I Salva-denari Vecchi e nuovi porti sicuri. Come
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I Salva-denari Vecchi e nuovi porti sicuri. Come
La tua guida alle decisioni di investimento Settembre/Ottobre 2012 — I beni rifugio I Salva-denari Vecchi e nuovi porti sicuri. Come cambia la mappa del rischio. Investire nei beni rifugio con gli Etf. MESSAGGIO PUBBLICITARIO GESTIRE GLI INVESTIMENTI DEI TUOI CLIENTI TI DÀ GRANDISSIME SODDISFAZIONI. LA BANCA PER LA QUALE LAVORI TI CONSIDERA UN PROFESSIONISTA E NON TI IMPONE NÉ TEMPI NÉ OBIETTIVI ESAGERATI. SEI LIBERO DI SCEGLIERE QUALI TITOLI E FONDI CONSIGLIARE, SENZA NESSUNA INTROMISSIONE: LA TUA BANCA NON TI OBBLIGA A RISPETTARE BUDGET IMPOSSIBILI, NON TI INCENTIVA A VENDERE PRODOTTI A DISCAPITO DI ALTRI E NON TI PENALIZZA SE NON VENDI I SUOI. QUESTA CONDIZIONE DI GRANDE PROFESSIONALITÀ E INDIPENDENZA TI FA CRESCERE ECONOMICAMENTE E TI FA APPREZZARE DAI TUOI CLIENTI, CHE SEI SEMPRE LIBERO DI CONSIGLIARE NEL MODO MIGLIORE. PER QUESTO INSIEME DI FATTORI, OGGI, SEI CONVINTO CHE NON ESISTA UNA BANCA MIGLIORE PER LA QUALE LAVORARE. O NO? PARLA CON NOI. SE SEI UN PROMOTORE FINANZIARIO O UN CONSULENTE DI BANCA E VUOI LAVORARE CON NOI, CONTATTACI. CHIAMA L’ 800.261.261 O VAI SU FINECO.IT/PROMOTORI Settembre/Ottobre 2012 Attualità Scenari 16 terribili numeri dai mercati finanziari 14La doppia personalità 24L’oro in dichiarazione: Mario Bono Le statistiche che spaventano gli investitori di tutto il mondo. Jeremy Glaser L’oro impreziosisce il portafoglio La domanda mondiale è diminuita, ma i prezzi sono saliti. Etf e banche centrali cercano sempre più il metallo giallo. Marcus Grubb In Primo Piano dei preziosi Valerio Baselli 16Tbond, certificato di Fisco ecco come garanzia scaduto Marco Caprotti 18 Le valute con i muscoli Azzurra Zaglio 20Cedole, il piatto può diventare indigesto Marco Caprotti 3 Settembre/Ottobre 2012 Rubriche 6 Hanno scritto per noi 7 L’Editoriale Sara Silano 26 I beni rifugio hanno 28 Il rischio di 42 Oro, valute e petrolio, Le strategie di portafoglio sono sensibili alle correlazioni tra gli asset, le quali sono dinamiche. Oro petrolio, bond e valute non sono porti sicuri per tutti gli investitori. Marco Frittajon Gli Etf hanno aumentato la trasparenza, anticipando l’Esma. Jose Garcia-Zarate Un’analisi di Morningstar esamina le correlazioni tra i differenti beni rifugio prima e durante le ultime crisi. Alice Bravi 8 Per cominciare Valerio Baselli Asset Allocation il timer Analisi Morningstar controparte si vede 31Treasury e Bund negli Etf I replicanti danno un’esposizione diversificata e liquida. Azzurra Zaglio 38La crisi si vince in boutique Non solo difensivi. Anche il lusso resiste al ciclo. Francesco Lavecchia 40Rischio, fin dove arriva il gestore 4 L’analisi dei fattori che generano le perdite è compito dei manager. Ma i risparmiatori devono fare la loro parte. Dario Portioli Gli Strumenti Morningstar prove di resistenza Deutsche Bank db X-trackers Un pacchetto semplice per un prodotto tutto italiano I primi ETF su un indice di BOT Caratteristiche dell’ETF: — permette di ottenere un’esposizione su tutti i BOT quotati sul mercato MTS, senza preoccuparsi di rinnovare i titoli in scadenza; — gli elementi costitutivi dell’indice sono ribilanciati settimanalmente con l’inclusione dei titoli oggetto di nuove aste; — oltre 140 milioni di euro di patrimonio gestito (AuM) a soli 6 mesi dal lancio*; — il capitale investito non è protetto o garantito e pertanto si possono subire delle perdite. Per maggiori informazioni Internet: www.dbxtrackers.it E-mail: [email protected] Numero verde: 800 90 22 55 Fax: +39 02 86 379 821 Reuters: DBETF Bloomberg: DBETF < GO > Gli ETF db X-trackers sono negoziati in continua su Borsa Italiana e possono essere acquistati tramite qualsiasi banca o intermediario autorizzato. Deutsche Bank svolge l’attività di market making. ETF su ISIN Dividendi TER Yield Medio1 MTS Italy BOT – Ex-Bank of Italy® LU0613540268 Capitalizzati 0,15 % 1,46 % ** Duration2 0,39 ** Yield medio: indica il rendimento medio annualizzato incorporato nel prezzo dei titoli inclusi nell’indice MTS® Italy BOT- Ex-Bank of Italy alla data del 07 settembre 2012. 2 Duration: indica la durata media finanziaria dei titoli inclusi nell’indice MTS® Italy BOT- Ex-Bank of Italy ed è espressa in frazioni d’anno. Dati al 07 settembre 2012. *Fonte: Deutsche Bank, 07.09.2012. **Si ricorda che i dati sopra riportati sono puramente esemplificativi, esprimono un valore medio di mercato annualizzato calcolato da EuroMTS Indices in una specifica data (07.09.2012) che è destinato a variare nel corso del tempo per effetto del variare del valore e delle scadenze dei titoli presenti nell’indice e in generale che le performance indicate non sono ne vogliono essere rappresentative dei rendimenti futuri. 1 Deutsche Bank Exchange Traded Funds Prima dell’adesione leggere il documento di quotazione, il prospetto ed il KIID del comparto rilevante. Avvertenze – Potete ottenere gratuitamente tali documenti presso Deutsche Bank AG, Via Santa Margherita 4, 20121 Milano e sul sito www.dbxtrackers.com. db x-trackers è un marchio commerciale di proprietà di Deutsche Bank AG. Gli ETF descritti nel presente opuscolo informativo sono azioni di db x-trackers II, una società d’investimento costituita ai sensi del diritto lussemburghese nella forma di Société d’Investissement à Capital Variable (SICAV). Deutsche Bank AG e lo sponsor degli indici non rilasciano alcuna dichiarazione o garanzia circa i rendimenti che possono essere ottenuti dall’utilizzo del relativo indice. MTS Italy-Ex Bank of Italy Indices e ciascun indice singolarmente (di seguito, gli “Indici”) sono marchi registrati di proprietà di MTSNext Ltd. MTSNext è titolare di tutti i diritti di copyright relativi agli Indici nonché di tutti i diritti relativi ai dati sui valori e gli elementi costitutivi degli stessi. MTSNext ed i suoi licensor (concessori di licenze) non promuovono, supportano o sono in alcun modo coinvolti nella vendita o nella commercializzazione dei prodotti descritti nel presente avviso promozionale. MTSNext ed i suoi licensor non assumono alcuna responsabilità nei confronti di alcuno per qualsivoglia imprecisione presente nei dati sui quali l’Indice è basato, per qualunque errore, imprecisione o omissione nel calcolo e/o nella diffusione dell’Indice o nel modo in cui viene utilizzato in riferimento all’emissione e/o l’offerta dei prodotti qui descritti o in relazione alla commercializzazione dell’Indice. Le informazioni contenute nel presente documento sono destinate esclusivamente all’utilizzo in Italia. La pubblicazione del presente documento non costituisce una modalità di offerta al pubblico da parte di Deutsche Bank AG e non costituisce o intende fornire alcun giudizio, da parte della stessa, sull’opportunità dell’eventuale investimento ivi descritto. I prodotti descritti adottano una struttura swap based. Si prega di far rifermento alla sezione “Rischio di Controparte” presente nel Documento di Quotazione e nel Prospetto per una descrizione dettagliata dello stesso e delle tecniche per ridurlo attraverso il rilascio di una garanzia. Hanno scritto per noi Mario Bono Mario Bono, nato nel 1966, è dottore commercialista e revisore contabile dello Studio Associato Piazza di Milano. Per oltre 15 anni, ha svolto il ruolo di consulente nei principali campi della fiscalità delle imprese e delle istituzioni finanziarie, fornendo assistenza di natura continuativa in materia di imposte dirette ed indirette, di aspetti di bilancio e societari e ottenendo altresì una particolare esperienza nel campo delle operazioni straordinarie. Dal 1999, è iscritto al collegio dei Consulenti tecnici presso il Tribunale di Torino. Ha scritto numerose pubblicazioni in questo campo. Direttore editoriale: Davide Pelusi Direttore responsabile: Sara Silano Editor & Analyst team: Valerio Baselli, Alice Bravi, Marco Caprotti, Marco Frittajon, Francesco Lavecchia, Dario Portioli, Azzurra Zaglio Senior contributor: Mario Bono, Jeremy Glaser, Marcus Grubb, Jose Garcia-Zarate Progettazione editoriale: Sghermersino Romano e Sara Silano Progetto grafico: Renée Benz Grafica: Adnan Alicusic Production designer: Daniela Johns Illustrazioni: Michael Pettit Web developer: Fabio Gilardoni Responsabile pubblicità: Emanuela Bassi Responsabile marketing e sales: Corrado Cassar Scalia Jeremy Glaser è giornalista specializzato sui mercati finanziari Morningstar.com. In precedenza è stato analista azionario senior per Morningstar ed era specializzato nei settori alberghiero e del divertimento. Glaser ha un diploma di laurea in economia all’Università di Chicago. Per informazioni pubblicitarie: [email protected] Morningstar Investor N. 9/2012 Registrazione Tribunale di Milano n. 234 del 3 maggio 2011 Morningstar Italy Via Pergolesi, 25 20124 Milano Tel. 02 30301295 Jeremy Glaser Marcus Grubb www.morningstar.it Marcus Grubb è responsabile delle attività d’investimento del World Gold Council dal giugno 2008. Il suo ruolo principale è quello di gold strategist, il che prevede anche l’essere responsabile dei rapporti con investitori di tutti i tipi per quanto riguarda il mercato aurifero. Grubb funge anche da portavoce globale, rappresentando il WGC a eventi di alto profilo in tutto il mondo. Infine, si occupa in prima persona dell’attività di ricerca e di pubblicazione. Morningstar Investor appartiene a Morningstar, che conserva l’intera proprietà intellettuale dei documenti contenuti così come l’esclusività dei diritti di riproduzione, traduzione e presentazione degli stessi. La diffusione delle informazioni contenute in questo documento e la loro riproduzione anche parziale e in qualsiasi modalità senza l’autorizzazione preventiva di Morningstar è vietata. Attenzione, le informazioni sono unicamente indicative. Esse non hanno nessun valore contrattuale e non possono essere considerate come esaustive o esenti da errori accidentali. Morningstar declina ogni responsabilità relativa ai risultati d’investimento realizzati sulla base delle informazioni e delle opinioni presentate all’interno di questa pubblicazione. Esse sono infatti soggette a evoluzioni in ogni momento e senza preavviso, specialmente in funzione delle condizioni del mercato. Non si tratta in nessun caso di una proposta o di un consiglio di investimento. Il magazine non può in nessun caso essere utilizzato per sottoscrivere o vendere i prodotti menzionati nello stesso. Gli investitori sono invitati a verificare se le strategie presentate o discusse corrispondono ai loro obiettivi d’investimento e a consultare i prospetti e tutti gli altri documenti regolamentati relativi ai prodotti. I rendimenti passati non sono per forza dei buoni indicatori delle performance future. Jose Garcia-Zarate 6 Jose Garcia-Zarate è analista sugli Etf per Morningstar ed è specializzato sul mercato europeo. Prima di entrare in Morningstar nel 2010, è stato per sette anni analista senior dei titoli di Stato per 4cast, una società di consulenza economica e di ricerca sui mercati finanziari. Prima di 4cast, ha lavorato per S&P Mms in qualità di analista macroeconomico e dei mercati azionari sovrani dell’Eurozona. Garcia-Zarate ha iniziato la sua carriera come analista interno per il Ministero dell’economia spagnolo, lavorando per il dipartimento del mercato estero, nella sede statunitense. Jose ha conseguito la laurea in Economia all’Università San Paolo Ceu di Madrid e un diploma in Politica alla London School of Economics. Morningstar Investor Settembre / Ottobre 2012 L’Editoriale Ormeggi a prova di maremoti Sara Silano è direttore di Morningstar Investor Quanto è sicuro il tuo salvagente? La domanda contenuta nell’annaule rapporto sui rischi globali del World economic forum impone una riflessione sulla crescente interdipendenza e complessità dei sistemi economici, politici e sociali mondiali. Crisi sempre più ravvicinate, risorse del pianeta più scarse, cataclismi naturali, cambiamenti climatici, instabili equilibri geopolitici, mercati finanziari spesso schizzofrenici, dissesti fiscali e disparità di reddito più accentuate anche nei paesi sviluppati fanno vacillare i tradizionali porti sicuri. Per gli investitori, questo significa ripensare il concetto di rischio e di strumenti che proteggono il portafoglio. Morningstar Investor ha passato in rassegna i classici rifugi, primo fra tutti l’oro, ma anche i Treasury, le valute e il petrolio. Ne emerge una definizione di safe heaven che è molto più fluida di un tempo. Esiste, infatti, una forte componente soggettiva, che dipende dagli obiettivi prefissati, dagli altri titoli che formano il portafoglio, dall’area geografica in cui risiede l’investitore e dalla fase del ciclo economico. Ad esempio, i titoli di stato americani sono considerati “sicuri”, ma gli Stati Uniti non sono più quelli di una volta, come ricordano i recenti moniti delle agenzie di rating. Le azioni ad alto dividendo hanno attratto molti flussi negli ultimi anni, proponendosi come alternativa ai bassi rendimenti delle obbligazioni governative. Ancora, se guardiamo ai settori industriali, alcuni sono difensivi per definizione, come i servizi di pubblica utilità; altri (il lusso) lo sono nel senso che dimostrano una certa resistenza alla debolezza congiunturale. I veicoli per accedere agli asset difensivi sono aumentati con lo sviluppo dell’industria degli Exchange traded product (Etp). Il caso più eclatante è quello degli Etc sull’oro fisico, che hanno come sottostante i lingotti. La popolarità di questi strumenti ha contribuito a far raggiungere al patrimonio gestito sui mercati delle commodity il livello più alto di tutti i tempi (435 miliardi di dollari al 31 marzo 2012). Il boom ha però determinato un aumento dei prezzi di molte materie prime, con contraccolpi negativi sulle economie emergenti e la nascita di tensioni sociali (si pensi alla primavera araba). Dal punto di vista degli investitori sono emerse nuove fonti di rischio, legate alla struttura dei replicanti, in particolare in relazione all’impiego di derivati o alle operazioni di prestito titoli. Su questo fronte, l’industria degli Etf ha fatto molti passi in avanti nella direzione della trasparenza e della tutela dei sottoscrittori. La spinta al cambiamento è venuta dai moniti delle autorità di vigilanza e dalle pressioni dei mass media, ma è da apprezzare che gli emittenti abbiano anticipato il regolatore nell’attuare azioni per ridurre i pericoli. La nuova geografia dei rischi impone, però, che gli investitori giochino un ruolo attivo per arrivare nei porti sicuri. Una volta gettata l’àncora è bene controllare che l’ormeggio tenga anche quando cambiano i venti. Sara Silano, Direttore di Morningstar Investor [email protected] Morningstar.it 7 Per Cominciare Dove sono i porti sicuri Di Valerio Baselli Le crisi finanziarie hanno ristretto l’universo degli investimenti risk free e aumentato la domanda di beni rifugio. Del doman non v’è certezza. I versi di Lorenzo de’ Medici non sono mai stati così attuali. Gli investitori, infatti, hanno perso gran parte delle loro certezze negli ultimi anni. I tempi di crisi e di rischio sovrano, la scarsa fiducia nei titoli di Stato, sempre appesi al filo dello spread, e la paura che la banca possa improvvisamente risultare insolvente, spingono i risparmiatori alla ricerca dei cosiddetti beni rifugio, ovvero quegli investimenti che tendono a non perdere valore nel tempo, nemmeno nei periodi di turbolenza. L’investimento risk-free Ma prima di approndire questo aspetto, è bene partire dal concetto di investimento risk-free, cioè quell’attività finanziaria che genera un rendimento sicuro e prevedibile, praticamente a rischio zero. Va sottolineato che teoricamente nessun investimento è a rischio zero, ma nella pratica ci sono alcuni titoli che garantiscono un rendimento sicuro con una probabilità che si avvicina al 100%. Tradizionalmente, questi sono i titoli di Stato a brevissimo termine di paesi affidabili, come gli Usa o la Germania. Anche le obbligazioni governative italiane sono sempre state considerate risk-free, seppur la situazione attuale suggerisca maggiore prudenza.Il concetto dell’investimento risk-free è importante soprattutto per effettuare paragoni con le altre attività finanziarie. Infatti, i tassi d’interesse privi di rischio sono importanti perché diventano il riferimento; ogni altro investimento renderà questo tasso base, con aggiunto un premio per il rischio (di insolvenza e volatilità) intrinseco all’investimento, proprio di ogni attività finanziaria. 