Diritto finanziario Legittimità delle restrizioni bancarie nell

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Diritto finanziario Legittimità delle restrizioni bancarie nell
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Diritto finanziario
Legittimità delle restrizioni bancarie
nell’esecuzione delle istruzioni dei clienti
Giovanni Molo
Avvocato, LL.M.
Socio Studio Bolla Bonzanigo & Associati, Lugano
Esame dei possibili fondamenti giuridici e punti interrogativi
1.
Introduzione
Mentre l’attenzione dei commentatori, in particolare nell’ambito della letteratura giuridica, si è concentrata sulla svolta
intrapresa dalla Svizzera in materia di scambio delle informazioni, le nuove strategie messe in campo dagli operatori
finanziari per limitare i propri rischi in funzione della situazione
fiscale dei loro clienti è stata oggetto di un approfondimento
ben minore.
Non vi sarà un approfondimento sulle proposte legislative in
atto in merito ad obblighi di diligenza accresciuti degli operatori finanziari relativamente alla conformità fiscale dei clienti:
un accenno a tali proposte potrà essere fornito soltanto con
immediato riferimento alla nuova prassi in materia di vigilanza
nonché ai nuovi orientamenti strategici in proposito degli
istituti finanziari. Secondariamente, ci si asterrà del tutto dal
considerare le questioni procedurali che contraddistinguono le
controversie giudiziali in corso tra banche e clienti, con riferimento in particolare all’adempimento, o meno, dei requisiti
per caso manifesto ai sensi dell’articolo 257 del Codice di procedura civile che aprono la strada alla procedura sommaria[1].
Eppure, si tratta di una realtà palpabile che ha trasformato
i rapporti tra banche e clienti, e la stessa natura del private
banking svizzero, in maniera ancora più marcata rispetto ai
cambiamenti legislativi fin qui intervenuti nell’ambito della
cooperazione internazionale in materia fiscale. Questa
discrepanza tra l’enorme rilievo da un profilo pratico nello
svolgimento concreto dei rapporti bancari di questo fenomeno, e la poca attenzione di cui ha goduto nella letteratura
giuridica, si spiega con la sua natura difficilmente decifrabile.
Qui di seguito, si proporrà una riflessione sui fondamenti di
diritto materiale in virtù dei quali può giustificarsi l’inadempimento delle istruzioni dei clienti da parte delle banche. In
primo luogo, ci si concentrerà quindi sulla svolta dell’Autorità
federale di vigilanza sui mercati finanziari (di seguito FINMA)
relativamente alla presa in considerazione dei rischi transfrontalieri, con particolare riferimento alle posizioni fiscali
dei propri clienti. Secondariamente, ci si concentrerà sulle
modalità con cui le banche hanno integrato preoccupazioni
relative alla conformità fiscale dei propri clienti nelle loro
strategie commerciali, e nei loro modelli di compliance. Infine, si
arriverà quindi al nocciolo della questione, alle modalità, cioè,
con cui tali preoccupazioni possono interferire nei rapporti
contrattuali tra banche e clienti. Si passeranno quindi in rassegna diversi fondamenti giuridici a cui può richiamarsi una
restrizione dei diritti contrattuali di clienti.
Vi sono, invece, due aspetti che non potranno essere considerati per non estendere eccessivamente il nostro contributo.
2.
Nuovi indirizzi nella sorveglianza bancaria sui rischi
transfrontalieri degli istituti finanziari in relazione agli
adempimenti fiscali dei clienti
Il documento che sancisce in termini generali i nuovi indirizzi
della FINMA è la posizione della FINMA sui rischi transfrontalieri del 22 ottobre 2010[2]. È interessante osservare la forma
con cui la FINMA ha deciso di intervenire. Secondo l’articolo
7 della Legge federale concernente l’Autorità federale di
vigilanza sui mercati finanziari (di seguito LFINMA), infatti,
l’Autorità di sorveglianza dispone di due strumenti per fissare
i principi regolamentari:
◆
◆
le ordinanze, laddove previsto da una delega legislativa, e
le circolari, che sono a loro volta utilizzate per concretizzare
le leggi sui mercati finanziari in vista della loro applicazione.
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La posizione in oggetto non costituisce né una circolare
né un’ordinanza. Essa infatti, non si fonda su alcuna delega
legislativa, e non è nemmeno finalizzata, in quanto tale, a
concretizzare delle nozioni specifiche delle leggi sui mercati
finanziari. La FINMA riconosce infatti che il diritto svizzero
sulla sorveglianza non stabilisce per gli istituti finanziari svizzeri, in maniera diretta, un obbligo di ottemperare al diritto
estero[3] , così come non sussiste, de lege lata, un obbligo per
gli istituti finanziari di non accettare averi non dichiarati e,
a fortiori, di intrattenere relazioni d’affari soltanto con clienti
preesistenti che dichiarano i loro averi depositati in Svizzera.
Pur riconoscendo tali presupposti giuridici, l’Autorità di sorveglianza ritiene essenziale che un’analisi approfondita dei
rischi connessi alle transazioni transfrontaliere, in particolare
in ambito fiscale, sia condotta dagli istituti finanziari al fine di
contenere questi rischi in maniera appropriata[4].
