PHU NAM, MON, KHMER Nove Secoli di Arte Indo

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PHU NAM, MON, KHMER Nove Secoli di Arte Indo
DALTON . SOMARÉ
Via Borgonuovo, 5– 20121 Milano
tel 0289096173 | [email protected] | www.daltonsomare.com
PHU NAM, MON, KHMER
Nove Secoli di Arte Indo-Buddista nel Sud Est Asiatico
Nella scia della straordinaria mostra “Lost Kingdoms”, recentemente allestita dal Metropolitan
Museum di New York, la Galleria Dalton Somaré esplora attraverso sculture in pietra e bronzo gli
echi e le influenze dell'Arte Indiana sulle iconografie e gli stili degli antichi regni Indo-Buddisti del
Vietnam, della Cambogia e della Tailandia.
Come consuetudine della Galleria la selezione presentata alla VI Edizione di Milano Asian Art, offre
a collezionisti e appassionati di Arte Orientale opere di grande qualità estetica, rigorosamente
documentate e culturalmente contestualizzate.
Vishnu
Vietnam o Cambogia, Pre Angkor, VIII sec. circa
Arenaria, 100 cm
Testa di Buddha
Nord Tailandia, Mon Dvaravati, VII sec. circa
Arenaria, 32 cm DAVID SORGATO
Via Sant’Orsola, 13 – 20123 Milano
tel 0286453592 | [email protected] | www.davidsorgato.com
ALLON SHA – KOTOKO - RIGA
Magia e spiritualità in Africa Islamica ALLON SHA – KOTOKO - RIGA testimonia il mondo dei popoli Hausa e Fulani nell'Africa Islamica. In
mostra: tavole coraniche magiche; abiti di sacerdoti sufi e sunniti trasformati in tele d'arte; piccoli cavallini
contro la follia a protezione dei guerrieri.
La scrittura, nel mondo musulmano, ha una valenza mistica, il dono rivelato di Allah all'uomo, è il
prolungamento della parola scritta di Dio. Allon/Alluna sono tavole coraniche che documentano la
spiritualità, l'educazione e le pratiche magiche di quella parte del popolo africano, tra Niger e Nigeria, che fu
islamizzato dalle confraternite sufi alla fine del XIII secolo.
Le tavole servivano a quattro scopi. Allon Karatu per imparare a scrivere e memorizzare il Corano. Allon
Sauka sono i diplomi di fine corso, al termine del quale i giovani potevano chiedere soldi in cambio della
recita del Corano e anche sposarsi. Allon Sha, letteralmente “da bere”, sono tavole più scure disegnate con
simboli, quadrati magici e formule sacre, dalle quali, in un secondo tempo, l'inchiostro è dilavato, raccolto in
un bicchiere e dato da bere all'interessato per guarirlo o per purificarne l'anima. Infine, Allon Kafingida, che
oltre ai numeri e alle parole sacre contengono disegni di animali del Sahel, servivano per scacciare gli spiriti
maligni che erano entrati in casa.
L'estetica è inseparabile da un certo modo di essere islamico e di intendere il mondo, è una incessante ricerca
dell'eleganza, della distinzione, della cultura, della raffinatezza, in altre parole di “adab”. L'indagine per
perseguire la perfezione nel corpo e nell'anima è per il musulmano la chiave fondamentale dell'esistenza. In
quest’ottica vanno lette le tuniche lussuose finemente disegnate, indossate da uomini di prestigio, per indicare
la propria autorità. Si chiamano “riga” e il tessuto è così ricco nel ricamo e potente nel disegno, d'effetto tanto
sotto il profilo visivo che spirituale, che per realizzarlo veniva richiesto l'intervento di maestri di calligrafia,
geometria e numerologia.
Sempre africani, provenienti dal Ciad, sono i Cavalieri Kotoko, della fine del XIX secolo. Sono talismani
contro la follia, a protezione dei guerrieri.
Sono esteticamente di un’essenziale complessità: l’insieme cavallo/cavaliere racchiude una figura ancestrale in
cui si riconosce, come in Orlando di Roncisvalle, Don Chichotte, San Giorgio, i Cavalieri dell’Apocalisse, una
forza che parla ad ogni uomo e in ogni tempo, in termini assoluti.
