LA GRECiA SALENTINA

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LA GRECiA SALENTINA
LA GRECiA SALENTINA
(Conferenza tenuta ad Atene, in greco, il 9 settembre 1964
in occasione del 1 Congresso culturale Italo Greco nella
Steglii tori Grammaton l e Tecnon).
Signori e ,Signore,
sono io chiamato, questa sera, ad un compito che altamente mi onora :
porgere il saluto del Presidente del Gruppo Speleologico Salentino e Direttore della rivista " LA ZAGAGLIA „ dott. Mario Moscardino e di tutti
i soci al Vice Presidente del Consiglio dei Ministri greco On. Milonà, allo
On. e poeta Giovanni Coutsocheras, alla Presidentessa del Gruppo Speleologico greco ANNA PETROCHILO e a tutti i convenuti e di esprimervi il
più vivo ringraziamento per questo nostro incontro culturale, che vuole
aprire la porta ad una maggiore, reciproca conoscenza e amicizia tra la
Grecia e 1' Italia.
Gli italiani ammirano la Grecia, perchè, nonostante le distruzioni di
una guerra catastrofica, il popolo greco ha ripetutamente dimostrato di non
aver mai cessato di amare l' Italia, e, anzi i due popoli, greco e italiano,
associati nella sventura durante la guerra, si sono sentiti, allora e dopo,
più che mai fratelli.
Oggi Calimera conserva la stele antica del IV secolo A. C. donata dalla
cittadinanza di Atene qualche armo fa. All' Università di Lecce funziona la
cattedra di Lingua e Letteratura greca moderna affidata al Prof. Paolo
Stomeo. Continue sono le visite di giornalisti e professori greci, che vengono nel Salento a studiare i nostri dialetti. Dal mese di aprile l'armatore
Cristos Pagoulatos ha unito le sponde dei due popoli con un servizio giornaliero di traghetto Otranto Corfù - Igoumenitsa, con vero atto di coraggio
e soprattutto con atto di amore verso il Salento, al quale armatore e al
Presidente dell' E.P.T. di Lecce, Avv. Luigi Puzzovio, da questa sede vadano
il riconoscimento e l' apprezzamento di tutte le popolazioni salentine.
Nella provincia di Lecce, come appartata, legata a tradizioni tenaci,
posta quasi al centro della penisola Salentina, si estende per un centinaio
di chilometri quadrati di superficie, l'isola linguistica greca, non lontano
dal mare di smeraldo, al di là del quale, nei giorni sgombri di foschia, si
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intravedono
i
monti dell'Epiro e della Grecia, così vicini a questa terra
per intimi rapporti di storia e di civiltà.
La campagna, riarsa dal sole, si svela arida, brulla, rocciosa, con poco
strato di terra, dove sorgono ulivi secolari dalla chioma cupa o argentea,
che, torturati dal noioso scirocco, reggono impavidi all'urto e alla furia
dei rèfoli violenti. Sovente grandi alberi di fico, le cui foglie polverose ed
aride mandano un'odore acre ed acuto, si ergono qua e là : ischeletriti di
inverno, sembrano cupole verdi d'estate, ristoro e riposo al contadino e al
viandante, quando arde il sole meridiano e quando il cielo versa dall' alto
nell'aria la grande afa. In questo sonnecchiare della natura stanca, l'unica
voce viva è il frinire delle cicale, il pigolio dei passeri, lo squittìo delizioso delle cincie, il gorgoglio flautato delle calandre, il profumo della
mentastra, del timo e della mortella. Questa natura delude il diuturno lavoro del contadino, che con ferma ostinazione scava questa pietra, ammucchiandola intorno ai campi, con industre arte, in forma di muri a secco o
in forma di tumuli, che fanno da spalliera al suo corpo, quando egli è
stanco. Unico conforto a questi tristi pensieri è la pipa, che, stretta tra le
gengive, manda un lieve filo di fumo, lieve come la speranza di una buona
annata, di un domani che sia davvero un lusinghiero domani. Poi violenta
la sua mano colpisce l'anca, quasi a decidere il ritorno alla lotta contro
questa natura. Nell'allucinante biancore dell'aria, nel cielo tenue di latte,
simili a mostri dissepolti e arcigni, si elevano le Specchie, come la " Specchia
del Diavolo „ (I segla tu demonitt) nelle vicinanze di IVIartano, circondata
da foltissima siepe di rose di macchia, di more e di mille sanguigni rosolacci. Tempio o rifugio, altare rurale o punto di vedetta per dominare la
campagna e il mare furono le Specchie, alle quali fanno corona i trulli
tronco conici, veri capolavori di arte rustica e primitiva, ora rifugio imperturbato di gufi e civette, uccelli nefasti, presagio di sventura e di morte.
