LAVORO, PENSIONE E PART-TIME La pensione, si sa, è la forma di

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LAVORO, PENSIONE E PART-TIME La pensione, si sa, è la forma di
LAVORO, PENSIONE E PART-TIME
La pensione, si sa, è la forma di remunerazione post-lavorativa. È un sistema tipico delle società
post-industrializzate, e ha trovato una sua regolamentazione nel Ventesimo secolo: in Italia la
previdenza sociale nasce nel 1898, quando viene fondata la “Cassa nazionale di previdenza per
l’invalidità e la vecchiaia degli operai”, mentre il 14 agosto del 1935 il Presidente americano
Roosevelt firmava il Social Security Act, di fatto la legge che dava vita al primo sistema
pensionistico. Da quel momento ne è passata di acqua sotto i ponti, e i mutamenti della società si
sono riflettuti inevitabilmente sul mondo del lavoro e sulla sua organizzazione. La nascita di nuove
figure professionali e di nuove dinamiche nei rapporti tra lo Stato e i lavoratori hanno portato
necessariamente a significativi adeguamenti legislativi.
Il concetto che sta alla base della pensione è il fatto che un lavoratore sia o meno capace di fornire
prestazioni lavorative adeguate: si tratta di un problema che sembra impossibile risolvere con una
risposta oggettivamente valida, poiché entrano in gioco variabili riconducibili alla durata della vita
media, alle caratteristiche fisiche di ogni singola persona, al logorio che una data occupazione
comporta, al livello di stress accumulato, ecc.; e in aggiunta a ciò assumono grande importanza
diversi fenomeni sociologici, come ad esempio la crescita continua del numero di giovani che
decidono di iscriversi all’università lasciando la città d’origine.
Molto spesso questi ragazzi sono costretti a mantenersi da soli e dunque a coniugare la propria
attività di studenti con un piccolo lavoro che gli permetta di avere entrate sufficienti per pagarsi le
spese e che, al contempo, non rubi loro troppo tempo per studiare. Situazioni di questo tipo
hanno contribuito in modo determinante, insieme ad altri fattori, alla crescita del fenomeno
denominato “lavoro part time”, in cui il tempo settimanale dedicato da una persona all’attività
lavorativa è ridotto rispetto a quello dei lavoratori “a tempo pieno”.
In Italia la prima legge a regolamentare il lavoro a tempo parziale è la n.863 del 1984, che ebbe
però l’effetto di ridurre il ricorso a questo tipo di contratto, per via delle molteplici limitazioni che
essa presentava. Un passo importante per il raggiungimento di una maggior flessibilità viene fatto
con le cosiddette clausole McDonald, inserite per rispondere alle esigenze della nota
multinazionale, la quale necessitava di una certa libertà di azione per organizzare il lavoro nei suoi
sempre più numerosi centri vendita.
Oggi il Part-time è un fenomeno sempre più diffuso, e in molti casi viene ricondotto al concetto di
precarietà, anche se in realtà va detto che il lavoratore può in ogni momento chiedere al datore di
lavoro di trasformare il proprio contratto da part time a tempo pieno o viceversa, e la stessa
richiesta può esser fatta dal datore di lavoro: in tal caso, un’eventuale rifiuto del lavoratore non
può costituire motivo di licenziamento.
Il part time è detto orizzontale se occupa il lavoratore per tutti i giorni della settimana a tempo
ridotto, verticale nel caso in cui invece egli lavori a orario pieno però solo alcuni giorni della
settimana, misto quando le due modalità vengono alternate.
A livello pensionistico i periodi di lavoro part-time vengono calcolati in misura piena, fermo
restando che la retribuzione media settimanale non sia inferiore ai minimali di retribuzione
stabiliti ogni anno dalla legge. Riguardo invece l’importo della pensione, si opera la contrazione del
periodo a tempo parziale in proporzione all’orario effettivamente lavorato.
Ai lavoratori part-time vengono applicati gli stessi contributi previdenziali e assistenziali e gli stessi
premi assicurativi INAIL in vigore per la generalità degli altri lavoratori dipendenti, commisurati su
base oraria. Anche il contratto di lavoro part-time va stipulato per iscritto e prevede gli assegni per
il nucleo familiare: se la durata della prestazione lavorativa settimanale è di almeno 24 ore,
l’assegno spetta per tutti e sei i giorni (anche nel caso di settimana corta, in cui cioè il sabato non
sia considerato giorno lavorativo); in caso di un monte ore settimanale inferiore a 24, l’assegno
viene corrisposto solo per le giornate in cui ci sia stata effettivamente la prestazione lavorativa, e il
sabato viene escluso in caso di settimana corta.
Nesci Denis Domenico
Segretario Nazionale SNAP-FNA