I cavalieri di Kotoko, anonimi personaggi a cavallo, sono uno straordinario esempio di “grandezza
ontologica”. Pur essendo di piccole dimensioni, dai 2 ai 10 cm, basta posizionarli in una prospettiva libera da
oggetti, per rendersi conto che reggono qualunque dimensione. Sono portatori di una sintesi estetica che si
misura non dalla dimensione dell’oggetto, ma dalla profondità della nostra capacità percettiva.
La mostra, attraverso le Alluna, i cavalieri Kotoko e i tessuti Riga, svela l'enigma della ricerca sulla
“perfezione”, così come è iniziata nel XII secolo fino al XX secolo.
E' l'indagine più complessa e la testimonianza più completa finora mai realizzata sulla relazione tra Africa e
Islam.
Alluna
Tavola talismanica, Nigeria XX secolo
Legno, inchiostro naturale nero e rosso, pelle
56 x 3o cm.
Inedita
Riga
Veste, Nigeria, fine del XIX secolo
Tela di cotone tinta ad indaco, filo di seta
190 x 130 cm.
Inedita
Kotoko
Tre cavalieri
Ciad, fine del XIX secolo
Inediti
GIUSEPPE PIVA – ARTE GIAPPONESE
Via San Damiano, 2 | 20122 Milano
tel 0236564455 | [email protected] | www.giuseppepiva.com
NETSUKE – Il mondo in mano
Le piccole sculture utilizzate nell'antico Giappone per appendere al kimono contenitori e borsette
sembrano create appositamente per essere collezionate: raffinati, spiritosi e dai più svariati soggetti,
questi piccoli capolavori in legno e avorio stupiscono e al contempo divertono chi li maneggia.
I soggetti derivano spesso dal regno animale e dalla mitologia sino-giapponese, ma non mancano
figure umane, soggetti del mondo vegetale e oggetti di uso quotidiano, scolpiti finemente per essere
apprezzati sia con la vista che con il tatto.
I netsuke furono prodotti tra la fine del XVIII secolo e la fine del XIX secolo ed è spesso ben
individuabile la scuola di provenienza, anche laddove non sia presente la firma dell’artista.
Cervo accucciato
Ransen, scuola di Osaka, XIX secolo
Netsuke in legno; occhi intarsiati in corno nero
Firmato entro riserva ovale: Ransen
Lunghezza: 4,5 cm
Raffigurato disteso, con la testa alzata e voltata verso la propria sinistra e le
zampe ripiegate sotto il corpo per formare degli himotoshi naturali.
Tigre con cucciolo
Tomotada, scuola di Kyoto, XVIII secolo
Netsuke in avorio, occhi intarsiati in corno nero
Firmato entro riserva rettangolare: Tomotada | Altezza: 3,8 cm
Potente netsuke raffigurante una tigre che protegge il proprio cucciolo.
Seduta sulle quattro zampe in una complessa posizione con quelle anteriori
incrociate, la tigre ruota la testa alla propria destra e sovrasta
completamente il piccolo, ritratto con espressione rilassata mentre si gratta
il muso. Il pelo è inciso con tratti delicati e la patina è molto forte, con un
contrasto netto tra il fronte, più bianco, e il retro del netsuke, di colore
molto più scuro. Il lungo himotoshi, come d'uso per Tomotada, parte da
sotto la coda e termina a metà del tronco dell'animale.
JOOST VAN DEN BERHG alla Galleria Gracis
Piazza Castello, 16 | 20121 Milano
tel: 02 877807 | [email protected] | www.gracis.com
CITTA’ IDEALI
La Galleria Gracis è lieta di accogliere anche per la VI edizione di Milano Asian Art un ospite
straniero, il gallerista inglese Joost van den Bergh, che porterà a Milano una mostra di architetture
indiane dipinte su stoffa che appartengono alla tradizione pichhvais espressamente realizzati per i
templi.
Ogni dipinto realizzato dallo Studio di Vejendra e di Krishnadasa è unico: ciascuno ritrae un palazzo
immaginario o un edificio ispirato in gran parte dall’architettura in pietra di Udaipur dove questi
lavori sono stati eseguiti tra il 1970 e il 1990.