8 Morningstar Investor Settembre / Ottobre 2012 Beni rifugio non finanziari Storicamente, i beni rifugio si dividono in due categorie: finanziari e non finanziari. Questi ultimi comprendono immobili e opere d’arte. Il mattone è il bene rifugio preferito dagli italiani per la sua stabilità e redditività. Ma la crisi dei mutui da un parte e l’aumento del peso fiscale dall’altra, hanno recentemente penalizzato questo investimento. Inoltre il suo valore non è universale ma risente molto della localizzazione. La differenza tra le due categorie riguarda essenzialmente la liquidità. I beni non finanziari sono molto meno liquidi e devono quindi essere acquistati in un’ottica di lungo periodo. Ad esempio, secondo gli esperti, il periodo di riferimento per valutare la convenienza di un investimento in un’opera d’arte non dev’essere inferiore ai 15-20 anni. Giusto per avere un’idea, il World Art Index, che raggruppa i settori artistici di tutti i paesi, mostra una crescita media annua del 3,2% tra il 2006 e il 2011. Beni rifugio finanziari Più accessibili al pubblico sono invece i beni rifugio finanziari, ovvero i metalli preziosi, in primis l’oro, alcune valute (come il dollaro Usa) e alcuni titoli di Stato (come il Bund tedesco o il Treasury americano). Tutte asset class che sono molto liquide, soprattutto grazie a diversi strumenti finanziari, su tutti i fondi comuni e gli Exchange traded product (Etp, acronimo che comprende Etf, Etc ed Etn), che permettono di effettuare compravendite con costi di transazione molto bassi. In particolare, l’oro è considerato il bene rifugio per eccellenza. Il metallo giallo svolge al meglio le sue funzioni di “porto sicuro” in un ambiente caratterizzato da bassi tassi d’interesse, proprio come quello attuale. L’oro non paga nessuna cedola o dividendo e di conseguenza subisce la concorrenza delle obbligazioni, che però al momento restano in secondo piano. Basta considerare che i bond degli emittenti più sicuri, quelli con tripla A, offrono rendimenti nominali che si aggirano attorno all’1% (quelli reali sono in alcuni casi negativi). K Valerio Baselli è editor di Morningstar Italy Glossario Etf: Exchange traded fund, particolare tipologia di fondo d’investimento o Sicav con due principali caratteristiche: è negoziato in Borsa come un’azione; ha come unico obiettivo d’investimento quello di replicare l’indice al quale si riferisce (benchmark) attraverso una gestione totalmente passiva. Etc: Exchange traded commodity, strumenti finanziari emessi a fronte dell’investimento diretto dell’emittente o in materie prime fisiche (in questo caso sono definiti Etc physicallybacked) o in contratti derivati su materie prime. Il prezzo degli Etc è, pertanto, legato direttamente o indirettamente all’andamento del sottostante. Etn: Exchange traded note, strumenti finanziari emessi a fronte dell’investimento diretto dell’emittente nel sottostante (diverso dalle commodity) o in contratti derivati sul medesimo. Il prezzo degli Etn è, pertanto, legato direttamente o indirettamente all’andamento del sottostante. Un esclusivo approccio collaborativo all’investimento Building Better Insights nei titoli azionari europei SM MFS® MeridianSM Funds - European Value Fund HHHHH Valutazione complessiva su 1194 fondi. Classe A1EUR. Categoria Morningstar: Europe OE Europe Large-Cap Blend Equity 3 anni HHHHH 1194 fondi | 5 anni HHHHH 920 fondi Decretato migliore fondo Europe Large-Cap Equity nel 20121 Francia, Germania, Spagna, Svizzera, Regno Unito MFS Investment Management è un gestore globale, con un esclusivo approccio collaborativo allo sviluppo di progetti più efficaci per i propri clienti. I segni distintivi della nostra filosofia di investimento si distinguono nella: • Ricerca integrata • Collaborazione globale • Gestione attiva dei rischi ® Per ulteriori dettagli, visitare il sito www.mfs.com/ europeanequities European Research Fund HHHHH Valutazione complessiva su 1194 fondi. Classe A1EUR. Categoria Morningstar: Europe OE Europe Large-Cap Blend Equity 3 anni HHHH 1194 fondi | 5 anni HHHH 920 fondi | 10 anni HHHHH 494 fondi European Smaller Companies Fund HHHHH Continental European Equity Fund HHHHH Valutazione complessiva su 312 fondi. Classe A1EUR. Categoria Morningstar: Europe OE Europe Flex-Cap Equity 3 anni HHHHH 312 fondi | 5 anni HHHHH 224 fondi | 10 anni HHHHH 95 fondi Valutazione complessiva su 358 fondi. Classe A1EUR. Categoria Morningstar: Europe OE Europe ex-UK Large-Cap Equity 3 anni HHHHH 358 fondi | 5 anni HHHHH 290 fondi U.K. Equity Fund HHHHH Valutazione complessiva su 495 fondi. Classe A1GBP. Categoria Morningstar: Europe OE UK Large-Cap Blend Equity 3 anni HHHHH 495 fondi | 5 anni HHHHH 437 fondi | 10 anni HHHHH 258 fondi Al 30 giugno 2012 I premi Morningstar Category Award vengono attribuiti ai fondi con le migliori prestazioni in termini di risk-adjusted performance (RAP) nell’ambito delle categorie Morningstar o dei raggruppamenti di categorie Morningstar, previo esame qualitativo. Soltanto i fondi che hanno segnalato almeno quattro portafogli completi a Morningstar tra il 1° settembre 2010 e il 31 dicembre 2011 possono concorrere all’attribuzione del premio. Le valutazioni possono variare tra le varie classi di azioni e sono basate su performance pregresse che non garantiscono risultati futuri. Per ogni fondo di almeno tre anni, Morningstar calcola una valutazione Morningstar basata su una misura del rendimento adeguato al rischio Morningstar che prende in considerazione la variazione delle performance mensili di un fondo (inclusi gli effetti di oneri di vendita, costi aggiuntivi e oneri di riscatto), facendo maggiore attenzione alle variazioni al ribasso e premiando le performance costanti. All’interno di ciascuna classe di attività, il primo 10%, i successivi 22,5%, 35%, 22,5% e l’ultimo 10% ricevono rispettivamente 5, 4, 3, 2 e 1 stella. (Ogni classe di azioni è considerata come una frazione di un fondo all’interno di questa scala e viene valutata separatamente, causando probabili leggere variazioni nelle percentuali di distribuzione). L’Overall Morningstar Rating™ si basa sulla media ponderata del numero di stelle assegnate ai periodi temporali validi del fondo. Nei casi in cui un fondo abbia cambiato categorie di investimento, alle relative informazioni cronologiche viene attribuito un peso minore. Se il fondo esiste da almeno 10 anni, la valutazione dei 10 anni equivale al 50%, quella dei 5 anni al 30% e quella dei anni al 20%. Se il fondo esiste da almeno 5 anni ma da meno di 10, la valutazione dei 5 anni equivale al 60% e quella dei 3 anni al 40%. Risultati, oneri di vendita e spese differiscono per altre classi di azioni. Si tenga presente che una valutazione relativa elevata non indica sempre che il fondo ha avuto un rendimento positivo durante il periodo in esame. 1 ©2012 Morningstar, Inc. Tutti i diritti riservati. Le informazioni qui contenute: (1) sono di proprietà di Morningstar e/o dei suoi fornitori di contenuti, (2) non possono essere copiate né distribuite e (3) sono caratterizzate da accuratezza, completezza e tempestività non garantite. Morningstar e i suoi fornitori di contenuti non si assumono la responsabilità di eventuali danni o perdite derivanti da qualsivoglia utilizzo delle presenti informazioni. Riservato esclusivamente ai professionisti degli investimenti. Non destinato a piccoli investitori. Le performance pregresse non costituiscono un indicatore affidabile dei risultati futuri. Tutti gli investimenti finanziari comportano un elemento di rischio. Il valore degli investimenti può salire e scendere, ed è quindi possibile ricevere un importo inferiore a quello inizialmente investito. Per ulteriori dettagli fare riferimento ai documenti relativo all’offerta che contengono informazioni sulle spese e sui rischi del fondo. MFS Meridian Funds è autorizzata dalla CSSF del Lussemburgo ed è riconosciuta ai sensi della Sezione 264 del Financial Services and Markets Act 2000 del Regno Unito avente sede in Lussemburgo al 49, Avenue J.F. Kennedy, L-1855. Per ulteriori informazioni, contattare MFS International (U.K.) Ltd., Paternoster House, 65 St Paul’s Churchyard, Londra, EC4M 8AB Regno Unito. Tel.: 44 (0)20 7429 7200. In Svizzera contattare Carnegie Fund Services S.A., 11 rue du General-Dufour, 1204 Ginevra, Svizzera. Tel.: 41.22.705.1177. Salvo diversa indicazione, i loghi e i nomi di prodotti e servizi sono marchi di MFS® e delle sue affiliate e possono essere registrati in alcuni paesi. MFS International Ltd. MIL-EUROEQ-FLY 25677.1 Scenari 16 terribili numeri dai mercati finanziari Di Jeremy Glaser Rendimenti reali negativi per i Treasury, alta disoccupazione in Spagna, tonfo di Facebook. Ecco le statistiche che spaventano gli investitori. Gli ultimi mesi sono stati pieni di momenti di panico sui mercati. L’euro che sembra sempre sull’orlo del collasso, i dati sull’economia americana in chiaroscuro e la volatilità che detta le regole del gioco. Di seguito, riporto alcuni numeri che mi hanno scioccato. 18%: è il rendimento dei fondi obbligazio-nari governativi statunitensi a lungo termine. Mai una migrazione verso la qualità è stata più chiara di questi dati. Gli investitori di tutto il mondo si sono rifugiati nei Treasury per mettersi al riparo da possibili catastrofi, anche 10 Morningstar Investor Settembre / Ottobre 2012 a costo di accettare ritorni reali negativi. -1,5%: è la stima di GMO (casa di investimento americana, fondata tra gli altri da Jeremy Grantham, noto per aver predetto molte bolle speculative, Ndr) per il rendimento reale dei titoli di stato americani nei prossimi sette anni. 1,95%: è il rendimento dell’S&P 500. Non ci sono porti sicuri oggi e gli investitori non sono remunerati per il maggior rischio dei mercati azionari. 163 mila: sono i nuovi posti di lavoro in luglio, secondo il Bureau of Labour statistics. Sebbene il numero sia migliore rispetto ai tre precedenti mesi, rimane sconcertante. Siamo ancora lontani anni luce dai livelli di occupa-zione pre-crisi e la bassa crescita della popolazione non è sufficiente a compensare. 38,8%: è la diminuzione del livello di benessere medio delle famiglie americane dal 2007 al 2010, secondo quanto riportato dalla Federal Reserve. Il valore medio ora è di 77.300 dollari. 1992: l’ultima volta che il livello di benessere è stato così basso. eno di 150: sono i giorni che mancano al M cosiddetto fiscal cliff, il “precipizio fiscale”. Se non verranno assunti provvedimenti, a fine anno scadranno gli sgravi fiscali varati durante la presidenza Bush, con conseguente aumento delle tasse per gli americani, e contemporaneamente scatteranno tagli alla spesa. Dal momento che si avvicinano le elezioni, rimane poco tempo per trovare un accordo che riduca l’impatto nel breve e metta gli Stati Uniti sulla via di una spesa pubblica sostenibile. 4,3%: è l’incremento su base annua del costo dei servizi sanitari a giugno, secondo il Bureau of Labour statistics. La percentuale è ben al di sopra dell’aumento dei prezzi e rende arduo il compito di mettere a posto i conti pubblici. 24,8%: è il tasso di disoccupazione in Spagna (dati Eurostat). 52,7%: è il tasso di disoccupazione giovanile in Spagna (tra chi ha meno di 25 anni). Oltre il grave problema del debito sovrano, il Paese sta sperimentando un’acuta crisi del mercato del lavoro. Dovrà affrontarla, pena l’impossibilità di uscire dalla situazione attuale di forti squilibri del bilancio pubblico. 38%: è il calo nel prezzo delle azioni di Research in Motion (Rim) negli ultimi tre mesi. Il produttore di BlackBerry ha segnato spesso record negativi nell’ultimo anno, dal momento che non è stato in grado di competere con Apple, gli smartphone e tablet che utilizzano Android (Google) e quelli che utilizzano il sistema operativo di Microsoft. 2 miliardi di dollari: la perdita, inizialmente riportata da JP Morgan Chase in seguito a un’operazione di copertura sbagliata, compiuta dal suo ufficio di Londra. 9 miliardi di dollari: è la somma che, secondo quanto riportato dal New York Times, Jp Morgan Chase potrebbe aver perso complessivamente a causa delle operazioni su derivati realizzate dal trader Bruno Iksil, già denominato London Whale, la balena londinese (soprannome dovuto alle sue maxiscommesse). 1,8%: è la crescita del prodotto interno lordo cinese su base trimestrale. La percentuale è inferiore all’oltre 2% registrato nel 2011 e fa pensare che l’ex celeste impero non sia in grado di trascinare la crescita globale. 27%: è la percentuale di greci che hanno votato per il partito di Alexis Tsipras, lo Syriza, nelle ultime elezioni parlamentari di giugno, non raggiungendo la maggioranza. Una sua vittoria avrebbe significato una svolta per la Grecia, con l’uscita disordinata dall’euro e conseguenze negative per gli investitori internazionali. La consultazione è stato un chiaro segnale che i politici rimangono il punto caldo della crisi europea e che possono cambiare velocemente se la gente pensa che usino in modo iniquo il potere che hanno. K Jeremy Glaser è giornalista di Morningstar specializzato sui mercati finanziari. Tutte le statistiche sono all’8 agosto 2012. La guida alle decisioni di investimento Novembre/dicembre 2012 I nuovi emergenti Investire sui mercati di frontiera: le prospettive economiche e finanziarie, le opportunità e gli strumenti. Le differenze dai “quasi emersi” e il rapporto con l’occidente. Il ruolo nel portafoglio. Saranno presto disponibili su Morningstar.it i temi del 2013. Per informazioni sulla pubblicità contattare [email protected] Edizione stampata limitata Sfoglia il magazine in versione digitale su www.morningstar.it -47%: è il tonfo di Facebook in Borsa, dopo l’Ipo a 38 dollari per azione avvenuta lo scorso 18 maggio. L’insuccesso dimostra che anche il collocamento più atteso dell’anno è stato un flop di fronte a una valutazione non ragione-vole. Morningstar.it 11 Scenari L’oro impreziosisce il portafoglio Di Marcus Grubb La domanda mondiale è diminuita, ma i prezzi sono saliti. Etf, investitori e banche centrali cercano sempre più il metallo per difendersi dalle tempeste dei mercati finanziari. Nel secondo trimestre 2012 c’è stata una diminuzione nella domanda aurifera mondiale: in totale, la richiesta è stata pari a 990 tonnellate, ovvero il 7% in meno rispetto ai primi tre mesi dell’anno. Tuttavia, in termini monetari non c’è stata differenza (51 miliardi di dollari), in quanto nello stesso periodo il prezzo è aumentato del 7%. Durante il secondo trimestre, il prezzo medio di un’oncia d’oro è stato di 1.609,49 dollari. Cala la domanda di Cina e India Nel secondo trimestre 2012, il quadro per la domanda globale di oro è stato fortemente distorto dai movimenti di India e Cina, che insieme rappresentano oltre il 45% della domanda totale. Il calo della domanda di queste nazioni è stato dovuto principalmente al difficile clima economico. In India, la domanda (principalmente per investimenti e gioielli) è scesa a 181,3 tonnellate, rispetto alle 294,5 tonnellate del secondo trimestre 2011. Nel dettaglio, quella per investimenti è stata di 56,5 tonnellate, meno della metà dello stesso periodo del 2011, mentre quella per gioielli è scesa del 30% a 124,8 tonnellate. La domanda in India è stata fortemente influenzata dai prezzi locali ai massimi, a causa del deprezzamento della rupia nei confronti del dollaro. Più contenuta la contrazione in Cina, 12 Morningstar Investor Settembre / Ottobre 2012 dove la domanda di investimenti e gioielli è stata di 144,9 tonnellate, il 7% in meno rispetto alle 156,6 tonnellate dello stesso trimestre dello scorso anno. Anche in questo caso, vista la frenato dell’economia, i consumatori cinesi hanno reagito diminuendo le spese. L’Europa torna a comprare Al di fuori di questi due giganti, il quadro per la domanda d’oro è risultato significativamente migliore. C’è stata una crescita negli acquisti del settore pubblico e un aumento della domanda di investimento retail, in particolare in Europa. Le banche centrali hanno aumentato le loro riserve di 157,5 tonnellate nel secondo trime-stre (il 16% della domanda totale). Si tratta del più grande acquisto netto su base trimestrale da parte del settore dal secondo trimestre 2009. Nel corso dei primi tre mesi del 2012, la domanda da parte del settore pubblico è balzata del 25% rispetto allo stesso periodo del 2011. Gli investitori europei hanno acquistato notevoli quantità di oro nel secondo trimestre, con un aumento del 15% su base annua della domanda di lingotti e monete d’oro, il che conferma l’utilizzo del metallo giallo come bene rifugio nei mercati sviluppati. In Europa sono state acquistate 77,6 tonnellate d’oro, il 19% in più della media trimestrale a cinque anni, grazie ai prezzi vantaggiosi e al peggioramento delle prospettive economiche. In luce Thailandia e Vietnam L’aumento della domanda per investimenti non è stato un fenomeno limitato ai mercati europei. In Thailandia la domanda è cresciuta del 19% anno su anno in un mercato dominato da una pochi investitori molto attivi, spinti soprattutto dai cali dei prezzi nel mese di maggio. In Vietnam, la domanda è aumentata del 30% su base annua. Il ruolo dell’oro come copertura contro il caro-vita è un fattore fondamentale per gli investitori vietnamiti, in quanto il tasso di inflazione (previsto intorno al 10% per il 2012) resta elevato rispetto alla media globale. La crescita della domanda d’investimento dimostra che gli investitori sono sempre più convinti che i portafogli che contengono anche solo una piccola allocazione in oro sono generalmente più solidi e maggiormente in grado di affrontare le incertezze di mercato rispetto a quelli che non ce l’hanno. Ancora rally Il prezzo dell’oro è salito per undici anni consecutivi e il 2012 potrebbe essere il dodicesimo. La produzione di gioielli resta il driver principale della domanda (circa il 50% del totale), anche se il suo peso è in diminuzione (era il 70% cinque anni fa). L’attività d’investimento (guidata dagli Etf) è diventata una componente molto importante per il mercato aurifero. Gli investimenti in oro rappresentavano il 19% del totale cinque anni fa, ora pesano per il 35%. Domanda aurifera trimestrale divisa per categorie e prezzo dell’oro all’oncia in dollari Jewellery Technology Official sector purchases Tonnes, US$/oz Investment London PM fix (US$/oz) 2000 1600 diversificare le riserve e limitare l’esposizione valutaria. Infatti, mentre il valore delle monete può essere svalutato artificialmente da politici in cerca di leve per stimolare la crescita, l’oro non può essere gestito nello stesso modo ed è quindi una copertura particolarmente attraente per gli investitori. Per l’Asia solo una pausa Per quanto riguarda l’Asia, l’analisi storica mostra che un breve periodo di debole acquisto non segna di solito l’inizio di una tendenza di lungo periodo. L’affinità culturale tra le nazioni asiatiche e l’oro non dovrebbe venire intaccata dalle prospettive a breve termine. 