Essi possono in particolare materializzarsi nel fatto che un
istituto finanziario svizzero o suoi collaboratori possano
ritrovarsi implicati, a titolo di riciclaggio o per reati di partecipazione, in procedimenti penali relativi a reati fiscali commessi
da propri clienti all’estero. Tali rischi sono invero connaturati
al principio dell’ubiquità, riconosciuto anche dal diritto penale
svizzero, secondo cui un reato deve ritenersi verificato non
soltanto nel luogo in cui è stato commesso ma anche in quello
in cui si verificano i suoi effetti. Poiché gli effetti di un reato
fiscale consistono nel risparmio fiscale illecito conseguito nello
Stato di residenza del cliente, ecco quindi che un reato di partecipazione, o un atto di riciclaggio, può considerarsi eseguito
in tale Stato, anche con riferimento ad atti di partecipazione
concretamente commessi soltanto in Svizzera. Ne consegue
che la violazione di norme penali fiscali estere presenta una
pertinenza riflessa anche per il diritto della sorveglianza svizzera, che può condurre, in casi gravi, ad intaccare la garanzia
di irreprensibilità prevista dall’articolo 3 capoverso 2 lettera c
della Legge federale sulle banche e sulle casse di risparmio (di
seguito LBCR).
La nozione di garanzia dell’attività irreprensibile costituisce
una nozione giuridica indeterminata[5]: essa consente quindi
di modulare in maniera flessibile, ed evolutiva nel tempo, le
condizioni d’esercizio dell’attività bancaria, tanto per gli istituti
finanziari in quanto tali che per le persone fisiche aventi una
funzione dirigenziale o di organo soggetti a tale garanzia
(“Gewährsträger”).
Questa natura aperta della nozione di garanzia di irreprensibilità, e, più in generale, della nozione di risk management
che ogni istituto deve condurre, ha consentito alla FINMA,
anche senza cambiamenti legislativi, di eseguire un autentico
cambio di rotta nei criteri della sua sorveglianza bancaria.
Così come la svolta nel marzo 2009 in materia di assistenza
amministrativa non si è caratterizzata come un punto di cambiamento unico, ma piuttosto come un franamento continuo,
anche quella in materia di vigilanza bancaria ha preso le forme
di un movimento progressivo. Non potendo qui analizzare nel
suo insieme tale attività di vigilanza, così come emerge in particolare dai rapporti di inchiesta pubblicati, quello sul Credit
Suisse ed i rapporti di attività 2010-2014 (i quali, in quanto tali,
non rappresentano che la superficie di emersione dell’azione
di monitoraggio e di raccomandazione della FINMA), possono
essere individuate tre linee direttrici.
In primo luogo, nonostante il contenuto degli articoli 7 e
8 della Convenzione di diligenza bancaria 2008 (di seguito
CDB 08), diventa sempre meno necessario, per accendere i
lampeggianti dell’autorità di sorveglianza, mettere in atto
da parte degli istituti finanziari un comportamento attivo di
partecipazione all’evasione fiscale ed alla fuga di capitali, la
semplice accettazione di averi non dichiarati e/o la continuazione di relazioni non dichiarate rivelandosi di per sé stesse
sempre più problematiche. Con riferimento alla richiesta della
FINMA di abbandonare le relazioni d’affari con clienti i cui
averi non sono dichiarati, si verifica, inoltre, un’estensione del
campo di applicazione geografico. Inizialmente, le indicazioni
della FINMA non riguardavano che le attività cross border con
clientela americana. In seguito, vi è stata la tendenza ad estendere tali restrizioni ai maggiori Stati europei, ed in particolare
a quelli che offrivano ai propri contribuenti opportunità di
dichiarazione agevolata. In terzo luogo, la selezione dei propri
clienti, nuovi e preesistenti, in funzione della conformità fiscale
rende necessaria l’acquisizione, da parte dell’istituto finanziario, di elementi di conoscenza in proposito, ciò che viene
infatti richiesto dall’autorità di sorveglianza. La conoscenza
del cliente (know your customer) si integra con la conoscenza
del suo profilo fiscale.
Nella nozione di compliance auspicata dall’Autorità di sorveglianza irrompe quindi una dimensione fiscale, volta a
considerare, nel sistema di monitoraggio e di prevenzione dei
rischi, il profilo fiscale del cliente, ed i rischi che ne possono
scaturire per l’istituto finanziario e per i propri collaboratori.
Ritenuto come nella sorveglianza bancaria ante 2008 era
sufficiente che non venissero accettati dagli istituti averi di
provenienza criminale (secondo la limitata accezione che le
nozioni di crimine e di riciclaggio rivestivano tradizionalmente
nella concezione giuridica svizzera, così da escluderne le
infrazioni fiscali[6]) e che gli istituti non contribuissero attivamente all’evasione fiscale ed alla fuga dei capitali dei propri
clienti[7] , ciò che dava quindi luogo ad un doppio criterio di
demarcazione tra condotte reprensibili, con, cioè, da un lato,
la distinzione tra provenienza criminale o non criminale degli
averi, dall’altro tra accettazione passiva degli stessi, ed atti di
partecipazione attiva; lo stacco rispetto al passato è duplice.
Il crinale su cui si muove il riorientamento degli indirizzi della
vigilanza della FINMA dal profilo del principio della legalità è
sottile. Da un lato, la prassi della FINMA non può anticipare i
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nuovi indirizzi legislativi del Consiglio federale, in particolare
in materia di oneri di diligenza estesi degli istituti finanziari,
dovendo gli stessi ancora passare al vaglio delle Camere federali[8]. D’altro lato, la stessa appare coerente con il principio
della legalità nella misura in cui è tesa ad applicare in maniera
rigorosa il divieto all’assistenza attiva alla sottrazione fiscale
ed alla fuga di capitali postulato dagli articoli 7 e 8 della CDB 08
ed a concretizzare un approccio proattivo alla vigilanza degli
istituti finanziari in maniera tale da tenere conto dell’evoluzione dei rischi e dell’inasprimento della prassi regolamentare
dei Paesi esteri.
3.