I palazzi e gli edifici in pietra, con balconate e terrazze, di un bianco abbacinante che contrasta con le
delicate cupole e gli archi lobati sono raffigurati in una prospettiva tipicamente indiana che mostra
tutti i lati evocativi dell’antica città. Gli alberi sono tipici del ridondante panorama e i molteplici
giardini sono disegnati con toni che vanno dal verde scuro al grigio argenteo. I blocchi di colore
sembrano creare delle ampie traiettorie su cui l’occhio può viaggiare. I colori dello sfondo
contrastano bruscamente con il biancore dell’architettura e coinvolgono l’occhio e la mente. L’opera
e la tecnica pittorica rievocano quella indiana dell’affresco.
Per realizzare questi dipinti, mediamente di cm 90 x 150, il tessuto viene trattato con farina mischiata
ad acqua e steso con una gemma, mentre i pigmenti vegetali e minerali sono macinati in mortai di
pietra, mischiati con colle naturali e raccolti in coppe di conchiglia. I colori sono ricavati da materiali
naturali come la pianta di indigofera (blu), il solfato di mercurio (vermiglio), il carbone (nero), e la
roccia calcarea (oltremarino, giallo). La lavorazione di un dipinto richiede all’incirca 14 giorni a due
pittori.
Gli autori, attingendo a una tecnica che seguiva un rituale vetusto e a un immaginario ormai
idealizzato, hanno creato delle opere di gran pregio e finezza che rievoca in noi occidentali le
prospettive ribaltate della tradizione medievale.
GALLIAVOLA – Arte Orientale
LA GALLIAVOLA - Arte Orientale
Via Borgogna, 9 – 20121 Milano
tel 0276007706 | [email protected] | www.lagalliavola.com
JEN QI – Lo spirito giusto
"Prima di dipingere un bambù, lascialo germogliare in te stesso"
Su Tung Pu
La Galliavola e Stefano Faravelli si incontrano di nuovo. In occasione della Sesta Edizione di "Milano
& Asian Art" si intrecciano le opere minuziose, ricche di emozionanti dettagli di Faravelli "peintresavant" con le collezioni della Galliavola. Una duplice ricerca con alle basi le medesime ispirazioni: la
voglia di conoscere e far conoscere, l'idea di un immaginario fantastico che ci porta a domandarci
quanti occhi hanno visto quei paesaggi, quante dita hanno accarezzato quelle statue.
Faravelli ci porta nel suo mondo. Un viaggio nel cuore della Cina e del Giappone con il suo atelier
portatile, raccoglie foglie di felci, ascolta le conversazioni per strada, si aggira nei mercati, annota frasi
colte al volo, prediligendo i ritmi lenti, adatti all'osservazione e alla riflessione.
A Pechino come a Kanazawa, Faravelli ritrae paesaggi, animali e scene di vita quotidiana, che
sembrano frutto di una visione spontanea e invece sono preparati con cura attraverso letture, ricerche
e approfondimenti prima della partenza.
I suoi carnet de voyage sono cataloghi delle meraviglie da sfogliare con calma, pagina dopo pagina,
per scoprire la Cina e il Giappone senza tempo, custodi di una tradizione millenaria che conserva
inalterato il loro fascino.
La nostra Galleria, accoglie Stefano con l'ammirazione di un bambino davanti ad un giocoliere. Per
questa nostra mostra insieme, abbiamo voluto accostare ai fogli di Stefano 30 oggetti di una
Collezione privata italiana: porcellane cinesi, piccole giade e bronzi appartenuti a uomini e donne che
li hanno amati, accarezzati e custoditi.
Cina, XIX secolo
Piatto in lacca rossa, cm 35 x 35
Stefano Faravelli
Il ponte di Shin-Kyo
Per questa sesta edizione di Milano Asian Art, oltre alla mostra, sono previsti tre appuntamenti:
• martedì 5 maggio: inaugurazione "Jen Qi - Lo spirito giusto", dalle ore 17
• sabato 16 maggio: "Paesaggi minimi", stage con Stefano Faravelli, richiesta prenotazione
• sabato 23 maggio: "7° Milano Netsuke Meeting", relatrice Dott.ssa Rossella Marangoni, richiesta
prenotazione
MIRCO CATTAI - FineArt&AntiquesRugs
Via Via Manzoni, 12 – 20121 Milano
tel 0276008959 | [email protected] | www.mircocattai.com
LUCE - Immagini femminili nell'arte asiatica
Questa mostra è nata e si è sviluppata da un connubio di idee e passioni, tra le quali quella di maggior peso è
stata sicuramente l’amore per la scultura e per l’arte plastica che hanno fatto della figura umana uno dei
soggetti preferiti e sicuramente quello in cui l’abilità degli artisti ha toccato i livelli più elevati.