1200 800 400 0 Q2 2009 Q4 2009 Q2 2010 Q4 2010 Q2 2011 Q4 2011 Q2 2012 Quantità d’oro detenuta dagli Exchange traded funds per trimestre (in tonnellate) e prezzo dell’oro all’oncia in dollari GLD ETFs (ex GLD) London PM fix (US$/oz, rhs) US$/oz Tonnes, US$/oz 2500 1800 1600 2000 1400 1500 1200 1000 1000 500 800 Q2 2009 Q4 2009 Q2 2010 Q4 2010 Q2 2011 Q4 2011 Q2 2012 Fonte: LBMA, World Gold Council Nel lungo periodo, la domanda di oreficeria proveniente dai due più grandi mercati, l’India e la Cina, sarà un fattore chiave per il prezzo dell’oro, visto che ci saranno un miliardo di nuovi consumatori. Tuttavia, è probabile che l’attività d’investimento resti un motore fondamentale, se il metallo giallo continuerà a rappresentare una riserva di valore e una protezione in un contesto di mercato difficile. Le riserve delle banche centrali Un altro fattore chiave sarà la rinnovata domanda di oro da parte delle banche centrali e la sua reintegrazione nel tessuto del sistema finanziario mondiale. Le banche centrali dei paesi emergenti sono ora i maggiori acquirenti di oro, col fine di diversificare le loro riserve in valuta estera e proteggere la ricchezza delle loro nazioni. Dopo oltre due decenni di vendita di riserve auree nazionali, le banche centrali oggi sono di nuovo acquirenti netti. Quest’anno è probabile che si raggiunga un livello record di acquisti, circa 500 tonnellate, il più alto dall’inizio degli anni Sessanta. Le banche centrali, probabilmente gli unici investitori a lungo termine che sono rimasti, acquistano oro per Negli ultimi mesi ci sono state indicazioni che fanno pensare a nuovi acquisti: la Cina si prepara a introdurre nel paese il primo sistema interbancario di scambio aurifero, che dovrebbe consentire alle banche nazionali di aumentare le loro riserve. Inoltre, con il festival indiano e la stagione dei matrimoni dopo la fine delle piogge monsoniche estive, l’acquisto di oro dovrebbe essere significativamente più alto nel terzo trimestre. Le tendenze di lungo periodo rimangono positive, un miliardo di nuovi consumatori dell’est, una maggiore ricchezza delle famiglie, l’urbanizzazione nei prossimi dieci anni e le dinamiche demografiche favorevoli al settore dell’oreficeria fanno pensare che la domanda dell’area rimarrà forte. Su queste basi, il metallo giallo dovrebbe continuare a evolvere in modo indipendente dalla maggior parte delle attività detenute in portafoglio, rimanenedo una copertura contro le fluttuazioni dell’inflazione e delle valute. Con mercati ancora tumultuosi, l’oro rimane un asset fondamentale per gli investitori che cercano di proteggere la ricchezza e ridurre le perdite. Tuttavia, fino a quando non ci sarà una visione chiara sulle prospettive macroeconomiche globali, ci aspettiamo che la domanda rimanga ai livelli attuali nel breve termine. K Marcus Grubb è Managing director, Investment, del World Gold Council Morningstar.it 13 In Primo Piano La doppia personalità dei preziosi Di Valerio Baselli L’oro è il bene rifugio per eccellenza e una riserva di valore. Argento, platino e palladio sono cugini minori? “L’oro è la moneta pesante”, dicevano gli antichi. Nel senso che la moneta d’oro era quella destinata ad acquistare maggior valore nel tempo. Il discorso sul valore dell’oro vale anche oggi: a fine degli anni ’90 il metallo giallo valeva circa 300 dollari l’oncia. Cinque anni fa, ad agosto 2007, il suo valore era intorno a 750 dollari l’oncia. Ad agosto 2011, la quotazione ha sfiorato i 1.900 dollari, un record assoluto. Oggi, l’oro vale oltre 1.600 dollari l’oncia. In un decennio caratterizzato da ben tre crisi finanziarie internazionali (la bolla tecnologica, lo scoppio dei subprime e la crisi del debito 14 Morningstar Investor Settembre / Ottobre 2012 sovrano), non è una sorpresa che abbia guadagnato così tanto. Questo perchè l’oro viene considerato dagli investitori il bene rifugio per eccellenza. Tuttavia, ci sono anche altri metalli preziosi che possono essere inseriti in portafoglio e che vengono comu-nemente considerati scudi contro l’inflazione, come argento, platino e palladio. Lo sono veramente? Argento L’argento viene considerato da tutti come un metallo prezioso, il fratello minore dell’oro. Infatti, i rispettivi andamenti sono legati a doppio filo. Storicamente, quando il lingotto corre, l’argento lo segue, e spesso lo supera. Ad oggi, un’oncia d’argento vale circa 28 dollari. Il massimo storico è stato toccato ad agosto 2011 (proprio come l’oro) a circa 45 dollari l’oncia. Col tempo, l’argento è diventato un metallo industriale insostituibile. E’ utilizzato nella moderna elettronica e nella tecnologia informatica. Ad oggi, diversamente dall’oro, circa il 40% della domanda totale dell’argento è riconducibile all’utilizzo industriale. Per questa ragione è più dipendente dall’andamento dell’economia. In più, ETC quotati su Borsa Italiana dedicati ai metalli preziosi Nome ISIN Rend. % da inizio anno Rend. % a 1 anno Rend. % a 3 anni (annual.) db Monthly Leveraged Silver ETC DE000A1L9YS3 14.60 n.d. n.d. db Physical Gold ETC (EUR) DE000A1E0HR8 7.94 1.70 n.d. db Physical Gold Euro Hedged ETC DE000A1EK0G3 1.66 -13.84 n.d. db Physical Palladium Euro Hedged ETC DE000A1EK3B8 -8.26 -21.41 n.d. db Physical Platinum Euro Hedged ETC DE000A1EK0H1 7.94 -21.51 n.d. db Physical Silver ETC (EUR) DE000A1E0HS6 5.58 -20.92 n.d. db Physical Silver Euro Hedged ETC DE000A1EK0J7 -0.68 -33.22 n.d. ETFS Gold Bullion Securities ETC GB00B00FHZ82 7.86 1.54 24.97 ETFS Gold ETC GB00B15KXX56 6.71 0.35 23.40 ETFS Physical Gold ETC JE00B1VS3770 7.88 1.52 24.99 ETFS Physical Palladium ETC JE00B1VS3002 -2.62 -6.43 36.21 ETFS Physical Platinum ETC JE00B1VS2W53 11.77 -7.41 10.83 ETFS Physical PM Basket ETC JE00B1VS3W29 6.58 -7.22 25.71 ETFS Physical Silver ETC JE00B1VS3333 5.62 -20.86 32.65 ETFS Platinum ETC JE00B2QY0F45 11.80 -8.20 n.d. ETFS Precious Metals DJ-UBSCI ETC GB00B15KYF40 6.28 -5.49 25.90 ETFS Silver ETC GB00B15KY328 4.66 -22.20 30.77 RBS Physical Gold ETC DE000A1ESY66 6.57 1.88 n.d. Lyxor ETN Gold XS0416722857 7.36 2.66 n.d. Dati in euro al 20 agosto 2012 | Fonte: Morningstar Direct se il prezzo dell’argento sale eccessivamente, trainato da quello aurifero, ad un certo punto le industrie non lo troveranno più conveniente e cercheranno di sostituirlo con altri metalli. Per queste ragioni, è un porto meno sicuro dell’oro. Platino Di tutti i metalli preziosi, il platino è il più puro, il più resistente, ma soprattutto il più raro. E stato calcolato che, riunendo in un unico solido tutto il platino estratto nel mondo in ogni tempo, si otterrebbe un cubo di appena 4,6 metri quadrati. Solo poche zone della terra hanno rivelato giacimenti di platino. Ha molteplici usi: in gioielleria, nella realizzazione di attrezzi da laboratorio, contatti elettrici, odontoiatria e dispositivi anti-inquinamento delle automobili, per la realizzazione di cataliz- zatori per l’industria chimica. A inizio 2008 il platino toccava il suo massimo storico di quasi 2.200 dollari l’oncia, valore crollato durante la recessione successiva. Attualmente, la quotazione si aggira intorno ai 1.430 dollari. Palladio Il palladio condivide molte caratteristiche del platino: è un metallo raro. I suoi usi più comuni sono nell’industria automobilistica per le marmitte catalitiche, nelle telecomunicazioni, in odontoiatria, nel settore elettrico, in fotografia e come catalizzatore, oltre che in gioielleria e oreficeria. Il palladio è attualmente quotato intorno ai 645 dollari l’oncia. Rischi politici Ancor più dell’argento, il platino e il palladio sono legati ai cicli economici. Il grosso della domanda arriva dal settore industriale. Negli ultimi tre anni, il 76,5% dell’offerta di platino è stata fornita dalle miniere sudafricane. Nello stesso periodo, l’84,4% dell’offerta di palladio è arrivata dalla Russia e dallo stesso Sud Africa. Perciò, le circostanze socio-politiche di questi due paesi hanno forte impatto sul prezzo di entrambi. Uno shock, ad esempio, può portare a forti sbalzi nei prezzi. La crisi nella produzione russa degli anni ’90 fece salire il prezzo del platino del 50%. La speculazione su piccoli mercati La nascita di strumenti d’investimento disponibili alla massa, specifici sui metalli preziosi, ha stravolto le dinamiche di alcuni mercati, in particolare quello aurifero. Con il proliferare di replicanti dedicati ai metalli preziosi minori, è nata la paura che anche questi mercati risentano l’influenza dei flussi d’investimento. Il più grande timore riguarda la speculazione che potrebbe distorcere l’effetto dei tradizionali driver economici. Una delle ragioni su cui si basa questa paura è la dimensione del mercato, nel caso di platino e palladio molto piccola. Perciò, i flussi d’investimento, veicolati dagli Etc, potrebbero in qualche modo diminuire l’effetto degli indicatori macroeconomici, che invece hanno guidato i prezzi di queste due materie fino a pochi anni fa. Tuttavia, ad oggi, l’attività industriale rimane l’ago della bilancia. Industriali travestiti da preziosi In sostanza, quindi, l’unico metallo prezioso puro è l’oro, in quanto il suo bassissimo utilizzo industriale lo rende quasi del tutto scorrelato dai mercati azionari e di conseguenza lo elegge a “bene rifugio” per eccellenza. Al contrario, il platino e il palladio, ufficialmente metalli preziosi, sono sostanzialmente dei metalli industriali molto rari, con qualche utilizzo anche in gioielleria, ma che comunque risentono degli alti e bassi dell’economia. L’argento sta nel mezzo e presenta entrambe le caratteristiche. K Valerio Baselli è editor di Morningstar Italy. Morningstar.it 15 In Primo Piano Tbond, certificato di garanzia scaduto Marco Caprotti I titoli governativi americani sono ancora considerati un porto sicuro. Ma gli Stati Uniti non sono più quelli di una volta. L’emergenza economico-finanziaria mette in crisi le vecchie certezze. Fino al 2007, ad esempio, i Tbond (le obbligazioni governative americane con scadenza a 10 e 30 anni) e il dollaro venivano considerati fra gli asset di investimento più sicuri da avere in portafoglio. Poi è arrivata la tempesta scatenata dai subprime (i mutui Usa di bassa qualità) che ha innescato l’era del New Normal (un periodo di crescita più contenuta) e che ha portato a una diversa percezione degli Stati Uniti, ormai non più visti come la locomotiva dell’economia mondiale. ha aggiunto che l’outlook resterà negativo (quindi suscettibile di un futuro ribasso della valutazione complessiva) almeno fino alla fine del 2013. “L’incertezza sulle politiche fiscali e di spesa, associate al cosiddetto “precipizio fiscale” (il sovrapporsi di fine degli incentivi fiscali e tagli alla spesa pubblica) pesa sull’outlook a breve termine”, dice la società di analisi nel comunicato che accompagna la decisione. Senza contare che, ad agosto dell’anno scorso, l’agenzia S&P ha tolto il giudizio di tripla A al debito del paese. Una cosa mai vista. Tutto questo ha prodotto anche un cambiamento di strategia da parte degli investitori che ora sono molto più cauti quando scelgono cosa mettere nel portafoglio. Anche se si tratta di prodotti a stelle e strisce. “Il downgrade riflette la nostra opinione sul piano di risanamento che non è adeguato a quanto sarebbe necessario per stabilizzare nel medio-termine il debito. La politica americana si è indebolita in un momento in cui le sfide fiscali ed economiche aumentano”, ha detto l’agenzia spiegando la sua decisione. Una posizione ribadita a giugno di quest’anno quando S&P ha confermato il rating degli Stati Uniti con outlook negativo. I moniti delle agenzie di rating Il caso dei Tbond è emblematico dei dubbi con cui da qualche anno si trovano a fare i conti gli operatori. Le obbligazioni governative americane sono considerate molto liquide e senza rischi. Questo perché l’economia Usa, dopo essersi ripresa dalla crisi del 1929, non ha mai dato seri motivi di preoccupazione ai mercati. Oggi le cose sono cambiate e l’economia americana non tira più come una volta. L’agenzia di rating Fitch, ad esempio, ha confermato il giudizio di tripla A sugli Usa, ma 16 Morningstar Investor Settembre / Ottobre 2012 La società di analisi prevede che il debito americano nel 2013 si attesterà all’84% del Prodotto internto lordo (Pil), con un deficit al 9%. Nel 2016 il debito dovrebbe salire all’87% con un deficit in discesa al 5%. L’agenzia ritiene inoltre “improbabile” che le elezioni 2012 risolvano il dibattito sulla politica di bilancio. Sull’economia gravano “rischi signifi- cativi” e ci sono il 20% di chance che gli Stati Uniti scivolino nuovamente in recessione. Ad aumentare l’incertezza sulle prospettive economiche americane, c’è poi la questione del fiscal cliff (letteralmente il precipizio fiscale, provocato dalla scadenza degli sgravi promossi durante l’era Bush). Se Washington non agirà in modo deciso per evitare un aumento del debito nella prima metà del prossimo anno, hanno detto gli analisti di Fitch, la tripla A sarà a rischio. Per evitare downgrade è necessario risolvere la questione delle tasse e della spesa e si deve fissare un piano per ridurre deficit e debito in modo sensibile. Colossi degli investimenti divisi Insomma, sembrerebbe non essere un buon momento per tenere in tasca il debito di un paese che non è più sicuro come una volta. Un’opinione che, peraltro, condividono colossi del mercato obbligazionario come Pimco e BlackRock. E non è detto che la situazione per i Tbond cambi con il mutare della situazione congiunturale americana. Se da oltre Atlantico dovessero arrivare segnali rassicuranti, la Federal Reserve potrebbe decidere di alzare i tassi di interesse, creando una situazione poco favorevole ai bond. Alcuni analisti sono arrivati anche a prevedere una stretta monetaria già per il 2013. Grafico 1 Andamento del Treasury negli ultimi 10 anni BofAML US Treasury Current 10Yr TR USD (Market Price, USD, Pre-Tax) 620 540 480 420 a un progressivo indebolimento della moneta yankee. Una prova si è avuta anche recentemente. A partire da giugno, infatti, è entrato in vigore l’accordo firmato a fine 2011 fra Cina e Giappone che prevede di non utilizzare più il biglietto verde come valuta commerciale principale per gli scambi commerciali fra i due paesi (attualmente il 60% dei loro interscambi viene pagato in divisa Usa). Di fatto, per la moneta americana significa perdere l’influenza in una delle zone più interessanti del mondo dal punto di vista del business. 360 0 2004 2006 2008 2010 2012 Grafico 2 Andamento del dollaro rispetto all’euro negli ultimi 10 anni US Dollar (Daily Closing Price) Euro (Daily Closing Price) 1.615 1.520 1.425 1.330 1.235 1.140 1.045 5/2003 11/2004 5/2006 11/2007 5/2009 11/2010 5/2012 Fonte:Morningstar Direct Non tutti condividono questa visione. Per Fidelity, ad esempio, i bond Usa sono uno strumento di investimento sicuro, soprattutto se confrontato con i titoli di debito sovrano europeo. Merito, ha spiegato a Morningstar Bob Brown, gestore della società di investimento, della capacità americana di far fronte alle crisi che, nel corso della storia si sono presentate. Un’abilità che in Eurolandia, alle prese con le esigenze spesso contrastanti dei 17 paesi che condividono la moneta unica, manca e che ci vorranno anni per acquisire. In questa prospettiva, dice Fidelity, i bond americani continuano a rappresentare un porto sicuro di cui gli investitori non possono fare a meno. Un discorso che il gestore estende pure al dollaro. Anche in questo caso, però, la questione è più complessa. Dollaro, un primato che scricchiola Il biglietto verde è diventato la valuta di riferimento mondiale con gli accordi di Bretton Woods firmati sul finire della Seconda guerra mondiale. In dollari vengono trattate le materie prime, tanto che gli analisti consigliano di acquistare la divisa americana quando sale l’inflazione (che dalle commodity molto spesso dipende). L’evoluzione dei mercati e l’emergere di nuove potenze economiche ha portato però Non è la prima volta, tra l’altro, che il dollaro viene soppiantato. Nei suoi interscambi con la Russia (principalmente per il petrolio), Pechino utilizza lo yen e il rublo e per i commerci con l’Australia (materie prime) accetta e paga con dollari aussie. Anche l’Iran ha deciso di non usare più il dollaro per vendere il suo petrolio. Washington ha cercato di convincere la Cina e l’India a non acquistare più barili dal paese arabo. Loro invece, hanno preferito acquistare l’oro nero iraniano utilizzando la propria moneta dando un altro colpo al sistema dollaro-centrico. Resta il fatto che il biglietto verde non ha nessuna intenzione di mollare facilmente lo scettro di valuta sovrana. A maggio, ad esempio, è stato l’asset di investimento più ricercato dagli operatori alle prese con la crisi finanziaria dell’Europa e i segnali sempre più evidenti di un rallentamento della Cina. Anche perché, come spiega un operatore, “in questo momento, non c’è niente altro che valga la pena acquistare”. K Marco Caprotti è editor&analyst di Morningstar Italy Glossario Tbond: obbligazioni governative americane con scadenza a 10 e 30 anni. Subprime: mutui immobiliari Usa con scarse garanzie. New Normal: un periodo di crescita più contenuta che ha avuto inizio con la crisi dei mutui subprime. Morningstar.it 17 In Primo Piano Le valute con i muscoli Di Azzurra Zaglio Il franco svizzero è la moneta rifugio per definizione, ma anche nel nord Europa ci sono porti sicuri. Australia e Canada hanno i dollari alternativi. Il 1999 è l’anno dell’unificazione delle valute europee sotto il segno dell’euro. La moneta unica ha ridotto sensibilmente la possibilità di diversificazione valutaria del portafoglio dei risparmiatori, in particolare nel Vecchio continente. Oggi, il franco svizzero e poche altre divise possono ancora rappresentare delle buone vie di fuga dalle turbolenze dei mercati. Investire in una divisa estera implica l’assoggettamento delle somme impiegate alle oscillazioni del tasso di cambio. Nella misura in cui la valuta estera si apprezza nei confronti di quella domestica, essa rappresenta una forma di bene rifugio in grado di riparare i risparmi in essa investiti. Franco svizzero, la politica dell’1,20 È il franco svizzero a portare la corona di “valuta rifugio”. Sin da tempi memorabili, la divisa elvetica è considerata una sicurezza, insieme all’oro. La valuta confederale è la sesta moneta più trattata nel mercato internazionale dei cambi, ossia sul Forex, e la quinta in termini di riserve. Merito ottenuto con il tempo e ce lo dice la storia, poiché la politica estera della Svizzera è improntata alla neutralità da ormai ben cinque secoli. Lo scudo crociato è molto forte grazie a un governo stabile, a un’economia tra le più prospere al mondo, a conti pubblici sani e a un tasso di disoccupazione di appena il 3%. Il 18 Morningstar Investor Settembre / Ottobre 2012 surplus nel conto delle partite correnti, inoltre, indica che il paese non necessita di capitali esteri per finanziare il deficit commerciale. Dalla Banca nazionale svizzera (Bns), il presidente Thomas Jordan e Eveline WidmerSchlumpf, ministro delle Finanze, hanno dichiarato che intendono continuare a difendere l’attuale cambio euro-franco, fissato il 6 settembre 2011 a 1,20, quando il rapporto era quasi arrivato a 1 contro 1 (situazione che potrebbe verificarsi nuovamente, viste le varie condizioni dei paesi membri dell’Eurozona). dell’economia globale, altre sono conservative e si preferiscono in periodi di recessione. Yen, indebitarsi a basso costo Tra queste, lo yen giapponese non è da considerarsi una vera divisa rifugio, anche se in momenti ribassisti dei mercati borsistici, viene utilizzata per i carry-trade. In pratica, gli investitori si indebitano in yen per acquistare titoli in quelli con più alti tassi di interesse. Questo fenomeno fa aumentare il valore della divisa nipponica a danno degli esportatori. Se consideriamo