sentenza Corte UE su part time verticale

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sentenza Corte UE su part time verticale
La Corte di giustizia europea con la sentenza del 10 giugno 2010 riguardante le
cause riunite C395/08 e C396/08, ha affermato che la normativa italiana sul part-time
verticale viola il divieto di discriminazione stabilito dalla Direttiva UE n. 97/81 (in vigore
dal 1997), in quanto esclude per i lavoratori a tempo parziale di tipo verticale ciclico i
periodi non lavorati dal calcolo dell’anzianità contributiva necessaria per acquisire il
diritto alla pensione. Per tale aspetto questi lavoratori – secondo la Corte - sono
discriminati nei confronti dei lavoratori ( comparabili) a tempo pieno.
La clausola n. 4 dell’ Accordo quadro sul lavoro a tempo parziale del 6 giugno 1997
(sottoscritto dall’ Unione delle confederazioni dei datori di lavoro a livello europeo e
dalla Confederazione europea dei sindacati), cui la Direttiva 97/81 ha dato attuazione,
stabilisce infatti il seguente principio di non discriminazione “Per quanto attiene alle
condizioni di impiego, i lavoratori a tempo parziale non devono essere trattati in
modo meno favorevole rispetto ai lavoratori a tempo pieno comparabili per il solo
motivo di lavorare a tempo parziale, a meno che un trattamento differente sia
giustificato da ragioni obiettive. Dove opportuno, si applica il principio “pro rata
temporis”. Si tenga presente che la direttiva 97/81 è stata trasposta nell’ordinamento
giuridico italiano con il decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 61.
La sentenza della Corte di Giustizia è intervenuta nell’ ambito di una serie di
controversie nelle quali alcuni dipendenti dell’ Alitalia a tempo parziale, secondo la
formula denominata «tempo parziale di tipo verticale ciclico», si sono contrapposti all’
INPS.
Questi lavoratori hanno contestato all’Istituto di previdenza l’ adozione del criterio
“pro rata temporis” secondo il quale vengono considerati quali periodi contributivi utili per
l’acquisizione del diritto alla pensione solo i periodi lavorati, escludendo i periodi non
lavorati corrispondenti alla loro riduzione d’orario (il requisito cosiddetto dell'anzianità
contributiva: 20 anni per la pensione di vecchiaia; almeno 35 per quella di anzianità;
almeno 5 anni nel sistema delle pensioni contributive).
Secondo la sentenza della Corte l’esclusione dei periodi non lavorati ai fini del
calcolo pensionistico comporta una disparità di trattamento tra i lavoratori a tempo
parziale di tipo verticale ciclico e quelli che hanno optato per il part/time «di tipo
orizzontale», i quali sarebbero posti in una situazione più vantaggiosa a fronte di una
durata equivalente dei rapporti di lavoro.
Attualmente la normativa italiana prevede infatti regole specifiche, nel caso di
lavoro a part-time, per il calcolo delle anzianità contributive. Le tipologie di part-time
sono due: orizzontale e verticale (c'è anche una terza tipologia che è quella mista, cioè
orizzontale e verticale). Nel primo caso, il lavoratore è sempre in attività ma a orario
ridotto; nel secondo caso, il lavoratore è in attività solo per alcuni periodi a orario pieno
(o altrettanto ridotto in caso di part-time misto). Nel primo caso (part-time orizzontale),
l'INPS accredita per ogni anno di lavoro un anno di contribuzione; nel secondo caso
(part-time verticale), l'INPS accredita solo i periodi effettivamente lavorati; per quelli per
i quali il lavoratore non è in attività, è data allo stesso solo la facoltà di riscattarli.
La Corte UE ha ravvisato, come dicevamo, in tale normativa una violazione del
principio di non discriminazione sancito dalla clausola 4 dell’ Accordo Quadro recepito
dalla citata direttiva europea.
In conclusione, la Corte, pur riconoscendo l’applicabilità del principio “pro rata
temporis”, ha stabilito che tale principio “non è applicabile alla determinazione della data
di acquisizione del diritto alla pensione, in quanto questa dipende esclusivamente
dall’anzianità contributiva maturata dal lavoratore. E questa anzianità deve
corrispondere alla durata effettiva del rapporto di lavoro e non alla quantità di
lavoro fornita nel corso del rapporto stesso. L’ applicazione del principio di non
discriminazione tra lavoratori a tempo parziale e lavoratori a tempo pieno comporta
pertanto che l’anzianità contributiva utile ai fini della determinazione della data di
acquisizione del diritto alla pensione sia calcolata per il lavoratore a tempo parziale come
se egli avesse occupato un posto a tempo pieno, prendendo integralmente in
considerazione anche i periodi non lavorati”.
Ci riserviamo di tornare sull’ argomento dopo aver meglio approfondito la portata
del principio stabilito dalla Corte anche in ordine ad eventuali riflessi sul calcolo della
pensione.
servizio legale nazionale