bellisardi federico

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bellisardi federico
Belli8sardi Lando, 27 ottobre 2011, Pagina 1 di 8
Il
Romanticismo
Théodore Géricault (1791-1824)
Géricault fu un pittore francese che visse a cavallo tra il
diciottesimo e il diciannovesimo secolo e fu un grande
esponente dell’arte romantica.
Nacque a Rouen il 26 settembre del 1791 da una famiglia
solida e abbiente che riesce a garantirgli una buona
formazione.
Con la famiglia si trasferì a Parigi già dall’età di 4 anni
dove il giovane Géricault scoprì le sue passioni, quella
artistica e quella militare, entrambe accomunate
dall'amore profondo per i cavalli. Cavalli che saranno oggetto di numerosi studi e dipinti.
La sua fama inizia nel 1812 quando presenta al Salon il quadro
Ufficiale dei Cavalleggeri della Guardia imperiale alla carica. Nato
dall'osservazione al mercato di un cavallo impennatosi mentre
trainava un carretto, e poi trasformando il soggetto in eroico grazie
ad un amico ufficiale (Dieudonné, luogotenente delle Guide) che posò
per il cavaliere, e grazie ai consigli per la posa fatti dal barone
d'Aubigny.
Nel 1816 partecipa al "Prix de Rome" senza però avere successo, ma
l'artista decide di andare, a proprie spese, comunque nel Bel Paese.
Ufficiale dei
Cavalleggeri della
Guardia imperiale alla
carica
In Italia studia intensamente l'arte e la grafica italiana
(apprezzando e imitando, in alcuni fra i suoi migliori lavori, i
chiaroscuri del Manierismo), soprattutto durante il soggiorno a
Firenze. A Roma immortalerà i suoi amati cavalli ritratti alla Corsa
dei cavalli barberi e nella campagna romana. Nel 1817 torna
definitivamente a Parigi dove decise di dedicarsi allo studio della litografia e della grafica
in generale.
I cavalli rimasero talmente legati alla vita di Géricault che ne causarono la morte. Infatti
nel 1822 avvennero due cadute da cavallo che (trascurate) portarono ad una lesione del
midollo spinale che condusse l'artista alla paralisi e alla morte. Il 26 gennaio 1824 Géricault
morì, dopo un mese e mezzo di agonia.
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Zattera della Medusa
Autore
Data
Tecnica
Dimensioni
Ubicazione
Théodore Géricault
1818
olio su tela
491×716 cm
Museo del Louvre, Parigi
Mentre sta studiando il caso dell'omicidio
di un giudice, Géricault viene raggiunto
dalla sconvolgente cronaca di un tragico
naufragio occorso nel 1816. Siamo nel 1818
e solo ora arrivano al pubblico le notizie circa questo fatto che il Governo vuole insabbiare.
La fregata Meduse stava trasportando, insieme ad altre navi, una delegazione francese
nella Colonia senegalese di St. Louis. A bordo c'erano circa 400 persone. Il 2 luglio 1816 la
Meduse naufragò su una secca. Le scialuppe erano insufficienti e si costruì una zattera per
ospitare i naufraghi rimasti senza mezzo di salvataggio. Erano centoquarantanove uomini,
stipati sulla zattera. Ben presto (incomprensibile il motivo) venne tagliato il cavo che
permetteva il traino della zattera da parte delle altre scialuppe. La zattera fu abbandonata
ai flutti e non si fece nulla per soccorrerla. Iniziò (e fu questo che colpì Géricault) una dura
lotta per la sopravvivenza. Alcuni, moribondi, vennero buttati a mare, la fame, la sete e la
disperazione diedero origine persino ad episodi di cannibalismo. Dodici furono i giorni
dell'abbandono e della lotta, e quando una nave, l'Argus, raccolse i naufraghi, essi erano
solo in quindici e tutti moribondi. Significa che ben centotrentaquattro furono i morti in
quei terribili dodici giorni passati nell'angosciante coscienza di avere la morte a bordo.
Inizialmente Géricault pensò di ricavarne una serie di litografie che illustrassero l'intera
vicenda. Poi gli venne l'idea di farne un unico, grande, quadro, che prevedesse anche
l'episodio di cannibalismo (significativo per illustrare la disperazione).Si può notare lo
scrupolo con il quale l’artista si dedicò ad un periodo di ricerca e di vari studi sulla luce e
sul corpo umano; infatti prese uno studio vicino all'Ospedale, e studiò dal vivo malati,
moribondi, cadaveri, copiando persino pezzi anatomici (teste, braccia, piedi) da utilizzare
per indicare il cannibalismo.