gli ultimi dodici mesi (da agosto 2011 a oggi) il cambio è risalito dai minimi dell’euro contro il franco (1,0068 franchi per un euro, il livello più basso), a 1,2472 (ottobre 2011). Da questa primavera, inoltre, la Svizzera gioca in difesa, rimanendo poco sopra area 1,20 e si è detta disposta ad acquistare una quantità illimitata di valute estere. Per mantenere stabile il corso del franco rispetto all’euro, nel 2011 ha già sborsato 17,8 miliardi di franchi. La Banca del Giappone, che deve fare i conti con un’economia anemica, ha cercato di contrastare questo fenomeno e, a fine 2011, ha iniettato liquidità sui mercati per ribassare lo yen. Il cambio di rotta della BoJ ha comportato un netto deprezzamento dello yen nei confronti del dollaro americano nel primo trimestre 2012, passando in poche settimane da 76 a 83 Usd/Jpy. La divisa del Sol levante è tornata successivamente a rafforzarsi e oggi servono circa 78 yen per un dollaro (al 23 agosto 2012). Valute e cicli economici Nell’attuale situzione di mercato, non è facile trovare alternative. Le valute hanno la peculiarità di rappresentare la forza del paese a cui appartengono e sono variamente correlate tra loro. Alcune hanno un rendimento elevato e sono adeguate in momenti di picco Porti del nord Europa Altre divise, considerate un rifugio, sono quelle scandinave: la corona svedese (Sek) e la corona norvegese (Nok). Esse godono entrambe di buona salute e hanno ottimi fondamentali (forte e robusta situazione economica, bilancia commerciale in surplus, comunque, rimane influenzato dagli sviluppi della crisi europea. Franco svizzero e dollaro contro l’euro nell’ultimo anno Euro (Market Price, EUR, Pre-Tax) Swiss Franc (Market Price, EUR, Pre-Tax) US Dollar (Market Price, EUR, Pre-Tax) 1,4 1,3 1,2 1,1 1,0 11/2011 02/2012 05/2012 08/2012 Yen contro dollaro nell’ultimo anno Japanese Yen (Market Price, USD, Pre-Tax) US Dollar (Market Price, USD, Pre-Tax) 90 Valute per diversificare Nella costruzione di un portafoglio, la diversificazione valutaria è considerata un fattore positivo se gestita dinamicamente. Uno strumento usato per capire quanto è attraente una determinata divisa è l’”Indice Mac”, misurato sulla base del costo di un hamburger McDonalds in valuta locale. Secondo questo parametro, oggi la maggior parte delle valute asiatiche risulta nettamente sottovalutata. Tra queste, in particolare lo yuan cinese, sebbene negli ultimi cinque anni si sia rivalutato del 15%, rimane sottovalutato del 43%. Per quanto riguarda le altre monete dell’area del Pacifico, la rupia indiana risulta a sconto del 63% e il dollaro di Hong Kong del 51%. All’estremo opposto si trova il Bolivar venezuelano che secondo l’indice è sopravvalutato dell’83% mentre al secondo posto è presente la corona norvegese con +63%. K 75 60 45 30 Azzurra Zaglio è editor di Morningstar Italy 15 11/2011 02/2012 05/2012 08/2012 Fonte:Morningstar Direct tassi di interesse in crescita). Tra le due corone, in un orizzonte di breve termine, quella svedese potrebbe avere un rendimento maggiore, dal momento che oltre alla crescita economica sta godendo anche di un ottimo momentum, disallineato dal tradizionale movimento sull’equity. Dall’inizio dell’anno, l’attività economica della Svezia è rimasta costante e su livelli largamente al di sopra delle attese. Ma, anche qui, i due paesi si sono mossi per mettersi al riparo da un afflusso massiccio di capitali esteri e se la Svezia intimorisce per un’eventuale insufficiente liquidità, la Norvegia preannuncia una serie di tagli dei tassi di interesse. Dollari sì, ma australiani o canadesi Infine, altre due divise considerate utili strumenti di diversificazione sono il dollaro australiano e quello canadese. Il primo ha avuto un andamento molto volatile nell’ultimo anno. La Banca centrale è preoccupata per un possibile rallentamente dell’economia, conseguenza del minor vigore della congiuntura cinese, anche se nel primo trimestre il prodotto interno lordo ha sorpreso in positivo. Per quanto riguarda il Canada, la divisa nazionale è sicuramente una di quelle su cui gli investitori hanno posizioni lunghe (prevedono quindi un apprezzamento). Il cambio rispetto al dollaro americano, Glossario Momentum: Indica, alternativamente, una tipologia di strategia di investimento (che si esplicita nell’acquisto di azioni in fase di rapida crescita e nella vendita di azioni a crescita più lenta) o un indicatore utilizzato nell’ambito dell’analisi tecnica algoritmica (rappresentativo della velocità del trend di un titolo azionario). Carry trade: Operazioni in ambito valutario che sfruttano le differenze tra i vari tassi di interesse, prendendo a prestito del denaro nei mercati in cui costa meno – e dunque i tassi sono più bassi – e impiegandolo laddove tassi più elevati consentono rendimenti cospicui. Morningstar.it 19 In Primo Piano Cedole, il piatto può diventare indigesto Di Marco Caprotti Le azioni high dividend piacciono agli investitori, ma quelle troppo popolari rischiano di essere care. Se poi tornano ad aumentare i tassi possono perdere valore. Controllo della volatilità, maggiore diversificazione e rendimenti più alti. Gli investitori hanno diverse ragioni per puntare, soprattutto nei momenti di crisi dei mercati, sui titoli delle società che pagano ricchi dividendi. Senza dimenticare però che l’high yield non garantisce di uscire indenni dalla tempesta delle Borse. I dividendi, a partire dalla metà degli anni ’20 del secolo scorso, sono stati una buona fonte di rendimento, soprattutto se utilizzati all’interno di un portafoglio ben diversificato. L’era buia e la rinascita All’inizio del 2000 questo tipo di asset di investimento ha subito due forti spallate: la prima è arrivata con la febbre di Internet che ha portato gli investitori a puntare su quelle azioni che crescevano in fretta, a prescindere da considerazioni come i fondamentali, le prospettive industriali, la gestione e il vantaggio competitivo. La seconda l’hanno tirata i prodotti strutturati che, fra le pieghe di un’architettura spesso molto complicata, facevano intravedere la possibilità di rendimenti stellari. Gli investitori hanno iniziato a pensare che non valesse la pena investire nei titoli ad alta cedola e li hanno fatti finire nell’ombra. Ma con le recenti crisi finanziarie lo scenario è mutato completamente. Negli Stati Uniti a intervalli regolari 20 Morningstar Investor Settembre / Ottobre 2012 si parla di una nuova recessione, l’Europa è alle prese con il problema del debito sovrano di alcuni stati che può infettare l’economia globale mentre in Cina si cerca il sistema di far viaggiare un motore che rischia di andare fuori giri. Quando gli investitori osservano questo scenario, si rendono conto che i loro bisogni sono diversi da quelli degli anni ’90 e 2000. Oggi cercano una fonte di guadagno stabile e l’apprezzamento dei capitali impiegati. Elementi che possono essere ottenuti inserendo in portafoglio le azioni che pagano alti dividendi. In giro per dividendi Secondo uno studio di Intesa Sanpaolo il mercato italiano continua a offrire valutazioni interessanti sotto questo profilo, con un valore stimato pari al 4,48% per il Ftse/Mib (media 2012-13). Decisamente più contenuta è la stima sul mercato statunitense, con il dividend yield atteso per l’S&P500 che si attesta al 2,28%. A livello geografico, comunque, la preferenza rimane per il mercato europeo, con una stima per l’indice Eurostoxx di un rendimento medio 2012-13 pari al 4,24%, nono-stante il difficile contesto congiunturale che sta portando molti gruppi a ridimensionare la propria politica di distribuzione degli utili. Analizzando poi lo spaccato settoriale europeo, valori elevati sono attesi ancora per il telefonico (6,46%), complici in questo caso anche i prezzi estremamente contenuti raggiunti da molti titoli del settore, compensati però da payout (il rapporto fra gli utili distribuiti e quelli conseguiti) e flussi di cassa ancora interessanti. Superiori al benchmark di riferimento restano le remunerazioni attese per il settore utility (6,93%), bancario (5,42%) e per l’energia (5,37%). Cosa dice il dividendo Bisogna però tenere in mente alcuni elementi. Uno dei sistemi con cui le aziende distribuiscono i profitti agli azionisti è attraverso le cedole. Si tratta spesso di società che hanno terminato la fase di espansione e che dai mercati vengono considerate sicure. Detto questo, bisogna anche considerare che ci sono molti gruppi che danno denaro ai soci ma stanno ancora proseguendo nel cammino della crescita. E importante, inoltre, tenere a mente che la politica dei dividendi di un’azienda può essere una buona indicazione dei suoi punti di forza e di debolezza. Ad esempio: non c’è la certezza che una società sia in grado di mantenere la crescita delle cedole che ha promesso. Un esempio che fa già scuola in questo senso è quello del gruppo energetico inglese BP che, nel 2010, ha dovuto cancellare la distribuzione dei dividendi a causa del disastro petrolifero al largo del Golfo del Messico. Inoltre, una società che dà ricche cedole ha meno capitale da reinvestire per spingere la propria crescita. ETF high dividend quotati su Borsa Italiana Nome ISIN Rend. % da inizio anno Rend. % a 1 anno Rend. % a 3 anni (annual.) db x-trackers Euro STOXX Sel Div 30 1D LU0292095535 -0.20 8.08 -2.17 db x-trackers STOXX Glb Sel Div 100 1D LU0292096186 8.80 22.66 12.06 iShares DJ Asia/Pacific Sel Div 30 (IE) IE00B14X4T88 20.70 26.77 14.11 iShares DJ US Select Dividend (DE) DE000A0D8Q49 10.37 39.94 19.18 iShares EURO STOXX Select Dividend 30 IE00B0M62S72 2.55 8.27 -1.16 iShares FTSE UK Dividend Plus (IE) IE00B0M63060 15.90 22.02 9.71 iShares STOXX Europe Select Div 30 (DE) DE0002635299 3.02 9.29 3.02 Lyxor ETF EURO STOXX 50 Dividends FR0010869529 2.94 -1.05 n.d. Lyxor ETF STOXX Europe Sel Dividend 30 FR0010378604 5.21 10.12 1.34 SPDR S&P Emerging Markets Dividend ETF IE00B6YX5B26 -0.80 n.d. n.d. SPDR S&P Euro Div Aristocrats ETF IE00B5M1WJ87 n.d. n.d. n.d. SPDR S&P US Dividend Aristocrats ETF IE00B6YX5D40 13.03 n.d. n.d. Dati in euro al 20 agosto 2012 | Fonte: Morningstar Direct Questo, a sua volta, può innescare un circolo vizioso a causa del quale in futuro le sarà impossibile pagare alti dividendi. L’incapacità di mantenere una crescita costante delle cedole, tra l’altro, può essere indicatore di una società con qualche problema di debito. Un altro elemento da tenere in considerazione è di tipo strettamente operativo. La strategia di scegliere i titoli delle aziende con le cedole più alte ha aiutato molti investitori a rimanere a galla durante i periodi più neri delle crisi finanziaria internazionale (come quella scatenata dai subprime). Il problema è che queste azioni, proprio per la loro popolarità rischiano poi di diventare troppo care rispetto a quanto pagano periodicamente. Occhio al prezzo Quando un investitore pensa al suo portafoglio deve considerare soprattutto l’elemento critico che lo caratterizza: il rendimento totale che questo è in grado di fornirgli. E il fattore che condiziona questa voce è, soprattutto, il prezzo che è stato pagato per un’azione. Una dinamica di questo tipo si è avuta sul finire del 2010 quando, a livello globale, il 55% delle aziende che davano un rendimento da dividendo pari o superiore al 4%, era sopravvalutato. Guardando, invece quelle che davano uno yield di poco superiore allo zero e fino al 4%, veniva fuori che il 58% di queste era sottovalutato. Questo indicava che, probabilmente, gli acquirenti si erano concentrati troppo sulle aziende con la cedola più alta dimenticando il mercato nel suo complesso. Con le cedole ci vuole pazienza La strategia ideale è quella di considerare il dividendo come un asset di investimento di medio-lungo periodo. “I soldi che vengono messi su questi titoli non ritornano in tasca tutti nello stesso momento e quando vogliamo noi”, dice John Peters, analista di Morningstar, esperto di azioni ad alto dividendo. “Per rivederli ci vorranno, nella migliore delle ipotesi, un paio di anni. Se nel frattempo i tassi di interesse avranno ripreso a salire, alcune di queste azioni potrebbero perdere valore, anche se staccano ricche cedole. Il consiglio è quello di investire in maniera graduale su questi asset, cercando di sfruttare eventuali variazioni di prezzo”. Per seguire la strategia della caccia ai dividendi si possono utilizzare anche gli Etf (Exchange traded fund). In questo caso, però, bisogna fare attenzione alla composizione dell’indice che viene replicato dal prodotto. Teoricamente, infatti, un metodo semplice di costruire un fondo high-yield è quello di selezionare i titoli per il loro rapporto dividendoprezzo, facendo in modo che le azioni con cedole più alte siano anche quelle col peso più importante. Tuttavia, questa strategia non depura il portafoglio da quelle società che non sono in gradi di sostenere una buona politica dei dividendi in futuro. Cosa c’è nel paniere Un sistema più efficace è quello di selezionare strumenti che si basano su un indice in cui sono presenti società che hanno presentato incrementi delle proprie cedole per almeno 10-20 anni. Ci sono poi panieri costruiti in funzione dei dividendi effettivamente staccati e non del rapporto tra questi e il prezzo. Questo porta come conseguenza una maggiore attenzione verso le imprese a più elevata capitalizzazione, dato che di solito pagano dividendi più elevati in termini assoluti. Questi sistemi permettono di minimizzare i rischi di quella che in Borsa viene chiamata “La trappola dei dividendi”. Lo yield di un’azione è dato dal rapporto fra dividendo e prezzo. Un elevato rendimento, quindi, potrebbe essere la conseguenza di prezzi molto bassi. Ecco perché puntando troppo su questo tipo di asset, si rischia di incappare in titoli ormai bocciati dal mercato, o comunque con basse prospettive di crescita, che deprimono il valore totale del portafoglio. K Marco Caprotti è editor&analyst di Morningstar Italy Morningstar.it 21 Fisco L’oro in dichiarazione: ecco come Di Mario Bono Le plusvalenze derivanti da cessione sono redditi diversi. All’Unità di informazione finanziaria vanno dichiarate le transazioni sopra i 12.500 euro. La cessione di metalli preziosi è fiscalmente rilevante considerato che l’articolo 67, comma 1, lettera c-ter) prevede che rientrino tra i redditi diversi di natura finanziaria le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso “di metalli preziosi, sempreché siano allo stato grezzo o monetato”. L’ambito applicativo La disposizione non contiene alcuna indicazione sull’ambito oggettivo di applicazione e cioè non elenca i metalli la cui cessione determina plusvalenze imponibili. Al fine di individuare i metalli oggetto della disposizione si ritiene che si debba fare riferimento all’articolo 1 del D.Lgs. 22 maggio 1999 n. 251 che elenca platino, palladio, oro e argento. I metalli preziosi attratti a tassazione devono, inoltre, essere allo stato grezzo o monetato. La circolare ministeriale n. 165/1998 – paragrafo 2.2.3 – ha chiarito che rientrano in queste tipologie i lingotti, i pani, le verghe, i bottoni e i granuli. La stessa circolare ha specificato che sono escluse da tassazione le plusvalenze realizzate con la cessione di metalli preziosi lavorati come ad esempio i gioielli. Ciò in quanto l’oggetto della cessione non è il metallo prezioso ma il bene che è stato ottenuto attraverso la lavorazione del metallo stesso. 24 Morningstar Investor Settembre / Ottobre 2012 Analoghe conclusioni possono essere raggiunte per quanto riguarda gli oggetti di antiquariato e di argenteria. Determinazione della plusvalenza Ai sensi del comma 6 dell’articolo 68 del Testo unico le plusvalenze da assoggettare all’imposta sostitutiva devono essere determinate in modo analitico. Esse sono costituite dalla differenza tra il corrispettivo percepito ed il costo (ovvero il valore) d’acquisto, aumentato di ogni onere inerente alla loro produzione. Per tali redditi – come peraltro per tutti i redditi diversi di natura finanziaria – vale il criterio di tassazione per cassa. Sempre ai fini della determinazione della plusvalenza si deve tenere presente che: - in base all’articolo 68, comma 6, il costo o valore di acquisto è documentato a cura del contribuente; - in base all’articolo 68, comma 7, lettera d), per le cessioni di metalli preziosi, in mancanza della documentazione del costo di acquisto, le plusvalenze sono determinate in misura pari al 25 per cento del corrispettivo della cessione; - in base all’articolo 67, comma 1 bis del Testo unico, agli effetti dell’applicazione delle lettere c), c-bis) e c-ter) del comma 1, si considerano ceduti per primi i metalli preziosi acquisiti in data più recente; Si sottolinea, infine, che le plusvalenze e le minusvalenze in discorso, essendo inserite nella lettera c-ter) del comma 1 dell’articolo 67 del Testo unico, rientrano nella “massa” dei redditi diversi costituita dalla somma algebrica delle plusvalenze e delle minusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di partecipazioni non qualificate (articolo 67, lettera c-bis) e dalla cessione a titolo oneroso ovvero dal rimborso di titoli non rappresentativi di merci, di certificati di massa, di quote di partecipazione ad organismi d’investimento collettivo, di metalli preziosi allo stato grezzo o monetato e dalla cessione a termine di valute estere o rivenienti da depositi e conti correnti (articolo 67, lettera c-ter), nonché dai redditi e dalle perdite derivanti da contratti derivati (art. 67, lett. c-quater) e dalle plusvalenze e altri proventi derivanti dalla cessione di crediti pecuniari, di contratti produttivi di redditi di capitale e di strumenti finanziari e, infine, dai proventi costituiti dai differenziali positivi dei contratti aleatori (articolo 67, lettera c-quinquies). Modalità di tassazione Il sistema di tassazione dei redditi diversi di natura finanziaria di cui all’articolo 67 TUIR, differenti dalle plusvalenze derivanti da cessioni di partecipazioni qualificate, si basa sull’applicazione di un’imposta sostitutiva. A tale fine sono previste tre diverse discipline, coordinate e collegate fra di loro per operare la tassazione in capo ai soggetti diversi dalle imprese. Si tratta in particolare del regime della dichiarazione (articolo 5 del D. Lgs. 461/1997), del regime del risparmio amministrato (articolo 6 del D. Lgs. 461/1997) e del regime del risparmio gestito (articolo 7 del D. Lgs. 461/1997). Il regime della dichiarazione è il regime