La scelta della Galleria Cattai di concentrarsi sulla figura femminile deriva dal grande fascino che scaturisce
dalle rappresentazioni dell’universo femminile che vengono proposte all’interno dell’arte asiatica: dalle
divinità alle donne del quotidiano passando per quelle figure storiche il cui passato si fonde tra leggenda e
realtà. Questo interesse si sta sviluppando fortemente anche nella stessa Cina, dove le nuove ricerche in ambito
storico stanno cercando di approfondire il ruolo che le donne dell’antichità - con le loro azioni, il loro stile di
vita, e la loro psicologia - hanno giocato all’interno dello sviluppo di un impero millenario.
Il percorso che la Galleria si è prefissata di percorrere, insieme a tutti coloro che vorranno addentrarsi nella
visione della mostra, tocca non solo diversi luoghi geografici dell’oriente - dall’India al Giappone passando per
la Cina, il Tibet, il Nepal – ma anche diversi tipi di donna e diverse sfaccettature del mondo femminile.
Vengono così a galla piccoli racconti di vita familiare, con donne lavoratrici instancabili e custodi della serenità
casalinga, si aprono le porte delle corti imperiali con i gioielli sfarzosi, le bellissime vesti, i trucchi e le
pettinature simboli dell’evoluzione delle mode ma anche con le dame, le concubine e le imperatrici che dietro i
loro visi sereni tessono le fila della vita di palazzo per poi infine arrivare al pantheon delle divinità orientali
dove la femminilità trova spazio in alcune tra le figure di maggior importanza e venerazione.
Durante i duemila anni dell’età imperiale, in Cina si sono succeduti oltre duecento imperatori: l'unica donna
a fondare la propria dinastia fu Wu Zetian: Luce ha vissuto a lungo, ed ha regnato per ben cinquant’anni. La
sua intelligenza raffinata, la sua prodigalità, e la sua abilità politica l’hanno resa una delle personalità più
leggendarie e controverse della storia cinese.
Nata da padre plebeo, in monastero a cinque anni, concubina imperiale a dodici, splendida amazzone, a
trent’anni era la favorita dell’imperatore. Con la sua capacità strategica sarà lei di fatto a governare la Cina
quando il sovrano si ammalò e alla morte del marito osa l’impensabile e si farà incoronare imperatore
fondando una nuova dinastia e cambiando il suo nome in Zhao che significa appunto Luce
Con fermezza e rigore portò pace e prosperità al suo popolo, con cui rimase sempre a diretto contatto,
intrecciò relazioni diplomatiche con tutto il mondo, scelse persone di talento per le posizioni più importanti,
incoraggiò la partecipazione delle donne alla vita politica e artistica e infine cercò di placare il conflitto tra le
religioni riconoscendo tutte e tre le dottrine come pilastri del pensiero cinese.
Così scorrevano gli ultimi quarant’anni del VII secolo dopo Cristo.
Fat-Lady
Cina centrale XiAn
Dinastia Tang, VIII scolo
Terracotta rossa, ingobbio e policromia
h. cm.52
Bodhisattva - Testa di divinità femminile
Cina – Dinastia Sung, XII secolo
Stucco con policromia e oro
h. cm. 33
Coppia di principesse
Cina centrale (Xi’an – Shaanxi)
Dinastia Tang, seconda parte VII secolo
Terracotta rossa con pigmenti e tracce
d'oro su ingobbio bianco
h. cm.50
RENZO FRESCHI - Oriental Art
Via Gesù, 17 | 20121 Milano
tel 02794574 | fax 0276399084 | [email protected] | wwwe.renzofreschi.com
SCIAMANI del Nepal
Fotografie, video, oggetti rituali e costumi degli sciamani nepalesi
La mostra è il risultato di una ricerca compiuta da Renzo Freschi nel 1980 e '81 durante i suoi viaggi
nelle montagne del Centro-Nepal.
Saranno esposte 30 foto che illustrano alcune cerimonie di Ram Bahadur Jakri, un importante
sciamano di etnia Tamang e la festa che ogni anno si celebra a Kalingchok, una vetta di 3850 mt.
dove si ritrovano decine di sciamani locali.