Pellegrini e monaci orientali, i Calogeri, i cosidetti monaci di San
Basilio, oltre che continuare la cultura classica e bizantina - cristiana, crea
rono in queste terre — forse abitate da antiche colonie greche rimaste
come ultimi relitti di un'epoca gloriosa dell'Italia Meridionale — strade.
romitaggi, chiese e cripte, conventi, abbazie, le cui rovine ancor oggi attesten° un passato eminentemente civile, quando ancora in altri luoghi regnava la barbarie. In questo ambiente, rapidamente tracciato, come in cerchio, sorgono i nove comuni della Grecia Salentina Calimera, Castrignano
dei. Greci, Corigliano d' Otranto, Martano, Martignano, Melpignano, Soleto,
Sternatia, Zollino, paesi bilingui, dove il greco e il dialetto leccese coabitano. I quartieri vecchi di questi paesi conservano ancora la caratteristica
architettura ellenica : casette bianche ad un piano, con la volta a tetto o
in pietra e con una finestrella che dia aria all'interno. Sulla strada si apre
un connetto con tutt'intorno sedili di pietra, vasi di fiori e dietro la casa,
l'orto o il giardinettto, con erbe aromatiche, piante di garofani e quasi
sempre qualche alberello, che la tradizione consiglia alla giovanetta di pian280
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tare nel giorno del suo primo incontro col fidanzato, quale oroscopo perfetto della sua felicità. Trascorso un anno se la pianta fiorirà è un buon
augurio, diversamente è prudente rompere ogni vincolo di affetto.
La questione sulle origini delle colonie greche del Salento ha appassionato i linguisti e gli storici fin da quando un secolo fa K. Witte richiamava l'attenzione degli studiosi sull'esistenza di esse.
Si levarono dubbi intorno al tempo e alle cause della venuta di questi
greci e sorsero sostenitori di tre tesi diverse. Sostengono la prima tesi T.
Kind ed altri, i quali affermano essere questi greci un avanzo delle antiche
colonie magnogreche. Stanno per la seconda, opposta alla prima, il De Blasi,
il Comparetti, il Pellegrini e il Morosi. Costoro esaminando accuratamente
lo sviluppo e la influenza del dominio bizantino ed altre fonti storiche e
linguistiche, asseriscono che questi greci debbano ritenersi " reliquie della
dominazione bizantina „ ed escludono l'antico dorismo fra noi dopo la conquista romana. La terza tesi sostiene che questi greci sono di origine mista,
cioè sono colonie antiche, che assottigliatesi e ristrettesi di molto, furono
di tratto in tratto rinnovellate e rinsanguate da nuovi coloni greci, che,
come ricagnoli, confusero con le antiche le loro acque e ne sorse una
,nuova polla, un nuovo dialetto o idioma che sta tra l'antico e il moderno.
Per la terza tesi stanno il Biondelli e GH. Rholfs.
Giuseppe Morosi nel 1870 pubblicò i suoi " STUDI_ SUI DIALETTI
GRECI DI TERRA D ' OTRANTO „ preceduti da una raccolta di canti, leggende, proverbi e indovinelli nei dialetti medesimi. Secondo questo studioso i- greci odierni della Terra d'Otranto non sono gli avanzi delle antiche
colonie greche stanziatesi in queste regioni prima dell'arrivo dei romani,
ma sono immigrazioni greche dell'epoca bizantina, precedendo via via dal
secolo VI fino al secolo XII, in parte dalle immigrazioni laiche venute
al seguito dei monaci perseguitati dagli imperatori iconoclasti, specialmente
da Leone III Isaurico (secolo VIII), in parte da nuclei di soldati e di coloni bizantini qui ricacciati dopo la disfatta della potenza bizantina nella
Italia Centrale. Facendo un confronto con i dialetti della Grecia moderna,
il Morosi dimostra che il greco otrantino coincide con la lingua volgare
neogreca, che si costituí in Grecia prima del X secolo. Infine è opinione
nello stesso Morosi che il greco otrantino è alquanto anteriore al dialetto
greco calabro.