naturale per i soggetti diversi dalle imprese mentre gli altri due regimi sono a carattere opzionale. È possibile che il contribuente opti per il regime del risparmio amministrato ai sensi dell’articolo 6 del D. lgs. 461 del 1997 (v. anche la circolare 165/E del 1998, par. 3.3.1 e Dm. 22 maggio 1998) a condizione che l’intermediario abbia assunto l’incarico di amministrare i beni in discorso. Comunicazioni previste dalla Legge 17 gennaio 2000, n.7 La disciplina del mercato dell’oro dispone, a fini di prevenzione e contrasto del riciclaggio, l’obbligo di dichiarare le operazioni di importo pari o superiore ai 12.500 euro, relative a transazioni in oro da investimento e in materiale d’oro ad uso prevalentemente industriale. In particolare ai sensi del comma 2 dell’articolo 1 della Legge 17 gennaio 2000 n. 7 chiunque dispone o effettua il trasferimento di oro da o verso l’estero, ovvero il commercio di oro nel territorio nazionale ovvero altra operazione in oro anche a titolo gratuito, ha l’obbligo di dichiarare l’operazione all’Ufficio italiano dei cambi, qualora il valore della stessa risulti di importo pari o superiore a 12.500 euro. L’Ufficio italiano cambi (ora Unità di informazione finanziaria, Uif) con provvedimento del 14 luglio 2000 ha chiarito – articolo 2 – che oggetto della comunicazione sono: Ola compravendita, il prestito d’uso, il conferimento in garanzia e qualsiasi altra operazione non finanziaria in oro; Ola consegna materiale di oro nel compi- mento di operazioni finanziarie su oro; Oil trasferimento di oro al seguito da o verso l’estero, al di fuori dei casi di esecuzione delle operazioni di cui ai punti precedenti. Per le operazioni rientranti nel primo gruppo (ad esempio la compravendita, il prestito d’uso, ecc ..) la dichiarazione deve essere effettuata dal venditore, dal soggetto che concede in prestito, dal garante o dal soggetto che a qualsiasi titolo si rende cedente dell’oro. Nel caso di operazioni compiute con l’estero, la dichiarazione deve essere effettuata dalla parte residente. Per le operazioni di cui al secondo gruppo, gli intermediari finanziari effettuano la dichiarazione per l’oro materialmente consegnato o ricevuto. Per le operazioni con l’estero, la dichiarazione deve essere effettuata da chi ha il possesso dell’oro. La dichiarazione, debitamente compilata e sottoscritta, deve essere trasmessa all’Uif entro la fine del mese successivo a quello nel quale l’operazione è stata compiuta. Le operazioni del medesimo tipo compiute con la stessa controparte nell’arco di un mese formano oggetto di un’unica dichiarazione nella quale deve essere indicato il numero delle operazioni, la quantità complessiva dell’oro negoziato e il relativo valore. Nei casi di operazioni di trasferimento al seguito verso l’estero la dichiarazione deve essere effettuata e trasmessa all’Uif prima del trasferimento stesso. Copia della dichiarazione e del documento che ne attesta l’avvenuta trasmissione all’ Uif devono accompagnare l’oro. La dichiarazione deve essere conservata per dieci anni insieme alla documentazione utilizzata per la predisposizione. Ai sensi dell’articolo 4, comma 2 della citata legge n. 7/2000 le violazioni dell’obbligo di dichiarazione sono punite con la sanzione amministrativa da un minimo del 10% ad un massimo del 40% del valore negoziato. K La guida alle decisioni di investimento Novembre/dicembre 2012 I nuovi emergenti Investire sui mercati di frontiera: le prospettive economiche e finanziarie, le opportunità e gli strumenti. Le differenze dai “quasi emersi” e il rapporto con l’occidente. Il ruolo nel portafoglio. Saranno presto disponibili su Morningstar.it i temi del 2013. Per informazioni sulla pubblicità contattare [email protected] Edizione stampata limitata Sfoglia il magazine in versione digitale su www.morningstar.it Mario Bono è dottore commercialista e revisore contabile dello Studio Associato Piazza Morningstar.it 25 Asset Allocation I beni rifugio hanno il timer Di Marco Frittajon Le strategie di portafoglio sono sensibili alle correlazioni tra gli asset, le quali sono dinamiche. Oro, petrolio, bond e valute non sono porti sicuri per tutti gli investitori allo stesso modo. Un bene rifugio è tale quando gli investitori di concerto associano ad esso delle proprietà di conservazione o crescita di valore nel tempo quando vi è il panico nelle classiche asset class. Insomma vi è un forte elemento psicologico e comportamentale. Treasury, oro, petrolio, valute come il franco svizzero, sono alcuni degli strumenti più citati. Se l’obiettivo è quello di proteggere il portafoglio dagli effetti negativi di un eccessiva volatilità dei mercati, da ondate epidemiche di deprezzamenti e strozzature nei canali monetari, allora forse è utile avere una fotografia realistica delle possibilità che gli attuali strumenti di investimento offrono. Hedge, diversificazione o safe haven? Un asset si può definire un hedge (forte o debole) se in media ha rendimenti negativamente correlati (o non correlati) con quelli di un altro asset in portafoglio. Un asset, invece, si dice che incrementa la diversificazione di portafoglio se esso ha in media rendimenti che sono positivamente (ma non perfettamente) correlati con quelli di un altro asset. Infine il bene rifugio (forte o debole) è tale se ha rendimenti negativamente correlati (o non correlati) con i rendimenti di un altro asset in portafoglio in determinati periodi di tempo, come nel caso di stress nei mercati finanziario. Le strategie di portafoglio sono evidentemente sensibili alla struttura delle correlazioni degli asset finanziari, le quali hanno una natura 26 Morningstar Investor Settembre / Ottobre 2012 dinamica nel tempo. Il punto fondamentale, dunque, è quello di verificare se esistono o meno queste relazioni di protezione dai movimenti (a ribasso) degli asset in portafoglio. Successivamente occorre valutare se e quando ampliare l’universo investibile in modo da permettere di usufruire di questo vantaggio, tenendo sempre come saldo l’asset allocation strategica imposta per il raggiungimento degli obiettivi finanziari. Un sempre più ricco filone di ricerche studia le dinamiche dei rendimenti dei titoli sia in periodi “normali” sia in periodi di movimenti estremi. Il modello econometrico tipo per studiare le proprietà di protezione dai movimenti avversi dei titoli in portafoglio e che permette di analizzare cambiamenti nel livello delle volatilità dei mercati, è una regressione che contenga elementi contemporanei e ritardati delle variabili di interesse (le asset class che sono inserite in portafoglio), più le stesse variabili ma condizionate al superamento di una soglia (quantile) del 5% o dell’1%, questo per studiare la proprietà degli stessi asset nel caso di eventi estremi. Il modello si chiama Generalised ARCH e può avere uno o più repressori ed elementi di asimmetria, nonché varie assunzioni sulla distribuzione condizionale degli errori. Equazione 1 Modello GARCH(1,1) espresso da due equazioni: la prima mette in relazione i rendimenti delle varie asset class; la seconda la dinamica della volatilità nel tempo rgold,t= a + b1rstock,t + b2rstock,t(q) + c1rbond,t + c2rbond,t(q) + ... + et h2t = αe2t -1 + asymmetry + ßh2t -1 Gli elementi rasset,t(q) servono a misurare gli shocks estremi nei mercati di interesse (azionari e obbligazionari) che il modello incorpora qualora il rendimento ecceda quello del quantile di riferimento (evento estremo). Bene rifugio? Dipende Sulla capacità dell’oro di avere un ruolo di bene di rifugio (o di hedge) ci sono molte conferme e studi specializzati. Sembra quindi che il metallo giallo sia un asset da detenere in portafoglio, sia nei periodi di calma (elemento di diversificazione) sia durante le turbolenze finanziarie (bene rifugio). In particolare la proprietà di avere una correlazione negativa vale nei confronti dei titoli azionari che si hanno in portafoglio. Generalmente si conferma la relazione per l’investitore americano e inglese; tuttavia la relazione non varrebbe per l’investitore tedesco. In modo del tutto opposto di verifica che l’oro non funge da hedge per il mercato bond americano e inglese ma lo fa per quello tedesco. L’elemento chiave, in questo caso, è il riconoscimento da parte degli investitori del ruolo di antivaluta. Analizzando ulteriormente le correlazioni nelle fasi di Tabella 1 Confronto fra tre portafogli con diversa allocazione in oro, valute e materie prime 10 Anni Rendimento (%) Volatilità (%) Peso (%) Azioni Obbligazioni Oro Valute Materie Prime Ptf equipesato 7.57 7.17 20 20 20 20 20 Ptf (60/40) 4.76 11.18 60 40 0 0 0 Ptf Min Vol 6.78 4.53 7.37 18.92 14.52 55.64 3.55 Ptf equipesato 7.63 8.18 20 20 20 20 20 Ptf (60/40) 3.04 12.16 60 40 0 0 0 Ptf Min Vol 6.41 4.56 5.61 32.30 10.08 50.14 1.87 5 Anni Ptf equipesato 12.68 7.24 20 20 20 20 20 3 Anni Ptf (60/40) 13.53 9.00 60 40 0 0 0 Ptf Min Vol 6.55 3.84 13.51 27.51 4.93 52.08 1.97 Fonte: Morningstar Encorr ® estrema volatilità, la fotografia cambia: il segno negativo dell’oro è confermato e significativo per tutti e tre gli investitori (in particolare la relazione è fortemente negativa per l’investitore inglese e tedesco, quindi parliamo di bene rifugio). Guardando al mercato dei bond, nelle fasi estreme di mercato, la correlazione è positiva a livello globale. Il petrolio, dagli anni Novanta fino ai primi del 2000, ha una correlazione pari a zero nei confronti del dollaro. Un cambiamento significativo si ha a partire dal 2003 con un livello di correlazione negativo. Questo coincide con l’incremento del greggio a livello globale. Da questo punto di vista, quindi, il petrolio ha forti proprietà di hedge nei confronti della valuta americana. Altri valori significativamente negativi si hanno fra petrolio e mercato dei bond ma con alcune interruzioni nei periodi delle due Guerre del Golfo (1991 e 2003). Ancora, il petrolio è generalmente poco correlato con le azioni ma in periodi estremi come il 1991 e 2008-09 notiamo un cambiamento nelle relazioni di dipendenza. Nel caso dell’investitore inglese la relazione con il petrolio è a due marce: positiva per tutti gli anni Novanta e negativa a partire dal decennio successivo. Elementi legati alla produzione e consumo interno del greggio (la Gran Bretagna è un paese esportatore di petrolio) ne fanno un tema articolato. Nella ricerca degli asset che hanno una correlazione negativa in periodi di forte volatilità dei mercati azionari, non dobbiamo dimenticare il tradizionale ruolo delle obbligazioni governative. Effetti di portafoglio L’inserimento del bene rifugio oro in portafoglio è potenzialmente fonte di benefici sia di rendimento sia di diversificazione. Un importante elemento di gestione di portafoglio è quello di capire se esiste un effetto di trend di breve periodo a seguito di shock sul mercato azionario. In altre parole si vuole verificare come l’oro performa nei periodi compresi fra due eventi estremi o crisi nel mercato dei titoli azionari. Non esiste una regola fissa, anzi, gli effetti variano geograficamente. Negli Stati Uniti e nel Regno Unito si nota che il giorno seguente uno shock estremo (oltre il 5% del quantile), l’oro performa positivamente. L’effetto si riduce portandosi a zero nei successivi quindici giorni. Non è documentato alcun effetto positivo sul prezzo dell’oro a seguito di shock sul mercato azionario tedesco. Questo elemento porta a considerare di breve durata gli effetti di trading sull’oro, quindi quelli generati dalla caccia all’oro a seguito di forti chiusure in negativo delle borse valori (riposizionamenti tattici). Inoltre mostra che gli investitori escono dall’oro una volta che il mercato abbia ritrovato fiducia sui fondamentali e che la volatilità sia rientrata. Per quanto riguarda, invece, gli investimenti di lungo periodo, si dimostra la presenza di effetti di diversificazione dovuti all’inserimento di strumenti di investimento quali oro, commodity e valute. La classica composizione di un portafoglio bilanciato con ribilanciamento costante (60% azionario e 40% obbligazionario) viene messo a confronto con due portafogli più diversificati, ancorché diversi nel metodo di allocazione delle risorse: un primo portafoglio (equipesato) agnostico ad ogni tipo di ottimizzazione che quindi pesa allo stesso modo azioni, obbligazioni, oro, valute e materie prime; il secondo, invece, che mira solo alla minimizzazione della volatilità. La tabella mostra che il portafoglio 60/40 sottoperforma i due portafogli concorrenti ed inoltre ha una volatilità superiore. Questo risultato empirico è a sostegno della validità del principio di diversificazione anche e soprattutto in un ambito di asset allocation strategica di lungo periodo. K Marco Frittajon è research analyst indipendente Morningstar.it 27 Analisi Morningstar Il rischio di controparte si vede Di Jose Garcia-Zarate Gli emittenti di Etf hanno aumentato la trasparenza, anticipando le linee guida dell’Esma. Per quanto riguarda le garanzie, fondamentale la qualità del collaterale. La forte crescita del mercato degli Etf (Exchange traded funds) ha attirato l’attenzione dei regolatori, degli istituti di ricerca e dei media. Questo fenomeno ha due facce. L’aspetto positivo è che il concetto di “investimento passivo” si è affermato tra gli investitori. L’aspetto negativo è che, come spesso accade quando ci si accinge a studiare qualcosa di nuovo, alcune analisi sono state poco rigorose. Spesso l’industria degli Etf è stata attaccata per questioni che, in realtà, riguardano il settore dei fondi nel suo complesso. Indipendentemente dal fatto che sia attivo o passivo, l’investimento implica l’assunzione di rischi in cambio dell’aspettativa di un rendimento. Semplificando, si possono distinguere due ampie categorie di rischio: di investimento e strutturale. Il rischio di investimento è relativo alla performance di mercato, mentre quello strutturale si riferisce alla struttura del prodotto. Mentre il primo è inevitabile, il secondo dovrebbe essere una questione di scelta personale. Il compito delle autorità di regolamentazione, dei consulenti finanziari e dei media è di assicurare agli investitori l’accesso a tutte le informazioni necessarie per scegliere in modo consapevole. Il diritto – alcuni direbbero obbligo – degli investitori è di comprendere la natura dei rischi strutturali e valutare se la protezione e il ritorno siano adeguati. 28 Morningstar Investor Settembre / Ottobre 2012 Il rischio più comunemente evidenziato relativo alla struttura degli Etf – che colpisce anche molti altri strumenti finanziari – è il rischio di controparte, ossia il rischio che l’altro soggetto in un contratto finanziario, non adempia ai suoi obblighi. Ci sono due tipologie nel caso degli Etf: l’uso di swap nei cosiddetti Etf sintetici e il rischio derivante dal prestito titoli praticato da alcuni provider di Etf fisici. L’impiego di swap in Etf sintetici Gli Etf sintetici replicano la performance dell’indice sottostante attraverso un contratto swap. Come tale, il rischio di controparte è intrinseco alla loro struttura e gli investitori sono esposti sempre – almeno teoricamente – al rischio che la controparte dello swap non riesca a garantire la performance dell’indice. In linea di massima gli investitori in Etf sintetici sono compensati da commissioni di gestione relativamente più basse e da una replica più fedele rispetto agli Etf fisici. però, la maggior parte degli emittenti di Etf sintetici coprono volontariamente l’intera esposizione allo swap o sono sovracollateralizzati. Queste misure sono state prese in parte in seguito alle forti critiche a questi strumenti mosse nel corso del 2011, ma il risultato finale è stato che gli investitori hanno ricevuto maggiore protezione. Parallelamente, gli emittenti hanno fatto anche molti passi in avanti in termini di trasparenza. Per esempio, è ormai diffusa la pubblicazione online della composizione – per lo più su base giornaliera - dei panieri del collaterale o del basket sostitutivo. C’è una serie di procedure regolamentari e volontarie che gli emittenti di Etf sintetici mettono in atto per tutelare gli investitori. Il prestito titoli negli Etf a replica fisica Il prestito titoli è quel processo che vede il prestito di asset a una parte terza in cambio di un compenso. Alcuni emittenti di Etf fisici ricorrono a queste operazioni con l’obiettivo di generare rendimenti che possano, in parte o in alcuni casi completamente, compensare gli scostamenti dal benchmark derivanti dalle commissioni di gestione e da altre fonti di tracking error. Il rischio di controparte in questo contesto deriva dal fatto che chi prende in prestito i titoli potrebbe non restituirli. Secondo la normativa Ucits, l’esposizione netta al rischio di controparte per ogni singolo emittente attraverso un derivato (uno swap ad esempio) non può superare il 10% del Nav (net asset value). Ciò significa che il 90% dell’Etf deve essere collaterizzato (garantito). In realtà, È importante sottolineare che, a differenza dello swap negli Etf sintetici, il prestito titoli non è una pratica necessaria per replicare l’andamento dell’indice sottostante. Piuttosto, il suo scopo è migliorare la performance. Di conseguenza, l’esposizione degli investitori a Etf, livelli di trasparenza e tutela dell’investitore Emittente ETF Amundi Trasparenza: Regolare disclosure* Protezione dell’investitore: Policy di piena collaterizzazione July 2011 Now July 2011 Now • • Credit Suisse • • • • db X-trackers Funded • • • • db X-trackers Unfunded • • • • ETF Securities • • iShares • • • • • • Ossiam N/A • N/A PowerShares N/A • N/A • • • • • • EasyETF - Altri (non Etf azionari) Lyxor RBS Market Access Source UBS * pubblicazione sul sito dell’emittente giornaliera o settimanale del paniere sostitutivo o collaterale Fonte: Synthetic ETFs Under the Microscope: A Global Study, Morningstar, Maggio 2012 questo rischio è una libera scelta del gestore. Tuttavia, la scelta di assumere tale rischio dovrebbe, in ultima battuta, essere valutata dall’investitore stesso. Di qui, la necessità di un maggiore grado di trasparenza da parte degli Etf che adottano questa strategia sulle garanzie e i benefici del prestito titoli. Nell’ultimo anno ci sono stati miglioramenti in tal senso, anche se il grado di trasparenza non è ancora ottimale. Secondo uno studio Morningstar, tutti gli emittenti di Etf fisici che praticano queste operazioni adottano strategie di garanzia o sovra-collaterizzazione. È anche fondamentale notare