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Repubblica Italiana
In nome del Popolo Italiano
Il Tribunale Ordinario di Genova
PRIMA SEZIONE CIVILE
Il Collegio composto dai seguenti magistrati:
Dott. Luigi Costanzo
Dott. Roberto Braccialini
Dott. Maria Cristina Scarzella
Presidente
Giudice Rel.
Giudice
sulle conclusioni di cui infra ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Nel procedimento iscritto al nr. 2010 11610
tra le parti:
ROSSO DOMENICO (c.f.RSSDNC44M18B435K ) e BIMBATI Ing.
RUGEGRO parti elettivamente domiciliate in GENOVA VIA ROMA,
3/8A 16122 GENOVA nello studio dell’avv. MARTINI ROBERTO che
le rappresenta e difende
PARTI ATTRICI
Contro
FIN.IM. SRL (c.f. 00917920084 ), elettivamente domiciliata in
GENOVA VIA DELLE CASACCIE, 1 16121 GENOVA nello studio
dell’avv. ALLAVENA VITTORIO che la rappresenta e difende
PARTE CONVENUTA
Oggetto : Impugnazione delle deliberazioni dell’assemblea e del CdA
CONCLUSIONI delle PARTI: come precisate all’udienza di
p.c., nei dattiloscritti allegati, e confermate all’udienza del
4.3.2013, da intendersi qui integralmente recepite.
SVOLGIMENTO del PROCESSO
Con atto di citazione del 29 settembre 2010 l’ing. Ruggero BIMBATI, vice
presidente della Srl FIN.IM Finanziaria Immobiliare con sede legale in Genova, e
l’arch. Domenico ROSSO,
quale componente dimissionario del Consiglio di
Amministrazione e legale rappresentante della Spa omonima, convenivano in giudizio
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Firmato Da: COSTANZO LUIGI Emesso Da: POSTECOM CA2 Serial#: af332 - Firmato Da: BRACCIALINI ROBERTO Emesso Da: POSTECOM CA2 Serial#: 81a43 - Firmato Da: PIAZZA GAETANO Emesso Da: POSTECOM CA2 Serial#: b110b
Sentenza n. 1493/2013 pubbl. il 02/05/2013
RG n. 11610/2010
Repert. n. 1433/2013 del 02/05/2013
presso questo Tribunale la
deliberazione assunta dal Consiglio di Amministrazione in data 3.9.2010 con la quale
era stata decisa l’emissione di un atto ricognitorio di debito nei confronti del Presidente
della società geom. MANNINI per attività di progettazione di opere portuali dallo stesso
realizzata in favore della FIN.IM.
In relazione a tale deliberazione, venivano eccepiti vizi formali nella
convocazione (non inoltrata al ROSSO quale componente del Cda, dimessosi ma non
sostituito); la non conformità ai “quorum” deliberativi e l’esistenza di un conflitto di
interessi, palesato dallo stesso presidente in esordio di deliberazione.
Contestualmente veniva richiesta la sospensione della decisione sia in riferimento
all’art. 2378 c.c. che in base all’art. 700 c.p.c.
Alla prima udienza si costituiva la Società che contestava i presupposti per la
sospensione tanto in relazione ai requisiti di validità della convocazione, che per il tipo
di vizio deliberativo (essendo ammissibile l’impugnativa solo per l’art. 2475 ter c.c.) e,
da ultimo, per l’assenza di alcuna prospettiva di danno per l’impresa.
Respinta la richiesta di sospensione e procedutosi oltre nel merito, l’istruttoria si
esauriva nell’acquisizione di prove documentali di talchè parti e causa venivano rimesse
all’udienza di p.c. del 15.11.2012. Su iniziativa dell’istruttore, la causa veniva rimessa
sul ruolo all’udienza del 4.3.2013 per appropriato contraddittorio sui rilievi di
inammissibilità della replica degli attori, svolti dalla difesa FIN.IM a seguito del
mancato deposito della conclusionale avversaria.