Nuove strategie di compliance: integrazione del fattore F
Parallelamente ai nuovi indirizzi dell’azione di vigilanza della
FINMA, gli istituti finanziari hanno riorientato le loro strategie
commerciali, adeguando i loro regolamenti interni e le loro
politiche di compliance. I nuovi indirizzi degli istituti finanziari
vengono attuati a più livelli, non tutti accessibili per il pubblico.
In primo luogo, vengono definiti dei nuovi obiettivi strategici e
commerciali dal Consiglio di amministrazione o dalla Direzione
generale della banca. In assenza di una base legale vigente
che definisca obblighi di diligenza estesi per tutti gli istituti
finanziari volti a garantire la conformità fiscale dei clienti, tali
obiettivi possono variare, anche significativamente, da istituto
a istituto, ed analogo margine di variazione potrà sussistere
per gli ulteriori livelli e strumenti mediante i quali la banca
attua la sua politica di riorientamento del risk management.
Quale denominatore comune, troviamo tipicamente, a partire dal 2009-2010, un orientamento degli istituti finanziari
verso una clientela fiscalmente conforme. Tale denominatore
comune può quindi essere concretizzato in maniera diversa
da istituto a istituto. In generale, non verranno aperte nuove
relazioni con clientela non dichiarata fiscalmente (e ciò, in particolare laddove la clientela in questione proviene dagli Stati
Uniti d’America [di seguito USA] oppure da Stati importanti
dell’Unione europea [di seguito UE] quali Germania, Francia,
Spagna o Italia).
Quanto alla clientela preesistente, gli approcci strategici della
maggior parte degli istituti finanziari sono stati più flessibili
e sono stati tipicamente modulati in funzione delle opportunità di regolarizzazione per i contribuenti nei loro Paesi di
residenza. Quindi, in particolare per la clientela preesistente,
l’approccio è stato ed è differenziato secondo i Paesi di residenza dei contribuenti. Così, ad esempio, decorsi i termini di
regolarizzazione facilitata offerta da tali Paesi, i relativi clienti/
contribuenti (leggasi ad esempio, nel passato, quelli degli USA
o della Spagna, e in futuro, quelli con residenza in Italia) venivano invitati a chiudere le loro relazioni.
Tipicamente, l’obiettivo a medio-lungo termine degli istituti è
quello di giungere ad una clientela estera (ed in particolare a
quella dei più importanti Stati dell’UE e dell’OCSE) completamente dichiarata. Diversi possono invece essere, tra istituto e
istituto, gli obiettivi strategici con riferimento alla conformità
fiscale della clientela svizzera. Si sottolinea come l’orientamento commerciale e strategico degli istituti finanziari verso
una clientela tax compliant, che oggi sembra una banalità, costituisce in realtà lo sbocco di un’autentica rivoluzione aziendale,
posto come, sino ad alcuni anni fa, il modello di business del
private banking transfrontaliero svizzero si è innegabilmente
fondato largamente su una clientela non dichiarata; da un
profilo giuridico e di compliance essendo quindi determinante
esclusivamente l’insussistenza di fattispecie di riciclaggio nella
ristretta accezione svizzera.
Un secondo livello è costituito dai codici di condotta degli
istituti bancari, che sono talvolta pubblicati sui loro siti come
delle autentiche carte costituzionali degli stessi[9]. In maniera
generale, tali codici di condotta stabiliscono il principio
secondo cui la banca, con tutti i suoi collaboratori, si impegna
a rispettare non solo il diritto vigente nel luogo in cui opera,
ma anche quello esistente nel luogo di domicilio dei clienti.
Tuttavia, tali codici non sanciscono un obbligo attivo di verifica da parte degli istituti finanziari della conformità fiscale
della propria clientela. Resta, in qualche modo, salvo, almeno
nei codici di condotta pubblicamente accessibili, il principio
secondo cui gli adempimenti fiscali incombono ai clienti/
contribuenti, e non alla banca.
ll terzo livello, inoltre, è costituito da regolamenti e direttive
interne che dettagliano, in particolare in termini di compliance,
gli obiettivi commerciali e strategici della banca. Così, ad esempio, nei regolamenti interni può essere indicata la tempistica
precisa entro la quale devono essere cessate le relazioni con
clientela non conforme fiscalmente di una determinata area
geografica. Inoltre, possono essere indicati i criteri secondo i
quali una determinata relazione d’affari può essere, o meno,
ritenuta conforme fiscalmente. Infine, come meglio vedremo
in seguito, possono essere indicate le modalità relative all’operatività sulle relazioni fiscalmente non conformi.
Un quarto, ed ultimo, livello di intervento da parte dell’istituto
finanziario riguarda invece i contatti con la clientela direttamente: si può trattare, quindi, di informative e/o comunicazioni
volte ad informare la clientela in merito ai nuovi obiettivi della
banca in termini di conformità fiscale della clientela, oppure
con riferimento al nuovo contesto regolamentare di scambio
delle informazioni, oppure, ancora, in merito a opportunità di
dichiarazione facilitata nel Paese di residenza. Alle informative
e comunicazioni alla clientela senza effetti giuridici possono
inoltre aggiungersi, come meglio vedremo nei capitoli che
seguono, notificazioni con cui vengono sottoposte loro nuove
condizioni generali della banca.
