I Salva-denari Vecchi e nuovi porti sicuri. Come

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I Salva-denari Vecchi e nuovi porti sicuri. Come
La tua guida alle decisioni di investimento Settembre/Ottobre 2012 — I beni rifugio
I Salva-denari
Vecchi e nuovi porti sicuri. Come
cambia la mappa del rischio.
Investire nei beni rifugio con gli Etf.
MESSAGGIO PUBBLICITARIO
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Settembre/Ottobre
2012
Attualità
Scenari
16 terribili numeri dai
mercati finanziari
14La doppia personalità
24L’oro in dichiarazione:
Mario Bono
Le statistiche che spaventano gli investitori
di tutto il mondo.
Jeremy Glaser
L’oro impreziosisce il portafoglio
La domanda mondiale è diminuita,
ma i prezzi sono saliti. Etf e banche centrali
cercano sempre più il metallo giallo.
Marcus Grubb
In Primo Piano
dei preziosi
Valerio Baselli
16Tbond, certificato di
Fisco
ecco come
garanzia scaduto
Marco Caprotti
18
Le valute con i muscoli
Azzurra Zaglio
20Cedole, il piatto può
diventare indigesto
Marco Caprotti
3
Settembre/Ottobre 2012
Rubriche
6 Hanno scritto per noi
7 L’Editoriale
Sara Silano
26 I beni rifugio hanno
28 Il rischio di
42 Oro, valute e petrolio,
Le strategie di portafoglio sono
sensibili alle correlazioni tra gli
asset, le quali sono dinamiche.
Oro petrolio, bond e valute
non sono porti sicuri per tutti
gli investitori.
Marco Frittajon
Gli Etf hanno aumentato la
trasparenza, anticipando l’Esma.
Jose Garcia-Zarate
Un’analisi di Morningstar
esamina le correlazioni tra i
differenti beni rifugio prima e
durante le ultime crisi.
Alice Bravi
8 Per cominciare
Valerio Baselli
Asset Allocation
il timer
Analisi Morningstar
controparte si vede
31Treasury e Bund
negli Etf
I replicanti danno un’esposizione
diversificata e liquida.
Azzurra Zaglio
38La crisi si vince in
boutique
Non solo difensivi. Anche il lusso
resiste al ciclo.
Francesco Lavecchia
40Rischio, fin dove arriva
il gestore
4
L’analisi dei fattori che generano
le perdite è compito dei
manager. Ma i risparmiatori
devono fare la loro parte.
Dario Portioli
Gli Strumenti Morningstar
prove di resistenza
Deutsche Bank
db X-trackers
Un pacchetto semplice per un prodotto tutto italiano
I primi ETF su un indice di BOT
Caratteristiche dell’ETF:
— permette di ottenere un’esposizione su tutti i BOT quotati sul mercato MTS, senza preoccuparsi di
rinnovare i titoli in scadenza;
— gli elementi costitutivi dell’indice sono ribilanciati settimanalmente con l’inclusione dei titoli oggetto di
nuove aste;
— oltre 140 milioni di euro di patrimonio gestito (AuM) a soli 6 mesi dal lancio*;
— il capitale investito non è protetto o garantito e pertanto si possono subire delle perdite.
Per maggiori informazioni
Internet:
www.dbxtrackers.it
E-mail:
[email protected]
Numero verde: 800 90 22 55
Fax:
+39 02 86 379 821
Reuters:
DBETF
Bloomberg:
DBETF < GO >
Gli ETF db X-trackers sono negoziati in continua su Borsa Italiana e possono essere acquistati tramite qualsiasi banca o intermediario autorizzato. Deutsche Bank svolge l’attività di market making.
ETF su
ISIN
Dividendi
TER
Yield Medio1
MTS Italy BOT – Ex-Bank of Italy® LU0613540268 Capitalizzati 0,15 % 1,46 % **
Duration2
0,39 **
Yield medio: indica il rendimento medio annualizzato incorporato nel prezzo dei titoli inclusi nell’indice MTS® Italy BOT- Ex-Bank of Italy alla data del
07 settembre 2012. 2 Duration: indica la durata media finanziaria dei titoli inclusi nell’indice MTS® Italy BOT- Ex-Bank of Italy ed è espressa in frazioni
d’anno. Dati al 07 settembre 2012. *Fonte: Deutsche Bank, 07.09.2012. **Si ricorda che i dati sopra riportati sono puramente esemplificativi, esprimono
un valore medio di mercato annualizzato calcolato da EuroMTS Indices in una specifica data (07.09.2012) che è destinato a variare nel corso del tempo
per effetto del variare del valore e delle scadenze dei titoli presenti nell’indice e in generale che le performance indicate non sono ne vogliono essere
rappresentative dei rendimenti futuri.
1
Deutsche Bank Exchange Traded Funds
Prima dell’adesione leggere il documento di quotazione, il prospetto ed il KIID del comparto rilevante.
Avvertenze – Potete ottenere gratuitamente tali documenti presso Deutsche Bank AG, Via Santa Margherita 4, 20121 Milano e sul sito www.dbxtrackers.com. db x-trackers è un marchio commerciale di proprietà di Deutsche Bank
AG. Gli ETF descritti nel presente opuscolo informativo sono azioni di db x-trackers II, una società d’investimento costituita ai sensi del diritto lussemburghese nella forma di Société d’Investissement à Capital Variable (SICAV).
Deutsche Bank AG e lo sponsor degli indici non rilasciano alcuna dichiarazione o garanzia circa i rendimenti che possono essere ottenuti dall’utilizzo del relativo indice. MTS Italy-Ex Bank of Italy Indices e ciascun indice singolarmente
(di seguito, gli “Indici”) sono marchi registrati di proprietà di MTSNext Ltd. MTSNext è titolare di tutti i diritti di copyright relativi agli Indici nonché di tutti i diritti relativi ai dati sui valori e gli elementi costitutivi degli stessi. MTSNext
ed i suoi licensor (concessori di licenze) non promuovono, supportano o sono in alcun modo coinvolti nella vendita o nella commercializzazione dei prodotti descritti nel presente avviso promozionale. MTSNext ed i suoi licensor non
assumono alcuna responsabilità nei confronti di alcuno per qualsivoglia imprecisione presente nei dati sui quali l’Indice è basato, per qualunque errore, imprecisione o omissione nel calcolo e/o nella diffusione dell’Indice o nel modo
in cui viene utilizzato in riferimento all’emissione e/o l’offerta dei prodotti qui descritti o in relazione alla commercializzazione dell’Indice. Le informazioni contenute nel presente documento sono destinate esclusivamente all’utilizzo in
Italia. La pubblicazione del presente documento non costituisce una modalità di offerta al pubblico da parte di Deutsche Bank AG e non costituisce o intende fornire alcun giudizio, da parte della stessa, sull’opportunità dell’eventuale
investimento ivi descritto. I prodotti descritti adottano una struttura swap based. Si prega di far rifermento alla sezione “Rischio di Controparte” presente nel Documento di Quotazione e nel Prospetto per una descrizione dettagliata
dello stesso e delle tecniche per ridurlo attraverso il rilascio di una garanzia.
Hanno scritto per noi
Mario Bono
Mario Bono, nato nel 1966, è dottore commercialista e revisore
contabile dello Studio Associato Piazza di Milano. Per oltre 15 anni,
ha svolto il ruolo di consulente nei principali campi della fiscalità
delle imprese e delle istituzioni finanziarie, fornendo assistenza di
natura continuativa in materia di imposte dirette ed indirette, di
aspetti di bilancio e societari e ottenendo altresì una particolare
esperienza nel campo delle operazioni straordinarie. Dal 1999, è
iscritto al collegio dei Consulenti tecnici presso il Tribunale di Torino.
Ha scritto numerose pubblicazioni in questo campo.
Direttore editoriale: Davide Pelusi
Direttore responsabile: Sara Silano
Editor & Analyst team: Valerio Baselli, Alice Bravi, Marco Caprotti,
Marco Frittajon, Francesco Lavecchia, Dario Portioli, Azzurra Zaglio
Senior contributor: Mario Bono, Jeremy Glaser, Marcus Grubb,
Jose Garcia-Zarate
Progettazione editoriale: Sghermersino Romano e Sara Silano
Progetto grafico: Renée Benz
Grafica: Adnan Alicusic
Production designer: Daniela Johns
Illustrazioni: Michael Pettit
Web developer: Fabio Gilardoni
Responsabile pubblicità: Emanuela Bassi
Responsabile marketing e sales: Corrado Cassar Scalia
Jeremy Glaser è giornalista specializzato sui mercati finanziari
Morningstar.com. In precedenza è stato analista azionario
senior per Morningstar ed era specializzato nei settori alberghiero
e del divertimento. Glaser ha un diploma di laurea in economia
all’Università di Chicago.
Per informazioni pubblicitarie: [email protected]
Morningstar Investor N. 9/2012
Registrazione Tribunale di Milano n. 234 del 3 maggio 2011
Morningstar Italy
Via Pergolesi, 25
20124 Milano
Tel. 02 30301295
Jeremy Glaser
Marcus Grubb
www.morningstar.it
Marcus Grubb è responsabile delle attività d’investimento del World
Gold Council dal giugno 2008. Il suo ruolo principale è quello di gold
strategist, il che prevede anche l’essere responsabile dei rapporti
con investitori di tutti i tipi per quanto riguarda il mercato aurifero.
Grubb funge anche da portavoce globale, rappresentando il WGC a
eventi di alto profilo in tutto il mondo. Infine, si occupa in prima
persona dell’attività di ricerca e di pubblicazione.
Morningstar Investor appartiene a Morningstar, che conserva l’intera proprietà intellettuale dei
documenti contenuti così come l’esclusività dei diritti di riproduzione, traduzione e presentazione
degli stessi. La diffusione delle informazioni contenute in questo documento e la
loro riproduzione anche parziale e in qualsiasi modalità senza l’autorizzazione preventiva di
Morningstar è vietata.
Attenzione, le informazioni sono unicamente indicative. Esse non hanno nessun valore contrattuale
e non possono essere considerate come esaustive o esenti da errori accidentali. Morningstar
declina ogni responsabilità relativa ai risultati d’investimento realizzati sulla base delle
informazioni e delle opinioni presentate all’interno di questa pubblicazione. Esse sono infatti
soggette a evoluzioni in ogni momento e senza preavviso, specialmente in funzione delle condizioni
del mercato.
Non si tratta in nessun caso di una proposta o di un consiglio di investimento. Il magazine non può
in nessun caso essere utilizzato per sottoscrivere o vendere i prodotti menzionati nello stesso. Gli
investitori sono invitati a verificare se le strategie presentate o discusse corrispondono ai loro
obiettivi d’investimento e a consultare i prospetti e tutti gli altri documenti regolamentati relativi ai
prodotti. I rendimenti passati non sono per forza dei buoni indicatori delle performance future.
Jose Garcia-Zarate
6
Jose Garcia-Zarate è analista sugli Etf per Morningstar ed è
specializzato sul mercato europeo. Prima di entrare in Morningstar nel
2010, è stato per sette anni analista senior dei titoli di Stato per 4cast,
una società di consulenza economica e di ricerca sui mercati finanziari.
Prima di 4cast, ha lavorato per S&P Mms in qualità di analista
macroeconomico e dei mercati azionari sovrani dell’Eurozona.
Garcia-Zarate ha iniziato la sua carriera come analista interno per il
Ministero dell’economia spagnolo, lavorando per il dipartimento del
mercato estero, nella sede statunitense. Jose ha conseguito la laurea
in Economia all’Università San Paolo Ceu di Madrid e un diploma in
Politica alla London School of Economics.
Morningstar Investor Settembre / Ottobre 2012
L’Editoriale
Ormeggi a prova di maremoti
Sara Silano
è direttore di
Morningstar Investor
Quanto è sicuro il tuo salvagente? La domanda
contenuta nell’annaule rapporto sui rischi
globali del World economic forum impone una
riflessione sulla crescente interdipendenza
e complessità dei sistemi economici, politici
e sociali mondiali. Crisi sempre più
ravvicinate, risorse del pianeta più scarse,
cataclismi naturali, cambiamenti climatici,
instabili equilibri geopolitici, mercati
finanziari spesso schizzofrenici, dissesti fiscali
e disparità di reddito più accentuate
anche nei paesi sviluppati fanno vacillare i
tradizionali porti sicuri.
Per gli investitori, questo significa ripensare il
concetto di rischio e di strumenti che
proteggono il portafoglio. Morningstar
Investor ha passato in rassegna i classici rifugi,
primo fra tutti l’oro, ma anche i Treasury, le
valute e il petrolio. Ne emerge una definizione
di safe heaven che è molto più fluida di un
tempo. Esiste, infatti, una forte componente
soggettiva, che dipende dagli obiettivi
prefissati, dagli altri titoli che formano il
portafoglio, dall’area geografica in cui risiede
l’investitore e dalla fase del ciclo economico.
Ad esempio, i titoli di stato americani sono
considerati “sicuri”, ma gli Stati Uniti non
sono più quelli di una volta, come ricordano i
recenti moniti delle agenzie di rating. Le azioni
ad alto dividendo hanno attratto molti flussi
negli ultimi anni, proponendosi come
alternativa ai bassi rendimenti delle obbligazioni governative. Ancora, se guardiamo ai
settori industriali, alcuni sono difensivi
per definizione, come i servizi di pubblica
utilità; altri (il lusso) lo sono nel senso
che dimostrano una certa resistenza alla
debolezza congiunturale.
I veicoli per accedere agli asset difensivi sono
aumentati con lo sviluppo dell’industria degli
Exchange traded product (Etp). Il caso più
eclatante è quello degli Etc sull’oro fisico, che
hanno come sottostante i lingotti. La
popolarità di questi strumenti ha contribuito a
far raggiungere al patrimonio gestito sui
mercati delle commodity il livello più alto di
tutti i tempi (435 miliardi di dollari al 31 marzo
2012). Il boom ha però determinato un
aumento dei prezzi di molte materie prime,
con contraccolpi negativi sulle economie
emergenti e la nascita di tensioni sociali (si
pensi alla primavera araba).
Dal punto di vista degli investitori sono
emerse nuove fonti di rischio, legate alla
struttura dei replicanti, in particolare in
relazione all’impiego di derivati o alle
operazioni di prestito titoli. Su questo fronte,
l’industria degli Etf ha fatto molti passi in
avanti nella direzione della trasparenza e della
tutela dei sottoscrittori. La spinta al cambiamento è venuta dai moniti delle autorità di
vigilanza e dalle pressioni dei mass media, ma
è da apprezzare che gli emittenti abbiano
anticipato il regolatore nell’attuare azioni per
ridurre i pericoli.
La nuova geografia dei rischi impone, però,
che gli investitori giochino un ruolo attivo
per arrivare nei porti sicuri. Una volta gettata
l’àncora è bene controllare che l’ormeggio
tenga anche quando cambiano i venti.
Sara Silano, Direttore di Morningstar Investor
[email protected]
Morningstar.it
7
Per Cominciare
Dove sono i porti sicuri
Di Valerio Baselli
Le crisi finanziarie hanno ristretto l’universo degli investimenti risk
free e aumentato la domanda di beni rifugio.
Del doman non v’è certezza. I versi di Lorenzo
de’ Medici non sono mai stati così attuali. Gli
investitori, infatti, hanno perso gran parte delle
loro certezze negli ultimi anni. I tempi di crisi
e di rischio sovrano, la scarsa fiducia nei titoli
di Stato, sempre appesi al filo dello spread,
e la paura che la banca possa improvvisamente
risultare insolvente, spingono i risparmiatori
alla ricerca dei cosiddetti beni rifugio, ovvero
quegli investimenti che tendono a non
perdere valore nel tempo, nemmeno nei periodi
di turbolenza.
L’investimento risk-free
Ma prima di approndire questo aspetto, è bene
partire dal concetto di investimento risk-free,
cioè quell’attività finanziaria che genera un
rendimento sicuro e prevedibile, praticamente
a rischio zero. Va sottolineato che teoricamente
nessun investimento è a rischio zero, ma nella
pratica ci sono alcuni titoli che garantiscono
un rendimento sicuro con una probabilità che si
avvicina al 100%. Tradizionalmente, questi
sono i titoli di Stato a brevissimo termine
di paesi affidabili, come gli Usa o la Germania.
Anche le obbligazioni governative italiane
sono sempre state considerate risk-free, seppur
la situazione attuale suggerisca maggiore
prudenza.Il concetto dell’investimento risk-free
è importante soprattutto per effettuare paragoni
con le altre attività finanziarie. Infatti, i tassi
d’interesse privi di rischio sono importanti
perché diventano il riferimento; ogni altro
investimento renderà questo tasso base, con
aggiunto un premio per il rischio (di insolvenza
e volatilità) intrinseco all’investimento, proprio
di ogni attività finanziaria.
8
Morningstar Investor Settembre / Ottobre 2012
Beni rifugio non finanziari
Storicamente, i beni rifugio si dividono in due
categorie: finanziari e non finanziari. Questi
ultimi comprendono immobili e opere d’arte. Il
mattone è il bene rifugio preferito dagli
italiani per la sua stabilità e redditività. Ma
la crisi dei mutui da un parte e l’aumento del
peso fiscale dall’altra, hanno recentemente
penalizzato questo investimento. Inoltre
il suo valore non è universale ma risente molto
della localizzazione.
La differenza tra le due categorie riguarda
essenzialmente la liquidità. I beni non
finanziari sono molto meno liquidi e devono
quindi essere acquistati in un’ottica di lungo
periodo. Ad esempio, secondo gli esperti, il
periodo di riferimento per valutare la
convenienza di un investimento in un’opera
d’arte non dev’essere inferiore ai 15-20 anni.
Giusto per avere un’idea, il World Art Index,
che raggruppa i settori artistici di tutti i
paesi, mostra una crescita media annua del
3,2% tra il 2006 e il 2011.
Beni rifugio finanziari
Più accessibili al pubblico sono invece i beni
rifugio finanziari, ovvero i metalli preziosi, in
primis l’oro, alcune valute (come il dollaro
Usa) e alcuni titoli di Stato (come il Bund
tedesco o il Treasury americano). Tutte asset
class che sono molto liquide, soprattutto
grazie a diversi strumenti finanziari, su tutti i
fondi comuni e gli Exchange traded product
(Etp, acronimo che comprende Etf, Etc ed Etn),
che permettono di effettuare compravendite
con costi di transazione molto bassi.
In particolare, l’oro è considerato il bene
rifugio per eccellenza. Il metallo giallo svolge
al meglio le sue funzioni di “porto sicuro” in
un ambiente caratterizzato da bassi tassi
d’interesse, proprio come quello attuale. L’oro
non paga nessuna cedola o dividendo e di
conseguenza subisce la concorrenza delle
obbligazioni, che però al momento restano in
secondo piano. Basta considerare che i bond
degli emittenti più sicuri, quelli con tripla A,
offrono rendimenti nominali che si aggirano
attorno all’1% (quelli reali sono in alcuni
casi negativi). K
Valerio Baselli è editor di Morningstar Italy
Glossario
Etf: Exchange traded fund, particolare
tipologia di fondo d’investimento o Sicav con
due principali caratteristiche: è negoziato in
Borsa come un’azione; ha come unico obiettivo
d’investimento quello di replicare l’indice
al quale si riferisce (benchmark) attraverso una
gestione totalmente passiva.