Stante la competenza collegiale ex art. 50 bis c.p.c., le parti confermavano le
precedenti difese e venivano rimesse al Collegio per la decisione finale.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Occorre prendere le mosse dalle questioni processuali sviluppatesi nella fase
terminale del processo e dire che la mancata assegnazione a decisione collegiale ha
comportato un intervento dell’istruttore in luogo del Collegio per quanto riguarda il
contraddittorio sull’ammissibilità delle difese conclusive delle parti attrici. Per vero, tale
parentesi non ha comunque nuociuto alla completezza delle difese pur se, nell’opinione
del Collegio, l’iniziativa del g.i. appariva superflua alla luce della concorde
giurisprudenza che, in consimili casi, autorizza il giudice a procedere direttamente senza
previo contraddittorio a delibazione di quanto sia ammissibile, e quanto sia invece
inammissibile, nelle difese sottoposte con note di replica, quando sia mancato il
precedente deposito della comparsa conclusionale.
In tal senso, le note di replica dell’ing. BIMBATI e dell’arch. ROSSO sono
meramente riproduttive di tutte le precedenti difese svolte in fatto e diritto e non
introducono temi dialettici nuovi, su cui non fosse stato possibile alla FIN.IM
organizzare una valida difesa, visto che non si registra alcuna deduzione di nuove
tematiche di fatto o di questioni istruttorie. Si può osservare che nelle note di replica
viene sviluppata con una certa incisività la tesi dell’autointegrazione delle regole
statutarie (disciplina desumibile dalla regole organizzative delle s.r.l. ed in particolare
dall’art. 2479 c.c.), mentre in precedenza ci si era intrattenuti piuttosto, da parte degli
attori, sulla cd. eterointegrazione (disciplina desumibile analogicamente da quella delle
Spa).
Ora, è vero che nelle difese introduttive ed in corso di causa la tesi giuridica
dell’autointegrazione non era stata oggetto di tanto ampia e specifica disamina, come
poi avvenuto nelle contestate note di replica. Però in effetti il tema risultava già incluso
nelle tematiche di diritto trattate nella sede cautelare e negli atti introduttivi, visto che
gli attori facevano discendere, dalla disciplina societaria riformata nel 2003, il regime di
impugnabilità di tutte le delibere del CdA di una Srl: onde non vi è alcuna “difesa
spiazzante”, sulla quale FIN.IM non potesse prendere per tempo posizione.
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Firmato Da: COSTANZO LUIGI Emesso Da: POSTECOM CA2 Serial#: af332 - Firmato Da: BRACCIALINI ROBERTO Emesso Da: POSTECOM CA2 Serial#: 81a43 - Firmato Da: PIAZZA GAETANO Emesso Da: POSTECOM CA2 Serial#: b110b
Sentenza n. 1493/2013 pubbl. il 02/05/2013
RG n. 11610/2010
Repert. n. 1433/2013 del 02/05/2013
predetta FIN.IM per sentire dichiarare l’invalidità della
Passando al merito della
dall’ordine espositivo del provvedimento cautelare per affrontare in primo luogo la
questione del conflitto di interessi: prospettiva che, se accolta, determinerebbe
immediatamente ex art. 2475 ter c.c. la caducazione della deliberazione degli
amministratori di FIN.IM.
Nell’esame di tale profilo, ci si potrebbe chiedere la ragione per la quale il
MANNINI non abbia proceduto in sede monitoria, dato che l’iscrizione in contabilità ed
in sei consecutivi bilanci di esercizio del suo credito per compensi professionali trova
una precisa dimostrazione scritta. La mancata attivazione del procedimento speciale fa
pensare che sia vera l’affermazione del presidente della Società quando assume essere
sua intenzione procurarsi la “bancabilità” del credito maturato non per un fine
personale, ma per rifinanziare la FIN.IM, senza creare a quest’ultima l’imbarazzo di
dover dare esecuzione ai pagamenti a seguito di iniziativa giudiziaria del suo legale
rappresentante (con ovvie ricadute di pubblicità negativa nell’ambiente bancario a
carico della Società).
Tuttavia, il proposito in tal senso palesato nell’ambito delle dichiarazioni di voto
non esclude per nulla la possibilità che, una volta ottenuto un finanziamento a valere
sulla ricognizione di debito richiesta alla sua società, il MANNINI non indirizzi ad altri
fini le somme ricevute.
