Una primula rossa celata in uretra
Transcript
Una primula rossa celata in uretra
MALATTIE INFETT IV E primula rossa celata in uretra Una IL C A SO Diagnosi col senno di poi Renato Rossi L a probabilità che i sintomi e i segni clinici di Elsa siano dovuti alla cistite da infezione delle vie urinarie viene definita dal rapporto di verosimiglianza (likelihood ratio o LR; vedi Occhio Clinico 2005; 7: 12). Secondo dati di letteratura tale rapporto di verosimiglianza, in una donna sana, è il seguente: minzione frequente: LR 1,8; ematuria: LR 2,0; disuria: LR 1,5. dolore all’angolo costo-vertebrale: LR 1,7. Al contrario, la probabilità di infezione urinaria diminuisce se ci sono secrezione vaginale (LR 0,7), irritazione vaginale (LR 0,2) e se manca la disuria (LR 0,5). D’altra parte le cistiti femminili non complicate sono una patologia tanto frequente che si ritiene che almeno la metà delle donne abbia uno o più episodi di cistite nel corso della vita. Dal punto di vista nosografico, le cistiti appartengono al vasto capitolo delle infezioni delle vie urinarie, che possono essere distinte, in base alla sede di infezione, in alte (pielonefriti) e basse (cistiti, uretriti, prostatiti). Più utile, però, dal punto di vista clinico, è la classificazione in infezioni non complicate e complicate, riassunta nella tabella 1. IL GENTIL SESSO E’ IL PIÙ ESPOSTO La donna è più soggetta a infezioni urinarie per ragioni anatomiche: l’uretra è più corta che nel- Sono quasi dieci anni che vedo Elsa F. in ambulatorio per due soli motivi: la cistite e la lombalgia. Quarantotto anni, felicemente sposata senza figli, ormai entrata in climaterio (ma con ancora «qualche ciclo sparso» come scherza lei) è talmente tormentata da episodi subentranti di disuria che ormai assume un chinolonico al primo accenno. A un certo punto l’avevo convinta che, così facendo, instaurava un circolo vizioso: infezione da un probabile germe infestante di norma l’intestino (come l’Escherichia coli), farmaco che ne fa piazza pulita, successo biologico di un ceppo prima tenuto sotto controllo dalla competizione, necessità di un farmaco più forte e così via. Non gliel’ho messa proprio in questi termini; di fatto le ho detto: «Se continua a prenderli, i farmaci selezionano i batteri resistenti e dopo non funzionano più. Quando sente i primi sintomi, cominci invece a introdurre molta acqua e a prendere fermenti lattici: così aumenta la flora batterica “buona” che scaccia da sola quella che provoca la cistite». A onor del vero Elsa ci ha provato: un paio di volte ha tenuto duro quattro o cinque giorni, poi ha fatto l’urinocoltura, dalla quale non è risultata alcuna infezione e, alla fine, si è arresa e ha preso il farmaco, in quei casi la fosfomicina. Tre mesi fa Elsa ha avuto una brutta faringite che io ho curato con azitromicina; in seguito la cistite non si è più ripresentata, fino a ora. Con tardivo intuito ex iuvantibus sospetto quindi che la mia paziente possa avere (o aver avuto) un’infezione da Chlamydia trachomatis. Forse non ci ho pensato subito perché ero legata all’idea che la clamidia fosse appannaggio dell’adolescenza e della prima gioventù. La diagnosi differenziale delle infezioni del tratto urinario inferiore e genitale deve tener conto anche di un microrganismo che può provocare danni all’apparato riproduttivo. l’uomo e sbuca nel vestibolo vaginale, colonizzato dai germi di provenienza dal perineo o dalla vagina. Tra i fattori di rischio sono: i rapporti sessuali frequenti; la mancata emissione di urina dopo un rapporto sessuale; l’uso del diaframma o di creme spermicide; il diabete; una storia di cistiti ricorrenti. Giustamente il medico curante di Elsa ha focalizzato l’attenzione sull’Escherichia coli dato che è il germe responsabile di circa otto casi su dieci di cistite non complicata nelle donne. Altri batteri che possono entrare in gioco sono lo Staphylococcus saprophiticus, la Klebsiella e il Proteus Mirabilis. | M A L AT T I E I NFETT IVE Classificazione delle infezioni urinarie Va ricordato, però, che il 30 per cento infezioni urinarie non complicate cistiti e pielonefriti in donne senza anomalie dell'apparato urinario della sintomatologia infezioni urinarie negli uomini ascrivibile alle cosidinfezioni urinarie in gravidanza dette cistiti non è di infezioni negli anziani infezioni urinarie complicate origine batterica, ma infezioni urinarie in portatori di catetere vescicale riconosce altre cause infezioni urinarie in presenza di anomalie delle vie urinarie (per esempio virus o miceti) e che, in quebatteriuria asintomatica urinocoltura positiva in assenza di sintomi sti, casi l’esame colturale dell’urina risulta