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LIBRO
IN ASSAGGIO
RITROVARSI
DI ROSEMARY ALTEA
Ritrovarsi
DI ROSEMARY ALTEA
Un omicidio mascherato da incidente
Mi trovavo fra le montagne del Wyoming, in uno di quei luoghi eleganti che
offrono quanto di meglio si possa desiderare per trascorrere una vacanza
serena e rilassante. Compresa la possibilità di dedicarsi a passeggiate ed
escursioni, a piedi o in mountain bike, e persino al campeggio.
Il sole splendeva luminoso nel cielo limpido, e l’aria era tersa e frizzante.
Avvertivo il profumo intenso dei pini, e gli aghi caduti dai rami ricoprivano il
terreno come una coltre che crepitava al passaggio dei turisti, in marcia lungo
il sentiero che attraversava il bosco.
Una coppia di giovani avanzava, imbarazzata e rattristata dalla lite furiosa che
vedeva impegnati l’uomo e la donna dietro di loro, più anziani. Sarebbe
dovuto essere un giorno di festa, nel quale godere della bellezza del
panorama e del piacere della reciproca compagnia, e invece stava andando
tutto nel peggiore dei modi.
Il cottage che avevano preso in affitto per quella vacanza di famiglia era molto
grande, con un ampio soggiorno, una cucina, due spaziose camere da letto e
due stanze da bagno, e garantiva le stesse comodità di casa. Ma per il
ragazzo che si trovava là con la moglie e i genitori, quel periodo di riposo in
montagna si stava trasformando in un incubo a causa dei continui alterchi fra
il padre e la matrigna.
Nessuno di loro poteva vedermi. Osservando la scena da un punto di vista
privilegiato, mi chiesi con grande tristezza come quei due maturi sposi
potessero ignorare lo spettacolo mozzafiato della natura che li circondava, per
dedicarsi a uno scambio di insulti e accuse che si faceva sempre più violento.
Aggressivo e prepotente, il marito gridava, incurante delle suppliche della
moglie in lacrime e della sua evidente sofferenza.
«Adesso basta, ne ho abbastanza», urlò a un tratto la donna. «Non ho
intenzione di sopportare ancora la tua cattiveria. Torno indietro, faccio le
valigie e me ne vado. Ti lascio. Tra noi è finita, non ne posso più!» Così
dicendo gli voltò le spalle e imboccò a ritroso il sentiero che stavano
percorrendo.
Da egoista e indifferente alle esigenze altrui, quale mi era già apparso, l’uomo
si strinse nelle spalle e affrettò il passo per raggiungere il figlio e la nuora.
«Che diavolo sta succedendo?» gli chiese il ragazzo, stizzito. «Noi non siamo
arrivati fin qui per sentirvi strillare in questo modo. Un comportamento del
genere non è corretto nei nostri confronti. »
«Non preoccuparti, se n’è andata. Non ci darà più fastidio», ribatté lui in tono
aggressivo.
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«Ma non puoi lasciarla sola», esclamò la giovane nuora, incredula. «Queste
montagne sono pericolose, sai benissimo che dovremmo stare tutti insieme.
Vai a cercarla. Anzi, andiamoci tutti», concluse, esasperata dall’insolenza del
suocero e chiedendosi per l’ennesima volta perché mai le era venuto in mente
di accettare l’invito.
«È vero, papà, dobbiamo andare subito a cercarla! »
«Per carità, non voglio certo rovinarvi le vacanze! Voi proseguite pure e non
preoccupatevi, a lei ci penso io... »
Ricominciò ad aggredirla verbalmente prima ancora di averla raggiunta. Io ero
così vicina che avrei potuto toccarli. Ma non potevo, naturalmente. La donna
lo precedeva di pochi passi; a un tratto si girò di scatto e urlò che non appena
fosse rientrata in città avrebbe chiesto il divorzio. Tale reazione fece perdere
ancora di più il controllo al marito, che sembrava sul punto di avere un colpo
apoplettico. E invece, non appena le fu abbastanza vicino, l’afferrò al collo e
strinse, strinse con tutta la forza della propria rabbia, senza mollare la presa,
nonostante i disperati tentativi della poveretta di liberarsi.
All’improvviso la donna inciampò, scivolò, e per un breve istante rimase
sospesa sull’orlo del precipizio che costeggiava il sentiero, agitando le braccia
e cercando freneticamente di recuperare l’equilibrio. Ma fu tutto inutile, e dopo
un istante che mi parve eterno precipitò lungo il pendio della montagna,
rotolando più volte su se stessa, fino a scomparire dalla mia visuale.
«Oh mio Dio, oh mio Dio!» continuava a ripetere l’uomo, sconvolto.
Muovendosi con estrema lentezza, in evidente stato di choc, dopo alcuni
istanti si volse per raggiungere i suoi famigliari, e fu allora che li vide, immobili
e con gli occhi sbarrati, a poca distanza. Che cosa potevano aver visto e
sentito?
In realtà io ero stata la sola e unica testimone di quel tragico evento. Al pari di
un fantasma invisibile ma onnisciente li seguii fino al cottage. Lungo il tragitto
non ci furono più grida e discussioni infuocate, ma solo un silenzio irreale.
Quando riuscirono finalmente ad avvertire la polizia, la donna, che chiamerò
Rose, era già morta.
La scena svanì davanti ai miei occhi, e io mi ritrovai nella sala di casa mia, nel
Vermont, al telefono con la figlia di Rose!