In questo senso, non si può negare – diversamente da quanto ritenuto in sede
anticipatorio/cautelare - che ricorra un conflitto di interessi, che meglio dovrebbe
definirsi un “interesse in conflitto”, nel momento in cui il socio di maggioranza
intendeva palesemente anteporre il suo interesse al soddisfacimento di un proprio
credito professionale a quello della Società presieduta: la quale non aveva un
corrispondente immediato interesse ad una tale ricognizione di debito.
Di questa anteposizione dell’interesse dell’amministratore a quello
dell’amministrata, pare fondamentalmente convinto lo stesso geom. MANNINI quando,
nelle dichiarazioni di voto precedenti la deliberazione contestata, dà espressamente
conto di tale contrasto tra due opposte esigenze economiche, pur ribadendo l’interesse
mediato della Società al finanziamento attraverso tale strumento.
Ci si deve però chiedere se il riconoscimento di debito richiesto dal MANNINI e
deliberato da FIN.IM sia o meno foriero di danno per la Società. Danno che,
confrontando il diverso tenore degli artt. 2388 c.c. e 2479 ter c.c., per un verso, e per
altro verso il nuovo art. 2475 ter c.c., non può che avere una dimensione concreta e non
solo ipotetica.
A differenza delle altre disposizioni societarie inerenti gli “interessi in conflitto” –
nel regime delle Società per azioni e nelle decisioni dei soci delle Srl - il nuovo art.
2475 ter c.c. parla di deliberazioni che “cagionino” danno alla società, ed è quindi
apprezzabile la differenza con il successivo comma 3 dell’art. 2479 ter che, esaminando
le impugnative delle delibere dei soci caratterizzate da “interessi in conflitto”, parla di
decisioni che “possano recare danno alla società”.
L’impiego del tempo presente appare così una chiara sottolineatura del
collegamento causale che deve connettere la deliberazione amministrativa al pregiudizio
per la società. Non è mancata addirittura, su tali basi, una dottrina che farebbe decorrere
il termine per la proposizione dell’impugnazione delle delibere del CdA dal momento
della produzione del danno, visto che nell’art. 2475 ter c.c. non è ripetuta la decorrenza
dalla deliberazione, che si trova per le determinazioni sociali.
Il Collegio non condivide tale ultimo assunto per l’estrema incertezza che si
determinerebbe nel “traffico giuridico” per quanto riguarda la sorte delle delibere degli
amministratori e per il fatto che si dovrebbe aspettare la maturazione del pregiudizio per
la società, prima di poter organizzare alcuna valida reazione.
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Sentenza n. 1493/2013 pubbl. il 02/05/2013
RG n. 11610/2010
Repert. n. 1433/2013 del 02/05/2013
controversia, ritiene il Collegio di dover discostarsi
Sempre parlando di
determinabile e liquidabile, perché in tal modo si oblitererebbero i danni futuri ed i
danni da perdita di occasioni favorevoli, che sono comunque danni “concreti” anche se
non ancora “attuali”; ma proprio l’elaborazione giurisprudenziale sulle nozioni di
“danno futuro” e “danno da chances” (perdute) consente di tracciare una netta linea di
demarcazione tra ciò che è ipotetico ed eventuale rispetto a quanto è prevedibile
secondo canoni di normalità, in coerenza con lo schema causale di cui agli artt. 1223 e
ss. c.c.
La natura non meramente congetturale del danno riferibile alle deliberazioni del
CdA è assolutamente in linea con l’indirizzo di politica del diritto, che si esaminerà in
appresso parlando della possibilità di impugnare gli atti societari in questione anche
oltre l’ipotesi di conflitto di interessi, volto a rendere meno invasivo il controllo
giurisdizionale sull’attività degli amministratori: al manifesto fine di evitare di dover
trasferire la sede del CdA delle Srl presso il Tribunale per qualunque conflitto non
risolto in seno all’organo amministrativo.