Chie
se,
poi,
agli
amici
di
fargl
i da
mod
elli
per
Studio per "La zattera della
Medusa",
Studio di testa di un uomo
affogato, utile per stabilire
il colore delle pelle rimasta
a lungo a contatto con
l'acqua.
Dipinto di arti amputati, usati
come modello per la resa
realistica del tono muscolare dei
morti.
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comporre la scena (fra cui un amico con l'itterizia, scelto come perfetto per il ruolo). Fra i
modelli da segnalare l'amico pittore Eugène Delacroix (che è l'uomo morto in primo piano a
sinistra).
All'inizio del 1818, incontrò i sopravvissuti Henri Savigny e Alexandre Corréard, i quali
fornirono la descrizione emotiva della loro esperienza, ispirando l'intenso tono tragico del
dipinto. Lavorò a fianco di Corréard, Savigny e il falegname della Medusa, Lavillette, per
costruire un dettagliato modello in scala della zattera, usata come modello dal vero nelle
fase finale. Nonostante soffrisse di forti febbri, riuscì a compiere diversi viaggi sulla
costa francese, in particolare a Le Havre, per assistere a tempeste e maremoti. Colse
inoltre l'occasione di un viaggio in Inghilterra, attraverso la Manica, per studiare il
movimento dello onde.
Si tratta di un’opera di denuncia e come si può notare dalle misure è enorme. Infatti le
dimensioni del dipinto, 491 x 716 cm, furono scelte in modo che la maggior parte delle
figure fossero in scala reale, mentre quelle in primissimo piano fossero il doppio della loro
grandezza naturale, dando quindi il senso di spinta verso l'esterno e verso lo spettatore,
che viene trascinato di peso direttamente nell'azione. La didascalia sulla cornice recita:
«L'unico eroe in questa toccante storia è l'umanità».
La disperazione che vuole comunicare l’artista allo spettatore è data da particolari
strazianti come quel vecchio che in primo piano regge sulle ginocchia le spoglie del figlio
deceduto, o un altro personaggio che irrompe in lacrime di frustrazione e sgomento, o l’
ammasso di corpi che occupa la parte inferiore del dipinto, in attesa di essere trasportati
via dalla corrente.
La composizione pittorica del quadro è costruita su due strutture piramidali(tipiche
dell’arte classica). Il perimetro della prima e più larga piramide, a sinistra, è costituito
dalla base stessa della zattera, mentre la seconda, di misura minore, si sviluppa dal gruppo
di sagome morte in primo piano, che formano anche la base da cui emergono i sopravvissuti,
intenti a stagliarsi il più alti possibile per richiamare la nave, convogliano verso il picco
emotivo costituito dalla figura centrale che sventola il panno. L'attenzione dell'osservatore
è dapprima catturata dal centro della tela, per poi seguire il flusso dei corpi dei
sopravvissuti, inquadrati di schiena e tendenti verso destra. Altre due linee diagonali
furono usate per aumentare la tensione drammatica. Una, infatti, segue l'albero maestro e
i tiranti, spostando l'attenzione dell'osservatore verso le minacciose onde della tempesta,
l'altra, composta dai corpi dei naufraghi ancora vivi, si protrae verso la silhouette della
Argus.
L’uso del colore e della luce è molto articolato infatti nel complesso il quadro è dominato da
una tonalità scura e tetra (lo stesso cielo è presenta tinte che vanno dal giallo al grigio
scuro), affidata all'uso di pigmenti tendenti al marrone, efficaci nel suggerire il sentimento
di dolore e tragedia. L’unico barlume di luce chiara è posizionato proprio nel punto in cui
compare la Argus, che assume così (anche grazie al colore) il significato della speranza.
