Recesso al contratto di agenzia - Petracci

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Recesso al contratto di agenzia - Petracci
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Recesso al contratto di agenzia
Dal contratto di agenzia entrambe le parti possono liberamente recedere in
qualunque momento. Il recesso costituisce un negozio unilaterale recettizio, libero nella
forma, la cui efficacia è subordinata alla conoscenza di esso che l’altra parte ne abbia
avuto o avrebbe dovuto averne.
Il recesso può essere ad nuntum cioè ordinario con preavviso, nel caso di contratto
a tempo indeterminato, o straordinario con giusta causa, sia nei contratti a tempo
determinato che indeterminato.
Il recesso con preavviso dal contratto di agenzia è espressamente disciplinato
dall’art. 1750 comma 2 cc, nel quale si precisa la facoltà delle parti di recedere dal
contratto a tempo indeterminato, senza alcuna motivazione, dandone preavviso all’altra
entro il termine stabilito. Il preavviso costituisce un obbligazione a carico della parte
recedente, dando luogo in caso di inadempimento al risarcimento del danno,
corrispondente all’ammontare delle provvigioni nel corso del periodo di mancato
preavviso, come disposto dall ‘AEC 2009 agenti commerciali art. 10.
Tempi di preavviso sono, sulla base dell’AEC agenti commercio 2009, art. 10:
- 5 mesi per i primi 5 anni di rapporto di lavoro
- 6 mesi dal sesto in poi
Per quanto concerne il recesso per giusta causa esso si ha ove questo avvenga
quando un fatto è imputabile al proponente o all’agente che sia tale da impedire la
possibilità di prosecuzione anche temporanea del rapporto (cassazione 8948/2009). Il
giudizio sulla giusta causa di recesso costituisce una valutazione rimessa al giudice di
merito che deve essere fondata su un accertamento sufficientemente specifico degli
elementi di fatto e da corretti criteri di carattere generale ispiratori del giudizio di tipo
valutativo; si ha giusta causa anche ove vi è il rifiuto pregiudiziale di dar corso alle
proposte dell’agente. Se ritenuta sussistente la giusta causa, l’agente ha diritto alla
corresponsione delle indennità che conseguono alla cessazione del rapporto di lavoro.
Occorre ricordare che in ambito di tale contratto la giusta causa si solo sulla base delle
disposizioni dell’art. 1751 comma 2, cioè caso di inadempimento.
Indennità di cessazione del rapporto
Quello dell’indennità di cessazione del rapporto di lavoro costituisce uno degli
aspetti maggiormente critici e problematici della disciplina del rapporto di agenzia.
L’attuale testo dell’art. 1751, che ha dato attuazione alla direttiva comunitaria 86/653/
CEE, prevede dei criteri per la sussistenza e per il calcolo dell’indennità di cessazione del
rapporto del tutto differenti rispetto a quelli previsti dagli accordi economici collettivi. Per
quanto concerne la discrasia tra gli AEC e il codice civile la Corte di Giustizia Europea ne l
marzo del 2006 ha dichiarato nulle le clausole contenute negli AEC in merito alla
determinazione dell’indennità.
L’art. 1751 CC prevede che si possa corrispondere un’indennità di cessazione del
rapporto ove sussistano due requisiti:
1.
l’agente abbia procurato nuovi clienti al preponente o abbia sensibilmente
sviluppato gli affari con i clienti già in essere e lo stesso riceva ancora
vantaggi derivanti dagli affari con tali clienti
2.
il pagamento dell’indennità sia equo tenuto conto di tutto le circostanze del
caso in particolare delle provvigioni che l’agente perde e che risultano dagli
affari con tali clienti. (quindi è necessario che gli stessi clienti nuovi
continuino a concludere affari con il preponente anche dopo la
cessazione del rapporto con l’agente)
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E’ necessario che il valore prodotto dall’agente rimanga in futuro al preponente,
dopo la cessazione del rapporto essendo irrilevante che durante il rapporto l’agente abbia
aumentato il fatturato sviluppando anche considerevolmente geli affari del preponente, tale
vantaggio è stato già compensato dalle provvigioni pagate. È quindi determinante che il
valore prodotto dall’agente sia stabile, dovendo permanere anche dopo la cessazione del
rapporto.