Di questo preciso limite selettivo, legato alla dimensione concreta del pregiudizio
derivante dalla delibera dell’organo amministrativo, sembrano esser consapevoli le
stesse parti attrici. All’incirca nello stesso lasso di tempo in cui il MANNINI “confessa”
il proprio interesse al riconoscimento esterno della veste di creditore, il BIMBATI nella
corrispondenza scambiata con gli altri amministratori nell’imminenza della delibera
contestata fa presente che il testo di delibera proposto dal presidente avrebbe
comportato l’impossibilità di eccepire in compensazione crediti societari derivanti da
negligenze progettuali e lato sensu professionali del geom. MANNINI in relazione alle
attività svolte in favore di FIN.IM, già contabilizzate. Tale eventuale controcredito
risarcitorio è richiamato a giustificazione del rifiuto di deliberare la richiesta
ricognizione di debito anche nelle difese processuali, come in particolare può cogliersi
nella pag. 28 delle note di replica.
Dunque, da tali impostazioni difensive si coglie agevolmente che oggetto del
contendere non è l’esistenza e la consistenza del credito rivendicato dal presidente, dal
momento che la delibera impugnata “fotografa” in termini assolutamente fedeli tali
profili anche per quanto concerne la concreta esigibilità dei compensi, dando conto della
maturazione contestuale del diritto al pagamento in favore del MANNINI del 14% del
totale riconosciuto all’appaltatore per ciascuno Stato Avanzamento Lavori liquidato
all’impresa ROSSO.
Le contestazioni dei due professionisti attori per tale programma di avanzamento
dei pagamenti, di pari passo con le liquidazioni dei s.a.l. all’impresa appaltatrice da essi
diretta, sono inesatte perché la deliberazione assunta non svincola minimamente il
debito della Società verso il suo presidente dal progredire dei pagamenti in favore
dell’impresa gestita dal socio di minoranza.
Il vero “punctum dolens” è solo l’ulteriore statuizione finale che il MANNINI
intendeva veder deliberata e poi riprodotta nella scrittura ricognitiva: l’accettazione
pura e semplice della cessione e l’adesione anticipata ad ulteriori cessioni.
Al riguardo, si impongono alcune considerazioni che danno la misura
dell’astrattezza del pericolo paventato dalle parti attrici e della natura congetturale del
pregiudizio, tanto da far pensare ad un’opposizione nascente da contrasti economici su
altri versanti.
In primo luogo, il socio ROSSO ha dato conto del (e riconosciuto nei patti
parasociali il) debito per la progettazione e la generale attività organizzativa svolta dal
MANNINI in favore della Società fino a tutto il 31.12.2006 (art. 6 del patto 15.1.2008);
e la quotista impresa ROSSO risultava impegnata ad accettare la cessione del credito del
MANNINI in base alla scrittura transattiva stipulata il 20.11.2009: si rinvia testualmente
al paragrafo III 1.a.4, pag. 10, di tale impegno (prod. B/2 della convenuta).
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Sentenza n. 1493/2013 pubbl. il 02/05/2013
RG n. 11610/2010
Repert. n. 1433/2013 del 02/05/2013
“danno”, non si può pretendere che il pregiudizio sia già
Secondariamente, il
accettazione del trasferimento del debito non ha al momento alcun sicuro fondamento:
per la natura di tale attività; per il momento in cui è stata completata; per gli esiti di tali
prestazioni professionali.
Sono infatti decorsi sei anni e mezzo da quando è cessata l’attività progettuale e
organizzativa del MANNINI, che fin dal 2006 è stata riconosciuta nella contabilità
aziendale e, ad oggi, non è stata formulata e neppure mai ventilata alcuna contestazione
sulla qualità di tali interventi, che la FIN.IM possa opporre in compensazione al suo
presidente.
Si dice da parte degli attori che solo nell’odierna fase costruttiva sarebbe
possibile cogliere errori nella progettazione dell’intervento realizzata dal MANNINI.
L’obiezione non coglie nel segno perché, in una situazione in cui una significativa parte
dell’intervento a mare è stata già completata, si deve tenere presente quanto discende
dalle premesse del contratto di appalto del 24.12.2007 (prod. 23 conv.) tra FIN.IM e
IMPRESA COSTRUZIONI Geom. ROSSO, e cioè che:
a)
L’attività professionale del MANNINI è confluita alla fine in un
elaborato, denominato “Progetto Definitivo del Porto Turistico Parco e marina di
BAIAVERDE”, che è stato approvato dalle Autorità concedenti in sede di Conferenza
dei servizi il 22.6.2006 e con determinazione dirigenziale del 22.12.2006, progetto che
fissa i contorni e le caratteristiche dell’opera pubblica portuale e delle strutture di
servizio;
b)
La FIN.IM è impegnata, come concessionaria ed attuatore dello
Strumento Urbanistico Attuativo “BAIAVERDE”, alla realizzazione di tale Progetto
che, come appena detto, ha superato il vaglio del concedente pubblico e non può essere
modificato nella fase esecutiva;
c)
L’appaltatore si è impegnato a fare propria la precedente attività
progettuale di massima del MANNINI, partendo da tale base per la progettazione
esecutiva dell’intervento, a suo esclusivo carico.