La rassegna fotografica, aperta fino al 6 giugno, sarà completata da un importante numero di oggetti
rituali antichi, tra i quali pugnali in legno finemente scolpito, numerosi dyangro - il tamburo usato
dagli sciamani per cadere in trance, costumi, ornamenti e altro materiale che documenta questa
tradizione.
Inoltre, presso la "Casa della Cultura" di via Borgogna 3 si terranno il 14, 21 e 28 maggio, alle ore 21,
tre eventi con conferenze organizzati da Renzo Freschi in collaborazione con” Centro di Cultura
Italia-Asia”, che permetteranno al pubblico di approfondire l'argomento.
14 maggio
Renzo Freschi: La festa degli Sciamani a Kalingchok
Francois Pannier: Oggetti rituali degli Sciamani Nepalesi
Conferenze con proiezione di diapositive
21 maggio
Lo sciamanesimo in Asia e oltre
Tavola rotonda con la partecipazione di:
Stefano Beggiora, antropologo, Università di Venezia
Maurizio Romanò, antropologo e psicanalista
Giuseppina De Nicola, antropologa, Università di Roma
28 maggio
Trois Chamans (112 min)
Film di Adrien Viel e Aurore Laurent
Studiosi e documentaristi dello sciamanesimo nepalese
Saranno presenti gli autori
MUSEO POLDI PEZZOLI
Via Manzoni, 12 – 20121 Milano
tel. 02 794889 - 02 796334 | fax 02 45473811
[email protected] | www.museopoldipezzoli.it
Aperto tutti i giorni dalle 10 alle 18| Chiuso il martedì
Il Museo Poldi Pezzoli è una casa-museo conosciuta in tutto il mondo, nata per volontà del
collezionista milanese Gian Giacomo Poldi Pezzoli che, nato nel 1822, già negli anni quaranta inizia la
sua straordinaria raccolta d’arte affiancando a dipinti e sculture importanti raccolte di arti decorative:
armi e armature, vetri, ceramiche, oreficerie, tappeti e arredi. Raccolte che si sono arricchite nel
tempo grazie a una serie d’importanti donazioni di collezionisti con i quali, proprio per la sua natura, il
Museo ha sempre avuto un legame molto forte.
Sebbene prevalentemente centrate sull'arte occidentale, le raccolte del Museo Poldi Pezzoli si aprono ad
altre culture perché già a suo tempo, influenzato dal gusto per l'orientalismo tipico del XIX secolo,
Gian Giacomo Poldi Pezzoli acquistò numerose opere orientali, incrementate nel corso del Novecento
da importanti donazioni.
Ora la collezione del Museo annovera tra i tessili il famosissimo Tappeto di Caccia, un capolavoro
dell'età safavide (1542-1543) e altri undici tappeti di provenienza egiziana e persiana.
Sono in buona parte oggetti d’arredo, vasi e statuine, i cento pezzi che costituiscono la raccolta di
porcellane cinesi e giapponesi, mentre sono quattrocento i netsuke, sculture giapponesi in miniatura
che vanno dal XVII al XIX secolo, donati al Museo dalla famiglia del collezionista Giacinto Ubaldo
Lanfranchi.
Nella collezione d’arte orientale del Museo anche un raro recipiente da vino della dinastia Qing in
bronzo e smalto cloisonné a forma di tapiro, mentre una curiosità è costituita dall’orologio giapponese
a cassetta da parete in legno, vetro e ottone basato sull’antica misurazione del tempo in uso in
Giappone fino al 1873.
Questo “percorso orientale” sarà segnalato con il simbolo di Milano Asian Art e gli oggetti saranno
descritti in una scheda distribuita all’ingresso.
La visita sarà gratuita per i visitatori che presenteranno un biglietto d’invito di una delle Gallerie che partecipano
a questa sesta edizione dell’evento.
Tappeto di Caccia
Tabriz (?), Persia nord occidentale
Età Safavide, 1542-1543
Iscrizione:
“Per le fatiche di Ghyas el Din Jami quest’opera
rinomata fu condotta a sì splendido compimento
nell’anno 949”
(il 949 Anno dell’Egira corrisponde al 1542-1543 d.C.)