Netsuke preview - Silvana Editoriale

Transcript

Netsuke preview - Silvana Editoriale
Sommario
13
N
Gian Giacomo Poldi Pezzoli e l’Oriente
Annalisa Zanni
MAR DEL
GIAPPONE
17
GIAPPONE
Il netsuke. Un’arte giapponese
Francesco Morena
COREA
29
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H O K K A I D Ō
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Il netsuke come espressione dell’arte
e dell’estetica giapponesi
O
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O
Lucia Caterina
35
Stili regionali e botteghe di intaglio di netsuke
Patrizia Jirka-Schmitz
T A I WA N
41
Giacinto Ubaldo Lanfranchi: sportivo, industriale,
storico, bibliofilo e collezionista appassionato
Andrea Di Lorenzo
IZUMO
Hirado
IWAMI
Hakata
•
CHIKUZEN
Arita •
HIZEN
Nagasaki •
•
ECHIZEN
S H I KO K U
K Y Ū S H Ū
N
Takayama
•
HIDA SHINANO
TAMBA
Gifu • MINO
Sasayama•
Ōsaka• • Kyōto OWARI
•
• Tsu Nagoya
Nara
•
•
Wakayama ISE ••
Ise
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47
Bruno Asnaghi
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Edo (Tōkyō) (Asakusa)
•
Il vecchio collezionista ricorda
•
Shibayama
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Y
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Catalogo delle opere
OKINAWA
51
67
93
107
131
145
167
183
193
199
Stranieri
La religiosità
Leggende, storia, letteratura e racconti popolari
Scene di genere
Creature fantastiche
Gli animali dello zodiaco
Fauna
Flora
Oggetti
Inrō e tabako-ire
Apparati
208
220
224
232
234
Appendice. Opere della collezione Lanfranchi
non comprese nelle schede del catalogo
Glossario
Indice dei nomi e dei titoli
Indice delle firme degli artisti
Bibliografia
58. Sesshū
munati proprio dall’utilizzo di
materiali diversi in combinazione con l’avorio e per la predilezione di rivestimenti policromi
non tradizionali, conosciuti in
conseguenza dell’arrivo di Gottfried Wagner, noto chimico tedesco chiamato nel 1874 dal governo per istruire i tecnici giapponesi (Szeszler, Bernstein 1985, p.
37; si noti la stretta connessione
tra i lavori di Yasuaki illustrati in
questo saggio con il netsuke di
Gyokuzan in esame).
fine del XIX - inizio
del XX secolo
avorio dipinto, madreperla,
corallo, corno e metallo,
2,7 × 2,8 × 2,5 cm
firmato Gyokuzan
Milano, Museo Poldi Pezzoli,
collezione Lanfranchi,
inv. 5696 (NL 57)
La composizione, realizzata utilizzando una certa varietà di materiali diversi, raffigura un adolescente inginocchiato, con le
mani legate dietro la schiena; ai
suoi piedi sta posato un vassoio
sul quale si trovano due topolini.
I due fori dell’himōtoshi, filettati
in metallo, si trovano sul lato inferiore della composizione.
La scena si riferisce senz’altro a
un episodio relativo alla giovinezza del celebre pittore Sesshū
Tōyō (1420-1506), il più autorevole
esponente nel genere della “pittura a inchiostro” (suibokuga) di
tradizione cinese. Leggenda vuole che, durante il suo periodo di
apprendistato come monaco-pittore presso il tempio Hōfukuji,
quando aveva solo dodici anni,
gli accadesse di dover subire la
punizione di venir legato a un pilastro per una sua intemperanza;
nonostante ciò, il giovane artista
riuscì a dipingere alcuni topi con
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Francesco Morena
Bibliografia: Lanfranchi 1962, pp. 45-46,
tav. XXIII, n. 101.
il pennello tenuto tra le dita dei
piedi; quando l’abate, recatosi
da lui per liberarlo, vide i topi dipinti prendere vita e fuggire via,
si impressionò tanto da non riuscire più ad avvicinarsi.
Davey (1974, p. 462, n. 472) ricorda l’esistenza di un Gyokuzan,
forse già citato da Jonas (1928, p.
