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LA VALLE DEL CERVO
La Valle del Cervo, limitata a E dalla torre di S. Emiliano (long. 6
03 36 E da M. M. lat. 40 06 27 N), a N dalle contrade Casitrane, Celi e
Ferrari, a W dalla masseria Consalvi e Grottella e a S dal mare, apre
nuovi orizzonti alle scienze preistoriche, in virtù della scoperta delle
« Grotte di Enea » avvenuta nel mese di febbraio del 1970 da parte dei
membri della sezione scientifica del Gruppo Speleologico Salentino « P.
De Lorentiis » di Maglie la cui presidenza è affidata al Prof. Mario Moscardino che con tenacia e prestigio lo guida.
La scoperta ha segnato per il Salento una importante tappa culturale ed ha aperto al mondo scientifico nazionale e internazionale una
nuova pagina di quel misteriore libro che è la preistoria, considerando
le informazioni paletnologiche, paleoantropologiche e etnologiche che le
grotte di Enea sveleranno agli studiosi, non trascurando comunque la
forte carica di spiritualità che i nostri antenati attraverso le pitture
rupestri ci mostrano.
La Valle del Cervo già nel 1900 attirò l'attenzione del Botti e in seguito lo Stasi e P. De Lorentiis, padri della speleologia salentina, condussero nella zona una serie di preziose spedizioni e osservazioni. In
epoche più recenti poi il Lazzari condusse uno studio idrologico e geologico i cui risultati lo portarono a concludere che interessanti complessi
carsici si articolano lungo la costa compresa tra Otranto e Castro. Successivamente Decio De Lorentiis, Cosma, Sticchi, Congedo e altri membri del G. S. S. si interessarono della Valle del Cervo portando alla luce
manufatti e ceramica neolitica, allargando in questo modo le conoscenze
della zona e sperando di trovare quel complesso carsico di cui per tanto
tempo si è parlato senza mai trovare indizi che li potesse portare a una
grossa scoperta speleologica.
Naturalmente gli studi e le conclusioni di questi ricercatori non
sono stati dimenticati dalla forza nuova di giovani che dal '68 hanno incominciato ad operare nel G. S. S. ma anzi, senza ombra di dubbio, si
può dire che sono state le basi di una ricerca sistematica nella zona da.
parte dei membri della sezione scientifica: Luigi Bello, Nunzio Pacella,.
Daniele Rizzo, Antonio Corsini, Giuseppe Donadeo, Antonio Giangreco,.
Severino Albertini, Salvatore Prosperi, Isidoro Mattioli, Salvatore Scar-zia, Remo Mazzotta, Enzo Evangelisti.
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Infatti nell'assemblea del gruppo tenuta a San Foca (Zagaglia, 42)
nel giugno '69 il Bello illustrava la futura attività della sezione
scientifica ponendo come primo obbiettivo una approfondita esplorazione dal punto di vista morfologico, geo-litologico, paleontologico
della zona costiera Otranto-Badisco-S. Cesarea Terme. A tale scopo si
rivelò interessante una panoramica della zona fatta da Bello, Pacella e
Giangreco nelle escursioni del dicembre '68 e del gennaio '69, nonché le
conoscenze che il Rizzo aveva assimilate in tanti anni di pazienti osservazioni; molto utile è stata anche l'esperienza di Corsini e Prosperi.
Tutto ciò in breve ha portato ad una programmazione delle escursioni e della ricerca iniziata nel novembre del '69, che mirava allo studio
delle forme morfologiche superficiali quali inghiottitoi, di cui nella sola
Valle del Cervo sono stati ubicati circa venti, degli anelli della Maddalena in località Punta Crossa, dello studio statistico dei ciottoli superficiali dei tre torrenti che interessano la zona tra i quali il Silur lungo
circa tre Km. che versa le sue acque nel porto di Enea. A ciò si aggiungono anche le osservazioni fatte dal Pacella sulle isoanomale di Bouguer
che rivelano una massa perturbante negativa di forma subsferica del
diametro di 14 Km. che interessa la zona in esame e che in ultima analisi hanno dato fiducia e certezza che qualcosa di veramente imponente
si dovesse trovare. Naturalmente si era consapevoli che l'impresa era
molto rischiosa perché tutti i punti idrovori sono gravidi di terra rossa
e massi, ma questa apparente difficoltà è stata possibile superarla grazie alla volontà degli uomini-talpa Rizzo, Albertini, Mazzotta, Mattioli,
guidati dal Pacella.
