S`amor non è, che dunque è quel ch`io sento?

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S`amor non è, che dunque è quel ch`io sento?
ANALISI DEL TESTO:
"S'amor non è, che dunque è quel ch'io sento?" di F.Petrarca
S’amor non è, che dunque è quel ch’io sento?
Ma s’egli è amor, perdio, che cosa et quale?
Se bona, onde l’effecto aspro mortale?
Se ria, onde sí dolce ogni tormento?
5S’a mia voglia ardo, onde ’l pianto e lamento?
S’a mal mio grado, il lamentar che vale?
O viva morte, o dilectoso male,
come puoi tanto in me, s’io no ’l consento?
Et s’io ’l consento, a gran torto mi doglio.
10Fra sí contrari vènti in frale barca
mi trovo in alto mar senza governo,
sí lieve di saver, d’error sí carca
ch’i’ medesmo non so quel ch’io mi voglio,
et tremo a mezza state, ardendo il verno
PARAFRASI
Se non è amore, che sentimento è questo che io provo? Ma se invece è amore, per amor di Dio, che
cos'è l'amore e qual è la sua essenza? Se è qualcosa di buono, perché i suoi effetti sono così
dolorosi? Ma se invece è qualcosa di negativo, perché i tormenti del mio animo sono così piacevoli?
Se per mia volontà ardo di questo sentimento, perché piango e mi lamento? Ma se mio malgrado io
non voglio provare amore, che valore ha lamentarsi? Oh amore, che sei viva morte e piacevole
travaglio, come puoi avere tanto potere su di me anche se io mi oppongo?
Ma se io invece te lo permetto allora sbaglio a lamentarmi. In questa situazione sono come una
fragile barca senza timoniere, dibattuta in mare aperto in balia di venti tanto sfavorevoli.
Sono privo di controllo e commetto talmente tanti sbagli che io stesso non riesco a capire cosa
voglio e nonostante io sia nel bel mezzo dell'estate tremo, nonostante io mi trovi in pieno inverno
divampo di calore.
ANALISI
Il sonetto può essere suddiviso sia dal punto di vista sintattico sia da quello contenutistico in due
nuclei, costituito dalle quartine l'uno, dalle terzine l'altro. Nella prima parte Petrarca pone a se
stesso una serie di interrogativi e un'ultima domanda finale che rivolge direttamente alla
personificazione di amore invocato nel verso 7 tramite due epiteti ossimorici caratterizzanti del suo
stile. Nei primi sei versi del componimento si susseguono una serie di domande retoriche che,
dando un ritmo affannoso alla lirica, esplicitano tutto il travaglio interiore dell'animo di Petrarca e lo
gettano in una condizione di totale confusione tanto che egli non riesce neppure a definire il
sentimento che prova. Infatti se in un primo momento si chiede se ciò che prova sia amore, subito
dopo si pone la questione di quale sia l'essenza dell'amore e se esso sia un sentimento positivo e
giusto o negativo e distruttivo. Petrarca pone l'accento sulla sua soggettività che si contrappone
nettamente all'oggettività: razionalmente ciò che è buono non dovrebbe procurargli dolore e ciò che
invece è malvagio non dovrebbe suscitare in lui una sensazione piacevole.
Altro tema affrontato è quello dalla volontà, indipendentemente da essa l'amore penetra
profondamente nell'animo dell'innamorato perché si tratta di una forza vincente superiore e più forte
di tutto. Nel secondo nucleo Petrarca si sofferma appunto a sviluppare questo concetto della potenza
dell'amore. Non ci sono più domande delle quali il poeta cerca una risposta ma piuttosto egli ci offre
un'immagine di quello che è il suo animo attraverso la metafora a lui cara di una fragile barca
dibattuta in mare aperto da venti tempestosi e senza un giudizioso timoniere sul quale fare
affidamento. Il timoniere non è altro che l'immagine dell'autocontrollo di Petrarca nei confronti
dell'amore, tanto assente da provocare in lui la contraddizione di chi trema in estate e soffre il caldo
d'inverno.
Il sonetto (due quartine seguite da due terzine) presenta uno schema delle rime ABBA ABBA CDE
DCE.
Le quartine sono pregne di antitesi nelle quali il poeta, accostando concetti e situazioni opposti, è in
continua contraddizione con se se stesso. Lo stile diviene quindi lo specchio dell'animo di Petrarca,
del suo dissidio interiore e dei sentimenti che, seppur contradditori, egli prova. La tecnica dove
ricorrono antitesi, ossimori e un continuo e ininterrotto susseguirsi di lessico dei contrari, serve
all'autore stesso per esprimere uno degli aspetti peggiori e più laceranti dell'amore ovvero
l'incoerenza degli stati d'animo che alternano timori e speranze, ardore e freddezza.