Etc: Exchange traded commodity, strumenti
finanziari emessi a fronte dell’investimento
diretto dell’emittente o in materie prime fisiche
(in questo caso sono definiti Etc physicallybacked) o in contratti derivati su materie prime. Il
prezzo degli Etc è, pertanto, legato direttamente
o indirettamente all’andamento del sottostante.
Etn: Exchange traded note, strumenti finanziari
emessi a fronte dell’investimento diretto
dell’emittente nel sottostante (diverso
dalle commodity) o in contratti derivati
sul medesimo. Il prezzo degli Etn è, pertanto,
legato direttamente o indirettamente
all’andamento del sottostante.
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3 anni HHHHH 312 fondi | 5 anni HHHHH 224 fondi | 10 anni HHHHH 95 fondi
Valutazione complessiva su 358 fondi. Classe A1EUR. Categoria Morningstar: Europe OE Europe ex-UK Large-Cap Equity
3 anni HHHHH 358 fondi | 5 anni HHHHH 290 fondi
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Valutazione complessiva su 495 fondi. Classe A1GBP. Categoria Morningstar: Europe OE UK Large-Cap Blend Equity
3 anni HHHHH 495 fondi | 5 anni HHHHH 437 fondi | 10 anni HHHHH 258 fondi
Al 30 giugno 2012
I premi Morningstar Category Award vengono attribuiti ai fondi con le migliori prestazioni in termini di risk-adjusted performance (RAP) nell’ambito delle categorie Morningstar o dei
raggruppamenti di categorie Morningstar, previo esame qualitativo. Soltanto i fondi che hanno segnalato almeno quattro portafogli completi a Morningstar tra il 1° settembre 2010 e il 31
dicembre 2011 possono concorrere all’attribuzione del premio.
Le valutazioni possono variare tra le varie classi di azioni e sono basate su performance pregresse che non garantiscono risultati futuri. Per ogni fondo di almeno tre anni,
Morningstar calcola una valutazione Morningstar basata su una misura del rendimento adeguato al rischio Morningstar che prende in considerazione la variazione delle performance mensili
di un fondo (inclusi gli effetti di oneri di vendita, costi aggiuntivi e oneri di riscatto), facendo maggiore attenzione alle variazioni al ribasso e premiando le performance costanti. All’interno
di ciascuna classe di attività, il primo 10%, i successivi 22,5%, 35%, 22,5% e l’ultimo 10% ricevono rispettivamente 5, 4, 3, 2 e 1 stella. (Ogni classe di azioni è considerata come una
frazione di un fondo all’interno di questa scala e viene valutata separatamente, causando probabili leggere variazioni nelle percentuali di distribuzione). L’Overall Morningstar Rating™ si
basa sulla media ponderata del numero di stelle assegnate ai periodi temporali validi del fondo. Nei casi in cui un fondo abbia cambiato categorie di investimento, alle relative informazioni
cronologiche viene attribuito un peso minore. Se il fondo esiste da almeno 10 anni, la valutazione dei 10 anni equivale al 50%, quella dei 5 anni al 30% e quella dei anni al 20%. Se il fondo
esiste da almeno 5 anni ma da meno di 10, la valutazione dei 5 anni equivale al 60% e quella dei 3 anni al 40%. Risultati, oneri di vendita e spese differiscono per altre classi di azioni. Si
tenga presente che una valutazione relativa elevata non indica sempre che il fondo ha avuto un rendimento positivo durante il periodo in esame.
1
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Tutti gli investimenti finanziari comportano un elemento di rischio. Il valore degli investimenti può salire e scendere, ed è quindi possibile ricevere un importo inferiore
a quello inizialmente investito. Per ulteriori dettagli fare riferimento ai documenti relativo all’offerta che contengono informazioni sulle spese e sui rischi del fondo.
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MIL-EUROEQ-FLY 25677.1
Scenari
16 terribili numeri dai mercati finanziari
Di Jeremy Glaser
Rendimenti reali negativi per i Treasury, alta disoccupazione
in Spagna, tonfo di Facebook. Ecco le statistiche che spaventano
gli investitori.
Gli ultimi mesi sono stati pieni di momenti di
panico sui mercati. L’euro che sembra sempre
sull’orlo del collasso, i dati sull’economia
americana in chiaroscuro e la volatilità che
detta le regole del gioco. Di seguito, riporto
alcuni numeri che mi hanno scioccato.
18%: è il rendimento dei fondi obbligazio-nari
governativi statunitensi a lungo termine. Mai
una migrazione verso la qualità è stata più
chiara di questi dati. Gli investitori di tutto il
mondo si sono rifugiati nei Treasury per
mettersi al riparo da possibili catastrofi, anche
10 Morningstar Investor Settembre / Ottobre 2012
a costo di accettare ritorni reali negativi.
-1,5%: è la stima di GMO (casa di investimento americana, fondata tra gli altri da
Jeremy Grantham, noto per aver predetto
molte bolle speculative, Ndr) per il rendimento
reale dei titoli di stato americani nei prossimi
sette anni.
1,95%: è il rendimento dell’S&P 500. Non
ci sono porti sicuri oggi e gli investitori
non sono remunerati per il maggior rischio
dei mercati azionari.
163 mila: sono i nuovi posti di lavoro in luglio,
secondo il Bureau of Labour statistics.
Sebbene il numero sia migliore rispetto ai tre
precedenti mesi, rimane sconcertante.
Siamo ancora lontani anni luce dai livelli di
occupa-zione pre-crisi e la bassa crescita della
popolazione non è sufficiente a compensare.
38,8%: è la diminuzione del livello di
benessere medio delle famiglie americane dal
2007 al 2010, secondo quanto riportato
dalla Federal Reserve. Il valore medio ora è
di 77.300 dollari.
1992: l’ultima volta che il livello di benessere
è stato così basso.
eno di 150: sono i giorni che mancano al
M
cosiddetto fiscal cliff, il “precipizio fiscale”. Se
non verranno assunti provvedimenti, a fine
anno scadranno gli sgravi fiscali varati durante
la presidenza Bush, con conseguente aumento
delle tasse per gli americani, e contemporaneamente scatteranno tagli alla spesa.
Dal momento che si avvicinano le elezioni,
rimane poco tempo per trovare un accordo che
riduca l’impatto nel breve e metta gli Stati Uniti
sulla via di una spesa pubblica sostenibile.
4,3%: è l’incremento su base annua del costo
dei servizi sanitari a giugno, secondo il Bureau
of Labour statistics. La percentuale è ben al di
sopra dell’aumento dei prezzi e rende arduo il
compito di mettere a posto i conti pubblici.
24,8%: è il tasso di disoccupazione in Spagna
(dati Eurostat).
52,7%: è il tasso di disoccupazione giovanile
in Spagna (tra chi ha meno di 25 anni). Oltre il
grave problema del debito sovrano, il Paese
sta sperimentando un’acuta crisi del mercato
del lavoro. Dovrà affrontarla, pena
l’impossibilità di uscire dalla situazione
attuale di forti squilibri del bilancio pubblico.
38%: è il calo nel prezzo delle azioni di
Research in Motion (Rim) negli ultimi tre mesi.
Il produttore di BlackBerry ha segnato spesso
record negativi nell’ultimo anno, dal momento
che non è stato in grado di competere con
Apple, gli smartphone e tablet che utilizzano
Android (Google) e quelli che utilizzano il
sistema operativo di Microsoft.
2 miliardi di dollari: la perdita, inizialmente
riportata da JP Morgan Chase in seguito a
un’operazione di copertura sbagliata, compiuta
dal suo ufficio di Londra.
9 miliardi di dollari: è la somma che,
secondo quanto riportato dal New York Times,
Jp Morgan Chase potrebbe aver perso
complessivamente a causa delle operazioni su
derivati realizzate dal trader Bruno Iksil, già
denominato London Whale, la balena
londinese (soprannome dovuto alle sue
maxiscommesse).
1,8%: è la crescita del prodotto interno lordo
cinese su base trimestrale. La percentuale è
inferiore all’oltre 2% registrato nel 2011 e fa
pensare che l’ex celeste impero non sia in
grado di trascinare la crescita globale.
27%: è la percentuale di greci che hanno
votato per il partito di Alexis Tsipras, lo Syriza,
nelle ultime elezioni parlamentari di giugno,
non raggiungendo la maggioranza. Una sua
vittoria avrebbe significato una svolta per la
Grecia, con l’uscita disordinata dall’euro e
conseguenze negative per gli investitori
internazionali. La consultazione è stato un
chiaro segnale che i politici rimangono il punto
caldo della crisi europea e che possono
cambiare velocemente se la gente pensa che
usino in modo iniquo il potere che hanno. K
Jeremy Glaser è giornalista di Morningstar
specializzato sui mercati finanziari.
Tutte le statistiche sono all’8 agosto 2012.
La guida alle decisioni di investimento
Novembre/dicembre 2012
I nuovi emergenti
Investire sui mercati di frontiera: le
prospettive economiche e finanziarie,
le opportunità e gli strumenti.
Le differenze dai “quasi emersi”
e il rapporto con l’occidente. Il ruolo
nel portafoglio.
Saranno presto disponibili su
Morningstar.it i temi del 2013.
Per informazioni sulla pubblicità
contattare [email protected]
Edizione stampata limitata
Sfoglia il magazine in versione digitale
su www.morningstar.it
-47%: è il tonfo di Facebook in Borsa, dopo
l’Ipo a 38 dollari per azione avvenuta lo scorso
18 maggio. L’insuccesso dimostra che
anche il collocamento più atteso dell’anno è
stato un flop di fronte a una valutazione non
ragione-vole.
Morningstar.it 11
Scenari
L’oro impreziosisce il portafoglio
Di Marcus Grubb
La domanda mondiale è diminuita, ma i prezzi sono saliti.
Etf, investitori e banche centrali cercano sempre più il metallo
per difendersi dalle tempeste dei mercati finanziari.
Nel secondo trimestre 2012 c’è stata una
diminuzione nella domanda aurifera mondiale:
in totale, la richiesta è stata pari a 990 tonnellate, ovvero il 7% in meno rispetto ai primi tre
mesi dell’anno. Tuttavia, in termini monetari
non c’è stata differenza (51 miliardi di dollari),
in quanto nello stesso periodo il prezzo è aumentato del 7%. Durante il secondo trimestre,
il prezzo medio di un’oncia d’oro è stato di
1.609,49 dollari.
Cala la domanda di Cina e India
Nel secondo trimestre 2012, il quadro per la
domanda globale di oro è stato fortemente
distorto dai movimenti di India e Cina, che
insieme rappresentano oltre il 45% della
domanda totale. Il calo della domanda di
queste nazioni è stato dovuto principalmente
al difficile clima economico.
In India, la domanda (principalmente per
investimenti e gioielli) è scesa a 181,3 tonnellate, rispetto alle 294,5 tonnellate del
secondo trimestre 2011. Nel dettaglio, quella
per investimenti è stata di 56,5 tonnellate,
meno della metà dello stesso periodo del 2011,
mentre quella per gioielli è scesa del 30% a
124,8 tonnellate.
La domanda in India è stata fortemente influenzata dai prezzi locali ai massimi, a causa del
deprezzamento della rupia nei confronti del
dollaro. Più contenuta la contrazione in Cina,
12 Morningstar Investor Settembre / Ottobre 2012
dove la domanda di investimenti e gioielli è
stata di 144,9 tonnellate, il 7% in meno rispetto alle 156,6 tonnellate dello stesso trimestre
dello scorso anno. Anche in questo caso, vista
la frenato dell’economia, i consumatori cinesi
hanno reagito diminuendo le spese.
L’Europa torna a comprare
Al di fuori di questi due giganti, il quadro per
la domanda d’oro è risultato significativamente migliore. C’è stata una crescita negli
acquisti del settore pubblico e un aumento
della domanda di investimento retail, in particolare in Europa. Le banche centrali hanno
aumentato le loro riserve di 157,5 tonnellate
nel secondo trime-stre (il 16% della domanda
totale). Si tratta del più grande acquisto netto
su base trimestrale da parte del settore dal
secondo trimestre 2009. Nel corso dei primi
tre mesi del 2012, la domanda da parte del
settore pubblico è balzata del 25% rispetto
allo stesso periodo del 2011.
Gli investitori europei hanno acquistato
notevoli quantità di oro nel secondo trimestre,
con un aumento del 15% su base annua della
domanda di lingotti e monete d’oro, il che conferma l’utilizzo del metallo giallo come bene
rifugio nei mercati sviluppati. In Europa sono
state acquistate 77,6 tonnellate d’oro, il 19%
in più della media trimestrale a cinque anni,
grazie ai prezzi vantaggiosi e al peggioramento
delle prospettive economiche.
In luce Thailandia e Vietnam
L’aumento della domanda per investimenti
non è stato un fenomeno limitato ai mercati
europei. In Thailandia la domanda è cresciuta
del 19% anno su anno in un mercato dominato
da una pochi investitori molto attivi, spinti soprattutto dai cali dei prezzi nel mese di maggio.
In Vietnam, la domanda è aumentata del 30%
su base annua. Il ruolo dell’oro come copertura
contro il caro-vita è un fattore fondamentale
per gli investitori vietnamiti, in quanto il tasso
di inflazione (previsto intorno al 10% per il
2012) resta elevato rispetto alla media globale.
La crescita della domanda d’investimento
dimostra che gli investitori sono sempre più
convinti che i portafogli che contengono anche
solo una piccola allocazione in oro sono generalmente più solidi e maggiormente in grado di
affrontare le incertezze di mercato rispetto a
quelli che non ce l’hanno.
Ancora rally
Il prezzo dell’oro è salito per undici anni consecutivi e il 2012 potrebbe essere il dodicesimo. La produzione di gioielli resta il driver principale della domanda (circa il 50% del totale),
anche se il suo peso è in diminuzione (era il
70% cinque anni fa). L’attività d’investimento
(guidata dagli Etf) è diventata una componente
molto importante per il mercato aurifero. Gli
investimenti in oro rappresentavano il 19% del
totale cinque anni fa, ora pesano per il 35%.
Domanda aurifera trimestrale divisa per categorie e prezzo dell’oro
all’oncia in dollari
Jewellery
Technology
Official sector purchases
Tonnes, US$/oz
Investment
London PM fix (US$/oz)
2000
1600
diversificare le riserve e limitare l’esposizione
valutaria. Infatti, mentre il valore delle monete
può essere svalutato artificialmente da politici
in cerca di leve per stimolare la crescita, l’oro
non può essere gestito nello stesso modo ed è
quindi una copertura particolarmente attraente
per gli investitori.
Per l’Asia solo una pausa
Per quanto riguarda l’Asia, l’analisi storica
mostra che un breve periodo di debole acquisto
non segna di solito l’inizio di una tendenza di
lungo periodo. L’affinità culturale tra le nazioni
asiatiche e l’oro non dovrebbe venire intaccata
dalle prospettive a breve termine.
1200
800
400
0
Q2 2009
Q4 2009
Q2 2010
Q4 2010
Q2 2011
Q4 2011
Q2 2012
Quantità d’oro detenuta dagli Exchange traded funds per trimestre
(in tonnellate) e prezzo dell’oro all’oncia in dollari
GLD
ETFs (ex GLD)
London PM fix (US$/oz, rhs)
US$/oz
Tonnes, US$/oz
2500
1800
1600
2000
1400
1500
1200
1000
1000
500
800
Q2 2009
Q4 2009
Q2 2010
Q4 2010
Q2 2011
Q4 2011
Q2 2012
Fonte: LBMA, World Gold Council
Nel lungo periodo, la domanda di oreficeria
proveniente dai due più grandi mercati, l’India
e la Cina, sarà un fattore chiave per il prezzo
dell’oro, visto che ci saranno un miliardo
di nuovi consumatori. Tuttavia, è probabile
che l’attività d’investimento resti un motore
fondamentale, se il metallo giallo continuerà
a rappresentare una riserva di valore e una
protezione in un contesto di mercato difficile.
Le riserve delle banche centrali
Un altro fattore chiave sarà la rinnovata
domanda di oro da parte delle banche centrali
e la sua reintegrazione nel tessuto del sistema
finanziario mondiale. Le banche centrali dei
paesi emergenti sono ora i maggiori acquirenti
di oro, col fine di diversificare le loro riserve in
valuta estera e proteggere la ricchezza delle
loro nazioni. Dopo oltre due decenni di vendita
di riserve auree nazionali, le banche centrali
oggi sono di nuovo acquirenti netti. Quest’anno
è probabile che si raggiunga un livello record
di acquisti, circa 500 tonnellate, il più alto
dall’inizio degli anni Sessanta. Le banche centrali, probabilmente gli unici investitori a lungo
termine che sono rimasti, acquistano oro per
Negli ultimi mesi ci sono state indicazioni
che fanno pensare a nuovi acquisti: la Cina
si prepara a introdurre nel paese il primo
sistema interbancario di scambio aurifero, che
dovrebbe consentire alle banche nazionali
di aumentare le loro riserve. Inoltre, con il
festival indiano e la stagione dei matrimoni
dopo la fine delle piogge monsoniche estive,
l’acquisto di oro dovrebbe essere significativamente più alto nel terzo trimestre. Le tendenze
di lungo periodo rimangono positive,
un miliardo di nuovi consumatori dell’est,
una maggiore ricchezza delle famiglie,
l’urbanizzazione nei prossimi dieci anni e le
dinamiche demografiche favorevoli
al settore dell’oreficeria fanno pensare che la
domanda dell’area rimarrà forte. Su queste
basi, il metallo giallo dovrebbe continuare
a evolvere in modo indipendente dalla maggior
parte delle attività detenute in portafoglio,
rimanenedo una copertura contro le
fluttuazioni dell’inflazione e delle valute.
Con mercati ancora tumultuosi, l’oro rimane
un asset fondamentale per gli investitori che
cercano di proteggere la ricchezza e ridurre
le perdite. Tuttavia, fino a quando non ci sarà
una visione chiara sulle prospettive macroeconomiche globali, ci aspettiamo che la domanda
rimanga ai livelli attuali nel breve termine. K
Marcus Grubb è Managing director, Investment, del
World Gold Council
Morningstar.it 13
In Primo Piano
La doppia personalità dei preziosi
Di Valerio Baselli
L’oro è il bene rifugio per eccellenza e una riserva di valore.
Argento, platino e palladio sono cugini minori?
“L’oro è la moneta pesante”, dicevano gli antichi. Nel senso che la moneta d’oro era quella
destinata ad acquistare maggior valore nel
tempo. Il discorso sul valore dell’oro vale anche oggi: a fine degli anni ’90 il metallo giallo
valeva circa 300 dollari l’oncia. Cinque anni fa,
ad agosto 2007, il suo valore era intorno a 750
dollari l’oncia. Ad agosto 2011, la quotazione
ha sfiorato i 1.900 dollari, un record assoluto.
