DELOCALIZZAZIONE A OVEST E` opinione comune riferire il

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DELOCALIZZAZIONE A OVEST E` opinione comune riferire il
DELOCALIZZAZIONE A OVEST
E’ opinione comune riferire il fenomeno della delocalizzazione principalmente ad
iniziative imprenditoriali delle aziende del nord est in territori in via di sviluppo ed in
particolare nei Paesi dell’est europeo o dell’estremo oriente.
Numerose sono le statistiche sull’impiego di capitali in tali aree che denotano un
trend ormai consolidato verso mercati ove il costo di produzione è più vantaggioso rispetto
a quello del nostro Paese.
Ad esempio, la vicina Romania è stata diffusamente colonizzata dalle imprese
venete che hanno tratto vantaggio da un mercato del lavoro di recente formazione, con una
consistente offerta di manodopera generica a costi particolarmente ridotti.
Tale processo è stato accompagnato a volte da un obiettivo di più lungo corso con
l’avvio di strutture commerciali locali senza limitarsi alla sola fase di “buy back” dei
prodotti (ossia, al rientro nel mercato domestico del manufatto finito).
Basti pensare all’apertura di nuovi stabilimenti in Cina per la diffusione di prodotti
di largo consumo nella stessa Repubblica Popolare.
Tuttavia, ciò ha spesso comportato conseguenze negative tra cui l’imitazione
sfrenata e sovente impunita della tecnologia e dei segni distintivi sui quali molte aziende
venete poggiano le chiavi del proprio sviluppo.
Nella descritta situazione, appare consigliabile diversificare progressivamente il
rischio in una pluralità di mercati a livello globale, rivolgendosi anche ad alcuni Paesi che,
pur non potendo qualificarsi come “in via di sviluppo”, offrono, nondimeno, condizioni
complessive di sicuro interesse.
Si pensi al mercato nordamericano o alla più estesa area “Nafta” (Canada, USA e
Messico) di cui poco si parla in tema di delocalizzazione e che pure rappresenta un
territorio commerciale di primaria importanza.
Negli Stati Uniti, ad esempio, l’assunzione e la dismissione di forza lavoro sono
assecondate dalla massima flessibilità oltre a comportare un costo complessivo
sensibilmente più ridotto a confronto con quello del nostro Paese e di molti Stati
dell’Europa comunitaria.
Inoltre, il mercato del lavoro si avvantaggia di un livello tecnologico decisamente
elevato, di un’offerta ricca e variegata e di un sistema normativo fra i più avanzati nella
tutela dei diritti di proprietà intellettuale che punisce severamente la pirateria commerciale
e la contraffazione.
L’economia USA sta registrando, fra i Paesi industrializzati, il più alto tasso di
crescita con il PIL al 4,1% nel quarto trimestre 2003 con un probabile incremento al 4,8%
nella prima metà del 2004 ed una media annua tra il 4,5% e il 4,7%.
Al di là dei dati macroeconomici e della favorevole congiuntura valutaria,
delocalizzare in nord America e, segnatamente negli USA, significa anche poter contare su
di un interessante sistema locale di incentivi agli investimenti, con i vari Stati dell’Unione
in competizione tra loro nel concedere vantaggi fiscali e/o strumenti finanziari agevolati.
Oltre a ciò si riscontra un sistema assai strutturato di agenzie di assistenza
all’impresa che consentono un’efficace diffusione del flusso informativo tra gli operatori.
Si segnala, in particolare, la small business administration (SBA) specializzata
nell’assistenza alle piccole e medie imprese il cui indirizzo web è il seguente:
www.sba.gov.
L’insieme di tali risorse non va dunque sottovalutato nell’ottica di una corretta
diversificazione nei mercati globali, che può rivelarsi una scelta di successo.
Maurizio Gardenal
[email protected]