Tutto lascia intendere dunque che il socio di minoranza ha da tempo conoscenza
dei dettagli dell’attività preparatoria del MANNINI, che ha fatto propria e dalla quale
muove la sua attuale partecipazione/cooperazione al complessivo progetto di
trasformazione: per cui non è senza rilievo che, nell’attuale quadro di acceso
contenzioso tra “le due anime” di FIN.IM, la componente sociale di minoranza non sia
riuscita a formulare un solo concreto addebito di negligenza, carenza o inadeguatezza
della precedente attività professionale preparatoria svolta dal MANNINI, tale da lasciar
intravedere una qualche possibilità di future compensazioni.
Su un ulteriore versante la posizione degli attori non è condivisibile, e riguarda
la portata della compensazione che la Società potrebbe opporre per futuri suoi crediti: si
sta parlando della lettura che gli attori danno della disposizione di cui all’art. 1248 c.c.
Se la delibera adottata non consente di formulare eccezioni di compensazione
nei riguardi dei cessionari del credito professionale, in base al primo comma dell’art.
1248 c.c., è chiaro però che tale limite riguarda esclusivamente i crediti anteriori alla
cessione stessa. Per tutto ciò che riguarda crediti futuri verso il MANNINI – nel senso,
chiaramente, di maturati successivamente alla cessione – nulla impedirà alla Società di
far valere senza limitazioni le sue ragioni nei confronti del suo Presidente.
Per le ragioni esposte, in difetto di alcun estremo di danno “concreto” riferibile
alla decisione assunta, non si ritiene di poter pervenire all’annullamento della
deliberazione approvata dal CdA di FIN.IM in data 3.9.2010.
Si deve esaminare a questo punto il profilo sviluppato da entrambe le difese
nella parte di esordio delle rispettive prospettazioni: la portata limitativa o meno del
nuovo art. 2475 ter c.c. Occorre cioè stabilire se il procedimento impugnatorio previsto
dall’art. 2378 c.c., con la sua appendice sospensiva, sia applicabile ad una deliberazione
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RG n. 11610/2010
Repert. n. 1433/2013 del 02/05/2013
pregiudizio sociale che deriverebbe dalla formale
proveniente dal consiglio di
visto che, dopo la riforma societaria, non esiste più un richiamo espresso per le società a
responsabilità limitata alla norma del successivo art. 2388, che consente tali iniziative
giudiziarie per le deliberazioni di CdA delle società per azioni. Anzi, proprio il nuovo
art. 2475 ter c.c. espressamente ammette l’impugnazione delle delibere del CdA solo
limitatamente ai casi di conflitto di interesse di cui sia portatore un amministratore.
Ritiene il Collegio che la nuova formulazione dell’art. 2475 ter c.c. non possa che
essere letta come autorizzativa di un’impugnazione limitata, per tali delibere, al solo
conflitto di interesse: con il che tutti gli interessanti profili evocati dalla difesa degli
attori sulla legittimità della convocazione nel caso in esame, l’integrità dell’organo
decidente e le maggioranze per le valide deliberazioni, rimangono fuori dall’area di
devoluzione al contenzioso giudiziario.
Non ignora il Collegio che sull’argomento esiste una produzione dottrinaria
indubbiamente notevole, nella quale sono state sviluppate con estrema ricchezza di
argomenti le tesi dell’ammissibilità condizionata a certi presupposti, come pure
l’assunto dell’inammissibilità fuori dall’unico caso ammesso: e la giurisprudenza si è
ugualmente divisa riproducendo le argomentazioni a sostegno o confutazione delle due
indicate tesi pur se, almeno negli ultimi tempi, la lettura restrittiva sembra prevalere.