Il tedesco prof. Gherard Rohlfs dopo lunghi soggiorni e ricerche in
Puglia e in Calabria, nel 1924 pubblicava le conclusioni dei suoi studi nel
noto volume : " Grinchen und romanem in unteritalien „ sostenendo e dimostrando che le superstiti parlate greco-salentine e greco-calabre non sono
da riconnettere nella loro origine con la conquista, anche linguistica, bizantina dei secoli IX e XI, ma da considerare come direttamente derivanti
quale risultato o relitto d'un lento progressivo restringimento di tradizione
linguistica mai cessato dall'ellenismo originale e genuino della Magna Grecia,
conservatosi nel Mezzogiorno italico, dopo aver traversato incontaminato
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la marea delle generazioni alloglotte e dei secoli. Pertanto la questione
sull'origine delle colonie greche dell'Italia meridionale si polarizza nelle
due tesi fondamentali del Morosi e del Rohlfs. La soluzione di tale questione rimane " adhuc sub indice „ con prevalente opinione, però, specialmente tra i glottologi italiani, che non vi é nessuna continuità di grecismo
nell'Italia meridionale tra le colonie antiche e quelle bizantine.
Pertanto non si può trascurare il notevole apporto alla soluzione di
questi problemi dato anche dal Battisti, dall' Alessio e dal Parlangeli, i
quali, con prove validissime, sostengono l' origine bizantina delle nostre
colonie.
La lingua greca salentina è destinata inesorabilmente ad estinguersi.
La lingua italiana è il pericolo numero uno e i numerosi fattori sociali,
che quotidianamente fanno progredire le popolazioni, contribuiscono a far
scomparire definitivamente i residui greci della minuscola Grecia Salentina.
La civiltà ellenica nel Salento è molto più profonda di quanto si creda.
Oltre ad alcuni monumenti ancora esistenti, alla lingua che ancora si parla,
troviamo una serie di cognomi che dimostrano la profonda penetrazione di
essa. Ne riporto alcuni a titolo di curiosità riscontrati anche ad Atene.
Anastasia = Anastasia, Antonaci = Antonachi, Argiròs = Arghiros, Attanasi — Attanasi, Bellisario = Vellisarios„ Blago = Blaghos, Calò = Calos,
Castriota = Castriota, Chiriacò = Kiriakos, Chirizzi = Kyritsis, Crisostomo
— Crysostomos, Cosma = Cosmàs, Castrignanò — Castrignanòs, Cucurachi
= Cucurachi, Dimitri = Dimitris, Epifani — Epifanis, Episcopo o Piscopo
= Episcopos, Fazzi = Fatsis, Leuzzi = Leutsis, Macrì = Macrì, Marulli =
Marulli, Mega = Megas, Meleti — Meletis, Morea = Moreas, Niceforo —
Nikeforos, Nicolì = Nikolì, Palamà — Palamas, (il più grande poeta della
Grecia Moderna), Parisi — Parisis, Patèra = Pateras, Politi = Politis, Protopapa = Protopapas, , Scordari = Skordaris, Scurti = Scurtis, Sicuro = Siguros, Spanos — Spanòs, Stasi = Sta this, Stefano — Stefanos, Stefanachi =
Stefanaki, Tanasi = Tanasis, Toma = Tomas, Zito — Zitos, Zuccalà = Zu-
calàs (attuale Sindaco di Atene).
Sopravvivono ancora nel Salento pregiudizi, superstizioni, credenze, che
risalgono a tempi lontanissimi, alle teorie primitive sulla natura e sulla
vita, che, informate su principi magici, governano e ottenebrano la mente
e la coscienza del popolo. Le vecchie abitazioni dei contadini e le stalle
vengono preservate dalle streghe e dagli spiriti malefici da un paio di corna
di bue, poste all'esterno sulle porte d'ingresso, come talismano zoologico,
per impedire la loro malvagia influenza sulle persone e sulle bestie.
Potere curativo e terapeutico hanno alcune piante, come il timo per
la forza antistregatoria, l'alloro preserva dai fulmini, la ruta previene e
cura mirabilmente i mali, anche quelli prodotti da influenze sinistre. Si
teme l'azione nefasta del malocchio, si crede alle fattucchiere. Costituisce
cattivo augurio il versarsi dell'olio sulla tavola dove si sta desinando, il
collocare due oggetti in forma di croce, lo spegnersi improvviso della lam282
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pada votiva senza alcuna causa, il lasciare dei fiori sul letto. Caratteristici
amuleti sono il ferro di cavallo, le forbici, la falce e la scopa contro le
streghe, per preservare i bambini dai loro malefizi. Forma scongiuratoria
hanno alcuni frammenti di pietre, le cui virtù magiche, trasferendosi nell'organismo umano, per via di contatto, comunicano la loro durezza. È il
caso del pezzettino di selce che la donna incinta appende alla giarrettiera
fino al parto, perchè la difenda dagli aborti e le assicuri un parto felice.