Ritratti di persona alienate
Nel 1822 si manifestò nell’artista una forma depressiva (secondo alcuni causata dalle
critiche alla sua arte, sofferte per la sua straordinaria sensibilità, secondo altri causata
dalla situazione sentimentale) che lo porta a rivolgersi al giovane e già noto alienista dottor
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Etienne-Jean Georget. Oltre alla terapia, sembra nascere un sincero rapporto di reciproca
stima, che porterà Gericault a realizzare dal vivo 10 ritratti di alienati monomaniacali. Non
sappiamo se l'idea di ritrarre i malati fosse di Géricault, e il dottore gli abbia concesso i
permessi necessari per avvicinare questi soggetti e farli posare, e poi abbia ricevuto i
quadri in dono come segno di gratitudine, oppure se l'idea fosse del dottore stesso,
mettendo a profitto il raro talento del pittore per ottenere dei dipinti in grado di
testimoniare i tratti tipici delle singole manie. Le dieci opere furono presto divise fra il
dott. Georget (presso cui ne rimasero cinque, quelle che abbiamo) e i suoi colleghi (queste
cinque opere,invece, risultano oggi disperse). Le monomanie che ci restano documentate
sono l'invidia, la mania del gioco, la cleptomania e l'assassinio, il rapimento dei bambini e la
mania del comando militare. Le espressioni sono colte con un'acutezza e una precisione
eccezionali, tanto da rendere possibile la diagnosi. Nei Ritratti di alienati Géricault
conduce, attraverso la pittura, un'indagine scientifica sulla follia. Attraverso la pittura
studia a fondo l'individuo e la sua profondità mediante una visione rigorosa e quasi spietata
della realtà, che ricorda gli studi di Leonardo sulla fisiognomica e i "moti dell'animo".
Alla comprensione del mondo interiore, misterioso e irrazionale, si affianca il tema
dell'infelicità e sofferenza umana, e della condizione sociale. E' una denuncia contro
l'emarginazione dei malati mentali. La loro datazione non è certa, ma dovrebbe essere
compresa fra 1822 e 1823.
La monomania del gioco
Autore
Data
Tecnica
Dimensioni
Ubicazione
Théodore Géricault
1822-1823
Olio su tela
77×64,5 cm
Museo del Louvre, Parigi
Il titolo originale dell'opera è Alienata con la monomania
del gioco, quasi a indicare il disturbo del gioco, che la
rende quasi pazza. La donna ha degli occhi incavati e
delle palpebre arrossate, la fronte solcata da profonde
rughe e dai capelli corti che fuoriescono dalla cuffia
scomposta, con lo sguardo perso nel vuoto, non guarda
nessuno nello specifico, neanche noi che siamo
all'esterno. Proprio questo sguardo ci fa capire che è stata estraniata dalla vita reale.
Il bastone della donna sulla destra dello stesso colore dell'abito, i vestiti inoltre sono di
una povertà immensa, di una persona che ha perso tutto con il gioco, che oramai non le
rimane più niente. In quest'opera Gericault ci fa capire come era la situazione della povera
gente nei primi anni dell'800, facendosi portavoce degli ideali dei poveri che erano le piene
idee romantiche. In questo ritratto Géricault affida ad un sapiente gioco di tonalità di
grigio, usato per caratterizzare le vesti e le ciocche scomposte intorno alla cuffia, la
capacità di penetrare lo stato di infermità della donna. Con grande serietà affronta un
tema scottante per la società di quel periodo, restituendo attraverso il linguaggio dell’arte
una dignità a persone del tutto incapaci di vivere un’esistenza normale.
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Alienata con monomania dell’invidia
Data
1822-1823
Tecnica
Olio su tela
Dimensioni
Ubicazione Lione, Musée des Beaux
Raffigura una donna che indossa una veste. Questa è stata
creata con pennellate più lunghe che contribuiscono a
conferire un aspetto trasandato al soggetto. Lo sguardo è
rivolto verso qualcuno al di fuori del dipinto che è fonte
della sua invidia. Ha gli occhi rossi perché iniettati di
sangue, lo sguardo bieco, i muscoli che corrugano la fronte
sono messi in evidenza, lo sfondo marrone provoca il senso
di oppressione e non fa capire dove si trovi la donna.
L’uso dei colori scuri e intensi ( rosso che si contrappone al
verde) fa risaltare il viso pallido della donna.
Eugène Delacroix (1798-1863)
Eugène Delacroix fu un pittore francese, considerato il
principale esponente del movimento romantico nel suo paese.