Nella prima terzina Petrarca ricorre a un topos letterario tipico della sua produzione: la metafore
della barca. L'immagine della nave che giunge al porto dopo una navigazione tempestosa ha una
lunga tradizione letteraria ed è sempre simbolo positivo del raggiungimento di un traguardo. In
Petrarca invece la barca assume connotati negativi in quanto rappresenta un punto di arrivo che però
coincide con la morte, unico rifugio nel quale egli può cercare conforto per placare la sofferenza
amorosa. é possibile riscontrare un'analogia nella lirica "Chiare, fresche et dolci acque", dove sul
finir della seconda strofa il poeta paragona la vita alla navigazione e la morte all'approdo in un
riposato porto. Ancora nel sonetto "La vita fugge e non s'arresta un'hora", nel quale Petrarca denota
la sua ossessione per lo scorrere della vita e per l'imminente vicinanza della morte, evoca questa
immagine. Nelle due terzine finali di questa poesia afferma ormai allo stremo dello sconforto, che la
sua navigazione sarà travagliata anche nella sua vecchiaia e che la tempesta arriverà persino a
turbinare nel porto. Il timoniere della nave rappresenta quindi in tutta questa scena l'autocontrollo e
la forza che mancano a Petrarca per opporsi agli affanni e ai tumulti delle passioni amorose, ovvero
la sua impotenza di fronte a questo sentimento.
Il sonetto si conclude con due paradossi antitetici (verso 14): il poeta vuole illustrare come gli effetti
dell'amore non si limitino allo sconvolgimento del suo animo, ma di come essi intacchino come una
malattia anche la sfera delle percezioni fisiche, alterandole a tal punto da portare all'assurdo i
sintomi e costringendolo a tremare malgrado il caldo e provocare avvampi di calore nonostante il
freddo.
Per tutto il componimento Petrarca dissemina attributi che si riferiscono all'amore (bona, ria, aspro,
mortale) e che delineano due campi semantici distinti e contrapposti: il nucleo concettuale
dell'amore come sensazione che procura piacere e quello dell'amore concepito come forza
distruttrice. Indubbiamente prevale nel lessico l'accezione negativa dell'amore (data dai termini
aspro, mortale, lamento, pianto, doglio), ciò a spiegare la visione petrarchesca di questo sentimento.
L'indole del poeta,l'uomo del dissidio, costantemente divisa tra il sentimento religioso e le passioni
terrene, non trova in questa poesia un netto schieramento e una presa di posizione piuttosto si limita
a pendere verso la sfera negativa.
CONTESTUALIZZAZIONE
In tutto il Canzoniere la concezione della passione amorosa è vista come uno stato d'animo ambiguo
e irrazionale, dolce e amaro contemporaneamente, travaglio vissuto con piacevole sofferenza. Ciò si
può chiaramente leggere anche nel sonetto "Pace non trovo, et non ò da far guerra" nel quale
Amore è visto come un carceriere crudele che non lascia all'innamorato libertà di scelta,
costringendolo ad amare Laura e al contempo a soffrire per i suoi rifiuti.
Tuttavia la contraddizione di Petrarca non si limita a manifestarsi nella sfera delle sue emozioni
interiori ma invade e coinvolge una dimensione molto più ampia come quella del suo stile e del suo
modo di vivere in previsione di una vita ultraterrena. Petrarca nelle sue poesie presenterà sempre
una visione di Laura divisa tra la donna angelicata del repertorio stilnovista che ritroviampo nella
poesia "Erano i capei d'oro a l'aura sparsi", e la donna simbolo delle passioni materiali e terrene,
rappresentatrice di quell'amor profano che induce l'innamorato a cadere nel peccato una volta
discostato dal sentimento religioso. Per questo motivo Petrarca, spinto dalla sofferenza per non
poter congiungersi a Laura e dal tormento di cadere nel male dei beni materiali, immagina di
incontrare Laura, privata di ogni elemento di sensualità terrena, in una dimensione spirituale pura
che egli racconta nella lirica "Levòmmi il mio penser in parte ov'era". Nell'esperienza di Petrarca
Laura resterà comunque una creatura terrena, è indubbiamente l'amore della sua vita, è la figura che
egli ama e canta, alla quale dedica la propria produzione letteraria. Laura è per il poeta il ponte per
raggiungere la gloria, a differenza di Date per esempio, che canta Beaytrice per giungwere alla
beatificazione.
In conclusione Petrarca è un uomo e un poeta sospeso in equilibrio instabile su un filo sottile, senza
mai cadere né da una parte né dall'altra, lacerato da un amore inappagato, tormentato ma capace di
procurare piacere, un amore distante, ricordato, sognato al quale però non è in grado di rinunciare,
un amore come debolezza e peccato, ostacolo alla purificazione interiore e alla conciliazione con
Dio, seppure indispensabile in quanto tramite alla gloria.
IL LAVORO È STATO SVOLTO COME PROVA DI VERIFICA SCRITTA NEL MESE DI
MARZO 2013 DA ISABELLA FRIGOTTO, DELLA CLASSE TERZA CLASSICO ED HA
MERITATO UN GIUDIZIO ECCELLENTE DAL DOCENTE DI ITALIANO, FRANCO
SCARTOZZONI.