Obiettivi strategici, codici di condotta, regolamenti e direttive
interne sono, da un profilo giuridico, parzialmente vincolanti:
essi dispongono, in altri termini, entro un campo di applicazione soggettivamente delimitato. Hanno infatti pieno effetto
nei rapporti interni, ed in particolare sui rapporti di lavoro con
i collaboratori, i quali, se non li rispettano, possono essere
passibili di sanzioni disciplinari interne (disdetta inclusa). Tali
strumenti possono inoltre avere una ripercussione indiretta
su organi e dirigenti degli istituti finanziari, ritenuto che una
loro grave violazione può mettere a repentaglio la garanzia
di irreprensibilità dei soggetti coinvolti, rispettivamente può
dare luogo all’emanazione di una misura amministrativa quale
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il divieto provvisorio di esercizio dell’attività ai sensi dell’articolo 33 LFINMA. Non sono invece cogenti per i rapporti tra
banche e clienti. Nella misura in cui prevedono delle restrizioni
sulle operazioni di cui i clienti domandano l’esecuzione, al fine
segnatamente di facilitarne la regolarizzazione fiscale, gli
stessi, come meglio vedremo ai prossimi capitoli, non costituiscono quindi un fondamento giuridico sufficiente in proposito.
Nel passare in rassegna diversi fondamenti giuridici su cui
possono basarsi le restrizioni all’esecuzione delle istruzioni dei
clienti, prima di passare agli elementi verticali di diritto pubblico, si accennerà brevemente a possibili elementi orizzontali
di natura privatistica, con particolare riferimento alle condizioni generali nonché alle comunicazioni tra banca e cliente.
5.
Direttive interne, comunicazioni tra banca e cliente e
condizioni generali?
In quanto tali, le direttive interne che prevedessero delle
restrizioni nell’adempimento delle istruzioni dei clienti, in
particolare con riferimento a prelievi a contanti e/o a bonifici,
non sono opponibili ai clienti. Simili disposizioni hanno infatti
una validità relativa e si applicano esclusivamente ai rapporti
interni della banca. Potrebbero invece applicarsi delle nuove
condizioni generali, che prevedessero delle simili restrizioni,
laddove venissero approvate dal titolare del conto.
4.
L’integrazione del fattore F nei rapporti correnti con i
clienti
Preoccupazioni di compliance fiscale vanno non solo a configurare gli obiettivi a medio-lungo termine di rinunciare ad
una clientela transfrontaliera non dichiarata, non accettando
quindi nuove relazioni d’affari non conformi fiscalmente, e
abbandonando le relazioni preesistenti che non adempiono
tale criterio. Regolamenti e direttive delle banche incidono
inoltre massicciamente sui rapporti con i clienti, determinando in particolare delle restrizioni sull’operatività sui conti.
Sul piano giuridico dei rapporti contrattuali tra cliente e banca,
quest’ultima, per opporsi alle richieste del cliente, invoca
sovente l’articolo 119 del Codice delle obbligazioni (di seguito
CO), che libera il debitore dall’adempimento contrattuale
allorquando la sua prestazione è divenuta impossibile. La
legge non definisce la nozione di impossibilità della prestazione. È evidente che la banca non si trova in una situazione di
impossibilità fattuale ed oggettiva, poiché la non esecuzione
dell’istruzione del cliente dipende esclusivamente dall’esercizio
di una sua volontà. Quale origine possibile dell’impossibilità,
tuttavia, l’articolo 119 CO non contempla soltanto degli eventi
fattuali, ma anche dei motivi giuridici[10].
Il riferimento all’eccezione giuridica di impossibilità, e quindi
all’articolo 119 CO, diviene tuttavia in ultima analisi una
diversione superflua. Determinante è infatti, in ultima analisi,
conoscere se all’obbligo contrattuale della banca di adempiere
l’istruzione del proprio cliente si oppone, secondo l’articolo 20
CO, un preminente dovere di quest’ultima di non darvi seguito.
Per affrontare la questione in termini plastici, si pone quindi
l’interrogativo se possono imperniarsi nel rapporto orizzontale
di durata tra cliente e banca, che imporrebbe a quest’ultima di
adempiere i propri doveri nei confronti del cliente in base alle
originarie pattuizioni contrattuali, elementi verticali di diritto
pubblico che possono condurre la banca a derogare alle sue
obbligazioni[11].
L’incorporazione di nuove condizioni generali nei rapporti
contrattuali tra banca e cliente presuppone evidentemente
che le stesse siano state portate a conoscenza del titolare del
conto[12], non potendosi ritenere sufficiente, nel caso di disposizioni “posta fermo banca”, la finzione di una loro notifica. Inoltre,
a meno che il cliente non approvi individualmente e singolarmente una nuova disposizione generale in maniera esplicita, ma
le stesse vengano invece approvate dallo stesso globalmente,
non possono applicarsi ai rapporti contrattuali tra le parti nuove
condizioni generali dai contenuti inabituali[13].
Deve essere ritenuta tale una nuova clausola contrattuale
generale che consenta alla banca di non dare esecuzione alle
istruzioni del cliente bloccando unilateralmente l’esecuzione
di istruzioni (prelievi, o bonifici) del cliente laddove la banca
ritenga che la relazione bancaria in oggetto non sia conforme
fiscalmente. Il carattere inabituale di una simile clausola si
evince dal fatto che non incombe alla banca, né per legge
né per contratto, un onere di collaborazione con lo Stato
cui è fiscalmente assoggettato il cliente per accertare i suoi
elementi di sostanza e di reddito imponibili, e di restringere
di conseguenza la sua disponibilità sugli stessi. La banca ha
senz’altro il divieto di non assistere attivamente il cliente in
qualsivoglia forma di evasione fiscale così da non determinare,
per sé stessa, una fonte di rischio. La responsabilità sul pagamento dei tributi fiscali resta però al cliente/contribuente; con
la conseguenza che, difettando in proposito un onere legale
della banca, una conseguenza giuridica (restrizione dell’adempimento delle istruzioni del cliente) che scaturisse da verifiche
in proposito della banca, è da ritenersi inabituale.
Ne discende quindi che di principio non può fondarsi sulle condizioni generali una restrizione all’adempimento di istruzioni
di bonifico e/o di prelievo di clienti, a meno che la clausola
contrattuale generale su cui una simile restrizione si fondi non
sia stata individualmente approvata dal cliente.