Nacque nel 1798 a Charenton (Saint-Maurice), nei pressi di
Parigi. Ci sono motivi per credere che suo padre, Charles
Delacroix, all'epoca del concepimento di Eugène fosse
sterile, e che il suo vero padre sia in realtà il marchese
Talleyrand, che frequenta la famiglia, e a cui in età adulta
Eugène assomiglierà sia nell'aspetto che nel carattere. Nel
corso della sua carriera di pittore rimarrà sotto la
protezione prima dello stesso Talleyrand, ed in seguito di suo
nipote, Charles Auguste Louis Joseph Demorny, duca de
Autoritratto Delacroix
Morny, fratellastro di Napoleone III e presidente della
camera dei deputati francese. Nel 1815 inizia il suo
apprendistato sotto la guida di Guérin (presso il cui atelier incontrò Géricault), seguendo lo
stile neoclassico di Jacques-Louis David. Per preparare la sua formazione culturale, fece un
viaggio in Italia durante il quale studiò i protagonisti del Rinascimento italiano, in
particolare Michelangelo, per quanto riguarda il movimento, il volume e l’attenzione per
l’anatomia, e Tiziano, per il colore e la luce della pittura tonale. Una delle prime opere a
tema religioso che gli vengono commissionate, La Vergine delle Messi (1819), mostra una
certa influenza raffaellesca, ma un'opera successiva dello stesso tipo, La Vergine del Sacro
Cuore (1821), fa già intravedere un'interpretazione più libera. Questi lavori sono
precedenti all'impatto che avranno su di lui lo stile sfarzoso e ricco di colori del pittore
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fiammingo Rubens e quello del suo amico Théodore Géricault, le cui opere rappresentano
l'esordio del movimento romantico nel mondo dell'arte figurativa. Contrariamente al suo
principale rivale Ingres che ricercava nelle proprie opere il perfezionismo dello stile
neoclassico, Delacroix prese spunto dai pittori del rinascimento veneziano ponendo
maggiore enfasi sul colore e sul movimento piuttosto che sulla nitidezza dei profili e sulla
perfezione delle forme. Nel 1832 compì un viaggio in nord Africa per conto del governo
francese. In questo continente ebbe modo di osservare il folclore di questo popolo
talmente diverso per usi e costumi dagli europei, e rimase colpito particolarmente dalle
figure femminili. Questo viaggio gli fu particolarmente utile anche perché poté studiare
una luce differente che infondeva maggiore luminosità e arricchisce maggiormente i colori.
Questa luce divenne poi una caratteristica tipica delle sue opere in quanto la utilizzò sia
per accentuare i sentimenti dei personaggi rappresentati nella tela sia per volumizzare le
figure. La particolare tecnica pittorica di Delacroix, che faceva un uso accurato e studiato
dei colori, fu un punto di riferimento per gli Impressionisti.
Morì a Parigi il 13 agosto del 1863 a 65 anni.
La Barca di Dante
Autore
Eugène Delacroix
Data
1822
Tecnica
olio su tela
Dimensioni 189×246 cm
Ubicazione Musée du Louvre, Parigi
Questa fu l’opera con la quale l’
artista si presentò al Salon di Parigi
nel 1822. Il Salon fu un'esposizione
periodica di pittura e scultura, che
si svolse al Louvre di Parigi, con cadenza biennale fino al 1863 ed annuale in seguito
(decreto imperiale del 13 novembre 1863), dal XVII al XIX secolo. Essendo gestito
principalmente da membri dell’Accademia reale, presentava una giuria che prediligeva lo
stile neoclassico e per questa ragion molte opere del periodo romantico furono rifiutate.
Il quadro tratto dall’ottavo canto dell’inferno dantesco raffigura Dante e Virgilio,
traghettati oltre il lago dell'Inferno, mentre nel fango della palude infernale le anime
immerse dei dannati iracondi cercano di assalire la barca mordendosi a vicenda. La barca è
pilotata da Flegias, il demone nocchiero figlio di Marte e simbolo dell’ira. Il dipinto
rappresenta la traversata che avrebbe portato Dante e Virgilio nell’infuocata città di Dite,
dove si narra del passaggio dello Stige, nel quale durante il tragitto, il poeta incontra
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l’anima di Filippo Argenti, un iroso fiorentino che intende rovesciare la barca. L’artista ha
messo tutti i personaggi in un ambiente tenebroso, dal cui fondo emergono fuoco e nuvole
di fumo. Ogni corpo comunque ha dei bagliori di luce che lo modellano: Flegias è intento a
remare e, Dante impaurito cerca riparo presso Virgilio. I corpi richiamano quelli
Michelangioleschi. Le goccioline d’acqua sul ventre della donna dannata sono formate da
colori puri e giustapposti. Qui conta l'azione, il contesto ambientale, ma la figura di Dante è
comunque sentita e resa con vigore. Il poeta appare come un eroe che supera l'ostacolo
delle acque tempestose, il gesto della mano accompagna e fissa la sua determinazione e,
quasi di conseguenza, il volto risulta meno caratterizzato. Dal punto di vista artistico la
composizione è piramidale. Le figure vengono verso di noi, c’è richiesta di partecipazione, la
storia ci viene incontro, ne facciamo parte. I corpi sono rappresentati con realismo, si
dipingono i particolari senza un filtro idealizzante. Notevole è la ripresa de”La zattera
della Medusa” di Géricault per la struttura: il tutto è infatti giocato su una costruzione
piramidale che però manca anche in questo caso di una base stabile. Sono molto forti e ben
resi i rossi dell'incendio. Un particolare importante sono le gocce presenti sul torace della
donna e sotto l’ascella di un dannato. Queste infatti sono realizzate attraverso la
particolare tecnica della giustapposizione dei colori puri, qui ad esempio rosso, verde, giallo
e bianco. I colori sono solamente accostati, e non mescolati sulla tavolozza, come avveniva
di solito, ma l’occhio umano li sovrappone. Questa tecnica mette in risalto un linguaggio
nuovo che sfocia nel Realismo e che verrà ripresa anche dall’Impressionismo.