Oggi, l’oro vale oltre 1.600 dollari l’oncia. In
un decennio caratterizzato da ben tre crisi
finanziarie internazionali (la bolla tecnologica,
lo scoppio dei subprime e la crisi del debito
14 Morningstar Investor Settembre / Ottobre 2012
sovrano), non è una sorpresa che abbia guadagnato così tanto. Questo perchè l’oro viene
considerato dagli investitori il bene rifugio per
eccellenza. Tuttavia, ci sono anche altri metalli
preziosi che possono essere inseriti in portafoglio e che vengono comu-nemente considerati
scudi contro l’inflazione, come argento, platino
e palladio. Lo sono veramente?
Argento
L’argento viene considerato da tutti come
un metallo prezioso, il fratello minore dell’oro.
Infatti, i rispettivi andamenti sono legati a
doppio filo. Storicamente, quando il lingotto
corre, l’argento lo segue, e spesso lo supera.
Ad oggi, un’oncia d’argento vale circa 28
dollari. Il massimo storico è stato toccato
ad agosto 2011 (proprio come l’oro) a circa
45 dollari l’oncia. Col tempo, l’argento è
diventato un metallo industriale insostituibile.
E’ utilizzato nella moderna elettronica e nella
tecnologia informatica. Ad oggi, diversamente dall’oro, circa il 40% della domanda
totale dell’argento è riconducibile all’utilizzo
industriale. Per questa ragione è più dipendente dall’andamento dell’economia. In più,
ETC quotati su Borsa Italiana dedicati ai metalli preziosi
Nome
ISIN
Rend. % da inizio anno
Rend. % a 1 anno
Rend. %
a 3 anni (annual.)
db Monthly Leveraged Silver ETC
DE000A1L9YS3
14.60
n.d.
n.d.
db Physical Gold ETC (EUR)
DE000A1E0HR8
7.94
1.70
n.d.
db Physical Gold Euro Hedged ETC
DE000A1EK0G3
1.66
-13.84
n.d.
db Physical Palladium Euro Hedged ETC
DE000A1EK3B8
-8.26
-21.41
n.d.
db Physical Platinum Euro Hedged ETC
DE000A1EK0H1
7.94
-21.51
n.d.
db Physical Silver ETC (EUR)
DE000A1E0HS6
5.58
-20.92
n.d.
db Physical Silver Euro Hedged ETC
DE000A1EK0J7
-0.68
-33.22
n.d.
ETFS Gold Bullion Securities ETC
GB00B00FHZ82
7.86
1.54
24.97
ETFS Gold ETC
GB00B15KXX56
6.71
0.35
23.40
ETFS Physical Gold ETC
JE00B1VS3770
7.88
1.52
24.99
ETFS Physical Palladium ETC
JE00B1VS3002
-2.62
-6.43
36.21
ETFS Physical Platinum ETC
JE00B1VS2W53
11.77
-7.41
10.83
ETFS Physical PM Basket ETC
JE00B1VS3W29
6.58
-7.22
25.71
ETFS Physical Silver ETC
JE00B1VS3333
5.62
-20.86
32.65
ETFS Platinum ETC
JE00B2QY0F45
11.80
-8.20
n.d.
ETFS Precious Metals DJ-UBSCI ETC
GB00B15KYF40
6.28
-5.49
25.90
ETFS Silver ETC
GB00B15KY328
4.66
-22.20
30.77
RBS Physical Gold ETC
DE000A1ESY66
6.57
1.88
n.d.
Lyxor ETN Gold
XS0416722857
7.36
2.66
n.d.
Dati in euro al 20 agosto 2012 | Fonte: Morningstar Direct
se il prezzo dell’argento sale eccessivamente,
trainato da quello aurifero, ad un certo
punto le industrie non lo troveranno più conveniente e cercheranno di sostituirlo con
altri metalli. Per queste ragioni, è un porto
meno sicuro dell’oro.
Platino
Di tutti i metalli preziosi, il platino è il più puro,
il più resistente, ma soprattutto il più raro.
E stato calcolato che, riunendo in un unico
solido tutto il platino estratto nel mondo
in ogni tempo, si otterrebbe un cubo di appena
4,6 metri quadrati. Solo poche zone della
terra hanno rivelato giacimenti di platino. Ha
molteplici usi: in gioielleria, nella realizzazione di attrezzi da laboratorio, contatti elettrici, odontoiatria e dispositivi anti-inquinamento
delle automobili, per la realizzazione di cataliz-
zatori per l’industria chimica. A inizio 2008 il
platino toccava il suo massimo storico di quasi
2.200 dollari l’oncia, valore crollato durante
la recessione successiva. Attualmente, la
quotazione si aggira intorno ai 1.430 dollari.
Palladio
Il palladio condivide molte caratteristiche del
platino: è un metallo raro. I suoi usi più comuni sono nell’industria automobilistica per le
marmitte catalitiche, nelle telecomunicazioni,
in odontoiatria, nel settore elettrico,
in fotografia e come catalizzatore, oltre che in
gioielleria e oreficeria. Il palladio è attualmente quotato intorno ai 645 dollari l’oncia.
Rischi politici
Ancor più dell’argento, il platino e il palladio
sono legati ai cicli economici. Il grosso della
domanda arriva dal settore industriale. Negli
ultimi tre anni, il 76,5% dell’offerta di platino
è stata fornita dalle miniere sudafricane. Nello
stesso periodo, l’84,4% dell’offerta di palladio
è arrivata dalla Russia e dallo stesso Sud
Africa. Perciò, le circostanze socio-politiche
di questi due paesi hanno forte impatto sul
prezzo di entrambi. Uno shock, ad esempio,
può portare a forti sbalzi nei prezzi. La crisi
nella produzione russa degli anni ’90 fece
salire il prezzo del platino del 50%.
La speculazione su piccoli mercati
La nascita di strumenti d’investimento
disponibili alla massa, specifici sui metalli
preziosi, ha stravolto le dinamiche di alcuni
mercati, in particolare quello aurifero. Con
il proliferare di replicanti dedicati ai metalli
preziosi minori, è nata la paura che anche
questi mercati risentano l’influenza dei flussi
d’investimento. Il più grande timore riguarda
la speculazione che potrebbe distorcere
l’effetto dei tradizionali driver economici.
Una delle ragioni su cui si basa questa paura
è la dimensione del mercato, nel caso di
platino e palladio molto piccola. Perciò, i flussi
d’investimento, veicolati dagli Etc, potrebbero in qualche modo diminuire l’effetto degli
indicatori macroeconomici, che invece hanno
guidato i prezzi di queste due materie fino
a pochi anni fa. Tuttavia, ad oggi, l’attività
industriale rimane l’ago della bilancia.
Industriali travestiti da preziosi
In sostanza, quindi, l’unico metallo prezioso
puro è l’oro, in quanto il suo bassissimo utilizzo industriale lo rende quasi del tutto scorrelato dai mercati azionari e di conseguenza
lo elegge a “bene rifugio” per eccellenza. Al
contrario, il platino e il palladio, ufficialmente
metalli preziosi, sono sostanzialmente dei
metalli industriali molto rari, con qualche
utilizzo anche in gioielleria, ma che comunque
risentono degli alti e bassi dell’economia.
L’argento sta nel mezzo e presenta entrambe
le caratteristiche. K
Valerio Baselli è editor di Morningstar Italy.
Morningstar.it 15
In Primo Piano
Tbond, certificato di garanzia scaduto
Marco Caprotti
I titoli governativi americani sono ancora considerati un porto sicuro.
Ma gli Stati Uniti non sono più quelli di una volta.
L’emergenza economico-finanziaria mette
in crisi le vecchie certezze. Fino al 2007, ad
esempio, i Tbond (le obbligazioni governative
americane con scadenza a 10 e 30 anni) e il
dollaro venivano considerati fra gli asset di
investimento più sicuri da avere in portafoglio.
Poi è arrivata la tempesta scatenata dai
subprime (i mutui Usa di bassa qualità) che
ha innescato l’era del New Normal (un periodo
di crescita più contenuta) e che ha portato
a una diversa percezione degli Stati Uniti,
ormai non più visti come la locomotiva
dell’economia mondiale.
ha aggiunto che l’outlook resterà negativo
(quindi suscettibile di un futuro ribasso della
valutazione complessiva) almeno fino alla fine
del 2013. “L’incertezza sulle politiche fiscali e
di spesa, associate al cosiddetto “precipizio
fiscale” (il sovrapporsi di fine degli incentivi fiscali e tagli alla spesa pubblica) pesa
sull’outlook a breve termine”, dice la società
di analisi nel comunicato che accompagna
la decisione. Senza contare che, ad agosto
dell’anno scorso, l’agenzia S&P ha tolto il
giudizio di tripla A al debito del paese. Una
cosa mai vista.
Tutto questo ha prodotto anche un cambiamento di strategia da parte degli investitori che
ora sono molto più cauti quando scelgono cosa
mettere nel portafoglio. Anche se si tratta di
prodotti a stelle e strisce.
“Il downgrade riflette la nostra opinione sul
piano di risanamento che non è adeguato a
quanto sarebbe necessario per stabilizzare nel
medio-termine il debito. La politica americana
si è indebolita in un momento in cui le sfide
fiscali ed economiche aumentano”, ha detto
l’agenzia spiegando la sua decisione. Una posizione ribadita a giugno di quest’anno quando
S&P ha confermato il rating degli Stati Uniti
con outlook negativo.
I moniti delle agenzie di rating
Il caso dei Tbond è emblematico dei dubbi con
cui da qualche anno si trovano a fare i conti gli
operatori. Le obbligazioni governative americane sono considerate molto liquide e senza
rischi. Questo perché l’economia Usa, dopo
essersi ripresa dalla crisi del 1929, non ha mai
dato seri motivi di preoccupazione ai mercati.
Oggi le cose sono cambiate e l’economia
americana non tira più come una volta.
L’agenzia di rating Fitch, ad esempio, ha
confermato il giudizio di tripla A sugli Usa, ma
16 Morningstar Investor Settembre / Ottobre 2012
La società di analisi prevede che il debito
americano nel 2013 si attesterà all’84% del
Prodotto internto lordo (Pil), con un deficit al
9%. Nel 2016 il debito dovrebbe salire all’87%
con un deficit in discesa al 5%. L’agenzia
ritiene inoltre “improbabile” che le elezioni
2012 risolvano il dibattito sulla politica di
bilancio. Sull’economia gravano “rischi signifi-
cativi” e ci sono il 20% di chance che gli Stati
Uniti scivolino nuovamente in recessione.
Ad aumentare l’incertezza sulle prospettive
economiche americane, c’è poi la questione
del fiscal cliff (letteralmente il precipizio
fiscale, provocato dalla scadenza degli sgravi
promossi durante l’era Bush).
Se Washington non agirà in modo deciso per
evitare un aumento del debito nella prima
metà del prossimo anno, hanno detto gli
analisti di Fitch, la tripla A sarà a rischio. Per
evitare downgrade è necessario risolvere la
questione delle tasse e della spesa e si deve
fissare un piano per ridurre deficit e debito in
modo sensibile.
Colossi degli investimenti divisi
Insomma, sembrerebbe non essere un buon
momento per tenere in tasca il debito di un
paese che non è più sicuro come una volta.
Un’opinione che, peraltro, condividono colossi
del mercato obbligazionario come Pimco e
BlackRock. E non è detto che la situazione per
i Tbond cambi con il mutare della situazione
congiunturale americana.
Se da oltre Atlantico dovessero arrivare segnali rassicuranti, la Federal Reserve potrebbe
decidere di alzare i tassi di interesse, creando
una situazione poco favorevole ai bond. Alcuni
analisti sono arrivati anche a prevedere una
stretta monetaria già per il 2013.
Grafico 1 Andamento del Treasury negli ultimi 10 anni
BofAML US Treasury Current 10Yr TR USD (Market Price, USD, Pre-Tax)
620
540
480
420
a un progressivo indebolimento della moneta
yankee. Una prova si è avuta anche recentemente. A partire da giugno, infatti, è entrato
in vigore l’accordo firmato a fine 2011 fra Cina
e Giappone che prevede di non utilizzare più
il biglietto verde come valuta commerciale
principale per gli scambi commerciali fra i due
paesi (attualmente il 60% dei loro interscambi
viene pagato in divisa Usa). Di fatto, per la
moneta americana significa perdere l’influenza
in una delle zone più interessanti del mondo
dal punto di vista del business.
360
0
2004
2006
2008
2010
2012
Grafico 2 Andamento del dollaro rispetto all’euro negli ultimi 10 anni
US Dollar (Daily Closing Price)
Euro (Daily Closing Price)
1.615
1.520
1.425
1.330
1.235
1.140
1.045
5/2003
11/2004
5/2006
11/2007
5/2009
11/2010
5/2012
Fonte:Morningstar Direct
Non tutti condividono questa visione. Per
Fidelity, ad esempio, i bond Usa sono uno
strumento di investimento sicuro, soprattutto
se confrontato con i titoli di debito sovrano europeo. Merito, ha spiegato a Morningstar Bob
Brown, gestore della società di investimento,
della capacità americana di far fronte alle crisi
che, nel corso della storia si sono presentate.
Un’abilità che in Eurolandia, alle prese con le
esigenze spesso contrastanti dei 17 paesi che
condividono la moneta unica, manca e che ci
vorranno anni per acquisire. In questa prospettiva, dice Fidelity, i bond americani continuano
a rappresentare un porto sicuro di cui gli
investitori non possono fare a meno. Un
discorso che il gestore estende pure
al dollaro. Anche in questo caso, però, la
questione è più complessa.
Dollaro, un primato che scricchiola
Il biglietto verde è diventato la valuta di
riferimento mondiale con gli accordi di Bretton
Woods firmati sul finire della Seconda guerra
mondiale. In dollari vengono trattate le materie prime, tanto che gli analisti consigliano di
acquistare la divisa americana quando sale
l’inflazione (che dalle commodity molto spesso
dipende). L’evoluzione dei mercati e l’emergere
di nuove potenze economiche ha portato però
Non è la prima volta, tra l’altro, che il dollaro
viene soppiantato. Nei suoi interscambi con la
Russia (principalmente per il petrolio), Pechino
utilizza lo yen e il rublo e per i commerci con
l’Australia (materie prime) accetta e paga con
dollari aussie. Anche l’Iran ha deciso di non
usare più il dollaro per vendere il suo petrolio.
Washington ha cercato di convincere la Cina
e l’India a non acquistare più barili dal paese
arabo. Loro invece, hanno preferito acquistare l’oro nero iraniano utilizzando la propria
moneta dando un altro colpo al sistema
dollaro-centrico. Resta il fatto che il biglietto
verde non ha nessuna intenzione di mollare
facilmente lo scettro di valuta sovrana.
A maggio, ad esempio, è stato l’asset di investimento più ricercato dagli operatori alle prese
con la crisi finanziaria dell’Europa e i segnali
sempre più evidenti di un rallentamento della
Cina. Anche perché, come spiega un operatore,
“in questo momento, non c’è niente altro che
valga la pena acquistare”. K
Marco Caprotti è editor&analyst di Morningstar Italy
Glossario
Tbond: obbligazioni governative americane
con scadenza a 10 e 30 anni.
Subprime: mutui immobiliari Usa con
scarse garanzie.
New Normal: un periodo di crescita
più contenuta che ha avuto inizio con la crisi
dei mutui subprime.
Morningstar.it 17
In Primo Piano
Le valute con i muscoli
Di Azzurra Zaglio
Il franco svizzero è la moneta rifugio per definizione, ma
anche nel nord Europa ci sono porti sicuri. Australia e Canada
hanno i dollari alternativi.
Il 1999 è l’anno dell’unificazione delle valute
europee sotto il segno dell’euro. La moneta
unica ha ridotto sensibilmente la possibilità di
diversificazione valutaria del portafoglio dei
risparmiatori, in particolare nel Vecchio
continente. Oggi, il franco svizzero e poche
altre divise possono ancora rappresentare
delle buone vie di fuga dalle turbolenze dei
mercati. Investire in una divisa estera implica
l’assoggettamento delle somme impiegate alle
oscillazioni del tasso di cambio.
Nella misura in cui la valuta estera si apprezza
nei confronti di quella domestica, essa
rappresenta una forma di bene rifugio in grado
di riparare i risparmi in essa investiti.
Franco svizzero, la politica dell’1,20
È il franco svizzero a portare la corona di
“valuta rifugio”. Sin da tempi memorabili, la
divisa elvetica è considerata una sicurezza,
insieme all’oro. La valuta confederale è la
sesta moneta più trattata nel mercato
internazionale dei cambi, ossia sul Forex, e la
quinta in termini di riserve. Merito ottenuto
con il tempo e ce lo dice la storia, poiché la
politica estera della Svizzera è improntata alla
neutralità da ormai ben cinque secoli.
Lo scudo crociato è molto forte grazie a un
governo stabile, a un’economia tra le più
prospere al mondo, a conti pubblici sani e a un
tasso di disoccupazione di appena il 3%. Il
18 Morningstar Investor Settembre / Ottobre 2012
surplus nel conto delle partite correnti, inoltre,
indica che il paese non necessita di capitali
esteri per finanziare il deficit commerciale.
Dalla Banca nazionale svizzera (Bns), il
presidente Thomas Jordan e Eveline WidmerSchlumpf, ministro delle Finanze, hanno
dichiarato che intendono continuare a
difendere l’attuale cambio euro-franco, fissato
il 6 settembre 2011 a 1,20, quando il rapporto
era quasi arrivato a 1 contro 1 (situazione che
potrebbe verificarsi nuovamente, viste le varie
condizioni dei paesi membri dell’Eurozona).
dell’economia globale, altre sono conservative
e si preferiscono in periodi di recessione.
Yen, indebitarsi a basso costo
Tra queste, lo yen giapponese non è da
considerarsi una vera divisa rifugio, anche se
in momenti ribassisti dei mercati borsistici,
viene utilizzata per i carry-trade. In pratica, gli
investitori si indebitano in yen per acquistare
titoli in quelli con più alti tassi di interesse.
Questo fenomeno fa aumentare il valore della
divisa nipponica a danno degli esportatori.
Se consideriamo gli ultimi dodici mesi (da
agosto 2011 a oggi) il cambio è risalito dai
minimi dell’euro contro il franco (1,0068
franchi per un euro, il livello più basso), a
1,2472 (ottobre 2011). Da questa primavera,
inoltre, la Svizzera gioca in difesa, rimanendo
poco sopra area 1,20 e si è detta disposta
ad acquistare una quantità illimitata di valute
estere. Per mantenere stabile il corso
del franco rispetto all’euro, nel 2011 ha già
sborsato 17,8 miliardi di franchi.
La Banca del Giappone, che deve fare i conti
con un’economia anemica, ha cercato di
contrastare questo fenomeno e, a fine 2011,
ha iniettato liquidità sui mercati per ribassare
lo yen. Il cambio di rotta della BoJ ha
comportato un netto deprezzamento dello yen
nei confronti del dollaro americano nel primo
trimestre 2012, passando in poche settimane
da 76 a 83 Usd/Jpy. La divisa del Sol levante è
tornata successivamente a rafforzarsi e
oggi servono circa 78 yen per un dollaro (al 23
agosto 2012).