che, mentre non sussiste un limite normativo all’ammontare che un fondo può prestare, alcuni provider hanno volontariamente adottato dei tetti massimi. Allo stesso tempo, dal lato dei benefici, le linee guida pubblicate a luglio 2012 dall’Esma hanno stabilito che tutte le entrate derivanti dal prestito titoli, al netto dei costi operativi diretti e indiretti, che devono essere esplicitamente indicati nel prospetto informativo, devono essere restituite al fondo. Il fattore decisivo è la qualità del collaterale L’aspetto quantitativo del collaterale è importante e la regola che va per la maggiore è “Più è, meglio è”. Tuttavia, in caso di fallimento della controparte, il grado di compensazione non è determinato dalla quantità, bensì dalla qualità del collaterale, che deve essere buona per liquidarlo velocemente a un prezzo equo. Però, la valutazione della qualità non è affatto semplice. L’Esma ha previsto un numero piuttosto significativo di linee guida in tema di qualità dei collaterali, sia per gli Etf fisici sia per i sintetici, ma non ha fornito una lista degli asset idonei. Se ci sforzassimo, tutti noi saremmo in grado di elaborare una classificazione approssimativa degli asset, sulla base della percezione di sicurezza. Ma la qualità dipende fondamentalmente dalle “circostanze di mercato”, che il regolatore probabilmente non si è sentito di poter prendere pienamente in considerazione. I criteri dell’Esma Nonostante l’assenza di un elenco specifico di asset, i criteri guida stabiliti dall’Esma sono sufficientemente completi da garantire tutela agli investitori. Fattori quali l’elevata liquidità, un alto rating creditizio, una politica dei prezzi trasparente, la valutazione giornaliera sulla base dei prezzi di mercato e il divieto assoluto o severe limitazioni al reinvestimento consentono di minimizzare i rischi di non liquidare il collaterale. Inoltre, l’Esma chiede anche che il collaterale sia sufficientemente diversificato in termini di paesi, mercati ed emittenti e che non abbia un’alta correlazione con la controparte. Meglio avere le idee chiare Indipendentemente da quale sia la causa, ciò che conta è che gli investitori siano consapevoli del rischio che si assumono. A tal proposito, l’industria degli Etf ha fissato elevati standard di trasparenza, di molto superiori a quelli applicati dal comparto dei fondi comuni di investimento. In più, l’ha fatto volontariamente e l’autorità regolamentare ha semplicemente sancito ciò che era già diventato prassi comune. K Jose Garcia-Zarate è senior Etf analyst di Morningstar La Ricerca Morningstar Sugli ETF Il team di analisti sugli Etf di Morningstar ha pubblicato negli ultimi anni diversi studi sui replicanti. In particolare, segnaliamo il rapporto “Synthetic ETFs Under the Microscope: A Global Study, Morningstar, Maggio 2012”. Per quanto riguarda, il prestito titoli, il report più aggiornato è “Securities lending in Physical replication ETFs”. Sul sito Morningstar.it sono disponibili le sintesi e gli interi studi. Morningstar.it 29 Analisi Morningstar Treasury e Bund negli Etf Di Azzurra Zaglio I replicanti danno un’esposizione diversificata e liquida. Per gli investitori europei, il rapporto di cambio è importante se si scelgono i governativi americani. I Treasury americani e i Bund tedeschi attraggono gli investitori perché considerati “porti sicuri”. Nonostante la perdita della tripla A da parte degli Stati Uniti, in seguito al downgrade di Standard & Poor’s, i titoli governativi statunitensi hanno mantenuto il loro status di asset class rifugio per antonomasia. Così come a livello europeo i titoli governativi tedeschi, i Bund, sono il porto sicuro per eccellenza in situazioni di aumento dell’avversione al rischio. Replicanti sui titoli di stato Con gli Etf, è possibile avere un’esposizione diversificata ai titoli governativi tedeschi e americani. Gli indici replicati generalmente comprendono le emissioni più liquide e di maggiori dimensioni in termini di circolante. I rendimenti degli Etf sui Treasury, a differenza di quelli sui Bund, risentono del cambio euro/ dollaro che condiziona la performance finale per l’investitore europeo. Questi strumenti sono premianti soprattutto in fasi di espansione monetaria, con tassi di interesse in calo e inflazione contenuta. Lo sono meno in fasi di espansione economica, in quanto i tassi di riferimento possono salire con significative ripercussioni sul valore dei prezzi delle obbligazioni in circolazione, che vengono vendute per comprare quelle con cedole più ricche. La banca centrale americana e quella tedesca hanno mantenuto i tassi estremamente bassi negli ultimi anni per stimolare l’economia e l’uscita dalla crisi del debito sovrano in Europa. Nel complesso, gli Etf obbligazionari, secondo l’ultimo Etf Landscape di BlackRock , stanno registrando mesi record di afflussi netti in Europa. A maggio sono stati pari a 11 miliardi di dollari, superiori al precedente record di 9,1 miliardi del gennaio 2012. Le stime di iShares prevedono che nel prossimo decennio il mercato globale degli Etf obbligazionari crescerà di oltre i 2 mila miliardi di dollari in termini di patrimonio gestito rispetto ai 302 miliardi odierni. L’offerta in Italia Sul mercato italiano gli Etf fixed income, legati agli indici obbligazionari governativi Usa, sono dieci. iShares, Credit Suisse e Lyxor offrono Etf sui Treasury dalle diverse scadenze e due inflation-linked. A differenza dei replicanti obbligazionari della zona Euro, questi espongono gli investitori al rischio di cambio euro-dollaro, che di conseguenza potrebbe condizionare il rendimento finale. A loro favore hanno però l’elevata liquidità dei sottostanti, che garantisce spread molto ridotti, e Ter (commissioni annue) bassi che oscillano tra lo 0,12% e lo 0,25%. L’investimento in questi strumenti permette di trarre vantaggio dall’aumento dei prezzi dei titoli di stato statunitensi. Il rischio a cui si espongono gli investitori, come per gli altri governativi, è quello di variazione dei tassi in seguito a politiche monetarie restrittive. Tranne i due strumenti con una scadenza a breve termine (1-3 anni) di Lyxor e Credit Suisse, gli altri investono completamente in titoli del tesoro americano. Gli altri due hanno comunque un ammontare di Treasury pari a 96,03 e 93,09%, rispettivamente (dati Morningstar al 31 agosto 2012). I Bund tedeschi, l’altro porto sicuro, sono i titoli di Stato decennali della Germania. Le obbligazioni tedesche vengono utilizzate, per la loro solidità e affidabilità, come riferimento dei titoli emessi dagli altri Paesi europei. Il differenziale rispetto ai rendimenti dei Bund, lo spread, misura infatti il grado di fiducia degli investitori. In Borsa italiana sono quotati cinque Etf, specifici sui Bund tedeschi, tutti emessi da db x-trackers. Infatti, la loro quota di Bund non scende mai al di sotto del 90%. Per avere una elevata esposizione sui titoli del governo tedesco, è possibile però anche scegliere l’Etf di iShares (iShares Barclays Cap Euro GovBd7-10) che offre ben il 65,05% di esposizione sul debito tedesco.Il vantaggio di investire in un Etf, piuttosto che andare sul singolo titolo è, come abbiamo già detto, la liquidità, e la possibilità di avere tagli flessibili: posso investire anche 100 euro. Inoltre, l’Etf sui titoli di Stato è comodo perché posso mantenere la posizione un anno, due o tre senza la necessità di rinnovare il titolo di volta in volta alle varie scadenze. K Azzurra Zaglio è editor di Morningstar Italy Morningstar.it 31 Analisi Morningstar Etf nel reddito fisso Fonte: Morningstar Direct I dati sono aggiomati al 31 agosto 2012 e sono calcolati in euro ETF obbligazionari sui Treasury americani su ETFPlus di Borsa Italiana che investono in questa classe di asset più del 50% Nome Etf Società emittente ISIN Ammontare netto (%) Bund tedeschi Lyxor ETF iBoxx $ Treasuries 10Y+ Lyxor International Asset Management FR0010961003 100.00 CS ETF (IE) on iBoxx USD Govt 7-10 Credit Suisse Funds AG IE00B3VWN518 100.00 iShares Barclays Cap $ Trsy Bd7-10 (IE) iShares IE00B1FZS798 100.00 Lyxor ETF iBoxx $ Treasuries 5-7Y Lyxor International Asset Management FR0010961011 100.00 CS ETF (IE) on iBoxx USD Govt 3-7 Credit Suisse Funds AG IE00B3VWN393 100.00 iShares Barclays Cap $ Trsy Bd 1-3 (IE) iShares IE00B14X4S71 100.00 Ishares $ Tips iShares IE00B1FZSC47 100.00 Cs Etf (IE) on IBoxx USD Inflation (B) Credit Suisse Funds AG IE00B3VTPS97 100.00 Lyxor ETF iBoxx $ Treasuries 1-3Y Lyxor International Asset Management FR0010960955 96.03 CS ETF (IE) on iBoxx USD Govt 1-3 Credit Suisse Funds AG IE00B3VWN179 93.09 ETF obbligazionari sui Bund tedeschi, su ETFPlus di Borsa Italiana, che investono in questa classe di asset più del 50% Nome Etf Società emittente ISIN Ammontare netto (%) Bund tedeschi db x-trackers II iBoxx EUR Ger3-5 TRI 1D db x-trackers LU0613540854 99.11 db x-trackers II iBoxx EUR Germy 7-10 1D db x-trackers LU0730820569 98.79 db x-trackers II iBoxx EUR Germany 4%-D db x-trackers LU0643975161 96.44 db x-trackers II iBoxx EUR Germany 1D db x-trackers LU0468896575 96.44 db x-trackers II iBoxx EUR Grmny 1-3 1D db x-trackers LU0468897110 90.31 iShares Barclays Cap Euro GovBd7-10 (IE) iShares IE00B1FZS806 65.05 Morningstar.it 33 ETF Analysis db x-trackers II iBoxx EUR Germany 1D Aggiornato al 31 luglio 2012 L’Etf usa la replica sintetica. Il collaterale è attualmente costituito da titoli di stato tedeschi. Il ter è in linea con la media. L’Etf db x-trackers II iBoxx EUR Germany Total Return Index offre agli investitori un’esposizione al mercato dei titoli di stato tedeschi, qualunque scadenza abbiano. Date le preoccupazioni sulla qualità del credito di alcuni emittenti sovrani dell’Eurozona, gli investitori che desiderano avere un’esposizione obbligazionaria in euro possono trovare in questo Etf sul debito tedesco uno strumento di investimento adatto ad affrontare momenti volatili di mercato, nonostante i rendimenti molto bassi offerti attualmente dai titoli sovrani tedeschi. Gli investitori possono anche valutare questo Etf come copertura di quelle posizioni obbligazionarie, che comprendono emittenti più rischiosi, o come strumento per conservare il capitale. Nonostante sia molto improbabile un default tedesco, questo Etf con duration media dei titoli in portafoglio è meno adatto per obiettivi di conservazione del capitale rispetto a un Etf a breve termine, che presenta un minor rischio di investimento. Essendo specializzato sui titoli di stato tedeschi, l’Etf si presta anche per usi tattici, come strumento di copertura. In particolare, gli investitori con esposizioni obbligazionarie in paesi dell’Eurozona, diversi dalla Germania, o nel più ampio mercato europeo, possono impiegarlo per controbilanciare il rischio. 34 Morningstar Investor Settembre / Ottobre 2012 Fondamentali La crisi del debito sovrano dell’Eurozona è la principale determinante delle attuali dinamiche dei prezzi del mercato obbligazionario della zona Euro. Originariamente, i mercati avevano ampiamente aderito alla teorica nozione di convergenza economica tra i paesi membri, consentendo agli spread dei titoli governativi periferici di avvicinarsi a zero rispetto ai Bund tedeschi. La crisi, invece, ha dimostrato che l’assenza di un rischio-Paese era una tesi sostanzialmente erronea sin dall’inizio. A causa di questo cambiamento, la Germania ha ottenuto nuovamente il suo status pre-Euro di cuore dell’Europa. Di conseguenza, i rendimenti dei titoli tedeschi sono scesi ai minimi storici, mentre gli spread dei bond tra i paesi, soprattutto tra quelli periferici si sono ampliati in modo significativo; in alcuni casi, tornando ai livelli pre-Eurozona. La Germania ha colto l’occasione per riaffermarsi come àncora monetaria della regione e ha cominciato a dirigere la politica di governo verso la convergenza fiscale. Al summit europeo del dicembre 2011, la Germania e la Francia hanno stabilito un patto fiscale, secondo il quale gli stati membri si impegnavano a imporre severe politiche di riduzione del deficit pubblico e misure di austerity in tutta l’area. Tuttavia, queste riforme richiedono tempi lunghi di attuazione e sono state così intraprese azioni più immediate per sedare l’incertezza dei mercati, come per esempio le operazioni a lungo termine di rifinanziamento, messe in atto dalla Banca centrale europea. Mentre, finora, l’economia tedesca ha retto molto meglio rispetto alle altre, la recessione dell’Eurozona ora sta cominciando a farsi sentire. L’industria manifatturiera tedesca è in calo per il quarto mese consecutivo, a causa di una domanda minore di esportazioni da parte dei partner commerciali europei e dalla Cina. Inoltre, nonostante la relativa tenuta dei consumi tedeschi nel primo trimestre, le vendite al dettaglio sono diminuite per il secondo mese consecutivo a maggio. Gli economisti prevedono una contrazione del Prodotto interno lordo (Pil), sulla base dell’andamento del Pmi (Markit’s Purchasing Manager Index), che misura, mensilmente, il livello di espansione/contrazione della produzione nazionale e secondo il quale una lettura superiore a 50 indica espansione. Storicamente, il Pmi è stato fortemente correlato alla crescita del Pil. Nel mese di giugno, il Pmi tedesco misurava 48,1, rispetto al 49,3 del mese di maggio, la più forte diminuzione della produzione del settore privato in tre anni. Nel frattempo, il recente Markit Flash Estimate ha rivelato che la produzione tedesca per il mese di luglio è scesa ulteriormente e più velocemente, toccando i 47,3 punti. db x-trackers II iBoxx EUR Germany 1D db x-trackers II iBoxx EUR Germany 1D Le prospettive la zona euro rimangono molto incerte, come ha dimostrato la serie di abbassamenti del rating da parte di S&P a gennaio, inclusa la perdita della tripla A da parte di Francia, Austria e Efsf. Dalla metà del 2011 la Bce ha cambiato politica e ha tagliato i tassi di interesse a breve termine e a 3 anni fino allo 0,75%, mentre il tasso di inflazione si aggira intorno al 2,4% (al 31 luglio 2012). Struttura dell’indice L’indice Deutsche Borse iBoxx Euro Germany è prodotto e diffuso dalla Borsa tedesca. L’indice fornisce un’esposizione all’intero segmento temporale dei titoli sovrani tedeschi ed è ponderato in base alla capitalizzazione di mercato. Gli elementi costitutivi dell’indice devono essere bond obbligazionari con una scadenza minima di almeno un anno, al momento del ribilanciamento, e devono ammontare almeno a due miliardi di euro. I titoli di stato tedeschi che soddisfano questi criteri sono inclusi nell’indice e ponderati sulla base del circolante. L’indice è calcolato sulla base del rendimento totale. Le quotazioni sono calcolate in tempo reale secondo i migliori valori bid/ask espressi da grandi gruppi bancari o market maker. L’indice è ribalanciato mensilmente, all’ultimo giorno del mese. Struttura del prodotto db x-trackers utilizza la replica sintetica per seguire l’andamento dell’indice Deutsche Borse iBoxx Euro Germany. Il paniere collaterale è costituito principalmente da titoli governativi e corporate dell’Eurozona. Ad oggi, è formato soltanto dei migliori titoli di stato tedeschi. In linea di massima, db x-trackers stabilisce dei limiti generici sulle varie categorie di asset in cui il fondo può investire. Tuttavia, questi limiti non sono fissi e possono essere modificati in base al contesto di mercato. Una volta fissato il 10,6 10,4 10,2 10K 02/2012 03/2012 04/2012 05/2012 06/2012 07/2012 08/2012 09/2012 Fonte:Morningstar Direct paniere, l’emittente stipula un contratto swap con Deutsche Bank e scambia la performance del paniere con quella del benchmark. Secondo le normative Ucits III, l’esposizione individuale al rischio di controparte ha un limite del 10% del Nav del fondo. In sostanza, poiché db x-trackers fa parte di Deutsche Bank, il rischio di controparte rimane in seno allo stesso gruppo finanziario. Secondo la nostra ricerca, nel caso di Etf obbligazionari, db x-trackers reimposta lo swap, azzerandolo quando l’esposizione alla controparte raggiunge il 5% del Nav e/o in ogni caso di generazione o riscatto delle quote. La frequenza di ribilanciamento dello swap può essere giornaliera. In questo momento, db x-trackers ha deciso di non praticare il prestito titoli, limitando in questo modo il rischio di controparte correlato. Il fondo distribuisce dividendi annualmente, nel mese di luglio. L’Etf è stato lanciato nel mese di ottobre 2007, è domiciliato in Lussemburgo e l’euro è la sua valuta base. Commissioni db x-trackers applica commissioni annue (Ter) pari a 0,15%, in linea con gli Etf della categoria. Alternative Ad oggi, questo Etf è il terzo più popolare in Europa tra quelli che replicano titoli di stato tedeschi, in termini di asset gestiti (174 milioni di euro) ed è, per ora, il solo Etf sintetico che replica l’intero spettro di scadenze della curva del debito sovrano tedesco. Il primo posto in termini di asset gestiti è occupato dall’Etf a replica fisica di iShares (iShare eb.rexx Government Germany). Quest’ultimo ha un Ter dell’0,15% e replica l’indice eb.rexx Government Germany TR, che consta di 25 componenti. Al secondo posto c’è l’Etflab Dt Boerse Eurogov Germany, con asset di circa 513 milioni di euro e replica un indice dei 15 più scambiati bond governativi tedeschi. Gli investitori che cercano alternative più liquide, disposti però esporsi maggiormente sulla regione, possono prendere in considerazione il Lyxor EuroMts Macro-Weighted AAA Government Bond, dalle commissioni annue pari a 0,165%. L’Etf replica un indice ponderato sui fondamentali dei titoli e copre l’universo del mercato governativo dell’eurozona a tripla A. A seguito del downgrade di S&P del rating di Francia e Austria, il fondo dovrebbe effettuare un sostanziale riequilibrio del proprio portafoglio per rispettare i criteri rigorosi dei rating sui quali è costruito l’indice di riferimento. Il peso statistico della Germania su questo indice potrebbe aumentare a circa il 75-80% (dal 45% attuale), con la restante parte suddivisa tra Paesi Bassi e Finlandia, uniche due nazioni della regione rimaste con la tripla A. K Lee Davidson è Etf analyst di Morningstar Morningstar.it 35 ETF Analysis iShares Barclays Capital $ Treasury Bond 1-3 Aggiornato al 28 giugno 2012 L’Etf adotta la replica fisica. E’ un’alternativa alla liquidità per la parte centrale di un portafoglio di investimento. L’Etf iShares Barclays Capital Us Treasury Bond 1-3 offre agli investitori un’esposizione alla