di attività non deve compromettere, ma al contrario sostenere, l’azione
umanitaria.
3.1.3 Il Budget
L’intervento prevede un costo totale, compreso del personale locale ed espatriato che sarà
coinvolto, di 14 milioni di Euro.
3.1.4 Obiettivo generale dell’intervento:
Fornire un assistenza di base alle persone che hanno subito o stanno subendo
persecuzioni, che permetta loro di continuare dignitosamente a vivere e all’inizio
stabilizzare e successivamente ridurre l’incidenza di malattie causate dalla situazione
ambientale e igienico sanitaria.
3.1.5 Obiettivi specifici e azioni di prima emergenza
1. Fornitura di teli tenda e altri materiali per aiutare la popolazione a costruire un riparo,
in particolare per proteggersi dalle piogge, cercando di garantire uno spazio di 3,5 m2 a
persona2 . La distribuzione dei teli tenda è già iniziata nei campi di Hashaba, Mershing e
Belil.
2. Fornitura di sufficiente acqua potabile per bere, cucinare, igiene personale e
domestica, cercando di raggiungere almeno 20 litri di acqua a persona al giorno.
Inoltre fare il possibile per assicurare un punto di approvvigionamento acqua a una
distanza massima di 500 metri dal luogo di dimora. In questo settore, durante la
stagione delle piogge, l’attenzione sarà riservata alla qualità dell’acqua.
3. Costruzione di servizi igienici rudimentali o comunque, nel caso in cui le tradizioni delle
comunità che saranno assistite prevedono diversamente e vi sia lo spazio sufficiente,
adibire determinate aree allo scopo. Sono già stati realizzati 226 servizi igienici a
Mershing e 550 a Zellingi.
4. Educazione igienico sanitaria: Durante la distribuzione degli aiuti o la fornitura dei
servizi verranno disseminati tra gli sfollati messaggi e informazioni riguardanti
l’importanza di una corretta igiene e come prevenire le malattie, fornendo loro anche
eventuali risorse per questo scopo (sapone, asciugamani, ecc.). Alcune persone della
comunità verranno formate per portare avanti in maniera capillare questo lavoro di
informazione ed educazione.
5. Assistenza alimentare supplementare (Il PAM già garantisce la normale distribuzione di
aiuti alimentari) per i bambini sotto i cinque anni con uno stato acuto di malnutrizione.
Il target è di 50.000 bambini e ai quali si vorrebbe fornire una razione giornaliera di
1240 calorie attraverso una dieta di cereali, olio e zucchero.
6. Fornitura alla popolazione di kit di emergenza, soprattutto coperte, zanzariere e
casalinghi per cucinare per assicurare alle persone la possibilità di dormire, cucinare e
mangiare. La distribuzione di alcuni kit è già cominciata nel campo di Belil.
7. Assistenza sanitaria di base attraverso l’avvio di centri sanitari temporanei forniti di
personale specializzato, medicine e un buon equipaggiamento. Nei giorni scorsi sono
stati organizzati due centri sanitari con delle tende nei campi di Kubum e Um Labassa.
3.1.6 Obiettivi specifici e azioni di seconda emergenza
1. Assistenza psicologica verrà garantita alle persone che sono traumatizzate a causa
della guerra e della vita difficile che sono costrette ad affrontare, in prospettiva di un
ritorno alla normalità. Particolare attenzione sarà riservata alla problematica dell’AIDS
tenendo conto del fatto che migliaia di donne hanno subito ripetute violenze sessuali.
2. Istruzione di base: Verranno organizzate 30 scuole primarie, riabilitando strutture
fatiscenti, costruendo nuovi edifici o attraverso tendopoli.
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The Sphere Project: Standard minimi da utilizzare negli interventi di carattere umanitario (Oxford: Oxfam
Publishing, 2000)
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3. Assistenza Sanitaria: Verranno riabilitati almeno 4 centri sanitari ora in disuso o mai
messi in condizioni di operare.
4. Agricoltura: Si prevede, per coloro che potranno tornare ai villaggi di origine o hanno
uno spazio sufficiente per coltivare, la fornitura di sementi e attrezzi agricoli per
permettere la semina e la lavorazione della terra.
3.2 CIAD
3.2.1 La zona e i numeri dell’intervento
Caritas Internationalis opera in Ciad attraverso la Caritas diocesana di N’djamena e della
Prefettura apostolica di Mongo, denominata SECADEV (Secours Catholique et
Développement). Ad essa è stata affidata dall’ACNUR, per ora fino alla fine del 2004, la
gestione di tre campi per rifugiati provenienti dal Darfur : Farchana, Kounoungo e
Toloum, la cui popolazione totale è di circa 38.000 unita.
3.2.2 Il partner locale e la strategia di intervento.
SECADEV da molti anni lavora nella zona del Ciad al confine con il Sudan per lo sviluppo
delle comunità locali. Ha due uffici di delegazione a Adré e Guereda ed un ufficio di
coordinamento ad Abeché. Fin dal 1991, quando si sono registrati i primi arrivi di profughi
dal Darfur, è stata coinvolta dall’ACNUR nelle attività di assistenza ai rifugiati, in
particolare nella zona di Adré. In questi anni, seppur per seguire problemi più limitati
rispetto a quelli attuali, SECADEV ha acquisito una buona esperienza nella gestione dei
rifugiati ed è l’organizzazione che da più tempo lavora nella zona a diretto contatto con la
popolazione e con gli stessi profughi.
Nei tre campi per rifugiati sopra menzionati SECADEV si occupa della distribuzione
alimentare e dei Kit di emergenza, dei servizi sociali, dell’acqua, dell’igiene, degli
animali (vaccinazioni) e della manutenzione delle strutture. Collabora con le
Agenzie delle Nazioni Unite, in particolare come già citato con l’ACNUR per il
coordinamento delle attività e il PAM per la distribuzione alimentare. In ogni campo
lavorano 15 persone. Le attività di assistenza prevedono come beneficiaria anche
la popolazione locale, che vive intorno ai campi e che è principlamente dedita alla
pastorizia. Le condizioni di vita dei Ciadiani che vivono in quella regione, prevalentamente
desertica, non sono meno drammatiche di quelle dei rifugiati.
3.2.3 Il Budget
L’intervento prevede un costo totale, compreso del personale che sarà coinvolto, di circa
2 milioni di Euro.
3.2.4 Obiettivo generale dell’intervento
Migliorare le condizioni di vita dei rifugiati e della popolazione locale interessata dalla
presenza dei rifugiati nelle zone di Farchana, Kounoungo e Toloum.
3.2.5 Obiettivi specifici e azioni
1. Fornitura e distribuzione di 4.000 teli tenda, 29.000 coperte, 8.000 zanzariere, 16.000
pezzi di sapone. Sono già stati distribuiti 1.500 teli tenda nel campo di Touloum e 320
in quello di Bredjing, mentre in quello di Kounougou 275 scatoloni di sapone.
2. Fornitura a SECADEV delle strutture e dell’equipaggiamento necessario per la gestione
efficace dei campi, in particolare mezzi di trasporto e strumenti di comunicazione.
3. Fornitura a 1.000 famiglie di attrezzi agricoli e sementi necessarie per coltivare. Una
prima distribuzione è già iniziata nei pressi del campo di Kounougou a favore della
popolazione locale.
4. Provvedere alla vaccinazione di 20.000 capi di bestiame, sia appartenenti ai rifugiati
sia alla popolazione locale, e offrire un servizio di assistenza veterinaria.
5. Avviamento e gestione delle attività scolastiche per i bambini ospitati nei tre campi
gestiti da SECADEV.
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