Valute e cicli economici
Nell’attuale situzione di mercato, non è facile
trovare alternative. Le valute hanno la
peculiarità di rappresentare la forza del paese
a cui appartengono e sono variamente
correlate tra loro. Alcune hanno un rendimento
elevato e sono adeguate in momenti di picco
Porti del nord Europa
Altre divise, considerate un rifugio, sono
quelle scandinave: la corona svedese (Sek) e
la corona norvegese (Nok). Esse godono
entrambe di buona salute e hanno ottimi
fondamentali (forte e robusta situazione
economica, bilancia commerciale in surplus,
comunque, rimane influenzato dagli sviluppi
della crisi europea.
Franco svizzero e dollaro contro l’euro nell’ultimo anno
Euro (Market Price, EUR, Pre-Tax)
Swiss Franc (Market Price, EUR, Pre-Tax)
US Dollar (Market Price, EUR, Pre-Tax)
1,4
1,3
1,2
1,1
1,0
11/2011
02/2012
05/2012
08/2012
Yen contro dollaro nell’ultimo anno
Japanese Yen (Market Price, USD, Pre-Tax)
US Dollar (Market Price, USD, Pre-Tax)
90
Valute per diversificare
Nella costruzione di un portafoglio, la
diversificazione valutaria è considerata un
fattore positivo se gestita dinamicamente.
Uno strumento usato per capire quanto è
attraente una determinata divisa è l’”Indice
Mac”, misurato sulla base del costo di un
hamburger McDonalds in valuta locale.
Secondo questo parametro, oggi la maggior
parte delle valute asiatiche risulta nettamente
sottovalutata. Tra queste, in particolare
lo yuan cinese, sebbene negli ultimi cinque
anni si sia rivalutato del 15%, rimane
sottovalutato del 43%. Per quanto riguarda
le altre monete dell’area del Pacifico, la
rupia indiana risulta a sconto del 63% e il
dollaro di Hong Kong del 51%.
All’estremo opposto si trova il Bolivar venezuelano che secondo l’indice è sopravvalutato
dell’83% mentre al secondo posto è presente
la corona norvegese con +63%. K
75
60
45
30
Azzurra Zaglio è editor di Morningstar Italy
15
11/2011
02/2012
05/2012
08/2012
Fonte:Morningstar Direct
tassi di interesse in crescita). Tra le due
corone, in un orizzonte di breve termine, quella
svedese potrebbe avere un rendimento
maggiore, dal momento che oltre alla crescita
economica sta godendo anche di un ottimo
momentum, disallineato dal tradizionale
movimento sull’equity.
Dall’inizio dell’anno, l’attività economica della
Svezia è rimasta costante e su livelli largamente al di sopra delle attese. Ma, anche qui,
i due paesi si sono mossi per mettersi al riparo
da un afflusso massiccio di capitali esteri e se
la Svezia intimorisce per un’eventuale
insufficiente liquidità, la Norvegia preannuncia
una serie di tagli dei tassi di interesse.
Dollari sì, ma australiani o canadesi
Infine, altre due divise considerate utili
strumenti di diversificazione sono il dollaro
australiano e quello canadese. Il primo ha
avuto un andamento molto volatile nell’ultimo
anno. La Banca centrale è preoccupata per un
possibile rallentamente dell’economia,
conseguenza del minor vigore della congiuntura cinese, anche se nel primo trimestre il
prodotto interno lordo ha sorpreso in positivo.
Per quanto riguarda il Canada, la divisa
nazionale è sicuramente una di quelle su cui
gli investitori hanno posizioni lunghe
(prevedono quindi un apprezzamento). Il
cambio rispetto al dollaro americano,
Glossario
Momentum: Indica, alternativamente, una
tipologia di strategia di investimento (che si
esplicita nell’acquisto di azioni in fase di rapida
crescita e nella vendita di azioni a crescita più
lenta) o un indicatore utilizzato nell’ambito
dell’analisi tecnica algoritmica (rappresentativo
della velocità del trend di un titolo azionario).
Carry trade: Operazioni in ambito valutario che
sfruttano le differenze tra i vari tassi di interesse,
prendendo a prestito del denaro nei mercati
in cui costa meno – e dunque i tassi sono più
bassi – e impiegandolo laddove tassi più elevati
consentono rendimenti cospicui.
Morningstar.it 19
In Primo Piano
Cedole, il piatto può diventare indigesto
Di Marco Caprotti
Le azioni high dividend piacciono agli investitori, ma quelle troppo
popolari rischiano di essere care. Se poi tornano ad aumentare i tassi
possono perdere valore.
Controllo della volatilità, maggiore diversificazione e rendimenti più alti. Gli investitori
hanno diverse ragioni per puntare, soprattutto
nei momenti di crisi dei mercati, sui titoli
delle società che pagano ricchi dividendi.
Senza dimenticare però che l’high yield non
garantisce di uscire indenni dalla tempesta
delle Borse. I dividendi, a partire dalla
metà degli anni ’20 del secolo scorso, sono
stati una buona fonte di rendimento,
soprattutto se utilizzati all’interno di un
portafoglio ben diversificato.
L’era buia e la rinascita
All’inizio del 2000 questo tipo di asset di
investimento ha subito due forti spallate: la
prima è arrivata con la febbre di Internet che
ha portato gli investitori a puntare su quelle
azioni che crescevano in fretta, a prescindere
da considerazioni come i fondamentali, le
prospettive industriali, la gestione e il vantaggio competitivo.
La seconda l’hanno tirata i prodotti strutturati
che, fra le pieghe di un’architettura spesso
molto complicata, facevano intravedere la
possibilità di rendimenti stellari. Gli investitori
hanno iniziato a pensare che non valesse la
pena investire nei titoli ad alta cedola e li
hanno fatti finire nell’ombra. Ma con le recenti
crisi finanziarie lo scenario è mutato completamente. Negli Stati Uniti a intervalli regolari
20 Morningstar Investor Settembre / Ottobre 2012
si parla di una nuova recessione, l’Europa è
alle prese con il problema del debito sovrano
di alcuni stati che può infettare l’economia
globale mentre in Cina si cerca il sistema di
far viaggiare un motore che rischia di andare
fuori giri. Quando gli investitori osservano
questo scenario, si rendono conto che i loro
bisogni sono diversi da quelli degli anni ’90
e 2000. Oggi cercano una fonte di guadagno
stabile e l’apprezzamento dei capitali impiegati. Elementi che possono essere ottenuti
inserendo in portafoglio le azioni che pagano
alti dividendi.
In giro per dividendi
Secondo uno studio di Intesa Sanpaolo il
mercato italiano continua a offrire valutazioni
interessanti sotto questo profilo, con un valore
stimato pari al 4,48% per il Ftse/Mib (media
2012-13). Decisamente più contenuta è la
stima sul mercato statunitense, con il dividend
yield atteso per l’S&P500 che si attesta al
2,28%. A livello geografico, comunque, la preferenza rimane per il mercato europeo,
con una stima per l’indice Eurostoxx di un
rendimento medio 2012-13 pari al 4,24%,
nono-stante il difficile contesto congiunturale
che sta portando molti gruppi a ridimensionare la propria politica di distribuzione degli
utili. Analizzando poi lo spaccato settoriale
europeo, valori elevati sono attesi ancora
per il telefonico (6,46%), complici in questo
caso anche i prezzi estremamente contenuti
raggiunti da molti titoli del settore, compensati però da payout (il rapporto fra gli utili
distribuiti e quelli conseguiti) e flussi di cassa
ancora interessanti. Superiori al benchmark
di riferimento restano le remunerazioni attese
per il settore utility (6,93%), bancario (5,42%)
e per l’energia (5,37%).
Cosa dice il dividendo
Bisogna però tenere in mente alcuni elementi.
Uno dei sistemi con cui le aziende distribuiscono i profitti agli azionisti è attraverso le
cedole. Si tratta spesso di società che hanno
terminato la fase di espansione e che dai
mercati vengono considerate sicure. Detto
questo, bisogna anche considerare che
ci sono molti gruppi che danno denaro ai
soci ma stanno ancora proseguendo nel
cammino della crescita.
E importante, inoltre, tenere a mente che la
politica dei dividendi di un’azienda può essere
una buona indicazione dei suoi punti di forza e
di debolezza. Ad esempio: non c’è la certezza
che una società sia in grado di mantenere
la crescita delle cedole che ha promesso. Un
esempio che fa già scuola in questo senso è
quello del gruppo energetico inglese BP che,
nel 2010, ha dovuto cancellare la distribuzione
dei dividendi a causa del disastro petrolifero
al largo del Golfo del Messico. Inoltre, una
società che dà ricche cedole ha meno capitale
da reinvestire per spingere la propria crescita.
ETF high dividend quotati su Borsa Italiana
Nome
ISIN
Rend. % da inizio anno
Rend. % a 1 anno
Rend. %
a 3 anni (annual.)
db x-trackers Euro STOXX Sel Div 30 1D
LU0292095535
-0.20
8.08
-2.17
db x-trackers STOXX Glb Sel Div 100 1D
LU0292096186
8.80
22.66
12.06
iShares DJ Asia/Pacific Sel Div 30 (IE)
IE00B14X4T88
20.70
26.77
14.11
iShares DJ US Select Dividend (DE)
DE000A0D8Q49
10.37
39.94
19.18
iShares EURO STOXX Select Dividend 30
IE00B0M62S72
2.55
8.27
-1.16
iShares FTSE UK Dividend Plus (IE)
IE00B0M63060
15.90
22.02
9.71
iShares STOXX Europe Select Div 30 (DE)
DE0002635299
3.02
9.29
3.02
Lyxor ETF EURO STOXX 50 Dividends
FR0010869529
2.94
-1.05
n.d.
Lyxor ETF STOXX Europe Sel Dividend 30
FR0010378604
5.21
10.12
1.34
SPDR S&P Emerging Markets Dividend ETF
IE00B6YX5B26
-0.80
n.d.
n.d.
SPDR S&P Euro Div Aristocrats ETF
IE00B5M1WJ87
n.d.
n.d.
n.d.
SPDR S&P US Dividend Aristocrats ETF
IE00B6YX5D40
13.03
n.d.
n.d.
Dati in euro al 20 agosto 2012 | Fonte: Morningstar Direct
Questo, a sua volta, può innescare un circolo
vizioso a causa del quale in futuro le sarà impossibile pagare alti dividendi. L’incapacità di
mantenere una crescita costante delle cedole,
tra l’altro, può essere indicatore di una società
con qualche problema di debito.
Un altro elemento da tenere in considerazione
è di tipo strettamente operativo. La strategia
di scegliere i titoli delle aziende con le cedole
più alte ha aiutato molti investitori a rimanere
a galla durante i periodi più neri delle crisi
finanziaria internazionale (come quella scatenata dai subprime). Il problema è che queste
azioni, proprio per la loro popolarità rischiano
poi di diventare troppo care rispetto a quanto
pagano periodicamente.
Occhio al prezzo
Quando un investitore pensa al suo portafoglio deve considerare soprattutto l’elemento
critico che lo caratterizza: il rendimento totale
che questo è in grado di fornirgli. E il fattore
che condiziona questa voce è, soprattutto, il
prezzo che è stato pagato per un’azione. Una
dinamica di questo tipo si è avuta sul finire
del 2010 quando, a livello globale, il 55%
delle aziende che davano un rendimento da
dividendo pari o superiore al 4%, era
sopravvalutato. Guardando, invece quelle che
davano uno yield di poco superiore allo zero e
fino al 4%, veniva fuori che il 58% di queste
era sottovalutato. Questo indicava che,
probabilmente, gli acquirenti si erano concentrati troppo sulle aziende con la cedola più alta
dimenticando il mercato nel suo complesso.
Con le cedole ci vuole pazienza
La strategia ideale è quella di considerare il
dividendo come un asset di investimento di
medio-lungo periodo. “I soldi che vengono
messi su questi titoli non ritornano in tasca
tutti nello stesso momento e quando vogliamo
noi”, dice John Peters, analista di Morningstar,
esperto di azioni ad alto dividendo.
“Per rivederli ci vorranno, nella migliore delle
ipotesi, un paio di anni. Se nel frattempo i
tassi di interesse avranno ripreso a salire,
alcune di queste azioni potrebbero perdere
valore, anche se staccano ricche cedole. Il
consiglio è quello di investire in maniera
graduale su questi asset, cercando di sfruttare
eventuali variazioni di prezzo”. Per seguire la
strategia della caccia ai dividendi si possono
utilizzare anche gli Etf (Exchange traded fund).
In questo caso, però, bisogna fare attenzione
alla composizione dell’indice che viene
replicato dal prodotto.
Teoricamente, infatti, un metodo semplice di
costruire un fondo high-yield è quello di selezionare i titoli per il loro rapporto dividendoprezzo, facendo in modo che le azioni con
cedole più alte siano anche quelle col peso
più importante. Tuttavia, questa strategia non
depura il portafoglio da quelle società che non
sono in gradi di sostenere una buona politica
dei dividendi in futuro.
Cosa c’è nel paniere
Un sistema più efficace è quello di selezionare
strumenti che si basano su un indice in cui
sono presenti società che hanno presentato
incrementi delle proprie cedole per almeno
10-20 anni. Ci sono poi panieri costruiti in
funzione dei dividendi effettivamente staccati
e non del rapporto tra questi e il prezzo.
Questo porta come conseguenza una maggiore
attenzione verso le imprese a più elevata
capitalizzazione, dato che di solito pagano
dividendi più elevati in termini assoluti. Questi
sistemi permettono di minimizzare i rischi
di quella che in Borsa viene chiamata “La
trappola dei dividendi”. Lo yield di un’azione è
dato dal rapporto fra dividendo e prezzo.
Un elevato rendimento, quindi, potrebbe
essere la conseguenza di prezzi molto bassi.
Ecco perché puntando troppo su questo
tipo di asset, si rischia di incappare in
titoli ormai bocciati dal mercato, o comunque
con basse prospettive di crescita, che
deprimono il valore totale del portafoglio. K
Marco Caprotti è editor&analyst di Morningstar Italy
Morningstar.it 21
Fisco
L’oro in dichiarazione: ecco come
Di Mario Bono
Le plusvalenze derivanti da cessione sono redditi diversi.
All’Unità di informazione finanziaria vanno dichiarate le transazioni
sopra i 12.500 euro.
La cessione di metalli preziosi è fiscalmente
rilevante considerato che l’articolo 67, comma
1, lettera c-ter) prevede che rientrino tra i
redditi diversi di natura finanziaria le
plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo
oneroso “di metalli preziosi, sempreché siano
allo stato grezzo o monetato”.
L’ambito applicativo
La disposizione non contiene alcuna indicazione sull’ambito oggettivo di applicazione e
cioè non elenca i metalli la cui cessione
determina plusvalenze imponibili.
Al fine di individuare i metalli oggetto della
disposizione si ritiene che si debba fare
riferimento all’articolo 1 del D.Lgs. 22 maggio
1999 n. 251 che elenca platino, palladio,
oro e argento.
I metalli preziosi attratti a tassazione devono,
inoltre, essere allo stato grezzo o monetato.
La circolare ministeriale n. 165/1998 – paragrafo 2.2.3 – ha chiarito che rientrano in
queste tipologie i lingotti, i pani, le verghe, i
bottoni e i granuli. La stessa circolare ha
specificato che sono escluse da tassazione le
plusvalenze realizzate con la cessione di
metalli preziosi lavorati come ad esempio i
gioielli. Ciò in quanto l’oggetto della cessione
non è il metallo prezioso ma il bene che è
stato ottenuto attraverso la lavorazione del
metallo stesso.
24 Morningstar Investor Settembre / Ottobre 2012
Analoghe conclusioni possono essere
raggiunte per quanto riguarda gli oggetti di
antiquariato e di argenteria.
Determinazione della plusvalenza
Ai sensi del comma 6 dell’articolo 68 del Testo
unico le plusvalenze da assoggettare
all’imposta sostitutiva devono essere
determinate in modo analitico. Esse sono
costituite dalla differenza tra il corrispettivo
percepito ed il costo (ovvero il valore)
d’acquisto, aumentato di ogni onere inerente
alla loro produzione. Per tali redditi – come
peraltro per tutti i redditi diversi di natura
finanziaria – vale il criterio di tassazione
per cassa.
Sempre ai fini della determinazione della
plusvalenza si deve tenere presente che:
- in base all’articolo 68, comma 6, il costo o
valore di acquisto è documentato a cura del
contribuente;
- in base all’articolo 68, comma 7, lettera d),
per le cessioni di metalli preziosi, in
mancanza della documentazione del costo di
acquisto, le plusvalenze sono determinate in
misura pari al 25 per cento del corrispettivo
della cessione;
- in base all’articolo 67, comma 1 bis del Testo
unico, agli effetti dell’applicazione delle
lettere c), c-bis) e c-ter) del comma 1, si
considerano ceduti per primi i metalli preziosi
acquisiti in data più recente;
Si sottolinea, infine, che le plusvalenze e le
minusvalenze in discorso, essendo inserite
nella lettera c-ter) del comma 1 dell’articolo 67
del Testo unico, rientrano nella “massa” dei
redditi diversi costituita dalla somma algebrica
delle plusvalenze e delle minusvalenze
derivanti dalla cessione a titolo oneroso di
partecipazioni non qualificate (articolo 67,
lettera c-bis) e dalla cessione a titolo oneroso
ovvero dal rimborso di titoli non rappresentativi di merci, di certificati di massa, di quote di
partecipazione ad organismi d’investimento
collettivo, di metalli preziosi allo stato grezzo o
monetato e dalla cessione a termine di valute
estere o rivenienti da depositi e conti correnti
(articolo 67, lettera c-ter), nonché dai redditi e
dalle perdite derivanti da contratti derivati
(art. 67, lett. c-quater) e dalle plusvalenze e
altri proventi derivanti dalla cessione
di crediti pecuniari, di contratti produttivi di
redditi di capitale e di strumenti finanziari e,
infine, dai proventi costituiti dai differenziali
positivi dei contratti aleatori (articolo 67,
lettera c-quinquies).
Modalità di tassazione
Il sistema di tassazione dei redditi diversi di
natura finanziaria di cui all’articolo 67 TUIR,
differenti dalle plusvalenze derivanti da
cessioni di partecipazioni qualificate, si basa
sull’applicazione di un’imposta sostitutiva. A
tale fine sono previste tre diverse discipline,
coordinate e collegate fra di loro per operare
la tassazione in capo ai soggetti diversi dalle
imprese. Si tratta in particolare del regime
della dichiarazione (articolo 5 del D. Lgs.
461/1997), del regime del risparmio amministrato (articolo 6 del D. Lgs. 461/1997) e del
regime del risparmio gestito (articolo 7 del D.
Lgs. 461/1997).
Il regime della dichiarazione è il regime
naturale per i soggetti diversi dalle
imprese mentre gli altri due regimi sono
a carattere opzionale.
È possibile che il contribuente opti per il
regime del risparmio amministrato ai sensi
dell’articolo 6 del D. lgs. 461 del 1997 (v.
anche la circolare 165/E del 1998, par. 3.3.1 e
Dm. 22 maggio 1998) a condizione che
l’intermediario abbia assunto l’incarico di
amministrare i beni in discorso.