6.
Blocchi LRD?
Quali elementi verticali di diritto pubblico che possono fondare
una restrizione nell’adempimento delle istruzioni dei clienti, la
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base legale si individua, nel diritto svizzero, in particolare nella
legislazione in materia di lotta contro il riciclaggio, e quindi
nell’articolo 10 LRD, che appunto codifica l’obbligo dell’intermediario finanziario di bloccare i beni patrimoniali oggetto di
una comunicazione poiché provengono da un crimine.
Il riferimento a tale norma è tuttavia di scarso supporto
per giustificare le restrizioni nell’esecuzione di istruzioni di
clienti con averi fiscalmente non dichiarati. La Legge federale
concernente l’attuazione delle Raccomandazioni del Gruppo
d’azione finanziaria rivedute nel 2012 (di seguito Legge GAFI),
che introdurrà il 1. gennaio 2016 reati fiscali gravi quali infrazioni che possono dare luogo ad obblighi di comunicazione e
di blocco dei beni dell’intermediario finanziario, si applicherà
infatti soltanto a fattispecie fiscali, tanto nella fiscalità diretta
che in quella indiretta, estremamente qualificate, ed ad infrazioni fiscali commesse dopo il 1. gennaio 2016[14].
Lo strumento legale che il diritto svizzero mette a disposizione
degli intermediari finanziari per bloccare l’esecuzione delle
istruzioni dei clienti non può quindi di principio applicarsi
in materia fiscale. Da un lato, infatti, la semplice sottrazione
fiscale non è sufficiente, e devono invece essere adempiuti degli
elementi qualificanti ulteriori sui quali non è il caso di dilungarsi
nell’ambito del presente contributo. Secondariamente, inoltre,
le disposizioni intertemporali ne impediscono l’applicazione
con riferimento ad infrazioni fiscali commesse prima del 1.
gennaio 2016. Quindi, anche nell’ipotesi in cui si fosse costituita in Svizzera un’importante giacenza patrimoniale non
dichiarata per mezzo di falsificazioni nella contabilità industriale tali da dare luogo ad un sospetto di reati fiscali gravi
e qualificati secondo la Legge GAFI, e anche se tali averi non
dovessero essere dichiarati dopo il 1. gennaio 2016, si perpetuerebbe, dopo tale data, di principio soltanto una sottrazione
fiscale importante, e non già invece una frode fiscale qualificata, con la conseguenza che la LRD continuerebbe ad essere
inapplicabile anche dopo il 1. gennaio 2016. Tale conseguenza,
auspicabile o meno da un profilo di politica legislativa, discende
da una scelta restrittiva che il legislatore ha effettuato nella
definizione dei reati fiscali gravi nell’ambito della Legge GAFI.
7.
Applicazione immediata del diritto estero?
Posto come il diritto interno estero non è, di per sé, applicabile
nell’ordinamento svizzero, una voce della dottrina ha invocato
l’applicazione dell’articolo 19 della Legge federale sul diritto
internazionale privato (di seguito LDIP), che autorizza, a
determinate condizioni, i tribunali svizzeri a prendere in considerazione le disposizioni imperative di uno Stato estero[15].
La norma in questione, tuttavia, non è pertinente. Essa, che
è ritenuta dalla giurisprudenza una norma di applicazione
eccezionale[16] presuppone in effetti la sussistenza di quattro
condizioni cumulative[17]:
◆
◆
la norma estera deve postulare imperativamente la sua
applicazione sul piano internazionale;
deve avere una connessione stretta con la fattispecie in
questione;
◆
◆
deve sussistere, secondo la concezione svizzera del diritto,
un interesse preponderante e degno di protezione affinché
la norma estera venga applicata;
e infine occorre che la sua applicazione, alla luce degli scopi
che persegue e delle conseguenze che comporta, dia luogo
a una decisione equa dal profilo della concezione svizzera
del diritto.
Tali condizioni non sono adempiute nella materia in questione.
Infatti, se è vero che gli Stati esteri hanno una competenza
legittima per tassare i loro contribuenti, ovunque siano depositati i loro averi e che le frontiere non consentono di opporsi
all’applicazione del diritto fiscale estero, non è questo diritto di
cui è rivendicata l’applicazione immediata mediante l’articolo
19 LDIP, poiché esso non tocca minimamente i rapporti tra
banche e cliente ma solo quelli tra quest’ultimo e lo Stato in
cui è assoggettato fiscalmente.
Si tratta, per contro, di applicare le regole antiriciclaggio di
questo Stato, le quali hanno tuttavia vocazione ad applicarsi
soltanto sul piano interno ai propri intermediari finanziari. Ne
consegue che già l’oggetto stesso di un’applicazione immediata del diritto estero e cioè l’esistenza di una norma che si
applichi imperativamente anche sul piano internazionale,
fa difetto in questo ambito. In ogni caso, non esiste alcun
interesse preponderante degno di protezione ad applicare in
maniera immediata le regole estere in materia di antiriciclaggio posto come il diritto svizzero conosce, nella materia, un
sistema legislativo e regolamentare estremamente sviluppato
ed esaustivo. Infine, appare contradditorio riferirsi al diritto
penale estero che sanziona la sottrazione d’imposta e il
riciclaggio di averi fiscalmente sottratti con lo scopo di giustificare la violazione di obbligazioni contrattuali della banca
allorquando tale legislazione estera è stata completamente
ignorata nel corso di tutta la relazione d’affari[18].
8.
