“Stop alla retorica su Lehman” Luigi Zingales and John H. Cochrane

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“Stop alla retorica su Lehman” Luigi Zingales and John H. Cochrane
“Stop alla retorica su Lehman”
Luigi Zingales and John H. Cochrane, Il Sole 24 Ore
18 September 2009
Molti dicono che l'aver lasciato fallire la Lehman sia stato un errore. Di più, è stato l'errore che ha provocato la
crisi finanziaria. Secondo costoro, l'insegnamento da trarre è che il governo non dovrebbe mai consentire il
fallimento di un istituto di credito importante per il sistema. Se solo Lehman fosse stata salvata, recita la tesi,
avremmo potuto evitare il crollo del 45% dello S&P 500, il calo del 4% della produzione, la crescita della
disoccupazione dal 6,2 al 9,7% e il pacchetto di "stimoli" da 784 miliardi di dollari che ha portato il deficit a
1.590 miliardi di dollari.
Questa tesi è falsa. Il fallimento della Lehman non è stato un evento isolato. È stata una delle fasi di un
crescendo drammatico di fallimenti. Una settimana prima, il 7 settembre, il governo aveva rilevato Fannie Mae
e Freddie Mac, spazzando via gran parte del loro capitale netto. Il 16 settembre il governo ha salvato l'Aig,
prestandole 85 miliardi di dollari. Il 25 settembre la Washington Mutual, la sesta banca più importante del
paese, veniva confiscata dalla Federal Deposit Insurance Corporation. Il 29 settembre, la Wachovia, la settima
banca più importante del paese, veniva venduta per evitare di fare la stessa fine. Tutto questo sarebbe successo
anche senza la Lehman. Nel frattempo la Federal Reserve e il Dipartimento del tesoro andavano al Congresso a
chiedere lo stanziamento di 700 miliardi di dollari per il Troubled Asset Relief Program (Tarp), il piano
d'intervento pubblico per l'acquisto degli asset tossici.
Quale di questi eventi ha innescato la crisi economica e finanziaria, congelando i prestiti alle banche
commerciali? Il grafico dimostra che i principali indicatori del rischio hanno cominciato a impennarsi solo dopo
che il segretario al Tesoro, Henry Paulson, e il presidente della Fed, Ben Bernanke, hanno illustrato il Tarp di
fronte al Congresso, il 23 e 24 settembre, non dopo il fallimento della Lehman. Il rischio di fallimento della
Citibank (lo spread Citi-Cds) e il costo dei prestiti interbancari (lo spread Libor-Ois) sono lievitati in modo
impressionante (in punti base) dopo il discorso al Congresso di Ben Bernanke e Hank Paulson. Il 22 settembre gli
spread Cds (credit-default swap) delle banche erano allo stesso livello del 12 settembre (gli spread Cds sono il
costo dell'acquisto di un'assicurazione contro l'insolvenza). Il 19 settembre lo S&P 500 ha chiuso sopra al livello
del 22 settembre. Lo spread Libor-Ois (che segnala la pericolosità percepita del prestito interbancario a breve
termine) era salito solo di 18 punti dal giorno del collasso della Lehman, mentre è schizzato in alto di oltre 60
punti fra il 23 e il 25 settembre, dopo il discorso sul Tarp. (Il Libor - London Interbank Offer Rate - è il tasso a
cui le banche possono prendere in prestito denaro senza garanzie per tre mesi).
Perché? In effetti quei discorsi in pratica equivalevano a dire: «Il sistema finanziario è sull'orlo del collasso. Non
siamo in grado di dirvi il motivo. Abbiamo bisogno di 700 miliardi. Non siamo in grado di dirvi che cosa ci
faremo». È un ottimo modo per scatenare una crisi finanziaria. Notizie successive hanno aiutato a fare luce sulla
faccenda: la Fed e il Tesoro da tre mesi volevano l'autorità giuridica per procedere a ulteriori salvataggi, e una
crisi poteva convincere il Congresso a concedergliela. Ma all'epoca la cittadinanza capì solo una cosa: che il
nostro governo era nel panico più totale. Ne deducemmo che le banche erano in guai ancora peggiori di quello
che pensavamo. Il blocco delle vendite allo scoperto dei titoli bancari la settimana precedente non faceva altro
che rafforzare quell'impressione. E anche il fatto che il Tarp fosse palesemente una cattiva idea non aiutava. La
Fed e il Tesoro lo capirono in fretta, mettendo in piedi al suo posto "iniezioni" di capitale e garanzie sul debito
delle banche. Lanciare una cattiva idea non è il modo migliore per ispirare fiducia.
Il salvataggio della Lehman avrebbe evitato il panico? La notizia sarebbe comunque stata che la Lehman era
fallita, e i mercati sapevano che i salvataggi non sarebbero durati in eterno. Dopo tutto, il salvataggio della
Bear Stearns a febbraio aveva semplicemente rimandato il problema. A un livello più profondo, l'insegnamento
da trarre dalla vicenda Lehman non può essere che il governo deve sempre intervenire a salvare qualunque
grande istituto di credito. Dal fallimento della Continental Illinois nel 1984 alla crisi della S&L della fine degli
anni 80, e poi con il default dei bond latinoamericani degli anni Novanta, il crollo asiatico del 1998, il collasso
del fondo Long-Term Capital Management del 1998 e ora questo disastro, gli istituti di credito si prendono
sempre più rischi, ma i loro obbligazionisti continuano a essere soccorsi. La crisi ha spinto le finanze pubbliche
al limite. Alla prossima crisi il governo non sarà più in grado d'intervenire. Le grandi banche sanno che il governo
le salverà e sono già ora più grandi, più globali, più integrate e più "sistemiche" che mai. Stanno realizzando
profitti enormi col trading, profitti che un giorno potrebbero trasformarsi in perdite. Se l'intermediazione
finanziaria e l'attività bancaria sono importanti per il sistema, non possono coniugarsi a un'attività di
compravendita titoli in proprio. Ma i progetti di riforma del settore finanziario non accennano neppure a
rompere questo matrimonio, accontentandosi invece di provare a regolamentare i colossi.
La storia del «è tutta colpa della Lehman» genera un pericoloso compiacimento. Se riusciamo ad
autoconvincerci che la colpa è tutta riconducibile a un unico errore politico, a cui le autorità federali sono state
costrette dall'esistenza di stupidi vincoli giuridici e dal fatto di non disporre di sufficienti poteri di salvataggio,
tutto può tornare rassicurante e confortevole com'era prima. È una storia di comodo per le grandi banche che
dominano gli sforzi di lobbying e comunicazione. E assolve la Fed e il Tesoro dalla necessità di guardare in faccia
la loro lunga serie di errori. Non pretendiamo di dire che noi avremmo fatto meglio. È questo il punto: un
sistema che assegna così tanto potere nelle mani di così poche persone, con così poche regole, dove le crisi sono
gestite con teleconferenze alle due del pomeriggio, probabilmente non può cavarsela meglio di così, per quanto
brillanti possano essere quelli che comandano. Ripetere la storia della Lehman ci porta tutti a ignorare il fatto
che questo sistema non può andare avanti.