Comunicazioni previste dalla Legge 17
gennaio 2000, n.7
La disciplina del mercato dell’oro dispone, a fini
di prevenzione e contrasto del riciclaggio,
l’obbligo di dichiarare le operazioni di importo
pari o superiore ai 12.500 euro, relative a
transazioni in oro da investimento e in materiale
d’oro ad uso prevalentemente industriale.
In particolare ai sensi del comma 2
dell’articolo 1 della Legge 17 gennaio 2000 n.
7 chiunque dispone o effettua il trasferimento
di oro da o verso l’estero, ovvero il commercio
di oro nel territorio nazionale ovvero altra
operazione in oro anche a titolo gratuito, ha
l’obbligo di dichiarare l’operazione all’Ufficio
italiano dei cambi, qualora il valore della
stessa risulti di importo pari o superiore a
12.500 euro.
L’Ufficio italiano cambi (ora Unità di informazione finanziaria, Uif) con provvedimento del 14
luglio 2000 ha chiarito – articolo 2 – che
oggetto della comunicazione sono:
Ola compravendita, il prestito d’uso, il
conferimento in garanzia e qualsiasi altra
operazione non finanziaria in oro;
Ola consegna materiale di oro nel compi-
mento di operazioni finanziarie su oro;
Oil trasferimento di oro al seguito da o verso
l’estero, al di fuori dei casi di esecuzione
delle operazioni di cui ai punti precedenti.
Per le operazioni rientranti nel primo gruppo
(ad esempio la compravendita, il prestito d’uso,
ecc ..) la dichiarazione deve essere effettuata
dal venditore, dal soggetto che concede in
prestito, dal garante o dal soggetto che a
qualsiasi titolo si rende cedente dell’oro. Nel
caso di operazioni compiute con l’estero,
la dichiarazione deve essere effettuata dalla
parte residente. Per le operazioni di cui
al secondo gruppo, gli intermediari finanziari
effettuano la dichiarazione per l’oro materialmente consegnato o ricevuto. Per le operazioni
con l’estero, la dichiarazione deve essere
effettuata da chi ha il possesso dell’oro.
La dichiarazione, debitamente compilata e sottoscritta, deve essere trasmessa all’Uif entro
la fine del mese successivo a quello nel quale
l’operazione è stata compiuta. Le operazioni
del medesimo tipo compiute con la stessa controparte nell’arco di un mese formano oggetto
di un’unica dichiarazione nella quale deve
essere indicato il numero delle operazioni, la
quantità complessiva dell’oro negoziato e il
relativo valore.
Nei casi di operazioni di trasferimento al
seguito verso l’estero la dichiarazione deve
essere effettuata e trasmessa all’Uif prima del
trasferimento stesso. Copia della dichiarazione
e del documento che ne attesta l’avvenuta
trasmissione all’ Uif devono accompagnare l’oro.
La dichiarazione deve essere conservata per
dieci anni insieme alla documentazione
utilizzata per la predisposizione.
Ai sensi dell’articolo 4, comma 2 della citata
legge n. 7/2000 le violazioni dell’obbligo di
dichiarazione sono punite con la sanzione
amministrativa da un minimo del 10% ad un
massimo del 40% del valore negoziato. K
La guida alle decisioni di investimento
Novembre/dicembre 2012
I nuovi emergenti
Investire sui mercati di frontiera: le
prospettive economiche e finanziarie,
le opportunità e gli strumenti.
Le differenze dai “quasi emersi”
e il rapporto con l’occidente. Il ruolo
nel portafoglio.
Saranno presto disponibili su
Morningstar.it i temi del 2013.
Per informazioni sulla pubblicità
contattare [email protected]
Edizione stampata limitata
Sfoglia il magazine in versione digitale
su www.morningstar.it
Mario Bono è dottore commercialista e revisore
contabile dello Studio Associato Piazza
Morningstar.it 25
Asset Allocation
I beni rifugio hanno il timer
Di Marco Frittajon
Le strategie di portafoglio sono sensibili alle correlazioni tra
gli asset, le quali sono dinamiche. Oro, petrolio, bond e valute non
sono porti sicuri per tutti gli investitori allo stesso modo.
Un bene rifugio è tale quando gli investitori di
concerto associano ad esso delle proprietà di
conservazione o crescita di valore nel tempo
quando vi è il panico nelle classiche asset
class. Insomma vi è un forte elemento
psicologico e comportamentale. Treasury, oro,
petrolio, valute come il franco svizzero, sono
alcuni degli strumenti più citati. Se l’obiettivo
è quello di proteggere il portafoglio dagli
effetti negativi di un eccessiva volatilità dei
mercati, da ondate epidemiche di deprezzamenti e strozzature nei canali monetari, allora
forse è utile avere una fotografia realistica
delle possibilità che gli attuali strumenti di
investimento offrono.
Hedge, diversificazione o safe haven?
Un asset si può definire un hedge (forte o
debole) se in media ha rendimenti negativamente correlati (o non correlati) con quelli di
un altro asset in portafoglio. Un asset, invece,
si dice che incrementa la diversificazione di
portafoglio se esso ha in media rendimenti che
sono positivamente (ma non perfettamente)
correlati con quelli di un altro asset. Infine
il bene rifugio (forte o debole) è tale se ha
rendimenti negativamente correlati (o non
correlati) con i rendimenti di un altro asset in
portafoglio in determinati periodi di tempo,
come nel caso di stress nei mercati finanziario.
Le strategie di portafoglio sono evidentemente
sensibili alla struttura delle correlazioni degli
asset finanziari, le quali hanno una natura
26 Morningstar Investor Settembre / Ottobre 2012
dinamica nel tempo. Il punto fondamentale,
dunque, è quello di verificare se esistono
o meno queste relazioni di protezione dai
movimenti (a ribasso) degli asset in portafoglio. Successivamente occorre valutare se e
quando ampliare l’universo investibile in modo
da permettere di usufruire di questo vantaggio,
tenendo sempre come saldo l’asset allocation
strategica imposta per il raggiungimento degli
obiettivi finanziari.
Un sempre più ricco filone di ricerche studia
le dinamiche dei rendimenti dei titoli sia in
periodi “normali” sia in periodi di movimenti
estremi. Il modello econometrico tipo per studiare le proprietà di protezione dai movimenti
avversi dei titoli in portafoglio e che permette
di analizzare cambiamenti nel livello delle
volatilità dei mercati, è una regressione che
contenga elementi contemporanei e ritardati
delle variabili di interesse (le asset class che
sono inserite in portafoglio), più le stesse
variabili ma condizionate al superamento di
una soglia (quantile) del 5% o dell’1%, questo
per studiare la proprietà degli stessi asset nel
caso di eventi estremi. Il modello si chiama
Generalised ARCH e può avere uno o più
repressori ed elementi di asimmetria, nonché
varie assunzioni sulla distribuzione condizionale degli errori.
Equazione 1 Modello GARCH(1,1) espresso da
due equazioni: la prima mette in relazione i
rendimenti delle varie asset class; la seconda
la dinamica della volatilità nel tempo
rgold,t=
a + b1rstock,t + b2rstock,t(q) + c1rbond,t + c2rbond,t(q) + ... + et
h2t = αe2t -1 + asymmetry + ßh2t -1
Gli elementi rasset,t(q) servono a misurare gli
shocks estremi nei mercati di interesse
(azionari e obbligazionari) che il modello
incorpora qualora il rendimento ecceda quello
del quantile di riferimento (evento estremo).
Bene rifugio? Dipende
Sulla capacità dell’oro di avere un ruolo di
bene di rifugio (o di hedge) ci sono molte conferme e studi specializzati. Sembra quindi che
il metallo giallo sia un asset da detenere in
portafoglio, sia nei periodi di calma (elemento
di diversificazione) sia durante le turbolenze
finanziarie (bene rifugio). In particolare la proprietà di avere una correlazione negativa vale
nei confronti dei titoli azionari che si hanno
in portafoglio. Generalmente si conferma
la relazione per l’investitore americano e
inglese; tuttavia la relazione non varrebbe per
l’investitore tedesco. In modo del tutto opposto
di verifica che l’oro non funge da hedge per
il mercato bond americano e inglese ma lo
fa per quello tedesco. L’elemento chiave, in
questo caso, è il riconoscimento da parte degli
investitori del ruolo di antivaluta. Analizzando
ulteriormente le correlazioni nelle fasi di
Tabella 1 Confronto fra tre portafogli con diversa allocazione in oro, valute e materie prime
10 Anni
Rendimento (%)
Volatilità (%)
Peso (%)
Azioni
Obbligazioni
Oro
Valute
Materie Prime
Ptf equipesato
7.57
7.17
20
20
20
20
20
Ptf (60/40)
4.76
11.18
60
40
0
0
0
Ptf Min Vol
6.78
4.53
7.37
18.92
14.52
55.64
3.55
Ptf equipesato
7.63
8.18
20
20
20
20
20
Ptf (60/40)
3.04
12.16
60
40
0
0
0
Ptf Min Vol
6.41
4.56
5.61
32.30
10.08
50.14
1.87
5 Anni
Ptf equipesato
12.68
7.24
20
20
20
20
20
3 Anni
Ptf (60/40)
13.53
9.00
60
40
0
0
0
Ptf Min Vol
6.55
3.84
13.51
27.51
4.93
52.08
1.97
Fonte: Morningstar Encorr ®
estrema volatilità, la fotografia cambia:
il segno negativo dell’oro è confermato e
significativo per tutti e tre gli investitori (in
particolare la relazione è fortemente negativa
per l’investitore inglese e tedesco, quindi parliamo di bene rifugio). Guardando al mercato
dei bond, nelle fasi estreme di mercato, la
correlazione è positiva a livello globale.
Il petrolio, dagli anni Novanta fino ai primi
del 2000, ha una correlazione pari a zero nei
confronti del dollaro. Un cambiamento significativo si ha a partire dal 2003 con un livello
di correlazione negativo. Questo coincide con
l’incremento del greggio a livello globale. Da
questo punto di vista, quindi, il petrolio ha forti
proprietà di hedge nei confronti della valuta
americana. Altri valori significativamente
negativi si hanno fra petrolio e mercato dei
bond ma con alcune interruzioni nei periodi
delle due Guerre del Golfo (1991 e 2003).
Ancora, il petrolio è generalmente poco
correlato con le azioni ma in periodi estremi
come il 1991 e 2008-09 notiamo un cambiamento nelle relazioni di dipendenza. Nel caso
dell’investitore inglese la relazione con il
petrolio è a due marce: positiva per tutti gli
anni Novanta e negativa a partire dal decennio
successivo. Elementi legati alla produzione e
consumo interno del greggio (la Gran Bretagna
è un paese esportatore di petrolio) ne fanno un
tema articolato.
Nella ricerca degli asset che hanno una correlazione negativa in periodi di forte volatilità dei
mercati azionari, non dobbiamo dimenticare il
tradizionale ruolo delle obbligazioni governative.
Effetti di portafoglio
L’inserimento del bene rifugio oro in portafoglio è potenzialmente fonte di benefici
sia di rendimento sia di diversificazione. Un
importante elemento di gestione di portafoglio
è quello di capire se esiste un effetto di trend
di breve periodo a seguito di shock sul mercato
azionario. In altre parole si vuole verificare
come l’oro performa nei periodi compresi fra
due eventi estremi o crisi nel mercato dei titoli
azionari. Non esiste una regola fissa, anzi, gli
effetti variano geograficamente.
Negli Stati Uniti e nel Regno Unito si nota che
il giorno seguente uno shock estremo (oltre il
5% del quantile), l’oro performa positivamente.
L’effetto si riduce portandosi a zero nei successivi quindici giorni. Non è documentato alcun
effetto positivo sul prezzo dell’oro a seguito di
shock sul mercato azionario tedesco.
Questo elemento porta a considerare di breve
durata gli effetti di trading sull’oro, quindi
quelli generati dalla caccia all’oro a seguito
di forti chiusure in negativo delle borse valori
(riposizionamenti tattici). Inoltre mostra che
gli investitori escono dall’oro una volta che il
mercato abbia ritrovato fiducia sui fondamentali e che la volatilità sia rientrata.
Per quanto riguarda, invece, gli investimenti
di lungo periodo, si dimostra la presenza di
effetti di diversificazione dovuti all’inserimento
di strumenti di investimento quali oro, commodity e valute. La classica composizione di
un portafoglio bilanciato con ribilanciamento
costante (60% azionario e 40% obbligazionario) viene messo a confronto con due
portafogli più diversificati, ancorché diversi nel
metodo di allocazione delle risorse: un primo
portafoglio (equipesato) agnostico ad ogni tipo
di ottimizzazione che quindi pesa allo stesso
modo azioni, obbligazioni, oro, valute e materie
prime; il secondo, invece, che mira solo alla
minimizzazione della volatilità. La tabella
mostra che il portafoglio 60/40 sottoperforma
i due portafogli concorrenti ed inoltre ha una
volatilità superiore. Questo risultato empirico è
a sostegno della validità del principio di diversificazione anche e soprattutto in un ambito di
asset allocation strategica di lungo periodo. K
Marco Frittajon è research analyst indipendente
Morningstar.it 27
Analisi Morningstar
Il rischio di controparte si vede
Di Jose Garcia-Zarate
Gli emittenti di Etf hanno aumentato la trasparenza, anticipando
le linee guida dell’Esma. Per quanto riguarda le garanzie,
fondamentale la qualità del collaterale.
La forte crescita del mercato degli Etf (Exchange traded funds) ha attirato l’attenzione
dei regolatori, degli istituti di ricerca e dei media. Questo fenomeno ha due facce. L’aspetto
positivo è che il concetto di “investimento
passivo” si è affermato tra gli investitori.
L’aspetto negativo è che, come spesso accade
quando ci si accinge a studiare qualcosa di
nuovo, alcune analisi sono state poco rigorose.
Spesso l’industria degli Etf è stata attaccata
per questioni che, in realtà, riguardano il
settore dei fondi nel suo complesso.
Indipendentemente dal fatto che sia attivo o
passivo, l’investimento implica l’assunzione
di rischi in cambio dell’aspettativa di un rendimento. Semplificando, si possono distinguere
due ampie categorie di rischio: di investimento
e strutturale. Il rischio di investimento è
relativo alla performance di mercato, mentre
quello strutturale si riferisce alla struttura
del prodotto.
Mentre il primo è inevitabile, il secondo
dovrebbe essere una questione di scelta personale. Il compito delle autorità di regolamentazione, dei consulenti finanziari e dei media è
di assicurare agli investitori l’accesso a tutte
le informazioni necessarie per scegliere in
modo consapevole. Il diritto – alcuni direbbero
obbligo – degli investitori è di comprendere
la natura dei rischi strutturali e valutare se la
protezione e il ritorno siano adeguati.
28 Morningstar Investor Settembre / Ottobre 2012
Il rischio più comunemente evidenziato
relativo alla struttura degli Etf – che colpisce
anche molti altri strumenti finanziari – è il
rischio di controparte, ossia il rischio che
l’altro soggetto in un contratto finanziario, non
adempia ai suoi obblighi. Ci sono due tipologie
nel caso degli Etf: l’uso di swap nei cosiddetti
Etf sintetici e il rischio derivante dal prestito
titoli praticato da alcuni provider di Etf fisici.
L’impiego di swap in Etf sintetici
Gli Etf sintetici replicano la performance
dell’indice sottostante attraverso un contratto
swap. Come tale, il rischio di controparte è
intrinseco alla loro struttura e gli investitori
sono esposti sempre – almeno teoricamente –
al rischio che la controparte dello swap non riesca a garantire la performance dell’indice. In
linea di massima gli investitori in Etf sintetici
sono compensati da commissioni di gestione
relativamente più basse e da una replica più
fedele rispetto agli Etf fisici.
però, la maggior parte degli emittenti di Etf
sintetici coprono volontariamente l’intera
esposizione allo swap o sono sovracollateralizzati. Queste misure sono state prese in parte
in seguito alle forti critiche a questi strumenti
mosse nel corso del 2011, ma il risultato finale
è stato che gli investitori hanno ricevuto maggiore protezione. Parallelamente, gli emittenti
hanno fatto anche molti passi in avanti in
termini di trasparenza. Per esempio, è ormai
diffusa la pubblicazione online della composizione – per lo più su base giornaliera - dei
panieri del collaterale o del basket sostitutivo.
C’è una serie di procedure regolamentari
e volontarie che gli emittenti di Etf sintetici
mettono in atto per tutelare gli investitori.
Il prestito titoli negli Etf a replica fisica
Il prestito titoli è quel processo che vede il
prestito di asset a una parte terza in cambio
di un compenso. Alcuni emittenti di Etf fisici
ricorrono a queste operazioni con l’obiettivo
di generare rendimenti che possano, in parte
o in alcuni casi completamente, compensare
gli scostamenti dal benchmark derivanti dalle
commissioni di gestione e da altre fonti di
tracking error. Il rischio di controparte in questo contesto deriva dal fatto che chi prende in
prestito i titoli potrebbe non restituirli.
Secondo la normativa Ucits, l’esposizione
netta al rischio di controparte per ogni singolo
emittente attraverso un derivato (uno swap ad
esempio) non può superare il 10% del Nav (net
asset value). Ciò significa che il 90% dell’Etf
deve essere collaterizzato (garantito). In realtà,
È importante sottolineare che, a differenza
dello swap negli Etf sintetici, il prestito titoli
non è una pratica necessaria per replicare
l’andamento dell’indice sottostante. Piuttosto,
il suo scopo è migliorare la performance. Di
conseguenza, l’esposizione degli investitori a
Etf, livelli di trasparenza e tutela dell’investitore
Emittente ETF
Amundi
Trasparenza:
Regolare disclosure*
Protezione dell’investitore:
Policy di piena collaterizzazione
July 2011
Now
July 2011
Now
•
•
Credit Suisse
•
•
•
•
db X-trackers Funded
•
•
•
•
db X-trackers Unfunded
•
•
•
•
ETF Securities
•
•
iShares
•
•
•
•
•
•
Ossiam
N/A
•
N/A
PowerShares
N/A
•
N/A
•
•
•
•
•
•
EasyETF - Altri (non Etf azionari)
Lyxor
RBS Market Access
Source
UBS
* pubblicazione sul sito dell’emittente giornaliera o settimanale del paniere sostitutivo o collaterale
Fonte: Synthetic ETFs Under the Microscope: A Global Study, Morningstar, Maggio 2012
questo rischio è una libera scelta del gestore.
Tuttavia, la scelta di assumere tale rischio
dovrebbe, in ultima battuta, essere valutata
dall’investitore stesso. Di qui, la necessità di
un maggiore grado di trasparenza da parte
degli Etf che adottano questa strategia sulle
garanzie e i benefici del prestito titoli.
Nell’ultimo anno ci sono stati miglioramenti
in tal senso, anche se il grado di trasparenza
non è ancora ottimale. Secondo uno studio
Morningstar, tutti gli emittenti di Etf fisici che
praticano queste operazioni adottano strategie
di garanzia o sovra-collaterizzazione.