performance dei titoli di stato statunitensi con una scadenza a breve termine. Gli investitori non statunitensi devono tenere conto che si tratta di un prodotto denominato in dollari. Per questo motivo, il suo miglior uso può essere sia per diversificare un portafoglio con un’esposizione geografica americocentrica, sia come copertura a titoli obbligazionari non US. In entrambi i casi, ma soprattutto in quest’ultimo in cui l’Etf gioca un ruolo tattico, bisogna prendere in considerazione il fattore cambio. Le scadenze brevi dei titoli, la scelta di strumenti finanziari molto liquidi e le basse probabilità di un default sovrano statunitense, fanno di questo Etf un’alternativa alla liquidità per la parte core dei portafogli degli investitori non statunitensi. Anche se i fondamentali attuali sono caratterizzati da rendimenti molto bassi, la ricerca di sicurezza ha permesso a questo fondo di avere rendimenti nominali sopra i tassi di riferimento del mercato monetario degli Stati Uniti nel corso degli ultimi anni. L’Etf può anche svolgere un ruolo tattico come strumento satellite per gestire il rischio di tassi di interesse dei titoli obbligazionari con duration maggiori. Il focus dell’Etf sul tratto della curva a breve scadenza permette di ridurre l’esposizione alla crescita dei tassi di 36 Morningstar Investor Settembre / Ottobre 2012 interesse. Questo uso è più adatto per gli investitori istituzionali, dal momento che richiede un monitoraggio degli sviluppi economici e le loro implicazioni sulla politica monetaria statunitense della Federal Reserve. Fondamentali La ripresa economica degli Stati Uniti sta procedendo a un ritmo moderato. Nonostante il miglioramento, i consumi domestici rimangono bassi, causa l’incertezza sul fronte del lavoro e immobiliare. La crescita del settore privato, anche se in un trend positivo con il supporto della domanda esterna, non è ancora in grado di generare nuovi posti di lavoro sufficienti a consentire una riduzione sostanziale e duratura del tasso di disoccupazione. Il costo del capitale è migliorato, in particolare per le società di grandi dimensioni, in grado di accedere a finanziamenti storicamente a tassi bassi. Tuttavia, in termini generali, le misure di fiducia, sia dei consumatori che delle aziende, rimangono sotto la media storica. In generale, le previsioni dell’economia globale sono inclinate al ribasso, con i problemi nell’Eurozona che sono la causa principale di preoccupazione. In questo contesto globale, la Fed sta attuando una politica monetaria accomodante, con i Fed Fund mantenuti in un range di 0,00-0,25%, dal dicembre 2008. Negli ultimi mesi, la Fed sta continuando a ritenere che le condizioni economiche attuali e future sono tali da giustificare i livelli eccessivamente bassi dei tassi, almeno fino verso la fine del 2014. La relativa debolezza dei consumi domestici, l’assenza di pressioni salariali dirette e una certa pressione al ribasso sui prezzi del petrolio stanno contribuendo a mantenere sotto controllo l’inflazione. Il Fomc sottolinea che tanto il livello attuale dell’inflazione, quanto le aspettative nel lungo termine rimangono al di sotto delle stime. Ulteriori stimoli di politica monetaria, indirizzati a sbloccare i canali di prestito finanziario ed evitare una trappola deflazionistica sono stati attuati attraverso il Quantitative easing. Questo programma si è concluso nel giugno 2011 e si stima che la Fed abbia oltre 2 trillioni di dollari in T-bond (titoli del tesoro americano) e in titoli garantiti su mutui. Nel settembre 2011, la Fed ha approvato un nuovo ciclo di stimoli, sotto il nome di Operazione Twist, in base alla quale la Fed pianificava di vendere 400 miliardi di dollari di asset detenuti con una scadenza di almeno tre anni e acquistarne un somma uguale con scadenza residua di 6-30 anni. Durante la riunione del mese di giugno, a causa delle persistenti difficoltà del mercato finanziario, il Fomc ha deciso di estendere l’Operazione Twist con un ulteriore iniezione di 267 miliardi di dollari, da completarsi entro la fine del 2012. Sebbene queste politiche avrebbero potuto esercitare una certa pressione al ribasso sulla parte corta della curva, la combinazione di fattori congiunturali globali e, ancora più importante, di flussi in fuga dalla crisi dell’Eurozona ha fornito solido sostegno al mercato dei titoli di stato statunietensi. Gli investitori globali sono convinti che la Fed rimanga disposta a continuare a fare la parte di “mutuatario di prima istanza” per il mercato dei T-bond americani. È lecito ritenere che qualsiasi ulteriore peggioramento delle condizioni finanziarie a livello globale porterebbe flussi sui Treasury, con conseguente rivalutazione del capitale. iShares Barclays Capital $ Treasury Bond 1-3 (IE) (EUR) K iShares Barclays 1-3 Year Treasury Bond 11 10,5 10 02/2012 03/2012 04/2012 05/2012 06/2012 07/2012 08/2012 09/2012 Fonte:Morningstar Direct Struttura dell’indice L’indice Barclays Us Treasury 1-3y Term è prodotto da Barclays Capital. L’obiettivo dell’indice è di misurare la performance di titoli emessi dal governo americano a breve scadenza. L’indice utilizza una metodologia di indicizzazione interna che impiega la normale capitalizzazione di mercato ponderata su un universo obbligazionario composto da emissioni vicine alla scadenza o nel range 1-3 anni. L’indice è calcolato su base giornaliera, impiegando i prezzi medi di mercato emessi dai market maker di Barclays Capital alle ore 15 (ora di New York). L’indice è rivisto e ribilanciato una volta al mese, lo stesso giorno. Al ribilanciamento, i bond rientranti nell’indice devono avere una durata iniziale compresa tra 1,25 e 3,25 anni, una durata minima di 1,2 anni e un minimo di capitale circolante di 5 miliardi di dollari. L’indice deve contenere almeno sei titoli obbligazionari, al momento del ribilanciamento. I proventi derivanti dalle cedole sono reinvestiti mensilmente e il reddito percepito durante il mese è investito fino al momento del ribilanciamento a un tasso 1 M Usd Libor – 15 punti base. Struttura del prodotto iShares impiega la replica fisica per ricalcare la performance dell’indice Barclays Capital Us Treasury Term 1-3. L’Etf è stato lanciato nel giugno 2006 ed è domiciliato in Irlanda. Il ristretto universo obbligazionario che Barclays Capital utilizza per costruire il suo indice, permette a iShares di replicare interamente il paniere, anche se possono esserci degli scostamenti. Questo Etf prevede la distribuzione dei dividendi ogni sei mesi (marzo e settembre). A fine giugno 2012, il tracking error del fondo dal suo lancio, misurato in termini di rendimenti annui totali, al netto delle commissioni (le commissioni annue totali sono dello 0,20%), è pari a 0,18%. Le performance storiche mostrano che il tracking error è stato mantenuto in un range abbastanza ristretto, tenendo anche conto dell’incremento della volatilità di mercato dall’inizio della crisi finanziaria globale. iShares può effettuare operazioni di prestito titoli, al fine di ottimizzare le performance dell’Etf. BlackRock agisce come gestore degli investimenti per conto di i Shares. Dal mese di giugno, l’ammontare dei titoli che possono essere dati in prestito è stato ridotto al 50% del fondo. Le operazioni di prestito titoli hanno un collaterale come garanzia, secondo le normative Ucits, superiore al valore del prestito. Il ribilanciamento è giornaliero. Il collaterale è tenuto in un conto presso terzi. Il grado di sovracollaterizzazione è in funzione degli asset messi a garanzia, ma tipicamente va dal 102,5% al 112%. I proventi derivanti dal prestito sono suddivisi in un rapporto 60/40 tra l’Etf e BlackRock, rispettivamente. Commissioni Il Ter (rapporto annuo di spesa) per questo strumento è di 0,20%. Alternative iShares è stato uno dei primi a fornire agli investitori europei un Etf domiciliato in Europa, replicante il mercato dei t-bond statunitensi, riuscendo così ad attrarre la maggiore quota di mercato. In questo momento, iShares rimane leader in questo particolare segmento. Tuttavia, nel 2009 ci sono stati altri Etf provider europei che hanno fatto il loro ingresso sul mercato. Primo fra tutti è stato Credit Suisse (CS) con l’Etf iBoxx Usd Government 1-3, che presenta un Ter pari a 0,23%; segue db x-trackers, con l’Etf iBoxx Usd Treasury 1-3 Etf, con 0,15% di commissioni totali, Amundi con l’Etf Us Treasury 1-3 (0,14% di Ter) e Lyxor con il iBoxx Usd Treasuries 1-3y (0,17% di Ter). tutti questi prodotti, in termini di liquidità sono indietro rispetto a iShares. Da notare che Credit Suisse utilizza la replica fisica, sebbene usi un campionamento ottimizzato poiché l’Etf replica un indice che comprende tutte le obbligazioni a breve termine del tesoro americano. Invece, gli Etf di db x-trackers, Amundi e Lyxor sono sintetici (per es. swap-based). K Jose Garcia-Zarate è senior Etf analyst di Morningstar Morningstar.it 37 Analisi Morningstar La crisi si vince in boutique Di Francesco Lavecchia Energia, salute e beni di consumo essenziali sono i settori difensivi per definizione. Ma anche il lusso resiste al ciclo economico. Il mercato dei capitali è per sua stessa natura rischioso, nonostante ciò gli investitori non disdegnano di parteciparvi cercando di bilanciare le esigenze di elevati rendimenti del capitale e avversione al rischio. I risparmiatori non amano l’elevata volatilità al ribasso e cercano di adottare degli strumenti che riducano la probabilità di realizzare delle perdite. E’ in quest’ottica che, soprattutto nei momenti caratterizzati da forte incertezza o di depressione dei mercati azionari, la strategia più comune è quella di rifugiarsi nei titoli comunemente detti anti-ciclici, ovvero in quelle società operanti nei settori delle utility, della sanità e dei beni di consumo difensivi, che si distinguono per la loro costanza dei flussi di cassa, per la scarsa dipendenza del fatturato dal ciclo economico e per la generosità dei dividendi. Difensivi per definizione Le società fornitrici di servizi di pubblica utilità come l’energia, la gestione dei rifiuti e le telecomunicazioni, ad esempio, possono sfruttare una struttura del mercato tipicamente oligopolista, caratterizzata dalle alte barriere d’ingresso al settore a causa degli ingenti investimenti necessari per avviare l’attività. E, anche se è vero che recentemente si assiste a una pressione maggiore sui prezzi, si prendano a modello le offerte dei vari operatori telefonici, la elevata base di utenza e la possibilità di controllare i costi di gestione garantiscono 38 Morningstar Investor Settembre / Ottobre 2012 flussi di cassa costanti nel tempo. Nel comparto sanità, nel quale i farmaceutici hanno un peso predominante, l’andamento dei ricavi è generalmente legato al ciclo del prodotto piuttosto che a variabili macroeconomiche, inoltre la protezione dei brevetti permette di attribuire elevati margini di profitto ai propri prodotti. Per quanto riguarda, invece, i beni di consumo difensivi come quelli alimentari, le bevande e il tabacco, la quotidianità del loro consumo garantisce la stabilità della domanda e di conseguenza del fatturato. Etf o singole azioni? Per coloro che sono interessati a differenziare il loro portafoglio a livello settoriale, il modo più facile per garantirsi un’esposizione sui comparti difensivi è quello di investire in Etf, uno strumento che per sua natura garantisce una maggior diversificazione tra società operanti in business differenti oltre che in mercati diversi. Analizzando però la composizione dei portafogli si scopre come i fondi che replicano gli indici settoriali dei comparti difensivi siano concentrati in un ristretto numero di titoli. Attenti al ciclo Come ci insegnano i libri di finanza, l’evoluzione dei prezzi dei titoli azionari dipende dalle aspettative di crescita dei flussi di cassa, e questo spiega perché le società dei settori anti-ciclici mostrino rendimenti inferiori al mercato in periodi di espansione, ma facciano meglio in caso di depressione delle Borse. Come si può osservare dal grafico in Figura 1, in cui l’andamento dell’indice Msci World è messo a confronto con gli analoghi indici Msci dei settori sanità, utility e beni di consumo difensivi, investire in questi comparti durante le fasi di espansione del mercato, come nel periodo immediatamente precedente all’attentato delle Twin Towers dell’11 settembre 2001 o prima del fallimento di Lehman Brother a settembre del 2008, risulta essere penalizzante. Al contrario, in fasi di forte depressione, questi settori riescono a contenere le perdite. Ad esempio, gli Etf Lyxor specializzati sui titoli del comparto salute (heath care) e dei beni di consumo difensivi (consumer staple), il 30% del patrimonio raccolto è concentrato in cinque azioni. Più frammentato risulta essere, invece, quello legato al settore delle utility, in cui i primi cinque titoli rappresentano il 16% circa del capitale. Se si guarda, poi, al rapporto rendimento/deviazione standard dell’Etf e dei titoli sottostanti si nota come in alcuni casi, in particolare per i titoli azionari nel comparto salute, le singole stock riescano ad abbinare un maggior rendimento ad una minore volatilità dei prezzi. E’ il caso ad esempio di Pfizer, Merck & Co e Johnson & Johnson nel comparto farmaceutico, ovvero di società multinazionali i cui ricavi non dipendono da un’unica area geografica e che sono attive in diversi segmenti del settore. beneficiare a pieno del dividend yield (rendimento da dividedo), oltre che della maggior liquidità garantita dal mercato delle stock. Fig. 1 I settori anticiclici Msci World NR Eur Msci World/Utilities NR USD Msci World/Consumer staples NR USD Msci World/Health care NR USD K 18 16 12 10 8 2000 2002 2004 2006 2008 2010 2012 Fig. 2 Il settore del lusso Msci World NR Eur Coach, Inc. LVMH Swatch Group Compagnie Financiere Richemont Hermès International K 30 27 20 17 La difesa “firmata” Tra i settori difensivi rientra ormai a pieno diritto anche quello del lusso. Nonostante in questo caso si tratti di società che producono o distribuiscono beni cosiddetti voluttuari, dei quali si può facilmente rinunciare, come ad esempio una borsa Gucci da 4 mila euro o un orologio Rolex da oltre 30 mila euro, esse tendono comunque a risentire solo marginalmente dell’andamento del ciclo economico. Questo perché, rivolgendosi a una clientela in forte espansione, sia nei mercati maturi come Europa e Stati Uniti che in quelli emergenti come Russia, Sud-est asiatico e Paesi arabi, e la cui propensione al consumo è generalmente insensibile all’andamento generale dell’economia, riescono a mantenere consistenti margini di profitto anche in fasi negative del ciclo economico. Gruppi come Coach, Richemont, Hermés, LVMH e Swatch, grazie alla forza dei loro marchi e alla ricercatezza della loro offerta, promettono di sostenere elevati rendimenti del capitale nel tempo, come evidenziato dal livello del loro Economic moat, che per tutti è medio. 14 11 2/2010 8/2010 2/2011 8/2011 2/2012 8/2012 Fonte: Morningstar Direct. Dati in euro Non riesce la stessa combinazione virtuosa ai titoli del comparto dei beni di consumo difensivi che, sebbene riescano a registrare rendimenti di molto superiori a quello dell’Etf, come nel caso di Philip Morris, Procter & Gamble e Coca-Cola, presentano una volatilità dei prezzi a volte molto più elevata rispetto all’indice che il fondo tende a replicare. Ecco perché quegli investitori che scelgono di rifugiarsi in settori difensivi per proteggersi dall’eccessiva volatilità in ribasso dei mercati, ma che non disdegnano la possibilità di realizzare elevati rendimenti, possono decidere di orientarsi verso un paniere di titoli attraverso un attento stock picking (selezione delle singole azioni), che valuti il modello di business delle società e il loro grado di diversificazione interna. La ricerca Morningstar, infatti, insegna come alcune società riescano a costruirsi posizioni di vantaggio all’interno dei loro settori di competenza grazie alla forza dei loro prodotti e a strategie aziendali vincenti, e come la sostenibilità di questo vantaggio competitivo le metta al riparo dalla possibile fluttuazione degli utili aziendali. L’investimento diretto in azioni, inoltre, permette al risparmiatore di La Figura 2 mostra come dal novembre del 2009 all’8 agosto di quest’anno, in cui il mercato azionario mondiale ha reso circa il 13%, questi titoli abbiano nettamente sovraperformato. K Francesco Lavecchia è stock analyst di Morningstar. Glossario Economic Moat: è il termine utilizzato dagli analisti di Morningstar per definire la capacità di un’azienda di neutralizzare l’impatto negativo che la concorrenza ha sulla sua redditività. Sulla base della sostenibilità di questo vantaggio competitivo, gli analisti classificano le società in tre gruppi: quelle con un Economi Moat ampio, medio e assente. Morningstar.it 39 Analisi Morningstar Rischio, fin dove arriva il gestore Di Dario Portioli L’analisi dei fattori che generano perdite è un compito dei fund manager. Ma i risparmiatori devono fare la loro parte. Gran parte dei risparmiatori sente spesso parlare di due variabili nella valutazione delle diverse alternative di investimento: rendimento e rischio. La definizione della prima, il rendimento, non presenta particolari complessità: si tratta dell’apprezzamento del capitale investito (in termini percentuali) realizzato nel corso di un particolare orizzonte di tempo, tenendo conto del reinvestimento di dividendi e cedole, nonché dei costi. Esistono, invece, numerose possibili definizioni di rischio a seconda degli aspetti su cui ci si intende focalizzare. Vi sono certamente delle nozioni ben condivise sia tra gli addetti ai lavori, sia tra gli esponenti del mondo accademico; alcune di queste verranno trattate più avanti. Ma, in ultima analisi, l’interpretazione del rischio dipende dal punto di osservazione o, in altri termini, dagli obiettivi che sono stati adottati. Nel prosieguo, dunque, discutiamo di rischio secondo il punto di vista dei gestori e, poi, cercheremo di capire come questo si integra con gli interessi dei singoli risparmiatori. Srri, un indicatore sintetico In un’accezione generale, per rischio si intende la possibilità di realizzare risultati diversi da quelli in precedenza attesi. Il rischio, dunque, è una diretta conseguenza del fatto che l’esito della gran parte degli investimenti è soggetto a variabilità. Da qui, è legittimo in una prima fase stabilire la rischiosità sulla base