131), molto probabilmente assimilabile all’autore di questo pezzo della collezione Lanfranchi,
specializzato proprio nella realizzazione di netsuke in avorio arricchito da stesure policrome. Si
potrebbe solo ipoteticamente
identificare con Asahi Gyokuzan
(1842-1900 circa), artista di Tōkyō
attivo durante il periodo Meiji
(1868-1912), del quale si conoscono tuttavia solo pochissimi pezzi, gran parte dei quali raffiguranti crani umani estremamente
dettagliati (MCI 1986, I, pp. 114115; Earle 2001, p. 173, n. 138; cfr.
cat. 111). Egli faceva parte di un
gruppo di artisti (Yasuaki,Tokoku
eYoshihide) – eredi della tradizione di Jukyoku e Hōjitsu – acco-
59. La volpe travestita
da Hyakuzōsu
fine del XVIII secolo - inizio
del XIX secolo
avorio tinto e dipinto
a inchiostro, 6 × 2,8 × 1 cm
non firmato
Milano, Museo Poldi Pezzoli,
collezione Lanfranchi,
inv. 5395 (NL 283)
Il netsuke rappresenta una figura con corpo di uomo e volto di
volpe (kitsune); il personaggio
tiene le due braccia sollevate all’altezza del petto, mentre le
due mani sono sistemate l’una
sull’altra, entrambe appoggiate
ad un lungo bastone di bambù
(take). Veste un cappuccio
(hyōbo e hanada-boshi) di un tipo indossato dai preti, specialmente da quelli appartenenti alla scuola del buddhismo Tendai.
I due fori dell’himōtoshi si trovano sul retro, all’altezza del bacino, quello di dimensioni maggiori più in basso rispetto a quello
più piccolo.
La volpe è uno dei bakemono – ovvero creature, di solito malefiche,
capaci di mutare il proprio aspetto – più popolari del Giappone.
Fin dall’antichità erano diffuse
leggende, alcune delle quali contenute nel Konjaku monogatari
(fine XI - inizio XII secolo), che riguardavano queste presunte doti
delle volpi; in molte di queste storie l’animale aveva il dono di trasformarsi in un’avvenente fanciulla. L’iconografia che caratterizza questo netsuke è però ispirata al dramma di teatro Kyōgen
dal titolo Tsurigitsune (“La trappola della volpe”), il quale fu uno
dei maggiori successi delle scuole teatrali Okura e Izumi; lo stesso spettacolo era inscenato anche dalla scuola Sagi, con il titolo
Konkai (“Il pianto della volpe”).
Entrambe le versioni narrano di
una volpe che poteva trasformarsi nel prete Hyakuzōsu, il quale
era solito apparire ai cacciatori
per dissuaderli dal dare la caccia
alle volpi, avvertendoli che queste avrebbero potuto vendicarsi
assumendo sembianze umane.
La trama di questi spettacoli teatrali si ispirava alla storia di un
vecchio prete vissuto durante il
periodo Eitoku (1381-1384) e residente nel tempio Shōrinji di Sakai, nella provincia di Izumo: molto devoto a Inaba, divinità dei raccolti, Hyakuzōsu teneva tre volpi
come guardiani contro i ladri, capaci inoltre di predire il futuro.
La maggior parte dei numerosi
netsuke che raffigurano questo
episodio mostrano, come in questo esemplare, Hyakuzōsu con il
volto di volpe vestito di abiti monacali; alcune volte a questo
personaggio principale si affianca la figura di un contadino (Jirka-Schmitz 2005, n. 271); in altri
casi, invece, l’artista rappresentava una figura con tratti per
metà di volpe e per metà di uomo, nell’esatto momento della
trasformazione.
Composizioni analoghe caratterizzano netsuke del XVIII e del
XIX secolo (si veda, ad esempio,
Jirka-Schmitz 2000a, pp. 82-83,
per un esemplare abbastanza
precoce); quello in esame è
un’opera di una certa qualità,
databile tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento.
Francesco Morena
Bibliografia: Lanfranchi 1962, p. 67, tav.
LII, n. 247.
60. Fukusuke e un bacile
con due pesci rossi
seconda metà del XIX secolo
legno laccato e dorato,
5 × 6 × 3,6 cm
non firmato
Milano, Museo Poldi Pezzoli,
collezione Lanfranchi,
inv. 5388 (NL 457)
Questo okimono raffigura un
bambino in piedi, con la mano sinistra posata sull’orlo di un
grande bacile all’interno del
quale nuotano due pesci rossi.
L’intera composizione è decorata in lacca grigia, rossa e oro,
applicato quest’ultimo con la
tecnica del maki-e (“pittura cosparsa”). L’abito del personaggio è ornato con motivi di ventagli rigidi, alcuni dei quali ravvivati da elementi floreali (rametti di
pruno, fusti di bambù e crisantemi), sovrapposti a tappeti di spi-
rali di onde (nami) o nashiji (“a
buccia di pera”); all’obi è appesa
una borsa per le monete (kinchaku); inoltre, su uno dei ventagli è
iscritto a oro in stile corsivo
(sōsho) l’ideogramma “kotobuki”, il cui significato è “longevità”, “lunga vita” nel senso di augurio. I due pesciolini rossi nella
vasca posano su altrettante
molle, artificio grazie al quale si
ha la sensazione che i due animali stiano sospesi nell’acqua.
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