È anche fondamentale notare che, mentre non
sussiste un limite normativo all’ammontare
che un fondo può prestare, alcuni provider
hanno volontariamente adottato dei tetti
massimi. Allo stesso tempo, dal lato dei benefici, le linee guida pubblicate a luglio 2012
dall’Esma hanno stabilito che tutte le entrate
derivanti dal prestito titoli, al netto dei costi
operativi diretti e indiretti, che devono essere
esplicitamente indicati nel prospetto informativo, devono essere restituite al fondo.
Il fattore decisivo è la qualità del
collaterale
L’aspetto quantitativo del collaterale è importante e la regola che va per la maggiore è “Più
è, meglio è”. Tuttavia, in caso di fallimento
della controparte, il grado di compensazione
non è determinato dalla quantità, bensì dalla
qualità del collaterale, che deve essere buona
per liquidarlo velocemente a un prezzo equo.
Però, la valutazione della qualità non è affatto
semplice. L’Esma ha previsto un numero
piuttosto significativo di linee guida in tema
di qualità dei collaterali, sia per gli Etf fisici
sia per i sintetici, ma non ha fornito una lista
degli asset idonei. Se ci sforzassimo, tutti noi
saremmo in grado di elaborare una classificazione approssimativa degli asset, sulla base
della percezione di sicurezza. Ma la qualità
dipende fondamentalmente dalle “circostanze
di mercato”, che il regolatore probabilmente
non si è sentito di poter prendere pienamente
in considerazione.
I criteri dell’Esma
Nonostante l’assenza di un elenco specifico
di asset, i criteri guida stabiliti dall’Esma sono
sufficientemente completi da garantire tutela
agli investitori. Fattori quali l’elevata liquidità,
un alto rating creditizio, una politica dei prezzi
trasparente, la valutazione giornaliera sulla
base dei prezzi di mercato e il divieto assoluto
o severe limitazioni al reinvestimento
consentono di minimizzare i rischi di non
liquidare il collaterale. Inoltre, l’Esma chiede
anche che il collaterale sia sufficientemente
diversificato in termini di paesi, mercati
ed emittenti e che non abbia un’alta correlazione con la controparte.
Meglio avere le idee chiare
Indipendentemente da quale sia la causa,
ciò che conta è che gli investitori siano
consapevoli del rischio che si assumono. A
tal proposito, l’industria degli Etf ha fissato
elevati standard di trasparenza, di molto
superiori a quelli applicati dal comparto dei
fondi comuni di investimento. In più, l’ha fatto
volontariamente e l’autorità regolamentare
ha semplicemente sancito ciò che era già
diventato prassi comune. K
Jose Garcia-Zarate è senior Etf analyst di Morningstar
La Ricerca Morningstar
Sugli ETF
Il team di analisti sugli Etf di Morningstar ha
pubblicato negli ultimi anni diversi studi sui
replicanti. In particolare, segnaliamo il rapporto
“Synthetic ETFs Under the Microscope: A Global
Study, Morningstar, Maggio 2012”.
Per quanto riguarda, il prestito titoli, il report
più aggiornato è “Securities lending in Physical
replication ETFs”. Sul sito Morningstar.it sono
disponibili le sintesi e gli interi studi.
Morningstar.it 29
Analisi Morningstar
Treasury e Bund negli Etf
Di Azzurra Zaglio
I replicanti danno un’esposizione diversificata e liquida.
Per gli investitori europei, il rapporto di cambio è importante
se si scelgono i governativi americani.
I Treasury americani e i Bund tedeschi attraggono gli investitori perché considerati “porti
sicuri”. Nonostante la perdita della tripla A da
parte degli Stati Uniti, in seguito al downgrade di Standard & Poor’s, i titoli governativi
statunitensi hanno mantenuto il loro status di
asset class rifugio per antonomasia. Così come
a livello europeo i titoli governativi tedeschi,
i Bund, sono il porto sicuro per eccellenza in
situazioni di aumento dell’avversione al rischio.
Replicanti sui titoli di stato
Con gli Etf, è possibile avere un’esposizione
diversificata ai titoli governativi tedeschi
e americani. Gli indici replicati generalmente
comprendono le emissioni più liquide e di
maggiori dimensioni in termini di circolante. I
rendimenti degli Etf sui Treasury, a differenza
di quelli sui Bund, risentono del cambio euro/
dollaro che condiziona la performance finale
per l’investitore europeo. Questi strumenti
sono premianti soprattutto in fasi di espansione monetaria, con tassi di interesse in calo
e inflazione contenuta. Lo sono meno in fasi
di espansione economica, in quanto i tassi
di riferimento possono salire con significative
ripercussioni sul valore dei prezzi delle obbligazioni in circolazione, che vengono vendute
per comprare quelle con cedole più ricche. La
banca centrale americana e quella tedesca
hanno mantenuto i tassi estremamente bassi
negli ultimi anni per stimolare l’economia e
l’uscita dalla crisi del debito sovrano in Europa.
Nel complesso, gli Etf obbligazionari, secondo
l’ultimo Etf Landscape di BlackRock , stanno
registrando mesi record di afflussi netti in
Europa. A maggio sono stati pari a 11 miliardi
di dollari, superiori al precedente record di 9,1
miliardi del gennaio 2012. Le stime di
iShares prevedono che nel prossimo decennio
il mercato globale degli Etf obbligazionari
crescerà di oltre i 2 mila miliardi di dollari
in termini di patrimonio gestito rispetto ai 302
miliardi odierni.
L’offerta in Italia
Sul mercato italiano gli Etf fixed income, legati
agli indici obbligazionari governativi Usa, sono
dieci. iShares, Credit Suisse e Lyxor offrono
Etf sui Treasury dalle diverse scadenze e due
inflation-linked. A differenza dei replicanti obbligazionari della zona Euro, questi espongono
gli investitori al rischio di cambio euro-dollaro,
che di conseguenza potrebbe condizionare il
rendimento finale. A loro favore hanno però
l’elevata liquidità dei sottostanti, che garantisce spread molto ridotti, e Ter (commissioni
annue) bassi che oscillano tra lo 0,12% e lo
0,25%. L’investimento in questi strumenti
permette di trarre vantaggio dall’aumento dei
prezzi dei titoli di stato statunitensi. Il rischio
a cui si espongono gli investitori, come
per gli altri governativi, è quello di variazione
dei tassi in seguito a politiche monetarie
restrittive. Tranne i due strumenti con una
scadenza a breve termine (1-3 anni) di Lyxor
e Credit Suisse, gli altri investono completamente in titoli del tesoro americano. Gli altri
due hanno comunque un ammontare di Treasury pari a 96,03 e 93,09%, rispettivamente
(dati Morningstar al 31 agosto 2012).
I Bund tedeschi, l’altro porto sicuro, sono i
titoli di Stato decennali della Germania. Le
obbligazioni tedesche vengono utilizzate, per
la loro solidità e affidabilità, come riferimento
dei titoli emessi dagli altri Paesi europei. Il
differenziale rispetto ai rendimenti dei Bund,
lo spread, misura infatti il grado di fiducia
degli investitori. In Borsa italiana sono quotati
cinque Etf, specifici sui Bund tedeschi, tutti
emessi da db x-trackers. Infatti, la loro quota
di Bund non scende mai al di sotto del 90%.
Per avere una elevata esposizione sui titoli
del governo tedesco, è possibile però anche
scegliere l’Etf di iShares (iShares Barclays
Cap Euro GovBd7-10) che offre ben il 65,05%
di esposizione sul debito tedesco.Il vantaggio
di investire in un Etf, piuttosto che andare sul
singolo titolo è, come abbiamo già detto, la
liquidità, e la possibilità di avere tagli flessibili:
posso investire anche 100 euro. Inoltre,
l’Etf sui titoli di Stato è comodo perché posso
mantenere la posizione un anno, due o tre
senza la necessità di rinnovare il titolo di volta
in volta alle varie scadenze. K
Azzurra Zaglio è editor di Morningstar Italy
Morningstar.it 31
Analisi Morningstar
Etf nel reddito fisso
Fonte: Morningstar Direct
I dati sono aggiomati al 31 agosto 2012 e sono calcolati in euro
ETF obbligazionari sui Treasury americani su ETFPlus di Borsa Italiana che investono in questa classe di
asset più del 50%
Nome Etf
Società emittente
ISIN
Ammontare netto (%)
Bund tedeschi
Lyxor ETF iBoxx $ Treasuries 10Y+
Lyxor International Asset Management
FR0010961003
100.00
CS ETF (IE) on iBoxx USD Govt 7-10
Credit Suisse Funds AG
IE00B3VWN518
100.00
iShares Barclays Cap $ Trsy Bd7-10 (IE)
iShares
IE00B1FZS798
100.00
Lyxor ETF iBoxx $ Treasuries 5-7Y
Lyxor International Asset Management
FR0010961011
100.00
CS ETF (IE) on iBoxx USD Govt 3-7
Credit Suisse Funds AG
IE00B3VWN393
100.00
iShares Barclays Cap $ Trsy Bd 1-3 (IE)
iShares
IE00B14X4S71
100.00
Ishares $ Tips
iShares
IE00B1FZSC47
100.00
Cs Etf (IE) on IBoxx USD Inflation (B)
Credit Suisse Funds AG
IE00B3VTPS97
100.00
Lyxor ETF iBoxx $ Treasuries 1-3Y
Lyxor International Asset Management
FR0010960955
96.03
CS ETF (IE) on iBoxx USD Govt 1-3
Credit Suisse Funds AG
IE00B3VWN179
93.09
ETF obbligazionari sui Bund tedeschi, su ETFPlus di Borsa Italiana, che investono in questa classe
di asset più del 50%
Nome Etf
Società emittente
ISIN
Ammontare netto (%)
Bund tedeschi
db x-trackers II iBoxx EUR Ger3-5 TRI 1D
db x-trackers
LU0613540854
99.11
db x-trackers II iBoxx EUR Germy 7-10 1D
db x-trackers
LU0730820569
98.79
db x-trackers II iBoxx EUR Germany 4%-D
db x-trackers
LU0643975161
96.44
db x-trackers II iBoxx EUR Germany 1D
db x-trackers
LU0468896575
96.44
db x-trackers II iBoxx EUR Grmny 1-3 1D
db x-trackers
LU0468897110
90.31
iShares Barclays Cap Euro GovBd7-10 (IE)
iShares
IE00B1FZS806
65.05
Morningstar.it 33
ETF Analysis
db x-trackers II iBoxx EUR Germany 1D
Aggiornato al 31 luglio 2012
L’Etf usa la replica sintetica. Il collaterale è attualmente costituito
da titoli di stato tedeschi. Il ter è in linea con la media.
L’Etf db x-trackers II iBoxx EUR Germany
Total Return Index offre agli investitori
un’esposizione al mercato dei titoli di stato
tedeschi, qualunque scadenza abbiano.
Date le preoccupazioni sulla qualità del
credito di alcuni emittenti sovrani
dell’Eurozona, gli investitori che desiderano
avere un’esposizione obbligazionaria in euro
possono trovare in questo Etf sul debito
tedesco uno strumento di investimento adatto
ad affrontare momenti volatili di mercato,
nonostante i rendimenti molto bassi offerti
attualmente dai titoli sovrani tedeschi.
Gli investitori possono anche valutare questo
Etf come copertura di quelle posizioni
obbligazionarie, che comprendono emittenti
più rischiosi, o come strumento per conservare
il capitale. Nonostante sia molto improbabile
un default tedesco, questo Etf con duration
media dei titoli in portafoglio è meno adatto
per obiettivi di conservazione del capitale
rispetto a un Etf a breve termine, che presenta
un minor rischio di investimento.
Essendo specializzato sui titoli di stato
tedeschi, l’Etf si presta anche per usi tattici,
come strumento di copertura. In particolare,
gli investitori con esposizioni obbligazionarie
in paesi dell’Eurozona, diversi dalla Germania,
o nel più ampio mercato europeo, possono
impiegarlo per controbilanciare il rischio.
34 Morningstar Investor Settembre / Ottobre 2012
Fondamentali
La crisi del debito sovrano dell’Eurozona è la
principale determinante delle attuali
dinamiche dei prezzi del mercato obbligazionario della zona Euro. Originariamente, i
mercati avevano ampiamente aderito alla
teorica nozione di convergenza economica tra i
paesi membri, consentendo agli spread dei
titoli governativi periferici di avvicinarsi a zero
rispetto ai Bund tedeschi.
La crisi, invece, ha dimostrato che l’assenza di
un rischio-Paese era una tesi sostanzialmente
erronea sin dall’inizio. A causa di questo
cambiamento, la Germania ha ottenuto
nuovamente il suo status pre-Euro di cuore
dell’Europa. Di conseguenza, i rendimenti dei
titoli tedeschi sono scesi ai minimi storici,
mentre gli spread dei bond tra i paesi,
soprattutto tra quelli periferici si sono ampliati
in modo significativo; in alcuni casi, tornando
ai livelli pre-Eurozona.
La Germania ha colto l’occasione per
riaffermarsi come àncora monetaria della
regione e ha cominciato a dirigere la politica
di governo verso la convergenza fiscale. Al
summit europeo del dicembre 2011, la
Germania e la Francia hanno stabilito un patto
fiscale, secondo il quale gli stati membri si
impegnavano a imporre severe politiche di
riduzione del deficit pubblico e misure di
austerity in tutta l’area. Tuttavia, queste
riforme richiedono tempi lunghi di attuazione
e sono state così intraprese azioni più
immediate per sedare l’incertezza dei mercati,
come per esempio le operazioni a lungo
termine di rifinanziamento, messe in atto dalla
Banca centrale europea.
Mentre, finora, l’economia tedesca ha retto
molto meglio rispetto alle altre, la recessione
dell’Eurozona ora sta cominciando a farsi
sentire. L’industria manifatturiera tedesca è in
calo per il quarto mese consecutivo, a causa
di una domanda minore di esportazioni da
parte dei partner commerciali europei e dalla
Cina. Inoltre, nonostante la relativa tenuta dei
consumi tedeschi nel primo trimestre, le
vendite al dettaglio sono diminuite per il
secondo mese consecutivo a maggio. Gli
economisti prevedono una contrazione del
Prodotto interno lordo (Pil), sulla base
dell’andamento del Pmi (Markit’s Purchasing
Manager Index), che misura, mensilmente, il
livello di espansione/contrazione della
produzione nazionale e secondo il quale una
lettura superiore a 50 indica espansione.
Storicamente, il Pmi è stato fortemente
correlato alla crescita del Pil. Nel mese di
giugno, il Pmi tedesco misurava 48,1, rispetto
al 49,3 del mese di maggio, la più forte
diminuzione della produzione del settore
privato in tre anni. Nel frattempo, il recente
Markit Flash Estimate ha rivelato che la
produzione tedesca per il mese di luglio è
scesa ulteriormente e più velocemente,
toccando i 47,3 punti.
db x-trackers II iBoxx EUR Germany 1D
db x-trackers II iBoxx EUR Germany 1D
Le prospettive la zona euro rimangono molto
incerte, come ha dimostrato la serie di
abbassamenti del rating da parte di S&P a
gennaio, inclusa la perdita della tripla A da
parte di Francia, Austria e Efsf. Dalla metà del
2011 la Bce ha cambiato politica e ha tagliato
i tassi di interesse a breve termine e a 3 anni
fino allo 0,75%, mentre il tasso di inflazione si
aggira intorno al 2,4% (al 31 luglio 2012).
Struttura dell’indice
L’indice Deutsche Borse iBoxx Euro Germany è
prodotto e diffuso dalla Borsa tedesca.
L’indice fornisce un’esposizione all’intero
segmento temporale dei titoli sovrani tedeschi
ed è ponderato in base alla capitalizzazione
di mercato. Gli elementi costitutivi dell’indice
devono essere bond obbligazionari con una
scadenza minima di almeno un anno, al
momento del ribilanciamento, e devono
ammontare almeno a due miliardi di euro. I
titoli di stato tedeschi che soddisfano questi
criteri sono inclusi nell’indice e ponderati
sulla base del circolante. L’indice è calcolato
sulla base del rendimento totale. Le quotazioni
sono calcolate in tempo reale secondo i
migliori valori bid/ask espressi da grandi
gruppi bancari o market maker. L’indice
è ribalanciato mensilmente, all’ultimo giorno
del mese.
Struttura del prodotto
db x-trackers utilizza la replica sintetica per
seguire l’andamento dell’indice Deutsche
Borse iBoxx Euro Germany. Il paniere
collaterale è costituito principalmente da titoli
governativi e corporate dell’Eurozona.
Ad oggi, è formato soltanto dei migliori titoli
di stato tedeschi. In linea di massima, db
x-trackers stabilisce dei limiti generici sulle
varie categorie di asset in cui il fondo può
investire. Tuttavia, questi limiti non sono fissi
e possono essere modificati in base al
contesto di mercato. Una volta fissato il
10,6
10,4
10,2
10K
02/2012
03/2012
04/2012
05/2012
06/2012
07/2012
08/2012
09/2012
Fonte:Morningstar Direct
paniere, l’emittente stipula un contratto swap
con Deutsche Bank e scambia la performance
del paniere con quella del benchmark.
Secondo le normative Ucits III, l’esposizione
individuale al rischio di controparte ha un
limite del 10% del Nav del fondo. In sostanza,
poiché db x-trackers fa parte di Deutsche Bank,
il rischio di controparte rimane in seno allo
stesso gruppo finanziario.
Secondo la nostra ricerca, nel caso di Etf
obbligazionari, db x-trackers reimposta lo
swap, azzerandolo quando l’esposizione alla
controparte raggiunge il 5% del Nav e/o in
ogni caso di generazione o riscatto delle quote.
La frequenza di ribilanciamento dello swap
può essere giornaliera. In questo momento, db
x-trackers ha deciso di non praticare il prestito
titoli, limitando in questo modo il rischio di
controparte correlato. Il fondo distribuisce
dividendi annualmente, nel mese di luglio.
L’Etf è stato lanciato nel mese di ottobre 2007,
è domiciliato in Lussemburgo e l’euro è la sua
valuta base.
Commissioni
db x-trackers applica commissioni annue (Ter)
pari a 0,15%, in linea con gli Etf della categoria.
Alternative
Ad oggi, questo Etf è il terzo più popolare in
Europa tra quelli che replicano titoli di stato
tedeschi, in termini di asset gestiti (174 milioni
di euro) ed è, per ora, il solo Etf sintetico che
replica l’intero spettro di scadenze della curva
del debito sovrano tedesco.
Il primo posto in termini di asset gestiti è
occupato dall’Etf a replica fisica di iShares
(iShare eb.rexx Government Germany).
Quest’ultimo ha un Ter dell’0,15% e replica
l’indice eb.rexx Government Germany TR, che
consta di 25 componenti. Al secondo posto c’è
l’Etflab Dt Boerse Eurogov Germany, con asset
di circa 513 milioni di euro e replica un indice
dei 15 più scambiati bond governativi tedeschi.