Nuovi sviluppi legislativi
Un’ulteriore possibile fonte di ispirazione per le banche per giustificare la restrizione nell’esecuzione delle istruzioni dei clienti
è costituita dai nuovi progetti legislativi in ambito di obbligo
di diligenza cresciuti. La dottrina è arrivata addirittura fino a
proporre di mettere in qualche modo in sospeso in maniera
ancora più generale l’esecuzione delle attività sui conti non
conformi fiscalmente fino all’introduzione dello scambio
automatico delle informazioni[19], in maniera tale da creare,
provvisoriamente, fino a quando appunto i contribuenti esteri
non potranno più sfuggire alla trasparenza fiscale, una sorta
di gabbia provvisoria, o di congelamento delle loro situazioni.
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Questa posizione appare tuttavia insostenibile. In primo luogo,
in maniera conforme con il principio della legalità e della sicurezza giuridica, qualsiasi restrizione verticale di diritto pubblico
ai diritti soggettivi dei clienti nei loro rapporti orizzontali con
la banca deve poggiare su una base legale autentica, cioè su
una legge in vigore. Inoltre, in questa concezione, i rischi fiscali
per la banca sono concepiti in maniera imprecisa.
Le banche, infatti, non rispondono di principio per le
obbligazioni fiscali dei loro clienti e non hanno nemmeno
un’obbligazione legale di controllare i loro comportamenti
fiscali: contrariamente a ciò che viene presupposto almeno
in maniera implicita per sostenere la tesi secondo la quale
ogni operazione su un conto non conforme fiscalmente può
essere una fonte di rischio[20] , le banche non hanno in altre
parole una posizione di garante con riferimento agli obblighi
fiscali dei loro clienti che renderebbero punibile una semplice
omissione in caso di esecuzione dell’istruzione di un cliente.
Il rischio per la banca non proviene dunque dalla violazione
di un dovere di un obbligo di garante che non esiste con
riferimento alle obbligazioni fiscali dei clienti, ma invece, in
particolare in base all’esperienza dei procedimenti americani
nei confronti di banche svizzere, da un comportamento attivo
di sollecitazione di clienti non conformi fiscalmente e da un’assistenza attiva fornita loro per sottrarsi ai loro obblighi fiscali.
A questo proposito, l’auspicio delle banche di conquistarsi la
benevolenza degli Stati esteri per cancellare il passato non
costituisce evidentemente un fondamento legale sufficiente
per restringere o per annullare le loro obbligazioni contrattuali
nei confronti dei clienti.
In maniera analoga, il semplice riferimento alla soft law o a
delle dichiarazioni politiche senza effetti giuridici non può
influire sui rapporti orizzontali di diritto privato tra banche e
clienti. Così, la Roadmap tra il Governo svizzero e italiano non
contiene che un programma di lavoro sulla base del quale le
banche svizzere possono certo incoraggiare i clienti italiani a
partecipare al programma di divulgazione fiscale volontario
italiano fornendo loro ogni supporto necessario a questo
scopo[21] , ma non possono certamente forzare in questa
direzione i clienti italiani bloccando ogni operazione sui conti
di clienti ricalcitranti.
9.
Garanzie di irreprensibilità e articolo 30 dell’Ordinanza
LRD-FINMA
Un’ultima fonte verticale per giustificare le restrizioni bancarie
è costituita dalla garanzia di irreprensibilità prevista dall’articolo 3 capoverso 2 lettera c LBCR[22]. Poiché questa garanzia
ha quale scopo principale la protezione del cliente[23] , non
potrà di principio essere invocata dalla banca contro il cliente
al fine di disinnestare il suo obbligo contrattuale di eseguire le
sue istruzioni. E non sarà invece che in casi eccezionali che la
funzione residua di questa garanzia di protezione del sistema
(Funktionsschutz)[24] , che concerne la salvaguardia dell’integrità della piazza bancaria svizzera nel suo insieme, potrà
consentire alla banca di opporsi alla messa in esecuzione delle
istruzioni del cliente.
Ciò sarà in particolare il caso laddove il cliente dovesse
domandare di chiudere una relazione bancaria con dei
prelievi importanti senza ragioni particolari e in maniera
tale da interrompere la tracciabilità del flusso finanziario
(paper trail): in una simile situazione di fatto la necessità per
la banca di preservare la sua garanzia di attività irreprensibile sarebbe messa a repentaglio in caso di esecuzione
di un’operazione visibilmente insolita. In simili fattispecie,
una restrizione bancaria nell’esecuzione di istruzioni dei
clienti potrebbe quindi fondarsi validamente sulla garanzia
di irreprensibilità. In casi analoghi, può giungere in soccorso
all’istituto finanziario anche una base legale esplicita,
ovvero l’articolo 30 dell’Ordinanza LRD-FINMA (articolo 32
nella nuova versione del 3 giugno 2015), che prevede che
l’intermediario finanziario che mette termine a una relazione d’affari dubbia senza procedere a una comunicazione
in assenza di sospetti fondati di riciclaggio, può autorizzare
il prelievo di importanti valori patrimoniali soltanto con
una modalità che permetta alle autorità di perseguimento
penale di poterne seguire la traccia (paper trail). Alla luce dei
rischi fiscali e reputazionali esteri una banca può considerare un conto fiscalmente non conforme estero come una
relazione d’affari dubbia e può quindi rifiutarsi, in tale circostanza, di dare seguito ad una operazione che interrompa
la tracciabilità dei flussi finanziari. Tali disposizioni esplicite
della FINMA, anche nella nuova versione del 3 giugno 2015,
limitano il campo di applicazione delle restrizioni bancarie
alle sole operazioni suscettibili di annullarne la tracciabilità.
