L`IMPERATORE CLAUDIO, IL GATTO E DIONISO. Claudio era stufo

Transcript

L`IMPERATORE CLAUDIO, IL GATTO E DIONISO. Claudio era stufo
L’IMPERATORE CLAUDIO, IL GATTO E DIONISO.
Claudio era stufo di queste feste! Basta con questi tirapiedi, infingardi, traditori, tutti a mangiare
e bere alla sua tavola. Il suo beneamato vino! Perché sciuparlo con chi lo commiserava. Si buttò su
un letto: attorno il caos del dopo convivio. Lo rilassava quel venticello di mare baiano che entrava e
smuoveva le lucerne creando ombre sui drappeggi. Il Ciclope e Ulisse lo guardavano impietriti:
giustamente sono statue! Gli venne da ridere al pensiero: due statue che guardano. Ma lui adorava la
statua di Dioniso: si distese sul letto che stava sotto la statua, però prima si servì, finalmente solo,
una bella coppa di falanghina fresca e si apparecchiò un bel piatto di frutti di mare del Golfo
Flegreo. Una delizia del palato! La penombra del ninfeo gli consentiva di assaporare le dolci
ostriche, le rustiche cozze di Miseno, le delicate vongole di Pozzuoli. Da un piatto prese con piacere
godurioso un piccolo crostaceo condito con spezie. Era una piccola aragosta di Ventotene, per un
attimo la osservò, la aprì con delicatezza. Prese la morbida e profumata polpa e vi versò sopra un
po’ di vino. La sua amata falangina curata con attenzione nei suoi possedimenti baiani e sprecata
per questi quattro mangiapane. La riflessione lo aveva leggermente bloccato ma il profumo e la
dolcezza del vino lo riportò all’aragosta. Vi versò dunque il vino, la porto alla bocca e per un attimo
si sentì Dioniso. Questa volta sorrise anzi, iniziò a ridere di gusto. Sempre più forte. Poteva fare
quello che voleva, era lui l’imperatore! La servitù non avrebbe messo piede nella sala fino a quando
ci fosse stato lui. Si tolse la pesante corona a foglie d’oro lanciandola lontana. “Al diavolo, oggi
sono un uomo come tutti e voglio godere di queste delizie”. Pensò e appoggiò la testa sul cuscino
dorato e sollevò la coppa d’argento. Lo sguardo gli cadde da dietro coppa sulla statua di Dioniso.
Bella. Gli piaceva il dio del vino, della gioia, del mistero. Non lo faceva trapelare, lo pensavano un
imperatore filosofo, dato anche il suo fisico leggermente malandato. Ma che filosofia, vino e frutti
mare! Ma la statua lo attirava. Si alzò, la osservò meglio. C’era qualcosa che gli sfuggiva. Il dio
aveva la corona di grappoli, subito anche lui arraffò un po’ di grappoli e se la fece; aveva la coppa,
già fatto! E aveva la pantera a fianco. La pantera! E dove la trovava una pantera. E ora? “Per
Giove”, e si scusò per la bestemmia, “e senza pantera che Dioniso sono?”. Ricadde sul letto
amareggiatto si tolse la corona di vino e si sentì solo. Si Dioniso aveva una piccola pantera a fianco
che con la zampa alzata sembrava fare un gesto d’affetto. E lui, chi gli faceva un gesto d’affetto?
Senza alcuna volontà le lacrime gli appannarono la vista. Non singhiozzava ma leggermente le
lacrime rigavano il volto. Una cosa pelosa vicino alla mano! Caudio schizzò in piedi sul letto … un
topo! No, ma cosa è? Nella semioscurità vedeva solo una piccola massa di pelo che lo osservava dal
basso. Avvicinò una lucerna. Ma era un piccolo gattino. Un bellissimo gattino capitato li chissa
come. Claudio rimase a guardarlo con la bocca aperta fra gusci di frutti di mare, tralci d’uva e coppe
rovesciate. Lo raccolse con delicatezza: era un piccolo gattino nero, un po’ sporco ma con degli
occhi verdi bellissimi. Fece solo un lieve miao allungando la zampetta verso il suo volto, come la
pantera. Come la pantera! Dioniso. Si Dioniso, il suo beneamato Dioniso gli aveva mandato la
pantera, una pantera tutta sua! Posò il gattino sul letto, prese al volo un’orata di Lucrino, una
spigola di mare, staccò un pezzo di carne di maiale e, preparato il lauto piatto, lo portò al gattino.
Gli sminuzzò il pesce e la carne, divertendosi a porgergliele. Si distese sul letto con la sua corona di
tralci d’uva, la sua coppa di falanghina dal vago sapore sulfureo e i suoi frutti di mare. E la sua
pantera che mangiava facendo le fusa. Adesso era anche lui Dioniso.