Il procedimento per la determinazione dell’indennità di cessazione del rapporto è
ben esplicata dalla Direttiva CEE 86/653, la quale dichiara che è necessario:
a.
accertare il numero di nuovi clienti e lo sviluppo degli affari con i clienti
esistenti. Una volta individuati tali clienti viene calcolata la relativa
provvigione lorda per gli ultimi 12 mesi del contratto di agenzia, si possono
ad essi aggiungere le eventuali retribuzioni fisse qualora queste possano
riferirsi direttamente ai nuovi clienti;
b.
viene successivamente effettuata una stima, calcolata in termini di anni,
della probabile durata futura dei vantaggi che derivano al preponente dagli
affari con i clienti esistenti con i quali sono stati sensibilmente sviluppati gli
affari, sarà in questo caso necessario valutare anche la situazione del
mercato nel momento in cui vengono presentate le dimissioni. Occorre
precisare che un eventuale calo del fatturato dopo la cessazione del
contratto non comporta un’automatica riduzione corrispondente del livello
di indennità in quanto il fatturato potrebbe essere variato per altre
questioni, es: qualità dei prodotti, motivo della concorrenza, ecc;
c.
occorre valutare la possibile migrazione, in quanto una certa clientela
potrebbe essere legata all’agente (circa il 38%);
Es: provvigioni nuovi clienti negli ultimi 12 mesi pari a € 100.000,00, durata
benefici 3 anni, tasso migrazione 30%
Anno 1 100.000 – 30.000 = 70.000
Anno 2 70.000 – 21.000 = 49.000
Anno 3 49.000 - 14.700 = 34.300
Totale Prov perdute = 153.300
Correzione al valore attuale 10%= 137.970 (indennità effettiva)
Il calcolo tiene conto solo ed unicamente dei nuovi clienti portati dall’agente.
Per gli AEC è del tutto irrilevante, per il calcolo dell’indennità di cessazione del
rapporto, i vantaggi che il preponente riceverà nel periodo successivo alla cessazione del
rapporto, rilevano solo le provvigioni che l’agente ha percepito e la durata del rapporto.
Inoltre per gli AEC diverse sono i requisiti per ottenere le indennità:
- FIRR (indennità di cessazione del rapporto): si ha anche ove l’agente non
abbia apportato nuovi clienti, vige solo un criterio di equità, occorre tener
presente che tali disposizioni sono in contrasto con la norma di legge
- Indennità supplettiva di clientela: anche in questo caso non necessita dei
requisiti previsti dall’art. 1751 comma 1 CC
- Indennità meritocratica: è riconosciuta solo alla presenza dell’aumento del
fatturato con la clientela esistente e/o l’acquisizione di nuovi clienti, anche in
questo caso in contrasto con le disposizioni normative ove non si tiene conto
della permanenza dei clienti presso il preponente.
La Corte di Cassazione si è pronunciata (Cassazione Settembre 2009 n° 19508),
dichiarando che l’indennità supplettiva di clientela spetta all’agente ai sensi dell’art. 11
dell’AEC.
Visto le importanti discrasie tra le disposizioni dell’art. 1751 e gli AEC, l’ultimo
comma dell’art 1751 CC prevede l’inderogabilità delle norme in esso contenute ove siano
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svantaggiose per l’agente. La Corte di Giustizia ribadisce che le indicazioni previste dalle
disposizioni della direttiva europea sono imperative, le eventuali deroghe ammesse ove
queste risultino migliorative per l’agente. La Corte di Giustizia Europea afferma che gli
AEC non possono validamente derogare il sistema imperativo previsto dalla Direttiva e
sono quindi nulli per una violazione di norma imperativa. Un’ipotesi simile secondo la
Corte Giustizia è ammessa solo ove si dimostri che le disposizioni presenti negli AEC
permettono all’agente un’indennità pari o superiore
a quella che risulterebbe
dall’applicazione della detta disposizione.