La libertà che guida il popolo
Data:
Tecnica:
Dimensioni:
Ubicazione:
1830
olio su tela
235x260 cm
museo del Louvre, Parigi
L’opera tratta un tratto di cronaca.
Nel 1929 il re Carlo X instaurò un
governo clerical-reazionario, ma dopo
che il suo governo perse alle elezioni
seguenti, il sovrano sciolse il
parlamento, sospese la libertà di
stampa e modificò il
sistema
elettorale a proprio vantaggio. Nelle
giornate dal 27 al 29 luglio 1830 la
popolazione
parigina
insorse,
obbligando il re a revocare le ordinanze emesse.
Nello stesso anno Delacroix dipinse quello che venne considerato dal critico Carlo Giulio
Argan, il primo dipinto politico dell’età contemporanea.
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L’artista, come un intellettuale, usa la sua arte per rappresentare la storia contemporanea
senza ricorrere a episodi del passato e senza utilizzare metafore.
Vediamo un gruppo di insorti che avanza su una barricata, guidati da una figura femminile,
una popolana vestita in maniera povera, nella quale è facile riconoscere la personificazione
della libertà. È per il suo esaltato realismo che l’opera fu in un primo momento censurata,
non era infatti pensabile all’epoca raffigurare una popolana, seminuda. Per far sì che il suo
dipinto fosse accettato, quindi, l’artista stabilì che la donna fosse in realtà la libertà,
perciò una sorta di divinità, un’allegoria.
Questa donna si trova in mezzo a due bambini armati e incita il popolo all’assalto stringendo
con una mano il fucile e con l’altra la bandiera francese.
Alla sua destra avanza uno schieramento di personaggio armati, in mezzo alla polvere
prodotta dagli spari e vi si ritrovano diverse classi sociali: i popolani, i borghesi
(rappresentati dall’uomo col cilindro, autoritratto dell’artista), i soldati della guardia
nazionale e i giovani studenti. Sono tutti uniti per umiliare il comune.
Negli edifici sullo sfondo è possibile riconoscere Parigi, caratterizzata dalle torri della
Cattedrale di Notre-Dame.
La costruzione è di tipo piramidale, citazione dell’arte classica leonardesca, ma l’equilibrio
compositivo non passa solamente attraverso questo dettaglio, è reso, ad esempio, dai
richiami cromatici presenti in tutta l’opera. Il rosso e il blu del tricolore francese sono
ripresi dalla fascia e dalla camicia della figura in ginocchio ai piedi della libertà, dalla calza
del cadavere in primo piano e dalla giacca del soldato.
È presente in maniera significativa il linguaggio romantico, attraverso un movimento
crescente di vitalità, che comincia dai morti in primo piano, passa dal ferito e termina verso
i piedi della libertà. Questo movimento è accompagnato da un graduale mutamento della
tonalità del colore.
Il secondo movimento invece è costituito da una generale spinta in avanti e evidenziato
dalla folla che emerge dallo sfondo fumoso.
All’emozione del Romanticismo si mescolano anche il linguaggio classico e realista.
Il Classicismo è presente proprio nella figura femminile che, anatomicamente perfetta, fa
riferimento all’opera classica della Venere di Milo.
L’effetto d’insieme è una grande teatralità mescolata ad un accento patetico, con cui
l’artista esalta la drammaticità dell’episodio.