Ero stata contattata da un famoso uomo politico, impressionato da una mia
apparizione al talk show Larry King Live, che mi disse: «Nessuno sa con
precisione cosa sia accaduto. Le figlie che Rose ha avuto da un precedente
matrimonio sono sconvolte perché non hanno sue notizie da tre mesi.
Secondo i poliziotti che si occupano dell’indagine, potrebbe essersi
allontanata di sua spontanea volontà dopo l’ennesima lite con il marito.
Oppure le è successo qualcosa di terribile là, fra le montagne... Per il
momento l’unico sospettato è il coniuge: è sempre aggressivo, accusa gli
agenti di non saper svolgere il loro lavoro, e non pare molto scosso per la
scomparsa della moglie. Ma ha superato al primo colpo la prova della
macchina della verità, al contrario di suo figlio che l’ha passata al secondo
tentativo e della nuora che l’ha addirittura fallita».
Nell’attimo stesso in cui una delle figlie mi aveva risposto al telefono, avevo
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avuto la certezza che Rose fosse morta: mi era subito apparsa, in piedi al mio
fianco, chiaramente ansiosa di comunicare. Alta poco più di un metro e
sessanta, con i capelli castani piuttosto corti, il viso tondo e attraente e gli
occhi scuri, era così preoccupata al pensiero che potesse sfuggirmi qualche
dettaglio della sua storia da dirmi immediatamente il suo nome. Voleva essere
certa che il suo messaggio riportasse la serenità tra i suoi famigliari.
Per oltre mezz’ora mi raccontò nei minimi particolari ciò che era accaduto
durante la sua assenza, mi parlò di matrimoni e battesimi, dei problemi che i
nipoti avevano a scuola, di una festa di compleanno e del forno della cucina
che era appena stato cambiato. Ci teneva a dimostrare alla figlia che
nonostante il fatto che non fosse presente fisicamente, lei era ancora parte
integrante della vita della famiglia.
Quel fiume di parole provocò un fiume di lacrime... La ragazza vide così
confermarsi i suoi timori, ma al tempo stesso si sentì rinfrancata grazie alle
prove innegabili che rivelavano come sua madre continuasse a seguire le
vicende dei suoi famigliari. «Nel profondo del mio cuore, sapevo da un pezzo
che era morta. Secondo il suo attuale marito, è tornata da sola alla baita
perché aveva una forte emicrania. Da allora nessuno l’ha più vista.
Rosemary, puoi dirmi che cosa le è successo? Per noi la sofferenza maggiore
consiste nel non sapere ciò che è accaduto.»
Era stato a quel punto della nostra conversazione che avevo varcato la soglia
di un’altra dimensione, in un altro tempo e in un altro spazio, e avevo visto
Rose litigare con il marito, le loro urla, il tuffo involontario giù nel burrone...
«Non c’è alcuna prova concreta. Le mie figlie non devono sapere che mio
marito mi ha uccisa, e che la giustizia terrena non può inchiodano alle sue
responsabilità. Una simile scoperta le farebbe impazzire, e solo la vendetta
consentirebbe loro di ritrovare la pace. La mia famiglia verrebbe distrutta.
Voglio che tu dica loro che si è trattato di un incidente. Perché sono convinta
che lo è stato davvero, lui mi ha colpita con violenza ma non voleva
uccidermi. Per me non cambia nulla, ormai... Questa soluzione mi sembra
meno dolorosa per tutti...»
L’accontentai. Riuscii a esaudire il suo desiderio senza ricorrere alla
menzogna. Narrai la scena a cui avevo assistito: un uomo con le mani serrate
intorno al collo di Rose, lei che si dibatteva e scivolava rotolando lungo il
pendio della montagna. Evitai solo di fornire troppi dettagli sull’identità
dell’involontario assassino, colpevole comunque di aggressione e di
negligenza per non avere nemmeno tentato di salvarla. Non dissi che l’avevo
visto bene in faccia e che avevo sentito la sua voce.
Se vi state chiedendo per quale motivo non ho consegnato quell’omicida alla
polizia, mi permetto di ricordarvi che la mia lealtà assoluta va a coloro che
vivono nel mondo dello spirito. Io ho il dovere di rispettare la loro volontà ed
esaudire i loro desideri e, al pari di un avvocato, di un medico o di un
sacerdote ho l’obbligo di mantenere il segreto professionale. Nel corso degli
anni ho visto e sentito cose che non ho mai riferito a nessuno. Rose lo
sapeva, ed era sicura che non avrei mai mancato la promessa.
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Sì, certo, ho scritto la sua storia in questo libro, ma vi assicuro che di vicende
simili purtroppo ne accadono in continuazione, e abbondano gli intrecci di
odio e amore che sfociano in tragedia. Di conseguenza, la sua famiglia non
saprà mai che stavo parlando proprio di lei.
«Soltanto noi due conosciamo la verità», si congedò Rose al termine della
nostra lunga chiacchierata, felice di aver potuto comunicare con le sue
adorate figlie e di aver donato loro la pace di cui avevano tanto bisogno.
Soltanto noi due conosciamo la verità.Oltre a una persona che mi auguro non
dimentichi mai, attimo dopo attimo, fino alla fine dei suoi giorni.
Aggiornata il giovedì 17 aprile 2008
Edizione Mondolibri S.p.A., Milano
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