Il riso Carnaroli protagonista in 18 ristoranti
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Il riso Carnaroli protagonista in 18 ristoranti
VII VENERDÌ 20 NOVEMBRE 2015 GustaLO il Cittadino LA RASSEGNA Il riso Carnaroli protagonista in 18 ristoranti Entra nel vivo in otto Comuni tra Lodigiano e Sudmilano l’iniziativa dedicata alla qualità del cereale selezionata settant’anni fa a Paullo e con “Dna controllato” dal Parco Tecnologico Padano n Novembre ha battezzato in otto comuni fra Sudmilano e alto Lodigiano la prima edizione di “Gustariso”, rassegna gastronomica del riso Carnaroli “Dna controllato”, avviata venerdi 13 novembre con tre settimane davanti. Cammin facendo verso la stagione invernale. “Gustariso 2015”, un progetto che punta a diventare stabile da qui in avanti, coinvolge diciotto ristoranti e locali fino a martedì 8 dicembre. I comuni che appoggiano l’esordio del festival Carnaroli sono: Paullo “città del Carnaroli”, Tribiano, Zelo Buon Persico, Pantigliate, Mediglia, Comazzo, Peschiera Borromeo, Merlino. I 18 locali sono indicati sul sito www.gustariso.it. Partecipa a questa prima edizione il distretto rurale “Riso e Rane” con sede a Cassinetta di Lugagnano, nell’ambito ancora agricolo del magentino-abbiatense. Attualmente è proprio l’ovest lombardo, il territorio più vicino al Piemonte, la terra d’elezione della risicoltura padana. Nel mondo lodigiano-sudmilanese resistono alcune isole che vanno in questa direzione, alcune irrigate dalla roggia Certosa Porro che si dirama dal Lambro e attraversa in senso est-ovest il comprensorio fra Lambro e Lambro meridionale. Eppure, come spiegano le notizie storiche e agricole collegate alla manifestazione, fu proprio a Paullo nel 1945 che alla cascina Casello verso Zelo Buon Persico, l’imprenditore Angelo De Vecchi selezionò il “riso definitivo”: il Carnaroli, il cui Dna è oggi preservato dal Parco Tecnologico Padano e da altri enti. La varietà “Carnaroli” prende nome da un lavorante del De Vecchi che non credeva all’esperimento: «Quel riso che voi inseguite non lo troverete mai», diceva più o meno ogni giorno il Carnaroli al padrone. E invece lo scetticismo divenne certezza. Ma il riso, la “oryza sativa” non c’è sempre stato. Considerato, a ragione, un alimento base della nostra tradizione da circa cinque secoli, spodestò o almeno affiancò altri alimenti che resistevano, FESTIVAL I comuni che appoggiano l’esordio della rassegna sono: Paullo “città del Carnaroli”, Tribiano, Zelo Buon Persico, Pantigliate, Mediglia, Comazzo, Peschiera Borromeo, Merlino più o meno, dall’età romana. Il riso comincia ad arrivare in Europa introdotto dagli arabi in pieno Medioevo. Prima in Spagna, poi in Sicilia, infine nel XV secolo entra nel dominio aragonese su Napoli e il meridione d’Italia. Gli aragonesi, ben diversi dai successivi spagnoli, tentarono una modernizzazione del Sud anche dal punto di vista dell’imprenditoria commerciale e alimentare. Due acquisizioni trovano terreno fertile nel nostro Mezzogiorno: il riso e le bufale col loro latte, da cui la pregiatissima mozzarella campana dop. Il riso nel Settentrione fino al XV secolo si smerciava come spezia, non come cibo in sè. Trovava il posto accanto a pepe, sale e altri generi a metà strada fra il commestibile e il farmaceutico. E la gente cosa mangiava, tutti i giorni? Difficile dirlo, anche perchè la gente non è mai stata uguale nei secoli, però si può affermare che sulle tavole dei nostri antenati, fino a tutto il Medioevo, trionfava il “panicum”: una zuppa, più che un minestrone, dove il grosso era dato da miglio, farro e altri cereali di arcaica coltivazione. Sostituito il riso, di sapore più gradevole e più facile cottura, ai precedenti cibi poveri, restò il nome. La “paniscia” piemontese non è nient’altro che la metamorfosi linguistica del “panicum”, con il riso al posto dei cereali romani. Emanuele Dolcini LE PROPOSTE RICETTE CLASSICHE E SPERIMENTAZIONI TRA I PIATTI DEL FESTIVAL n La prima edizione di “Gustariso” si annuncia come «un viaggio alla scoperta dei sapori tipici del nostro territorio». In effetti una parte delle creazioni di chef proposte si possono provare ad imitare andando sui siti dei singoli locali (ogni locale ha il suo) ed imitandole ai propri fornelli. Sono i classici risotto giallo alla milanese con ossobuco di vitello, risotto alla milanese con salsiccia, alla lodigiana con zucca e raspadura, con salsiccia e porcini freschi. Un secondo livello, un po’ più impegnativo da emulare, va a caccia di nuovi sapori e nuove contaminazioni. Carnaroli con pannerone e pere, risotto al traminer mantecato al tuorlo d’uovo e salvia fritta; risotto al Castelmagno e speck d’oca, Carnaroli zucca e chiodini. Ma infine anche il dessert può essere al riso: nei menu c’è la Torta al riso Carnaroli al profumo di Cardamomo o il «Savarin di riso ai frutti rossi».(E. D.)