della 40 Morningstar Investor Settembre / Ottobre 2012 volatilità stessa dei rendimenti. E’ ciò che viene fatto, ad esempio, anche per i gestori dei fondi. In particolare, con il recepimento della disciplina Ucits IV e l’obbligo per le società di gestione del risparmio di redigere un documento contenente le informazioni chiave per gli investitori, è stato introdotto un nuovo indicatore di rischio per i fondi: l’indicatore sintetico di rischio/rendimento, che va da 1 (poco rischioso) a 7 (molto rischioso). Tale indicatore, noto anche come Synthetic RiskReward Indicator (Srri), si basa unicamente sulla volatilità dei rendimenti. Questo nuovo indicatore ha il vantaggio di essere davvero sintetico e facilmente comprensibile, ma allo stesso tempo presenta un contenuto informativo limitato in quanto utilizza unicamente la volatilità dei rendimenti per definire il grado di rischio di un fondo. Il rischio, invece, si presenta in diverse forme, a seconda del punto di vista del soggetto interessato. Vediamo, ad esempio, cosa davvero conta per i gestori. I gestori non sono tutti uguali E’ possibile dividere i gestori di fondi in due grandi insiemi: quelli che sono legati a un benchmark e quelli che, invece, adottano obiettivi di rendimento. Per quanto riguarda i primi, il rischio viene inteso principalmente come scostamento dal benchmark (e viene in genere misurato con indicatori come il tracking Tabella: strumenti Morningstar per la ricerca sui fondi Morningstar Rating™ QQQQQ QQQQ QQQ QQ Q Morningstar Style Box™ 1 2 3 4 5 6 7 8 9 Morningstar Analyst Rating™ error e l’information ratio). Dunque, in questo caso, l’obiettivo del gestore è realizzare rendimenti superiori al benchmark, riducendo allo stesso tempo la variabilità dei risultati rispetto allo stesso indice di mercato. All’interno di questo gruppo, poi, è possibile distinguere gestori più attenti agli scostamenti rispetto al benchmark nelle fasi negativi del mercato o, viceversa, nelle fasi positive. In questo caso, è lo stile di investimento a fare la differenza e, dunque, ancora una volta sono gli obiettivi a guidare la definizione del rischio. Così, ad esempio, vi sono gestori che non intendono restare dietro nelle fasi di crescita del mercato, altri invece che non intendono perdere più di altri nelle fasi di crisi. Per ciascuno di questi, dunque, il rischio ha sì delle Grafico: le 7 classi dell’indicatore sintetico di rischio-rendimento (o SRRI) SRRI Annualised 5-Year Weekly Standard Deviation (%) 7 6 rispetto agli obiettivi finanziari. In questo senso, la gestione del rischio fa parte del più ampio processo di pianificazione finanziaria, che passa dall’identificazione dei bisogni, dei vincoli, degli strumenti di investimento che possono essere utilizzati, fino all’esecuzione e, infine, al monitoraggio. K Dario Portioli è fund analyst di Morningstar. 5 4 Glossario 3 2 1 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50 Fonte:Morningstar Direct caratteristiche comuni agli altri, ma anche specifiche e legate alle scelte di ciascuno. Del tutto diversa, invece, è la prospettiva del secondo gruppo di gestori, quelli che puntano a ottenere determinati rendimenti assoluti. In questo caso, il rischio si manifesta come la realizzazione di un risultato inferiore rispetto a quello scelto. E’ questo il caso, ad esempio, dei fondi absolute return, che intendono realizzare determinati rendimenti a prescindere dalle condizioni di mercato. Lo studio del rischio in questi casi è più sottile, perché richiede un esame delle strategie di investimento seguite e delle tecniche di risk management adottate. Proprio in quest’ottica, segnaliamo che Morningstar non classifica tali fondi sulla base degli obiettivi dichiarati, quanto piuttosto sulla base delle strategie (ad esempio, systematic futures, long/short, global macro, multistrategy, etc.). I compiti dell’investitore Scendendo, poi, più nello specifico dell’operatività dei gestori di fondi, a prescindere dall’appartenenza al primo o al secondo insieme in precedenza menzionati, le scelte di investimento richiedono l’esame di una serie di aspetti volti a identificare le principali fonti di possibili perdite: rischio di mercato, di liquidità, sistemico, di tasso di interesse, di credito, di valuta, di controparte, operativo o politico. Ciascuno di questi può richiedere un’elevata sofisticazione nel livello di analisi, che difficilmente può essere condotta dal singolo investitore. Dunque, per il singolo investitore risulta ottimale delegare il monitoraggio e la gestione di alcuni rischi al gestore. Ma non tutti. Innanzitutto, resta in capo all’investitore, magari con l’aiuto del proprio consulente finanziario, la scelta stessa del gestore o dei gestori a cui affidare i propri risparmi. In tal senso, Morningstar offre alcuni strumenti di analisi utili a selezionare in modo più consapevole i gestori. Si tratta di strumenti quantitativi (come il Morningstar Rating, ovvero “le stelle”), qualitativi (il Morningstar Analyst Rating) e di analisi del portafoglio (ad esempio, il Morningstar Style Box). Infine, resta sempre in capo all’investitore e ai consulenti verificare l’adeguatezza degli strumenti di investimento, compresi i fondi, Tracking error volatility: La Tracking Error Volatility descrive la volatilità dei rendimenti differenziali di un fondo rispetto ad un indice di riferimento. Nel caso di un fondo a gestione passiva, il cui obiettivo è replicare l´andamento del proprio bechmark, la TEV consente di valutare con quanta fedeltà il gestore ha replicato tale andamento. Di conseguenza, quanto più elevato è il valore assunto dalla TEV, tanto più indipendenti sono state le scelte del gestore rispetto all´andamento dell´indice scelto come riferimento. Information ratio: L´information Ratio consente di valutare la capacità del gestore di sovraperformare il benchmark, in relazione al rischio assunto. E´ calcolato rapportando il differenziale di rendimento tra fondo e indice di riferimento, alla Tracking Error Volatility. Morningstar Style Box La Equity Style Box fornisce una fotografia di due caratteristiche essenziali di un fondo che investe in azioni: la capitalizzazione dei titoli e lo stile delle società presenti nel portafoglio. Si tratta di due elementi importanti che spiegano le caratteristiche di performance e rischio. La Style Box si ottiene mettendo insieme i dati relativi a ciascun titolo in portafoglio. Ne deriva una matrice bi-dimensionale, con la capitalizzazione (grande, media e piccola) sul lato delle ordinate e lo stile (value, blend, growth) su quello delle ascisse. La Style Box obbligazionaria descrive graficamente i due fattori di rischio essenziali in ogni fondo obbligazionario: l´esposizione ai tassi di interesse e al credito. La Style Box combina queste due dimensioni, creando una matrice di nove combinazioni divise tra livelli basso, medio, alto. La Style Box fornisce una descrizione immediata e semplice ma essenziale delle decisioni di allocazione del portafoglio. Morningstar.it 41 Gli Strumenti Morningstar Oro, valute e petrolio, prove di resistenza Di Alice Bravi Un’analisi di Morningstar esamina le correlazioni tra i differenti beni rifugio prima e durante le ultime crisi. Il concetto di bene rifugio è un luogo tutt’altro che inesplorato. Da anni l’attenzione degli investitori si è rivolta verso una serie di attività in grado di proteggere il proprio portafoglio da un andamento negativo dei mercati. Questo paniere comprende una serie di asset di diverso tipo tra cui metalli preziosi, titoli di stato e valute. Complice il verificarsi della più importante crisi economica degli ultimi anni e il perdurare di un clima di notevole incertezza sui mercati, l’attenzione per questa tipologia di attività è cresciuta notevolmente e sono aumentati i veicoli e gli strumenti attraverso i quali poter investire nei beni rifugio. Il ruolo di protezione che questi beni sono in grado di esercitare trova le sue radici in diversi fattori, primo fra tutti il basso livello di correlazione riscontrato nel corso degli anni tra queste attività e il resto degli asset presenti in portafoglio, in grado di amplificare i benefici della diversificazione. L’indicatore della correlazione lineare, oscillante tra gli estremi -1 e +1, è in grado di mettere in luce il senso di questa interdipendenza permettendo di comprendere se e in quali periodi una determinata variabile tende a seguire i movimenti della variabile con cui è correlata (correlazione positiva) o a non presentare un particolare legame d’interdipendenza (correlazione prossima allo zero) o a muoversi in direzione opposta (correlazione 42 Morningstar Investor Settembre / Ottobre 2012 Fig. 1 Andamento dei princiapali beni rifugio in presenza di crash dei mercati Crack di mercato S&P GSCI Gold Spot WTexas Crude Int Oil BL Swiss Franc US Dollar 400 300 200 100 1980 1985 1990 negativa). Alla luce della possibilità da parte dell’investitore di detenere direttamente o indirettamente questa tipologia di beni, lo studio della correlazione è in grado di determinare se vi sono delle sinergie tra i beni rifugio in grado di far scaturire benefici per l’abbattimento del rischio di portafoglio, così come di mettere in luce il ruolo assunto da questi asset nel corso del tempo svelando così se la funzione di protezione esercitata sul portafoglio è in grado di resistere anche in periodi di crisi. Beni rifugio e crash di mercato Da un esame del grafico di crescita dei principali beni rifugio nel corso degli ultimi 30 anni e dal confronto con i periodi di crash di mercato emerge come, in maniera più o meno accen- 1995 2000 2005 2010 tuata, non tutti i rifugi sembrano aver resistito in egual misura alle tempeste del mercato, in particolare se esaminato dal punto di vista dell’investitore europeo (Figura 1). L’analisi dell’andamento del grafico del petrolio mostra come la corsa all’oro nero iniziata all’incirca nel 2000 abbia risentito lievemente degli eventi legati all’11 settembre e della caduta dei mercati nel 2007, ma non abbia saputo resistere allo scoppio della crisi finanziaria del 2008. A risentire dei crash del mercato in misura minore sembrano essere state le valute, in particolare il dollaro americano e il franco svizzero, complice anche una minore volatilità di questo tipo di asset. La crescita dell’oro, al contrario, non risulta intaccata in periodi di crash del mercato. Il bene rifugio per eccellenza, l’oro Materia prima per industria e gioielleria da un lato e attività di riserva ufficiale dall’altro, l’oro costituisce da anni il bene rifugio per eccellenza. Le sue quotazioni hanno conosciuto nel corso dell’ultimo decennio un incremento notevole grazie all’aumento della domanda del metallo giallo da parte di India e Cina che, secondo le stime del World Gold Council, rappresentano insieme poco meno della metà della domanda mondiale di oro (Figura 2). Benchè la corsa all’oro sembra essere rallentata nel corso di quest’ultimo anno rispetto ai picchi delle quotazioni del 2011, l’impennata del prezzo dell’oro registrata nel corso del precedente decennio ha fornito protezione all’investitore che ne avesse detenuto, in particolare di fronte i periodi di recessione e di crash di mercato sperimentati dall’economia americana ed europea. Considerato quale bene rifugio, la sua presenza nel portafoglio dell’investitore si accompagna spesso a quella di altri beni rifugio quali valute e titoli di stato. Correlazioni in tempi di crisi Il legame tra l’oro e le altre tipologie di beni rifugio è notevolmente variato nel corso degli anni, ma è tuttavia possibile identificare alcuni punti essenziali in grado di descriverlo (Figura 3). Da un esame della correlazione rolling a 5 anni nell’ultimo trentennio emerge come le correlazioni rispetto all’oro dei differenti beni rifugio esaminati (Treasury americani, dollaro, franco svizzero e petrolio) tendano a divergere nei periodi antecedenti alla crisi del 2008, e a convergere verso valori nulli in sua prossimità, per poi accennare nuovamente a divergere nel periodo immediatamente successivo. Di particolare rilievo è la correlazione negativa esistente tra il dollaro americano e l’oro, che ha conosciuto valori che hanno sfiorato il -0.8 nel corso degli anni Novanta, tanto da lasciar presumere che il legame tra questi due asset si potesse facilmente sintetizzare nella regola “se l’oro sale, il dollaro scende”. Per quanto questo fenomeno si fosse verificato a lungo Fig. 2 Andamento dell’indice S&P GSCI Gold Spot Recessioni USA S&P GSCI Gold Spot 800 600 400 200 1980 1985 1990 1995 2000 2005 2010 Fig. 3 Correlazione tra Oro e altre tipologie di beni rifugio negli ultimi 30 anni BofAML US Treasury Master TR USD WTexas Crude Int Oil BL Swiss Franc US Dollar 0,8 0,4 0 -0,4 -0,8 1985 1990 1995 nel corso degli anni, la recente crisi finanziaria ha smentito questa convinzione dimostrando come in periodi di crisi, le correlazioni tendano ad essere prossime allo zero. Nel caso della correlazione tra oro e dollaro in particolare, l’inversione di tendenza di questo legame ha persistito a partire dal nuovo millennio fino a segnare una correlazione positiva tra il 2008 e il 2009. Diversamente dal dollaro, il franco svizzero, altra valuta spesso considerata come bene rifugio, vede variare il grado di correlazione rispetto all’oro nel corso del tempo, senza però segnare marcatamente una tendenza nel corso del periodo d’osservazione, bensì oscillando all’interno di una banda tra 0.3 e -0.5. 2000 2005 2010 La duplice veste del metallo giallo che lo vede sia come riserva che come commodity, determina forti sinergie in materia di correlazione con altre materie prime, tra cui il petrolio, spesso considerato come bene rifugio. Le valute come rifugio La diversificazione di portafoglio sotto il profilo valutario, al pari dell’investimento in oro, appare costituire uno dei principali rifugi per gli investitori grazie alle molteplici variabili legate all’andamento dei tassi di cambio. Tra le principali valute in grado di svolgere questa funzione spicca il dollaro americano i cui legami di interdipendenza con le altre valute, sembrano tuttavia aver cambiato direzione a seguito della recente crisi finanziaria (Figura 4). Morningstar.it 43 Gli Strumenti Morningstar Fig. 4 Correlazione tra Dollaro e altre valute Australian Dollar Norwegian Krone Swiss Franc 1 tra l’andamento delle Borse e i beni rifugio non siano stati delineati da una particolare tendenza durante lo scoppio della crisi, ma abbiano iniziato a delineare tendenze più precise solo successivamente (Figura 5). In particolare, a contribuire ad aumentare i benefici della diversificazione di portafoglio sembrano concorrere principalmente oro e titoli di stato, che hanno mantenuto una correlazione negativa con il mercato azionario. 0,8 0,6 0,4 0,2 0 -0,2 1985 1990 1995 2000 2005 2010 Fig. 5 Andamento della correlazione tra il mercato azionario europeo e diverse tipologie di beni rifugio negli ultimi 10 anni Oro USD Petrolio I benefici della diversificazione non appaiono così ampi invece per quanto riguarda il dollaro americano che ha una correlazione elevata con l’economia europea, mentre il petrolio mantiene la sua correlazione all’interno della banda di oscillazione dei periodi precedenti. K Alice Bravi è research analyst di Morningstar Italy Treasury 1,2 0,8 Glossario 0,4 0 -0,4 -0,8 2000 2002 2004 2006 2008 2010 2012 Fonte: Morningstar Direct Ne è un esempio la correlazione tra dollaro americano e australiano, mantenutasi per anni a livelli positivi intorno allo 0.8 e progressivamente diminuita fino a scendere in territorio negativo a seguito della recente crisi finanziaria. Se da un lato la correlazione con il dollaro americano è diminuita progressivamente, occorre tuttavia ricordare che l’andamento del dollaro australiano risulta strettamente legato a quello delle commodity delle quali l’Australia è esportatore. Un’inversione della correlazione 44 Morningstar Investor Settembre / Ottobre 2012 di minore entità è stata registrata dal dollaro americano rispetto al franco svizzero, che nel corso dell’ultimo anno ha visto superare la soglia dello 0.2 registrata dai picchi precedenti. Beni rifugio e azioni europee L’analisi della correlazione tra i principali beni rifugio non può tuttavia prescindere dall’esame del punto di vista dell’investitore europeo. Da un’analisi della correlazione rolling a 3 anni tra i principali beni rifugio e il mercato azionario europeo nel corso dell’ultimo decennio, emerge come i legami Amplificazione dei benefici della diversificazione di portafoglio: nell’ambito della teoria Modern Portfolio Theory, l’abbattimento del rischio di portafoglio e in particolare del rischio sistematico è tanto maggiore quanto più le variabili sono tra loro negativamente correlate. Correlazione: Si tratta di un coefficiente in grado di misurare la relazione di tipo lineare tra due variabili, calcolato come il rapporto tra la covarianza delle due variabili e il prodotto delle rispettive deviazioni standard. Il suo valore oscilla tra gli estremi -1 e +1 dove il valore assoluto del coefficiente misurra l’intensità del legame, mentre i segno determina il senso della variazione: Correlazione positiva (+1): le due variabili variano nello stesso senso Correlazione nulla (0): legame nullo tra le due variabili Correlazione negativa (-1): le due variabili variano in senso opposto Correlazione Rolling: correlazione calcolata su una finestra temporale mobile di durata predeterminata (es. 3 o 5 anni). NON PERDETEVI I PROSSIMI SUPPLEMENTI DI DISTRIBUZIONE OTTOBRE LE STRATEGIE DI ASSET MANAGEMENT IN ITALIA Stili di gestione, modelli operativi, accordi di collocamento, servizi, innovazione di prodotto e concentrazione delle fabbriche. Come cambia l’offerta delle banche e delle reti. dIstrIbuzIone Il busIness della consulenza fInanzIarIa distribuzione promotori finanziari: come cambiano le reti Banche, promotori, Sim, consulenti indipendenti si stanno organizzando per lanciare sul mercato il servizio di advisory a pagamento. Ecco come e con quali strategie. L’impatto della Mifid 2, i nuovi modelli organizzativi, i sistemi di incentivazione, il rapporto con le società mandanti, il collocamento dei prodotti e il servizio di consulenza. NOVEMBRE DICEMBRE I TRE ALLEGATI CHE ANALIZZANO L’EVOLUZIONE DELL’ASSET MANAGEMENT, DELLA CONSULENZA E DELLE RETI DEI PROMOTORI IN EDICOLA IL PRIMO GIOVEDÌ DEL MESE Visita il sito www.newspapermilano.it ibile dispone in anch ato form ale digit