Resta da individuarne il perimetro. Vi rientrano, certamente,
i prelievi a contanti per importi cospicui o non giustificabili per incombenze straordinarie. Secondo un’accezione
più estesa e funzionale del criterio di paper trail, possono
rientrarvi le operazioni (anche non a contanti) che sono
manifestamente finalizzate a far disperdere le tracce degli
averi in questione, in particolare mediante bonifici in favore
di relazioni situate in giurisdizioni opache da un profilo della
reperibilità delle informazioni (alla luce, quindi, in particolare,
dell’implementazione delle Raccomandazioni GAFI in materia dei doveri di diligenza e di concretizzazione del principio
Know your customer) oppure in favore di prestanome o di
soggetti terzi che si prestano a tale scopo per una girandola
di transazioni.
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Novità fiscali / n.7–8 / luglio–agosto 2015
10.
Conclusione
Da diversi anni Governo, FINMA e organi dirigenti delle
principali banche svizzere camminano in sintonia verso una
piazza finanziaria fiscalmente conforme. Il trauma di accerchiamento negli anni 2007-2009 fu tale da ispirare un nuovo
comune indirizzo strategico: “Never again”. Prima, troppo
spesso nella piazza finanziaria gli obiettivi commerciali hanno
indotto gli operatori a prestare, nonostante gli obblighi di
prudenza già previsti dal 1977 nella Convenzione di diligenza
bancaria, assistenza attiva ai propri clienti per sottrarsi ai
loro obblighi fiscali, ciò che avveniva nelle forme più diverse,
dall’organizzazione del trasporto di valuta alla messa a
disposizione di entità giuridiche per prevenire l’imposizione
alla fonte (gli “switchies” su cui si è concentrata l’attenzione
anche delle autorità americane e che ha suscitato anche la
disapprovazione degli Stati europei, in particolare dell’Italia,
nell’ambito dell’implementazione dell’Accordo sulla fiscalità
del risparmio[25]). Oggi, FINMA e organi dirigenti delle banche
sono chiamati nel non facile ruolo di attuare il nuovo indirizzo
strategico, in particolare con riferimento ai clienti preesistenti,
in maniera equilibrata e nel rispetto del diritto vigente. Proprio
per ripristinare la credibilità della piazza finanziaria, anche
secondo la funzione di salvaguardia di sistema della garanzia
di irreprensibilità (“Funktionsschutz”), il motto “scurdammoce
o passato” non può tradursi in un annullamento dei legittimi
diritti contrattuali acquisiti dei clienti.
Elenco delle fonti fotografiche:
http://f.blick.ch/img/incoming/origs2014630/2240487462-w980-h640/
geld-tausendernoten.jpg [03.08.2015]
http://w w w.fuw.ch/wp-content/uploads/2014/07/finma_logo_S640x360.jpg [03.08.2015]
http://www.swissinfo.ch/image/34188728/3x2/640/426/a7f3bb1cd7d6cd
0c78305efc3350f342/nL/188270595-34188730.jpg [03.08.2015]
http://www.siwikinews.it/images/7/71/Soldi_lucchetto.jpg [03.08.2015]
http://consulenza.soldiweb.com/Media/Default/images/630x390/
Lente_conti_630x390.jpg [03.08.2015]
Novità fiscali / n.7–8 / luglio–agosto 2015
[1] Vedi in proposito la relazione di Francesco Trezzini “La legittimità da un profilo civilistico delle
restrizioni bancarie per rischi fiscali esteri: casistica e
sviluppi giurisprudenziali”, nel quadro del seminario
Centro competenze tributarie SUPSI, “Le restrizioni
bancarie all’esecuzione delle istruzioni dei clienti”,
venerdì 17 aprile 2015, in: http://www.supsi.ch/fc/
eventi-comunicazioni/eventi/2015/2015-04-17.
html [03.08.2015].
[2] Posizione della FINMA sui rischi giuridici e di
reputazione nelle operazioni transfrontaliere aventi per oggetto prestazioni finanziarie (“Posizione
della FINMA rischi giuridici”) del 22 ottobre 2010,
in: https://www.finma.ch/it/news/2010/10/mmfinma-positionspapier-rechtsrisiken-20101022
[03.08.2015].
[3] Idem, pagina 11.
[4] Idem, pagina 14.
[5] Vedi in proposito Baumgarten Mark-Oliver/
Burkhardt Peter/Roesch Alexander, Gewährsverfahren im Bankenrecht und Verhältnis zum
Strafverfahren, in: AJP 02/2006, pagine 169-180,
pagina 170; Klein Beat/Schwob Renate/Winzeler
Christoph, Kommentar zum Bundesgesetz über die
Banken und Sparkassen, Zurigo 2013, N 174 ad Art.
3 LBCR.
[6] Vedi in proposito, in prospettiva storica, Molo
Giovanni, Il confine tra la lotta al riciclaggio di denaro
e la repressione dei reati fiscali: un muro di argilla?,
in: RtiD I-2009, pagine 563-594.
[7] Vedi in proposito Zulauf Urs, “Weissgeldstrategie”
für das Schweizer Private Banking?, in: Isler Peter R./
Cerutti Romeo (a cura di), Vermögensverwaltung
VI, Europa Institut Zürich (EIZ), n. 141, 2013, pagine
6-40.
[8] Vedi ad esempio il progetto di revisione della
Legge federale relativa alla lotta contro il riciclaggio
di denaro e il finanziamento del terrorismo nel settore finanziario (di seguito LRD) volto ad introdurre
degli obblighi di diligenza estesi per gli intermediari
finanziari. Vedi in particolare: Consiglio federale, Il
Consiglio federale chiede obblighi di diligenza estesi per impedire l’accettazione di valori patrimoniali
non dichiarati, Comunicato stampa, Berna, 5 giugno
2015, in: https://www.news.admin.ch/message/
index.html?lang=it&msg-id=57552 [03.08.2015].