Gli investitori che cercano alternative più
liquide, disposti però esporsi maggiormente
sulla regione, possono prendere in considerazione il Lyxor EuroMts Macro-Weighted AAA
Government Bond, dalle commissioni annue
pari a 0,165%. L’Etf replica un indice
ponderato sui fondamentali dei titoli e copre
l’universo del mercato governativo
dell’eurozona a tripla A. A seguito del
downgrade di S&P del rating di Francia e
Austria, il fondo dovrebbe effettuare un
sostanziale riequilibrio del proprio portafoglio
per rispettare i criteri rigorosi dei rating sui
quali è costruito l’indice di riferimento. Il peso
statistico della Germania su questo indice
potrebbe aumentare a circa il 75-80% (dal
45% attuale), con la restante parte suddivisa
tra Paesi Bassi e Finlandia, uniche due nazioni
della regione rimaste con la tripla A. K
Lee Davidson è Etf analyst di Morningstar
Morningstar.it 35
ETF Analysis
iShares Barclays Capital $ Treasury Bond 1-3
Aggiornato al 28 giugno 2012
L’Etf adotta la replica fisica. E’ un’alternativa alla liquidità per la
parte centrale di un portafoglio di investimento.
L’Etf iShares Barclays Capital Us Treasury Bond
1-3 offre agli investitori un’esposizione alla
performance dei titoli di stato statunitensi con
una scadenza a breve termine. Gli investitori
non statunitensi devono tenere conto che si
tratta di un prodotto denominato in dollari. Per
questo motivo, il suo miglior uso può essere sia
per diversificare un portafoglio con
un’esposizione geografica americocentrica, sia
come copertura a titoli obbligazionari non US.
In entrambi i casi, ma soprattutto in quest’ultimo
in cui l’Etf gioca un ruolo tattico, bisogna
prendere in considerazione il fattore cambio.
Le scadenze brevi dei titoli, la scelta di
strumenti finanziari molto liquidi e le basse
probabilità di un default sovrano statunitense,
fanno di questo Etf un’alternativa alla liquidità
per la parte core dei portafogli degli investitori
non statunitensi. Anche se i fondamentali
attuali sono caratterizzati da rendimenti molto
bassi, la ricerca di sicurezza ha permesso a
questo fondo di avere rendimenti nominali
sopra i tassi di riferimento del mercato
monetario degli Stati Uniti nel corso degli
ultimi anni.
L’Etf può anche svolgere un ruolo tattico come
strumento satellite per gestire il rischio di
tassi di interesse dei titoli obbligazionari con
duration maggiori. Il focus dell’Etf sul tratto
della curva a breve scadenza permette di
ridurre l’esposizione alla crescita dei tassi di
36 Morningstar Investor Settembre / Ottobre 2012
interesse. Questo uso è più adatto per gli
investitori istituzionali, dal momento che
richiede un monitoraggio degli sviluppi
economici e le loro implicazioni sulla politica
monetaria statunitense della Federal Reserve.
Fondamentali
La ripresa economica degli Stati Uniti sta
procedendo a un ritmo moderato. Nonostante
il miglioramento, i consumi domestici
rimangono bassi, causa l’incertezza sul fronte
del lavoro e immobiliare. La crescita del
settore privato, anche se in un trend positivo
con il supporto della domanda esterna, non è
ancora in grado di generare nuovi posti di
lavoro sufficienti a consentire una riduzione
sostanziale e duratura del tasso di disoccupazione. Il costo del capitale è migliorato, in
particolare per le società di grandi dimensioni,
in grado di accedere a finanziamenti storicamente a tassi bassi. Tuttavia, in termini
generali, le misure di fiducia, sia dei consumatori che delle aziende, rimangono sotto la
media storica. In generale, le previsioni
dell’economia globale sono inclinate al
ribasso, con i problemi nell’Eurozona che sono
la causa principale di preoccupazione.
In questo contesto globale, la Fed sta
attuando una politica monetaria accomodante,
con i Fed Fund mantenuti in un range di
0,00-0,25%, dal dicembre 2008. Negli ultimi
mesi, la Fed sta continuando a ritenere che le
condizioni economiche attuali e future sono
tali da giustificare i livelli eccessivamente
bassi dei tassi, almeno fino verso la fine del
2014. La relativa debolezza dei consumi
domestici, l’assenza di pressioni salariali
dirette e una certa pressione al ribasso sui
prezzi del petrolio stanno contribuendo a
mantenere sotto controllo l’inflazione. Il Fomc
sottolinea che tanto il livello attuale
dell’inflazione, quanto le aspettative nel lungo
termine rimangono al di sotto delle stime.
Ulteriori stimoli di politica monetaria,
indirizzati a sbloccare i canali di prestito
finanziario ed evitare una trappola deflazionistica sono stati attuati attraverso il Quantitative easing. Questo programma si è concluso
nel giugno 2011 e si stima che la Fed abbia
oltre 2 trillioni di dollari in T-bond (titoli del
tesoro americano) e in titoli garantiti su mutui.
Nel settembre 2011, la Fed ha approvato un
nuovo ciclo di stimoli, sotto il nome di
Operazione Twist, in base alla quale la Fed
pianificava di vendere 400 miliardi di dollari di
asset detenuti con una scadenza di almeno tre
anni e acquistarne un somma uguale con
scadenza residua di 6-30 anni. Durante la
riunione del mese di giugno, a causa delle
persistenti difficoltà del mercato finanziario, il
Fomc ha deciso di estendere l’Operazione
Twist con un ulteriore iniezione di 267 miliardi
di dollari, da completarsi entro la fine del 2012.
Sebbene queste politiche avrebbero potuto
esercitare una certa pressione al ribasso sulla
parte corta della curva, la combinazione di
fattori congiunturali globali e, ancora più
importante, di flussi in fuga dalla crisi
dell’Eurozona ha fornito solido sostegno al
mercato dei titoli di stato statunietensi. Gli
investitori globali sono convinti che la Fed
rimanga disposta a continuare a fare la parte
di “mutuatario di prima istanza” per il mercato
dei T-bond americani. È lecito ritenere che
qualsiasi ulteriore peggioramento delle
condizioni finanziarie a livello globale
porterebbe flussi sui Treasury, con conseguente rivalutazione del capitale.
iShares Barclays Capital $ Treasury Bond 1-3 (IE) (EUR)
K
iShares Barclays 1-3 Year Treasury Bond
11
10,5
10
02/2012
03/2012
04/2012
05/2012
06/2012
07/2012
08/2012
09/2012
Fonte:Morningstar Direct
Struttura dell’indice
L’indice Barclays Us Treasury 1-3y Term è
prodotto da Barclays Capital. L’obiettivo
dell’indice è di misurare la performance di
titoli emessi dal governo americano a breve
scadenza. L’indice utilizza una metodologia di
indicizzazione interna che impiega la normale
capitalizzazione di mercato ponderata su un
universo obbligazionario composto da
emissioni vicine alla scadenza o nel range 1-3
anni. L’indice è calcolato su base giornaliera,
impiegando i prezzi medi di mercato emessi
dai market maker di Barclays Capital alle ore
15 (ora di New York). L’indice è rivisto e ribilanciato una volta al mese, lo stesso giorno. Al
ribilanciamento, i bond rientranti nell’indice
devono avere una durata iniziale compresa tra
1,25 e 3,25 anni, una durata minima di 1,2 anni
e un minimo di capitale circolante di 5 miliardi
di dollari. L’indice deve contenere almeno sei
titoli obbligazionari, al momento del ribilanciamento. I proventi derivanti dalle cedole sono
reinvestiti mensilmente e il reddito percepito
durante il mese è investito fino al momento
del ribilanciamento a un tasso 1 M Usd Libor
– 15 punti base.
Struttura del prodotto
iShares impiega la replica fisica per ricalcare
la performance dell’indice Barclays Capital Us
Treasury Term 1-3. L’Etf è stato lanciato nel
giugno 2006 ed è domiciliato in Irlanda. Il
ristretto universo obbligazionario che Barclays
Capital utilizza per costruire il suo indice,
permette a iShares di replicare interamente il
paniere, anche se possono esserci degli
scostamenti. Questo Etf prevede la distribuzione dei dividendi ogni sei mesi (marzo e
settembre). A fine giugno 2012, il tracking
error del fondo dal suo lancio, misurato in
termini di rendimenti annui totali, al netto
delle commissioni (le commissioni annue totali
sono dello 0,20%), è pari a 0,18%. Le
performance storiche mostrano che il tracking
error è stato mantenuto in un range abbastanza ristretto, tenendo anche conto
dell’incremento della volatilità di mercato
dall’inizio della crisi finanziaria globale.
iShares può effettuare operazioni di prestito
titoli, al fine di ottimizzare le performance
dell’Etf. BlackRock agisce come gestore degli
investimenti per conto di i Shares. Dal mese di
giugno, l’ammontare dei titoli che possono
essere dati in prestito è stato ridotto al 50%
del fondo. Le operazioni di prestito titoli
hanno un collaterale come garanzia, secondo
le normative Ucits, superiore al valore del
prestito. Il ribilanciamento è giornaliero.
Il collaterale è tenuto in un conto presso terzi.
Il grado di sovracollaterizzazione è in funzione
degli asset messi a garanzia, ma tipicamente
va dal 102,5% al 112%. I proventi derivanti
dal prestito sono suddivisi in un rapporto
60/40 tra l’Etf e BlackRock, rispettivamente.
Commissioni
Il Ter (rapporto annuo di spesa) per questo
strumento è di 0,20%.
Alternative
iShares è stato uno dei primi a fornire agli
investitori europei un Etf domiciliato in Europa,
replicante il mercato dei t-bond statunitensi,
riuscendo così ad attrarre la maggiore quota
di mercato. In questo momento, iShares
rimane leader in questo particolare segmento.
Tuttavia, nel 2009 ci sono stati altri Etf
provider europei che hanno fatto il loro
ingresso sul mercato. Primo fra tutti è stato
Credit Suisse (CS) con l’Etf iBoxx Usd
Government 1-3, che presenta un Ter pari a
0,23%; segue db x-trackers, con l’Etf iBoxx
Usd Treasury 1-3 Etf, con 0,15% di commissioni totali, Amundi con l’Etf Us Treasury 1-3
(0,14% di Ter) e Lyxor con il iBoxx Usd
Treasuries 1-3y (0,17% di Ter). tutti questi
prodotti, in termini di liquidità sono indietro
rispetto a iShares. Da notare che Credit
Suisse utilizza la replica fisica, sebbene usi un
campionamento ottimizzato poiché l’Etf replica
un indice che comprende tutte le obbligazioni
a breve termine del tesoro americano. Invece,
gli Etf di db x-trackers, Amundi e Lyxor sono
sintetici (per es. swap-based). K
Jose Garcia-Zarate è senior Etf analyst di
Morningstar
Morningstar.it 37
Analisi Morningstar
La crisi si vince in boutique
Di Francesco Lavecchia
Energia, salute e beni di consumo essenziali sono i settori
difensivi per definizione. Ma anche il lusso resiste
al ciclo economico.
Il mercato dei capitali è per sua stessa
natura rischioso, nonostante ciò gli investitori
non disdegnano di parteciparvi cercando di
bilanciare le esigenze di elevati rendimenti
del capitale e avversione al rischio. I risparmiatori non amano l’elevata volatilità al
ribasso e cercano di adottare degli strumenti
che riducano la probabilità di realizzare delle
perdite. E’ in quest’ottica che, soprattutto nei
momenti caratterizzati da forte incertezza o di
depressione dei mercati azionari, la strategia
più comune è quella di rifugiarsi nei titoli comunemente detti anti-ciclici, ovvero in quelle
società operanti nei settori delle utility, della
sanità e dei beni di consumo difensivi, che
si distinguono per la loro costanza dei flussi
di cassa, per la scarsa dipendenza del
fatturato dal ciclo economico e per la generosità dei dividendi.
Difensivi per definizione
Le società fornitrici di servizi di pubblica utilità
come l’energia, la gestione dei rifiuti e le
telecomunicazioni, ad esempio, possono sfruttare una struttura del mercato tipicamente
oligopolista, caratterizzata dalle alte barriere
d’ingresso al settore a causa degli ingenti
investimenti necessari per avviare l’attività. E,
anche se è vero che recentemente si assiste a
una pressione maggiore sui prezzi, si prendano
a modello le offerte dei vari operatori telefonici, la elevata base di utenza e la possibilità
di controllare i costi di gestione garantiscono
38 Morningstar Investor Settembre / Ottobre 2012
flussi di cassa costanti nel tempo. Nel comparto sanità, nel quale i farmaceutici hanno
un peso predominante, l’andamento dei ricavi
è generalmente legato al ciclo del prodotto
piuttosto che a variabili macroeconomiche,
inoltre la protezione dei brevetti permette di
attribuire elevati margini di profitto ai propri
prodotti. Per quanto riguarda, invece, i beni di
consumo difensivi come quelli alimentari, le
bevande e il tabacco, la quotidianità del loro
consumo garantisce la stabilità della domanda
e di conseguenza del fatturato.
Etf o singole azioni?
Per coloro che sono interessati a differenziare
il loro portafoglio a livello settoriale, il modo
più facile per garantirsi un’esposizione sui
comparti difensivi è quello di investire in Etf,
uno strumento che per sua natura garantisce
una maggior diversificazione tra società operanti in business differenti oltre che in mercati
diversi. Analizzando però la composizione dei
portafogli si scopre come i fondi che replicano
gli indici settoriali dei comparti difensivi siano
concentrati in un ristretto numero di titoli.
Attenti al ciclo
Come ci insegnano i libri di finanza,
l’evoluzione dei prezzi dei titoli azionari
dipende dalle aspettative di crescita dei flussi
di cassa, e questo spiega perché le società dei
settori anti-ciclici mostrino rendimenti inferiori
al mercato in periodi di espansione, ma facciano meglio in caso di depressione delle Borse.
Come si può osservare dal grafico in Figura 1,
in cui l’andamento dell’indice Msci World è
messo a confronto con gli analoghi indici Msci
dei settori sanità, utility e beni di consumo difensivi, investire in questi comparti durante le
fasi di espansione del mercato, come nel periodo immediatamente precedente all’attentato
delle Twin Towers dell’11 settembre 2001 o
prima del fallimento di Lehman Brother a
settembre del 2008, risulta essere penalizzante.
Al contrario, in fasi di forte depressione, questi
settori riescono a contenere le perdite.
Ad esempio, gli Etf Lyxor specializzati sui titoli
del comparto salute (heath care) e dei beni
di consumo difensivi (consumer staple), il
30% del patrimonio raccolto è concentrato in
cinque azioni. Più frammentato risulta essere,
invece, quello legato al settore delle utility, in
cui i primi cinque titoli rappresentano il 16%
circa del capitale.
Se si guarda, poi, al rapporto rendimento/deviazione standard dell’Etf e dei titoli sottostanti
si nota come in alcuni casi, in particolare
per i titoli azionari nel comparto salute, le
singole stock riescano ad abbinare un maggior
rendimento ad una minore volatilità dei prezzi.
E’ il caso ad esempio di Pfizer, Merck & Co e
Johnson & Johnson nel comparto farmaceutico,
ovvero di società multinazionali i cui ricavi non
dipendono da un’unica area geografica e che
sono attive in diversi segmenti del settore.
beneficiare a pieno del dividend yield (rendimento da dividedo), oltre che della maggior
liquidità garantita dal mercato delle stock.
Fig. 1 I settori anticiclici
Msci World NR Eur
Msci World/Utilities NR USD
Msci World/Consumer staples NR USD
Msci World/Health care NR USD
K
18
16
12
10
8
2000
2002
2004
2006
2008
2010
2012
Fig. 2 Il settore del lusso
Msci World NR Eur
Coach, Inc.
LVMH
Swatch Group
Compagnie Financiere Richemont
Hermès International
K
30
27
20
17
La difesa “firmata”
Tra i settori difensivi rientra ormai a pieno
diritto anche quello del lusso. Nonostante in
questo caso si tratti di società che producono
o distribuiscono beni cosiddetti voluttuari, dei
quali si può facilmente rinunciare, come ad
esempio una borsa Gucci da 4 mila euro o
un orologio Rolex da oltre 30 mila euro, esse
tendono comunque a risentire solo marginalmente dell’andamento del ciclo economico.
Questo perché, rivolgendosi a una clientela in
forte espansione, sia nei mercati maturi come
Europa e Stati Uniti che in quelli emergenti
come Russia, Sud-est asiatico e Paesi arabi,
e la cui propensione al consumo è generalmente insensibile all’andamento generale
dell’economia, riescono a mantenere consistenti margini di profitto anche in fasi negative
del ciclo economico. Gruppi come Coach,
Richemont, Hermés, LVMH e Swatch, grazie
alla forza dei loro marchi e alla ricercatezza
della loro offerta, promettono di sostenere elevati rendimenti del capitale nel tempo, come
evidenziato dal livello del loro Economic moat,
che per tutti è medio.
14
11
2/2010
8/2010
2/2011
8/2011
2/2012
8/2012
Fonte: Morningstar Direct. Dati in euro
Non riesce la stessa combinazione virtuosa ai
titoli del comparto dei beni di consumo
difensivi che, sebbene riescano a registrare
rendimenti di molto superiori a quello dell’Etf,
come nel caso di Philip Morris, Procter &
Gamble e Coca-Cola, presentano una volatilità
dei prezzi a volte molto più elevata rispetto
all’indice che il fondo tende a replicare.
Ecco perché quegli investitori che scelgono di
rifugiarsi in settori difensivi per proteggersi
dall’eccessiva volatilità in ribasso dei mercati,
ma che non disdegnano la possibilità di
realizzare elevati rendimenti, possono decidere
di orientarsi verso un paniere di titoli attraverso
un attento stock picking (selezione delle singole
azioni), che valuti il modello di business delle
società e il loro grado di diversificazione interna.
La ricerca Morningstar, infatti, insegna come
alcune società riescano a costruirsi posizioni
di vantaggio all’interno dei loro settori di
competenza grazie alla forza dei loro prodotti
e a strategie aziendali vincenti, e come la
sostenibilità di questo vantaggio competitivo
le metta al riparo dalla possibile fluttuazione
degli utili aziendali. L’investimento diretto in
azioni, inoltre, permette al risparmiatore di
La Figura 2 mostra come dal novembre del 2009
all’8 agosto di quest’anno, in cui il mercato
azionario mondiale ha reso circa il 13%, questi
titoli abbiano nettamente sovraperformato. K
Francesco Lavecchia è stock analyst di Morningstar.
Glossario
Economic Moat: è il termine utilizzato dagli
analisti di Morningstar per definire la capacità
di un’azienda di neutralizzare l’impatto negativo
che la concorrenza ha sulla sua redditività. Sulla
base della sostenibilità di questo vantaggio
competitivo, gli analisti classificano le società in
tre gruppi: quelle con un Economi Moat ampio,
medio e assente.
Morningstar.it 39
Analisi Morningstar
Rischio, fin dove arriva il gestore
Di Dario Portioli
L’analisi dei fattori che generano perdite è un compito dei fund
manager. Ma i risparmiatori devono fare la loro parte.
Gran parte dei risparmiatori sente spesso
parlare di due variabili nella valutazione delle
diverse alternative di investimento: rendimento e rischio. La definizione della prima, il
rendimento, non presenta particolari complessità: si tratta dell’apprezzamento del capitale
investito (in termini percentuali) realizzato
nel corso di un particolare orizzonte di tempo,
tenendo conto del reinvestimento di dividendi
e cedole, nonché dei costi.