negativo. Inoltre, anche patologie ginecologi- recidivanti) è opportuno trattare l’infezione TABELLA 1 che possono simulare una cistite: in questi casi per il periodo più lungo (Gupta 1999). si parla di sindrome genitourinaria acuta, caratterizzata da disuria e pollachiuria, con urine IL TORMENTO DELLE CISTITI RICORRENTI sterili. Clinicamente la si può distinguere dalla A volte, però, come nel caso illustrato in apercistite (ma talora non è facile) perché la donna tura, ci si trova di fronte a una storia di cistiti riferisce che il bruciore è «fuori», spesso asso- reiterate. Non si tratta di casi infrequenti: in ciato a prurito vulvare e a perdite vaginali, molte donne le infezioni urinarie assumono un mentre nella cistite vera e propria il bruciore è andamento ricorrente che, se non porta a consentito «dentro». La sindrome genitourinaria seguenze gravi sulla funzionalità renale, comacuta può dipendere da infezioni vulvari o va- promette la qualità di vita. Per queste eveginali da diagnosticare con tampone vaginale nienze, molti medici usano prescrivere l’antibiotico di efficacia già dimostrata da usare e valutazione ginecologica. alla prima comparsa dei sintomi. La disponiTRATTARE SUBITO O ASPETTARE bilità immediata del farmaco e l’autorizzaL’ESITO DELL’ESAME? zione del curante a usarlo appena compare il Di per sé il comportamento tenuto da Elsa fastidio tranquillizza le donne con forme recinon è sbagliato: la terapia può essere empirica divanti o ricorrenti che temono che un trattae iniziata subito alla comparsa dei sintomi, mento senza consultazione ed esame di labosenza richiedere sempre l’urinocoltura per con- ratorio possa avere conseguenze negative. fermare la diagnosi. Alcuni studi hanno dimostrato che le cistiti Essendo elencati negli antibiogrammi molti non complicate trattate telefonicamente hanno farmaci attivi contro i germi più spesso in causa esiti non diversi da quelle trattate dopo visita e di solito ben tollerati (amoxicillina più acido medica (Gupta 2001). clavulanico, fluorchinolonici, fosfomicina, cefa- Alle donne con tre o più episodi l’anno dolosporine, nitrofurantoina), succede non di rado vrebbe, però, essere proposta una profilassi che sia la donna stessa a iniziare la terapia, con- continua con uno dei tanti antimicrobici effiservata in occasione di un episodio precedente. caci, ma a basse dosi, per 6-12 mesi; non riAlcuni autori hanno proposto la terapia con sulta dal racconto che nel caso di Elsa sia stata dose singola che ottiene una buona percentuale effettuata. di risposta, ma è penalizzata da frequenti re- Se le cistiti sono in una evidente relazione con cidive entro 1 o 2 mesi: queste recidive pos- i rapporti sessuali, basta invece una profilassi sono essere dovute alla mancata bonifica di post coitale. Tra i rimedi non farmacologici, batteri gram-negativi nel perineo, pur essendo una revisione Cochrane fornisce alcune prove stato eradicato il germe nell’apparato urinario. di una certa efficacia preventiva del mirtillo Si considera che una terapia prolungata sia rosso ( Jepson 2004). maggiormente efficace, riduca la percentuale di recidive e sia comunque di scelta nelle QUANDO NON RESTA donne con storia di infezioni precedenti. CHE CERCARE LA CLAMIDIA Quanto all’entità del prolungamento, una te- Nei casi ricorrenti, al di là dell’aspetto terarapia di 3 giorni porta a una percentuale di era- peutico non va tralasciata la ricerca di un posdicazione sovrapponibile a quella ottenuta con sibile fattore predisponente (Hooton 1996): calcolosi; 7-10 giorni di trattamento, con il vantaggio di neoplasie vescicali; minori effetti collaterali; tuttavia, in alcuni prolasso vescicale; sottogruppi di pazienti (gravide, diabetiche e | Attack on Chlamydia Occhio Clinico 2007; 7: 9 autotrattamento inadeguato; atrofia vaginale post-menopausale; diabete. Nel caso narrato, il medico di Elsa non cita l’investigazione circa eventuali patologie sottostanti, ma va detto che le recidive sembrano datare da molti anni ed essere particolarmente frequenti, per cui molte delle patologie elencate si sarebbero rese manifeste. Forse perché riteneva l’infezione da Chlamydia trachomatis tipica delle adolescenti e delle donne giovani, il medico di Elsa ha pensato a essa come a una delle cause di cistiti recidivanti solo dopo aver trattato una faringite con un macrolide e aver notato che, da allora, le recidive erano scomparse. Quella da clamidia è l’infezione a trasmissione sessuale in assoluto più frequente (Ronald 1996) e di cui negli ultimi 10 anni è riportato un aumento della prevalenza del 300 per cento. Il picco massimo di infezione si verifica, in effetti, nelle donne di