La Corte di Cassazione si discosta dalla Corte di Giustizia affermando, nella
sentenza 21309/06 che:
- l’indennità prevista dai contratti collettivi deve rappresentare per l’agente un
trattamento minimo garantito
- che l’equità in presenza del presupposto del vantaggio del preponente, impone
al giudice di merito la valutazione di tutte le circostanze del caso concreto si ai
fini dell’an dell’indennità, sia del quantum di essa.
- Che la valutazione del carattere di maggior favore, o non, del trattamento di fine
rapporto sia effettuato ex post e non ex ante
- Che il criterio meritocratico è indefettibile; altri criteri sono ammissibili solo se il
calcolo risulti in concreto più favorevole per l’agente.
L’indennità non è dovuta oltre ove ne mancano i requisiti di cui all’art. 1751 anche
nei casi in cui:
a) il recesso del preponente sia dovuto per inadempimento dell’agente
b) recesso dell’agente
c) cessione, da parte dell’agente, del proprio contratti a terzi
La Corte di Cassazione ritiene che tali circostanze costituiscano dei fatti impeditivi
del diritto all’indennità di cessazione del rapporto.
Decadenza: l’angente ha un anno di tempo entro cui far valere il proprio diritto
all’indennità di cessazione del rapporto di lavoro nei confronti del preponente. A tal fine è
sufficiente un qualsiasi atto, anche stragiudiziale, con il quale si richieda il pagamento
dell’indennità.
Il patto di non concorrenza
Di regola l’agente, immediatamente dopo la cessazione del rapporto di lavoro, può
assumere incarichi anche in favore di soggetti in diretta concorrenza con il precedente
preponente, eventualmente svolgendo la propria opera nei confronti dei medesimi clienti
precedentemente contattati. Tenendo conto dei limiti disposti dall’art. 2598 cc e senza
l’utilizzo di informazioni riservate o segrete come disposto dagli artt. 621, 622, 623 cp.
Il preponente può stipulare un patto di con l’agente che limiti la concorrenza di
quest’ultimo per un determinato periodo di tempo dopo la risoluzione del contratto
agenziale.
L’art. 1751 CC prevede che il patto che limita la concorrenza da parte dell’agente
dopo lo scioglimento del contratto deve farsi per iscritto, deve riguardare la medesima
zona, clientela e genere di beni o servizi per il quali era stato concluso il contratto di
agenzia e la sua durata non può eccedere i due anni successivi all’estinzione del
contratto. Tale patto potrà essere inserito nel contratto o stipulato successivamente.
L’introduzione di un patto di non concorrenza può prevedere il pagamento di un
indennità di natura non provvigionale, esso viene stabilito su accordo delle parti o in via di
equità dal giudice. L’art. 23 comma 2, della legge 422/00 sancisce che l’indennità dovuta
come corrispettivo del patto di non concorrenza debba essere corrisposta esclusivamente
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all’agente che esercita la propria attività in forma individuale, di società di persona, o di
capitali con un solo socio.
Nei confronti dell’agente che violi il patto di non concorrenza, il preponente potrà
agire in giudizio, dovendosi ritenere applicabile il principio generale di inadempimento
delle obbligazioni ex art. 1218 e ss, e quindi sarà obbligato al risarcimento del danno. Il
preponente potrà anche in via d’urgenza e cautelare agire mediante art. 700 cpc, e quindi
chiedere un ordine nei confronti dell’agente per la immediata cessazione del
comportamento illecito sino al termine di durata del patto stesso.
Dott.ssa Cardellicchio Demelzia
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