Esistono, invece, numerose possibili definizioni
di rischio a seconda degli aspetti su cui ci si
intende focalizzare. Vi sono certamente delle
nozioni ben condivise sia tra gli addetti ai
lavori, sia tra gli esponenti del mondo accademico; alcune di queste verranno trattate più
avanti. Ma, in ultima analisi, l’interpretazione
del rischio dipende dal punto di osservazione
o, in altri termini, dagli obiettivi che sono stati
adottati. Nel prosieguo, dunque, discutiamo
di rischio secondo il punto di vista dei gestori
e, poi, cercheremo di capire come questo si integra con gli interessi dei singoli risparmiatori.
Srri, un indicatore sintetico
In un’accezione generale, per rischio si intende
la possibilità di realizzare risultati diversi da
quelli in precedenza attesi. Il rischio, dunque,
è una diretta conseguenza del fatto che l’esito
della gran parte degli investimenti è soggetto
a variabilità. Da qui, è legittimo in una prima
fase stabilire la rischiosità sulla base della
40 Morningstar Investor Settembre / Ottobre 2012
volatilità stessa dei rendimenti. E’ ciò che
viene fatto, ad esempio, anche per i gestori
dei fondi. In particolare, con il recepimento
della disciplina Ucits IV e l’obbligo per le società di gestione del risparmio di redigere un
documento contenente le informazioni chiave
per gli investitori, è stato introdotto un nuovo
indicatore di rischio per i fondi: l’indicatore
sintetico di rischio/rendimento, che va da 1
(poco rischioso) a 7 (molto rischioso). Tale
indicatore, noto anche come Synthetic RiskReward Indicator (Srri), si basa unicamente
sulla volatilità dei rendimenti.
Questo nuovo indicatore ha il vantaggio
di essere davvero sintetico e facilmente
comprensibile, ma allo stesso tempo presenta
un contenuto informativo limitato in quanto
utilizza unicamente la volatilità dei rendimenti
per definire il grado di rischio di un fondo. Il
rischio, invece, si presenta in diverse forme, a
seconda del punto di vista del soggetto interessato. Vediamo, ad esempio, cosa davvero
conta per i gestori.
I gestori non sono tutti uguali
E’ possibile dividere i gestori di fondi in due
grandi insiemi: quelli che sono legati a un
benchmark e quelli che, invece, adottano
obiettivi di rendimento. Per quanto riguarda
i primi, il rischio viene inteso principalmente
come scostamento dal benchmark (e viene in
genere misurato con indicatori come il tracking
Tabella: strumenti Morningstar
per la ricerca sui fondi
Morningstar Rating™
QQQQQ QQQQ QQQ QQ Q
Morningstar Style Box™
1 2 3 4 5 6 7 8 9
Morningstar Analyst Rating™
error e l’information ratio). Dunque, in questo
caso, l’obiettivo del gestore è realizzare rendimenti superiori al benchmark, riducendo allo
stesso tempo la variabilità dei risultati rispetto
allo stesso indice di mercato.
All’interno di questo gruppo, poi, è possibile
distinguere gestori più attenti agli scostamenti
rispetto al benchmark nelle fasi negativi del
mercato o, viceversa, nelle fasi positive. In
questo caso, è lo stile di investimento a fare la
differenza e, dunque, ancora una volta sono gli
obiettivi a guidare la definizione del rischio.
Così, ad esempio, vi sono gestori che non
intendono restare dietro nelle fasi di crescita
del mercato, altri invece che non intendono
perdere più di altri nelle fasi di crisi. Per ciascuno di questi, dunque, il rischio ha sì delle
Grafico: le 7 classi dell’indicatore sintetico di rischio-rendimento
(o SRRI)
SRRI
Annualised 5-Year Weekly Standard Deviation (%)
7
6
rispetto agli obiettivi finanziari. In questo
senso, la gestione del rischio fa parte del più
ampio processo di pianificazione finanziaria,
che passa dall’identificazione dei bisogni, dei
vincoli, degli strumenti di investimento che
possono essere utilizzati, fino all’esecuzione e,
infine, al monitoraggio. K
Dario Portioli è fund analyst di Morningstar.
5
4
Glossario
3
2
1
5
10
15
20
25
30
35
40
45
50
Fonte:Morningstar Direct
caratteristiche comuni agli altri, ma anche
specifiche e legate alle scelte di ciascuno.
Del tutto diversa, invece, è la prospettiva del
secondo gruppo di gestori, quelli che puntano
a ottenere determinati rendimenti assoluti. In
questo caso, il rischio si manifesta come la
realizzazione di un risultato inferiore rispetto a
quello scelto.
E’ questo il caso, ad esempio, dei fondi absolute return, che intendono realizzare determinati rendimenti a prescindere dalle condizioni
di mercato. Lo studio del rischio in questi
casi è più sottile, perché richiede un esame
delle strategie di investimento seguite e delle
tecniche di risk management adottate. Proprio
in quest’ottica, segnaliamo che Morningstar
non classifica tali fondi sulla base degli obiettivi dichiarati, quanto piuttosto sulla base delle
strategie (ad esempio, systematic futures,
long/short, global macro, multistrategy, etc.).
I compiti dell’investitore
Scendendo, poi, più nello specifico
dell’operatività dei gestori di fondi, a prescindere dall’appartenenza al primo o al secondo
insieme in precedenza menzionati, le scelte
di investimento richiedono l’esame di una
serie di aspetti volti a identificare le principali
fonti di possibili perdite: rischio di mercato, di
liquidità, sistemico, di tasso di interesse, di
credito, di valuta, di controparte, operativo
o politico. Ciascuno di questi può richiedere
un’elevata sofisticazione nel livello di analisi,
che difficilmente può essere condotta dal
singolo investitore.
Dunque, per il singolo investitore risulta ottimale delegare il monitoraggio e la gestione
di alcuni rischi al gestore. Ma non tutti. Innanzitutto, resta in capo all’investitore, magari
con l’aiuto del proprio consulente finanziario,
la scelta stessa del gestore o dei gestori a
cui affidare i propri risparmi. In tal senso,
Morningstar offre alcuni strumenti di analisi
utili a selezionare in modo più consapevole
i gestori. Si tratta di strumenti quantitativi (come il Morningstar Rating, ovvero “le
stelle”), qualitativi (il Morningstar Analyst
Rating) e di analisi del portafoglio (ad esempio,
il Morningstar Style Box).
Infine, resta sempre in capo all’investitore
e ai consulenti verificare l’adeguatezza degli
strumenti di investimento, compresi i fondi,
Tracking error volatility: La Tracking Error
Volatility descrive la volatilità dei rendimenti
differenziali di un fondo rispetto ad un indice
di riferimento. Nel caso di un fondo a gestione
passiva, il cui obiettivo è replicare l´andamento
del proprio bechmark, la TEV consente di valutare
con quanta fedeltà il gestore ha replicato tale
andamento. Di conseguenza, quanto più
elevato è il valore assunto dalla TEV, tanto
più indipendenti sono state le scelte del
gestore rispetto all´andamento dell´indice
scelto come riferimento.
Information ratio: L´information Ratio
consente di valutare la capacità del gestore
di sovraperformare il benchmark, in relazione
al rischio assunto. E´ calcolato rapportando
il differenziale di rendimento tra fondo e indice
di riferimento, alla Tracking Error Volatility.
Morningstar Style Box
La Equity Style Box fornisce una fotografia di due
caratteristiche essenziali di un fondo che investe
in azioni: la capitalizzazione dei titoli e lo stile
delle società presenti nel portafoglio. Si tratta
di due elementi importanti che spiegano le
caratteristiche di performance e rischio. La Style
Box si ottiene mettendo insieme i dati relativi
a ciascun titolo in portafoglio. Ne deriva una
matrice bi-dimensionale, con la capitalizzazione
(grande, media e piccola) sul lato delle ordinate
e lo stile (value, blend, growth) su quello
delle ascisse. La Style Box obbligazionaria
descrive graficamente i due fattori di rischio
essenziali in ogni fondo obbligazionario:
l´esposizione ai tassi di interesse e al credito.
La Style Box combina queste due dimensioni,
creando una matrice di nove combinazioni
divise tra livelli basso, medio, alto. La Style
Box fornisce una descrizione immediata
e semplice ma essenziale delle decisioni di
allocazione del portafoglio.
Morningstar.it 41
Gli Strumenti Morningstar
Oro, valute e petrolio, prove di resistenza
Di Alice Bravi
Un’analisi di Morningstar esamina le correlazioni tra i differenti beni rifugio
prima e durante le ultime crisi.
Il concetto di bene rifugio è un luogo tutt’altro
che inesplorato. Da anni l’attenzione degli investitori si è rivolta verso una serie di attività
in grado di proteggere il proprio portafoglio
da un andamento negativo dei mercati. Questo
paniere comprende una serie di asset di
diverso tipo tra cui metalli preziosi, titoli di
stato e valute. Complice il verificarsi della più
importante crisi economica degli ultimi anni
e il perdurare di un clima di notevole incertezza
sui mercati, l’attenzione per questa tipologia
di attività è cresciuta notevolmente e sono
aumentati i veicoli e gli strumenti attraverso i
quali poter investire nei beni rifugio.
Il ruolo di protezione che questi beni sono in
grado di esercitare trova le sue radici in diversi
fattori, primo fra tutti il basso livello di
correlazione riscontrato nel corso degli
anni tra queste attività e il resto degli asset
presenti in portafoglio, in grado di amplificare i
benefici della diversificazione.
L’indicatore della correlazione lineare, oscillante tra gli estremi -1 e +1, è in grado di mettere in luce il senso di questa interdipendenza
permettendo di comprendere se e in quali periodi una determinata variabile tende a seguire
i movimenti della variabile con cui è correlata
(correlazione positiva) o a non presentare
un particolare legame d’interdipendenza
(correlazione prossima allo zero) o a muoversi in direzione opposta (correlazione
42 Morningstar Investor Settembre / Ottobre 2012
Fig. 1 Andamento dei princiapali beni rifugio in presenza di crash
dei mercati
Crack di mercato
S&P GSCI Gold Spot
WTexas Crude Int Oil BL
Swiss Franc
US Dollar
400
300
200
100
1980
1985
1990
negativa). Alla luce della possibilità da parte
dell’investitore di detenere direttamente o indirettamente questa tipologia di beni, lo studio
della correlazione è in grado di determinare se
vi sono delle sinergie tra i beni rifugio in grado
di far scaturire benefici per l’abbattimento del
rischio di portafoglio, così come di mettere in
luce il ruolo assunto da questi asset nel corso
del tempo svelando così se la funzione di
protezione esercitata sul portafoglio è in grado
di resistere anche in periodi di crisi.
Beni rifugio e crash di mercato
Da un esame del grafico di crescita dei principali beni rifugio nel corso degli ultimi 30 anni e
dal confronto con i periodi di crash di mercato
emerge come, in maniera più o meno accen-
1995
2000
2005
2010
tuata, non tutti i rifugi sembrano aver resistito
in egual misura alle tempeste del mercato, in
particolare se esaminato dal punto di vista
dell’investitore europeo (Figura 1). L’analisi
dell’andamento del grafico del petrolio mostra
come la corsa all’oro nero iniziata all’incirca
nel 2000 abbia risentito lievemente degli
eventi legati all’11 settembre e della caduta
dei mercati nel 2007, ma non abbia saputo
resistere allo scoppio della crisi finanziaria del
2008. A risentire dei crash del mercato in
misura minore sembrano essere state le valute,
in particolare il dollaro americano e il franco
svizzero, complice anche una minore volatilità
di questo tipo di asset. La crescita dell’oro,
al contrario, non risulta intaccata in periodi di
crash del mercato.
Il bene rifugio per eccellenza, l’oro
Materia prima per industria e gioielleria da
un lato e attività di riserva ufficiale dall’altro,
l’oro costituisce da anni il bene rifugio per eccellenza. Le sue quotazioni hanno conosciuto
nel corso dell’ultimo decennio un incremento
notevole grazie all’aumento della domanda
del metallo giallo da parte di India e Cina
che, secondo le stime del World Gold Council,
rappresentano insieme poco meno della metà
della domanda mondiale di oro (Figura 2).
Benchè la corsa all’oro sembra essere rallentata nel corso di quest’ultimo anno rispetto ai
picchi delle quotazioni del 2011, l’impennata
del prezzo dell’oro registrata nel corso del
precedente decennio ha fornito protezione
all’investitore che ne avesse detenuto, in
particolare di fronte i periodi di recessione e di
crash di mercato sperimentati dall’economia
americana ed europea. Considerato quale
bene rifugio, la sua presenza nel portafoglio
dell’investitore si accompagna spesso a quella
di altri beni rifugio quali valute e titoli di stato.
Correlazioni in tempi di crisi
Il legame tra l’oro e le altre tipologie di beni
rifugio è notevolmente variato nel corso degli
anni, ma è tuttavia possibile identificare alcuni
punti essenziali in grado di descriverlo (Figura
3). Da un esame della correlazione rolling a
5 anni nell’ultimo trentennio emerge come le
correlazioni rispetto all’oro dei differenti beni
rifugio esaminati (Treasury americani, dollaro,
franco svizzero e petrolio) tendano a divergere
nei periodi antecedenti alla crisi del 2008, e a
convergere verso valori nulli in sua prossimità,
per poi accennare nuovamente a divergere nel
periodo immediatamente successivo.
Di particolare rilievo è la correlazione negativa
esistente tra il dollaro americano e l’oro, che
ha conosciuto valori che hanno sfiorato il -0.8
nel corso degli anni Novanta, tanto da lasciar
presumere che il legame tra questi due asset
si potesse facilmente sintetizzare nella regola
“se l’oro sale, il dollaro scende”. Per quanto
questo fenomeno si fosse verificato a lungo
Fig. 2 Andamento dell’indice S&P GSCI Gold Spot
Recessioni USA
S&P GSCI Gold Spot
800
600
400
200
1980
1985
1990
1995
2000
2005
2010
Fig. 3 Correlazione tra Oro e altre tipologie di beni rifugio negli
ultimi 30 anni
BofAML US Treasury Master TR USD
WTexas Crude Int Oil BL
Swiss Franc
US Dollar
0,8
0,4
0
-0,4
-0,8
1985
1990
1995
nel corso degli anni, la recente crisi finanziaria
ha smentito questa convinzione dimostrando
come in periodi di crisi, le correlazioni tendano
ad essere prossime allo zero. Nel caso della
correlazione tra oro e dollaro in particolare,
l’inversione di tendenza di questo legame
ha persistito a partire dal nuovo millennio fino
a segnare una correlazione positiva tra il 2008
e il 2009.
Diversamente dal dollaro, il franco svizzero,
altra valuta spesso considerata come bene
rifugio, vede variare il grado di correlazione
rispetto all’oro nel corso del tempo, senza però
segnare marcatamente una tendenza nel corso
del periodo d’osservazione, bensì oscillando
all’interno di una banda tra 0.3 e -0.5.
2000
2005
2010
La duplice veste del metallo giallo che lo vede
sia come riserva che come commodity,
determina forti sinergie in materia di correlazione con altre materie prime, tra cui il petrolio,
spesso considerato come bene rifugio.
Le valute come rifugio
La diversificazione di portafoglio sotto il profilo
valutario, al pari dell’investimento in oro,
appare costituire uno dei principali rifugi per
gli investitori grazie alle molteplici variabili
legate all’andamento dei tassi di cambio. Tra
le principali valute in grado di svolgere questa
funzione spicca il dollaro americano i cui
legami di interdipendenza con le altre valute,
sembrano tuttavia aver cambiato direzione a
seguito della recente crisi finanziaria (Figura 4).
Morningstar.it 43
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Fig. 4 Correlazione tra Dollaro e altre valute
Australian Dollar
Norwegian Krone
Swiss Franc
1
tra l’andamento delle Borse e i beni rifugio
non siano stati delineati da una particolare
tendenza durante lo scoppio della crisi, ma
abbiano iniziato a delineare tendenze
più precise solo successivamente (Figura 5).
In particolare, a contribuire ad aumentare i
benefici della diversificazione di portafoglio
sembrano concorrere principalmente oro
e titoli di stato, che hanno mantenuto una correlazione negativa con il mercato azionario.
0,8
0,6
0,4
0,2
0
-0,2
1985
1990
1995
2000
2005
2010
Fig. 5 Andamento della correlazione tra il mercato azionario europeo
e diverse tipologie di beni rifugio negli ultimi 10 anni
Oro
USD
Petrolio
I benefici della diversificazione non appaiono
così ampi invece per quanto riguarda il dollaro
americano che ha una correlazione elevata
con l’economia europea, mentre il petrolio
mantiene la sua correlazione all’interno della
banda di oscillazione dei periodi precedenti. K
Alice Bravi è research analyst di Morningstar Italy
Treasury
1,2
0,8
Glossario
0,4
0
-0,4
-0,8
2000
2002
2004
2006
2008
2010
2012
Fonte: Morningstar Direct
Ne è un esempio la correlazione tra
dollaro americano e australiano, mantenutasi
per anni a livelli positivi intorno allo 0.8 e
progressivamente diminuita fino a scendere
in territorio negativo a seguito della recente
crisi finanziaria.
Se da un lato la correlazione con il dollaro
americano è diminuita progressivamente,
occorre tuttavia ricordare che l’andamento del
dollaro australiano risulta strettamente legato
a quello delle commodity delle quali l’Australia
è esportatore. Un’inversione della correlazione
44 Morningstar Investor Settembre / Ottobre 2012
di minore entità è stata registrata dal dollaro
americano rispetto al franco svizzero, che nel
corso dell’ultimo anno ha visto superare la
soglia dello 0.2 registrata dai picchi precedenti.
Beni rifugio e azioni europee
L’analisi della correlazione tra i principali
beni rifugio non può tuttavia prescindere
dall’esame del punto di vista dell’investitore
europeo. Da un’analisi della correlazione
rolling a 3 anni tra i principali beni rifugio
e il mercato azionario europeo nel corso
dell’ultimo decennio, emerge come i legami
Amplificazione dei benefici della
diversificazione di portafoglio: nell’ambito
della teoria Modern Portfolio Theory,
l’abbattimento del rischio di portafoglio e in
particolare del rischio sistematico è tanto
maggiore quanto più le variabili sono tra loro
negativamente correlate.
Correlazione: Si tratta di un coefficiente in
grado di misurare la relazione di tipo lineare tra
due variabili, calcolato come il rapporto tra la
covarianza delle due variabili e il prodotto
delle rispettive deviazioni standard. Il suo valore
oscilla tra gli estremi -1 e +1 dove il valore
assoluto del coefficiente misurra l’intensità
del legame, mentre i segno determina il senso
della variazione:
Correlazione positiva (+1): le due variabili
variano nello stesso senso
Correlazione nulla (0): legame nullo tra le
due variabili
Correlazione negativa (-1): le due variabili
variano in senso opposto
Correlazione Rolling: correlazione calcolata su
una finestra temporale mobile di durata predeterminata (es. 3 o 5 anni).
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