età compresa tra i 16 e i 19 anni e negli uomini tra i 20 e i 24 anni sessualmente attivi, tanto che da varie parti si consiglia di effettuare uno screening sistematico in questa popolazione: il Center for Diseases Control (CDC) americano, per esempio, raccomanda lo screening annuale per la clamidia in tutte le donne sessualmente attive con meno di 24 anni e in quelle a rischio di età superiore (per esempio per le donne che hanno di recente cambiato partner sessuale oppure per quelle con più partner; Jones 2007). Nella tabella 2 sono invece riassunte le raccomandazioni della United States Preventive Services Task Force (USPSTF 2007). Queste raccomandazioni derivano da un’ampia revisione di prove di letteratura sulla riduzione dell’incidenza della malattia infiammatoria pelvica determinata dallo screening nelle donne ad aumentato rischio per età o costumi sessuali. Secondo la US Preventive Task Force, anche nelle donne in gravidanza con meno di 25 anni o a rischio lo screening e il successivo trattamento dell’infezione da clamidia sembrano migliorare gli esiti gravidici e neonatali. Per quanto riguarda le donne a basso rischio, invece, non ci sono studi che abbiano documentato benefici dello screening. Nel 2001 nel Regno unito è iniziato il National Chlamydia Screening Programme che adotta una strategia di screening di tipo opportunistico (probabilmente più realistica rispetto allo screening di popolazione esteso), indirizzata a soggetti di età inferiore ai 25 anni, sessualmente attivi, che si rivolgono per una qualche ragione al medico di famiglia o ad altri servizi sanitari. Nel terzo anno di attività del programma sono stati esaminati circa 100.000 giovani, nell’82 per cento dei casi donne, con una incidenza di infezione da clamidia del 10 per cento. Nonostante la preferenza per gli adolescenti e i giovani adulti, la clamidia può colpire a tutte le età. Alcuni studi hanno dimostrato che le infezioni del tratto urogenitale in soggetti con più di 50 anni rappresentano circa l’1 per cento di tutte le infezioni da questo germe (Smith 2002). Non si sarebbe dovuto quindi escludere, sulla base del criterio età, che i sintomi ricorrenti lamentati da Elsa potessero essere una uretrite da clamidia. UN MICRORGANISMO PATOLOGICAMENTE ECCLETTICO Key words Chlamydia; sexually transmitted infections Summary Women are prone to urinary infections. There is a variety of factors that may trigger them: bacteria, viruses, fungi. However, when recurrences are frequent and repeated over the years, the doctor should consider the possibility of a Chlamydia infection, even in older women for whom the risk is theoretically lower. Often doctors use a diagnosis ex juvantibus; however, this cannot completely rule out other causes of infection. Ambiguous cases can only be diagnosed definitely by carrying out a urethral test on the sexual partner. La clamidia si trasmette tramite i rapporti sessuali, compresi quelli anali e orali. Nella donna l’infezione generalmente si localizza al tratto urogenitale dove può non dare sintomi oppure manifestarsi con una secrezione vaginale mucosa, di solito inodore. In alcune donne l’infezione si manifesta come uretrite, con disuria, minzioni frequenti e urgenza minzionale, e allora può essere scambiata per cistite. I sintomi tendono però a recidivare e questo può indirizzare verso la giusta diagnosi. L’esame colturale delle urine è negativo e la presenza del germe può venire messa in evidenza solo con tampone uretrale e vaginale e successivo esame colturale. In questi ultimi anni, oltre a tale esame, è possibile diagnosticare la clamidia anche con la tecnica di amplificazione degli acidi nucleici applicata sulle secrezioni uretrali, endocervicali e sull’urina. Si ritiene che l’infezione da clamidia possa essere un fattore favorente la trasmissione del virus HIV. Possibili conseguenze di un’eventuale progressione dell’infezione per via ascendente, e l’instaurarsi di una malattia infiammatoria pelvica (vedi Occhio Clinico 2007; 1: 4), sono poi la sterilità e le gravidanze ectopiche. La clamidia può infettare anche il polmone, con scarsi rilievi obbiettivi, e il canale del parto, provocando grave infezione oculare al neonato. Negli uomini l’infezione può causare uretrite, più sporadicamente epididimite e, ancor più raramente, una sindrome di Reiter, in cui un’artrite asimmetrica di tipo reattivo agli arti inferiori coesiste con la triade uretrite, congiuntivite e lesioni cutanee papulari e squamose, specie alle palme delle mani e alle piante dei piedi. | M A L AT T IE IN FETTIVE L’ARSENALE TERAPEUTICO Quando il medico di Elsa ha notato che dopo il trattamento di una faringite con