È interessante tuttavia rilevare in proposito il fenomeno inverso, e cioè che questi indirizzi appaiano
codificare, in parte, la prassi di sorveglianza della FINMA: il principio contenuto nella proposta di
revisione della LRD di tenere conto della difficoltà
soggettiva del contribuente nel regolarizzare i propri averi non dichiarati quale criterio per decidere
se chiudere, o meno, una relazione bancaria preesistente ricalca l’approccio della FINMA che esige dagli
istituti che questi orientino i propri clienti affinché
vengano sfruttate le opportunità di dichiarazione
agevolata nelle giurisdizioni fiscali cui sono assoggettati.
[9] Vedi ad esempio www.ubs.com o www.creditsuisse.com.
[10] Vedi così già Aepli Viktor, Art. 114-126 OR.
Das Erlöschen der Obligation, Band V/1h/, Das
Obligationenrecht, Kommentar zum Schweizerischen Zivilrecht, 3. edizione, Zurigo 1991, N 45 ad
Art. 119 CO.
[11] Questa opposizione tra una prospettiva orizzontale ed una verticale è ripresa dalla relazione di
Francesco Trezzini, op. cit.
[12] Vedi in particolare già Schönenberger Wilhelm/
Jäggi Peter, Kommentar zum Schweizerischen Zivilgesetzbuch, Obligationenrecht, Teilband V 1a, 3.
edizione, Zurigo 1973, N 456 ad Art. 1 CO.
[13] Vedi in proposito già Schönenberger Wilhelm/
Jäggi Peter, op. cit., N 498-499 ad Art. 1 CO.
[14] Vedi in proposito Beusch Michael/Friedli Sara/
Borla Manuel, “Serious Tax Crimes”: come i delitti
fiscali sono divenuti improvvisamente dei crimini,
pagine 529-551; Molo Giovanni, Il recepimento del
riciclaggio fiscale nel diritto svizzero: cause e conseguenze pratiche, pagine 552-585, entrambi in:
Vorpe Samuele (a cura di), Contravvenzioni e delitti
fiscali nell’era dello scambio internazionale d’informazioni, Scritti in onore di Marco Bernasconi, Manno
2015; sull’applicazione in temporale a partire dal 1.
gennaio 2016 della nuova fattispecie fiscale qualificata nell’ambito della fiscalità indiretta anche in
assenza di una disposizione transitoria esplicita in
virtù dei principi generali di diritto penale di diritto intertemporale del Codice Penale vedi Cassani
Ursula, L’extension du système de lutte contre le
blanchiment d’argent aux infractions fiscales: Much
Ado About (Almost) Nothing, in: RSDA 2/2015,
pagine 78-90, pagina 77.
[15] Vedi in particolare Lombardini Carlo, Comment
les banques peuvent-elles résister aux demandes
de transfert des clients défiscalisés?, in: Le Temps,
lunedì 2 marzo 2015, http://www.letemps.ch/Page/
Uuid/479db3f2-c037-11e4-b1aa-59105399a835/
Comment_les_banques_peuvent-elles_r%C3%A9sister_
aux_demandes_de_transfert_des_
clients_d%C3%A9fiscalis%C3%A9s
[03.08.2015];
Lombardini Carlo, Banques et clients en situation
fiscale irrégulière, un état des lieux, in: Not@lex,
revue de droit privé et fiscal du patrimoine, 2015/33,
pagine 33-52, pagine 48-52.
[16] Vedi in proposito Tribunale federale, Prima Corte
Civile, 7 maggio 2004, A.B. contro D.SA., sentenza n.
4C.332/2003, in: SJ 2004 I, pagina 576, consid. 3.5.
[17] Idem, consid. 3.2.
[18] In questo senso anche Béguin Marc, Avoirs bancaires non déclarés: réponse à Carlo Lombardini,
in: Le Temps, giovedì 12 marzo 2015, http://www.
letemps.ch/Page/Uuid/d95c6f24-c80f-11e4959d-74804f4bcbe7/Avoirs_bancaires_non_d%C3
%A9clar%C3%A9s_r%C3%A9ponse_%C3%A0_Carlo_Lombardini [03.08.2015].
[19] Vedi Matteotti René/Bourquin Gabriel/Many
Selina, Steuerrisiken mit Offshore-Strukturen für
Banken und ihre Mitarbeiter, Chancen und Gefahren der geplanten Bestimmungen gegen die
Geldwäscherei bei Steuerhinterziehungen und des
automatischen Informationsaustausches in der
Vermögensverwaltung, in: ASA 82 (2013/2014),
pagine 669-709, pagine 706-709.
[20] Idem, pagina 700.
[21] Vedi Roadmap on the way forward in fiscal and
financial issues between Italy and Switzerland, del
23 febbraio 2015, in: http://www.news.admin.ch/
NSBSubscriber/message/attachments/38401.pdf
[03.08.2015].
[22] È su tale principio che si è in particolare fondata
la estesa giurisprudenza della Pretura di Lugano che
si è sviluppata in proposito, vedi relazione Trezzini
Francesco, op. cit.
[23] Vedi DTF 106 1b 145, consid. 2a.
[24] Kleiner Beat/Schwob Renate, N 163-166 ad Art.
3 LBCR, in: Zobl Dieter et al. (a cura di), Kommentar
zum Bundesgesetz über die Banken und Sparkassen,
Zurigo 2014.
[25] Vedi, critico sulla “disinvoltura” in merito all’elusione dell’Accordo sulla fiscalità del risparmio
Manzitti Andrea, I rapporti fiscali tra la Svizzera e l’UE
a dieci anni dalla Direttiva sulla fiscalità del risparmio, pagine 376-386, in: Vorpe Samuele (a cura di),
op. cit.
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