Così i cornetti e i coralli rossi che la mamma mette attorno al collo e al
polso del poppante per evitare che le streghe, durante la notte soffochino
i bambini attaccati alle poppe materne. Caratteristiche magiche svela anche
il tarantolismo, quel male cioè difficile ad identificare, che colpisce le
donne morsicate dalla tarantola, per cui sono soggette a crisi nervose e
isteriche. Per sanare, oltre la coreutica, simile alle danze delle Menadi
nei riti orfici e dionisiaci, l'unico rimedio al male è bere l'acqua del pozzo
della cappella di S. Paolo di Galatina. Le pie donne che fanno germogliare
il grano o altra erba nei piatti o in altri recipienti, che poi ornano con
fiori e che portano, per devozione, in chiesa il Giovedì Santo per ornare
il Sepolcro di Cristo, oltre che celebrare l'inizio della bella stagione, credono, secondo un rito antichissimo, di trasferire l'energia vegetativa di
queste piante a quelle già germogliate nei campi. L'usanza della " cuddhura „ (ciambella simile ad un tarallo con uova sode) che il fidanzato -/offre
alla fidanzata in occasione della Pasqua, ci fa ricordare l'antica credenza
presso tutti i popoli di tutte le epoche nel simbolo della fecondità dell'uovo. Quando il marito taglia il nastro o una ghirlanda di foglie nel giorno
delle sue nozze, dinnanzi alla soglia di casa, vuol dire che la sposa è vergine e che l'onore è salvo. In alcune famiglie la suocera nel mattino dopo
le nozze, col pretesto di portare il caffè alla nuora, si reca nella camera
da letto degli sposi per constatare la integrità verginale della sposa.
I riti funerari dell'antica Grecia sopravvivono ancora nella credenza
popolare dei greco - salentino. Lo testimoniano le credenze in Caronte, che
viene nominato nelle invettive e nelle frasi a spauracchio, quelle nel Fato,
nel mito del Tempo e delle Stagioni, nella concezione pessimistica dell'Ade,
nelle tristi nenie, che le prefiche cantano intorno al morto per elogiarne
le opere e per far piangere i familiari e i presenti. La scena è così drammatica, le nenie funebri sono così acute, stilizzanti, pungenti, che si ha
l'impressione di rivivere il passato classico e tanti secoli- di cristianesimo
non sono riusciti a sradicare tali concezioni mitiche e pagane. Le giovani
d'oggi forse per risultanza a costumi che potrebbero discordare con la
civiltà odierna, sembrano respingere queste cerimonie già religiosamente
conservate dalle loro nonne e dalle loro madri; ma quando si trovano nella cosa del defunto, si sentono anch'esse invasate della tradizione e con il
vigore dei loro giovani anni cantano, battono i piedi in cadenza, gesticolano col fazzoletto, per sfogarsi in quella emozione collettiva e in quella
scena così drammatica. La loro modernità si sfalda, la saggezza delle loro
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mamme e delle loro nonne le ha ripigliate, niente esitazione, nessuna vergogna per queste tradizioni millenarie. Cedono al loro parossismo soltanto
alla presenza del sacerdote, che sostituisce l'antico culto matriarcale a quello
cristiano. Subito dopo il mondo circostante le fa ritornare in sè, come se
fossero uscite da un incubo, da uno stato di semincoscienza, nel quale erano cadute in preda al fascino della tradizione e della razza e ritrovano il
mondo dei loro interessi presenti.
Perchè ancora tante tradizioni antichissime, anche se scolorite in parte,
permangono salde e costanti nonostante l'opera distruggitrice dei secoli?
Esse sono divenute il cemento potente e quindi istinto nella vita del popolo e la sua coscienza è come una lieve pellicola ancora tremolante, sotto
cui si apre la voragine di un passato vertiginoso.
Indubbiamente la modernità, oggi, ha fatto presa sulla vita e sul costume dei greco - salentini, ma nei momenti essenziali della vita, la tradizione ripiglia il sopravvento, perchè mille legami la richiamano al passato
e rinchiudono l'individuo in un cerchio di ferro. Questa eredità di tradizioni, dunque, ci permette di intuire, di capire la sensibilità e la psicologia
popolare dell'umanità, l'enigma del mondo, il cammino difficile che l'uomo
ha percoso nel tempo e nello spazio, per arrivare all'odierna civiltà.
ANGIOLINO COTARDO
La medesima conferenza in lingua neogreca sarà pubblicata negli atti del congresso
della Società Speleologica greca di Atene.
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