Dapprima si iniziò l'esplorazione del complesso del Mammino in cui
con l'aiuto di Donadeo, Giangreco, Prosperi e Corsini in un sondaggio
di 35 cm. sono state portate alla luce due punte di frecce in osso, frammenti di lame e varie schegge; poi si iniziarono le esplorazioni nel complesso del Pastore ma a causa dei budelli molto stretti si preferì abbandonare. Quindi, tenendo presente il sistema di fratture che interessa
la località « Montagnola » e considerando osservazioni fatte nel
cunicolo dei Diavoli nei mesi precedenti circa l'attività idrica, si concluse che il cunicolo era ed è uno sbocco al mare di una rete idrica
sotterranea che in alcuni periodi dell'anno si materializza con la polla
visibile nel porto di Enea.
Quindi l'indagine si orientò sulla gobba sovrastante il cunicolo, che
per tanti anni ha celato un favoloso panorama stalattitico e stalagrnitico e un luogo di culto così interessante che ha finalmente svelato il
primo di febbraio agli occhi increduli di Rizzo, Albertini, Mazzotta, Mattioli, Evangelisti che, facendosi interpreti di quello che avrebbero pensato i colleghi materialmente non presenti, si son detti « O. K. l'abbiamo trovata ».
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Le concamerazioni scoperte, battezzate dal presidente prof. Mario
Moscardino « Grotte di Enea », si articolano per 987 m. su calcari oligocenici tufacei-grossolani e porosi in facies di scogliera, messa in evidenza
questa dalla presenza di buoni indicatori d'ambiente quali foraminiferi del genere Lepidociclina, Nefrolepidina, Heterostegina, Miogipsina,
echinidi e molluschi, per cui facendo della paleogeografia si può affermare che la Valle del Cervo nel passato era una insenatura piuttosto estesa
con acque calme e poco profonde in cui l'apporto di materiale clastico
insieme ai foraminiferi, agli echinidi e ai molluschi ha trovato facile
riposo.
I calcari in questione, preferibilmente denominati calcareniti, affiorano per una lunghezza pari a 4 Km. e sono limitati nei pressi delle Torri
di S. Emiliano e di Minervino dall'affioramento di calcare cretaceo bianco, molto compatto con chiare tracce di rudiste a volte sciolte e separati rispettivamente da questi da due faglie che si inquadrano nel sistema di faglie parallele che ha interessato la fascia costiera da Otranto
a Leuca.
Queste informazioni geologiche insieme alle osservazioni morfologiche ci permettono, entro certi limiti, di illustrare la dinamica di formazione delle grotte di Enea che si localizzano nel fenomeno carsico
della Valle del Cervo, caratterizzato da lame, inghiottitoi, polle, ripari e
grotte. Alcune osservazioni fatte in superficie e in grotta fanno pensare
che lo strato suborizzontale dei calcareniti di Badisco sia interessato da
una serie di tasche, di varia grandezza, gravide di materiale litologico
incoerente formato da gusci di foraminiferi e da sabbia. Questo naturalmente ci informa del processo diagenetico, per cui si può dire che
questo non è stato ancora completato e quindi ciò ha notevolmente facilitato il percorso delle acque vadose così che le azioni meccaniche in
alcune zone delle grotte sono state predominanti aumentandone la permeabilità dello strato.
La grandezza dei granuli dell'ordine di 1 e 0.2 M/M ha generato
nello strato una permeabilità per porosità con un coefficiente di porosità
di 40.27, formando meati, capillari e subcapillari che unitamente alla
dissoluzione chimica del cemento calcareo hanno interessato il complesso in questione. Oltre alla permeabilità per porosità, per carsicità e al
processo diagenetico non completato, bisogna menzionare un elemento
che senza dubbio più degli altri ha presieduto alla formazione delle
concamerazioni: la presenza di litoclasi secondarie. L'azione di forze
esterne, non escluso il sistema di faglie parallele che hanno interessato
formazioni poco estese, ha deformato la roccia, che, superato il suo limite di elasticità, ha prodotto una torsione nello strato rompendolo e
dando vita al sistema di fratture che si incrociano formando angoli inferiori a 90°. Questi sistemi normali alla stratificazione, alla luce di quan22
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to si è potuto osservare, si sviluppa da N-W a S-E e sono costituiti da
piezoclasi e da diaclasi che portavano ad una circolazione in pressione
delle acque nella rete idrica sotterranea, con conseguente formazione
di chiari indizi morfologici, che si possono notare nelle grotte, quali
cupole, gomiti, strozzature e caldaie.
Quindi, in ultima analisi, si può dire che la Valle del Cervo racchiude
nei suoi pochi Km. una concomitanza di fenomeni geologici, di elementi
carsici e di fattori paletnologici che la rendono più interessante e suggestiva.
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