azitromicina gli episodi recidivanti di cistite erano cessati, si è chiesto se non fossero imputabili a clamidia. La considerazione ex iuvantibus è corretta (per la terapia elettiva si veda la scheda per il medico a pagina 13), ma non è dirimente: tre mesi sono un lasso di tempo troppo breve per poter trarre conclusioni definitive, poiché le recidive possono avere un andamento capriccioso e imprevedibile. Nel caso di Elsa, inoltre, vi è un dato in contrasto con l’ipotesi di uretrite da clamidia: la paziente riferisce che trattava i sintomi al loro insorgere con un chinolonico, che avrebbe dovuto essere efficace anche contro quel germe. Il fatto che gli episodi si ripetessero può dipendere o da un agente etiologico diverso, oppure da una clamidia resistente. Il sospetto potrebbe essere confermato con un test uretrale fatto al partner sessuale della paziente, anche se, come di norma, fosse asintomatico. Lo screening secondo la US Preventive Task Force Screenare tutte le donne sessualmente attive fino a 24 anni Screenare tutte le gravide anche dopo i 24 anni, se sono a rischio aumentato Per gli uomini non ci sono sufficienti prove per stabilire se lo screening sia utile o dannoso Sintomi di uretrite che persistono o recidivano richiedono allora un trattamento più complesso, con metronidazolo alla dose di 2 g per os in unica presa associato a 500 mg di eritromicina due volte il giorno, per sette giorni. In questi casi, è anche buona norma escludere altre infezioni sessualmente trasmesse (HIV, virus epatitici, sifilide). In genere, il test colturale per confermare l’eradicazione, circa 20 giorni dopo il completamento della terapia, viene richiesto solo in gravidanza. TABELLA 2 BIBLIOGRAFIA Gupta K et al. Increasing prevalence of antimicrobial resistance among uropathogens causing acute uncomplicated cystitis in women. JAMA 1999; 281: 736. Gupta K et al. Patient-initiated treatment of uncomplicated recurrent urinary tract infections in young women. Ann Intern Med 2001; 135: 9. Recensione Schiavetti B et al. Psicofarmaci in allattamento. Roma: Il pensiero scientifico, 2002 - 216 pagine, 23 euro | Jepson RG et al. Cranberries for preventing urinary tract infections. The Cochrane Database of Systematic Reviews 2004, Issue 2. Jones R, Boag F. Screening for Chlamydia trachomatis. BMJ 2007; 334: 703. Hooton TM et al. A prospective study of risk factors for symptomatic urinary tract infection in young women. N Engl J Med 1996; 335: 468. Ronald A. Sex and urinary tract infections. N Engl J Med 1996; 335: 468. Smith LV et al. Chlamydia trachomatis in older Los Angeles County residents, 1991-1998: implications and recommendations for the detection of sexually transmitted infections in older age groups. J Am Geriatr Soc 2002 ; 50: 1557. US Preventive Services Task Force. Screening for Chlamidia infection: US Preventive Services Task Force Recommendation Statement. Ann Intern Med 2007; 147: 128. A dispetto del titolo, che sembra porre confini precisi all’interesse per questo manuale, non si tratta di un libro di nicchia, riservato agli specialisti psichiatri o neonatologi: è, anzi, proprio il medico di famiglia a sapere bene quante ragazze con difficoltà relazionali si trovano con un bimbo in grembo, talvolta loro malgrado, e quante donne sviluppano disturbi dell’umore nel corso dei primi mesi seguenti al parto. Tenuto fermo il convinci- mento che sia in ogni caso preferibile che tutti i bambini vengano allattati al seno almeno fino ai sei mesi, compito del curante è allora quello di cercare di coniugare una terapia farmacologica necessaria alla madre con la sicurezza del figlio. La seconda parte del libro scheda monograficamente i principali psicofarmaci, descrivendone il rapporto tra concentrazione nel plasma e quella nel latte e gli effetti avversi che si possono even- tualmente attendere nel lattante. La consultazione è immediata e pratica. Ancor più interessante, però, è la parte introduttiva del manuale, che illustra, oltre ai meriti, i principi fisiologici di formazione del latte e quelli farmacodinamici del passaggio delle varie molecole nella ghiandola mammaria che le secernerà. Si viene così ad apprendere che la legge di base dice che un farmaco passa più facilmente nel latte materno quanto più le concentrazioni nel plasma materno sono elevate, il legame proteico è basso, il farmaco è una base debole, è liposolubile, il suo peso molecolare è inferiore a 500. A quanti in questo momento stanno pensando «e io che ne so?», occorre obbiettare che forse è arrivato il momento che ogni medico impari a smontare, oliare e rimontare (insomma a conoscere) le armi che adopera quotidianamente. S. P.