Peraltro, secondo questo Tribunale, il dato letterale non consente margini di
dubbio e non può ritenersi frutto di un errore compilativo, nel momento in cui è stata
riformulato completamente l’articolo 2475 c.c. con l’aggiunta di un suo “ter”, ma non
solo: è stata infatti rivista tutta la gamma dei poteri di controllo dei soci nell’ambito
delle società a responsabilità limitata.
Indubbiamente l’indiscutibile dato testuale non sarebbe appagante se non si
accompagnasse a quello sistematico che fa perno, come poco sopra si anticipava,
all’intervenuta riforma complessiva dei poteri di controllo dei soci nell’ambito delle
minori organizzazioni capitalistiche, con un completo rimodellamento delle
impugnative giudiziarie delle decisioni sociali.
Da tale ambito visuale, la saldatura tra il nuovo 2475 ter ed il successivo 2479 c.c.
è stata adeguatamente messa in luce dalla giurisprudenza maggioritaria e più recente
(cfr. Tribunale di Lodi 13 marzo 2009, Pres. Stolfi est. Gentile, in Corriere del Merito
n. 7/2009 pag. 745) e pare decisamente persuasiva la considerazione che il legislatore ha
inteso limitare l’impugnazione alla forma più patologica di deviazione delle
deliberazioni del CdA dai buoni schemi amministrativi, in un contesto in cui i singoli
soci (di cui gli amministratori sono espressione, quando non coincidono le due vesti in
capo alla medesima persona) sono muniti di una possibilità di controllo sulle decisioni
gestional/amministrative che non ha riscontro nelle normali società per azioni.
In altri termini, l’apparente deficit di tutela rispetto alle decisioni del CdA appare
più che adeguatamente compensato nelle Srl dalla latitudine dei controlli affidati
all’iniziativa dei soci per tutto ciò che riguarda la vita dell’impresa e le stesse sorti degli
amministratori, che abbiano assunto in seno al CdA deliberazioni non condivise.
Il Collegio ha ben presente l’ampio dibattito culturale apertosi, all’indomani della
riforma societaria, proprio sull’adeguatezza dei controlli giudiziali sulla vita delle
imprese collettive e sa che non sono mancate voci critiche per un abbassamento
generale dei livelli di tutela delle minoranze sociali. Ma nel complessivo
rimodellamento dei poteri di controllo relativi all’organizzazione delle società a
responsabilità individuale emerge anche una condivisibile opzione per evitare la
giurisdizionalizzazione di tutti i conflitti, che farebbe del Tribunale il centro decisionale
della vita di tali imprese: per cui il legislatore delegato ha preferito ricorrere a “camere
di compensazione” e meccanismi conciliativi endosocietari, adeguatamente valorizzabili
in sede statutaria (cfr., per la stessa FIN.IM, la disciplina statutaria dello “stallo
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amministrazione di una società a responsabilità limitata
gestionale”) per trovare forme
ricorso “settimanale” al giudice.
Da tale angolo visuale, pertanto, la possibilità per gli interessati di trasferire in
seno all’assemblea dei soci la materia contenziosa, che il CdA non riesca a sbrogliare, è
chiaramente intellegibile nell’art. 2479 c.c., come messo in luce nell’ultima
giurisprudenza citata.
Dunque né il richiamo “eterointegrativo”, né lo schema “autointegrativo” a cui si
richiamano le difese degli attori, paiono persuasivi. Il parallelismo con la disciplina
delle società per azioni avrebbe un senso se non esistesse il nuovo l’art. 2475 ter c.c. e
non si fosse messa mano ad una complessiva riforma dei controlli sulle società, che ha
chiaramente disancorato le società a responsabilità limitata dal precedente rinvio in
blocco allo schema delle “consorelle maggiori”: le nuove Srl, anche nel profilo dei
controlli giudiziari che qui interessa, non sono più concepite come la “piccola Spa”, ma
come organizzazioni che di queste ultime ripetono l’autonomia patrimoniale perfetta;
pur avendo uno schema di “governance” decisamente più affine alle società di persone.
Il richiamo alla disciplina delle impugnazioni delle delibere dei soci risulta a sua
volta non utile ai fini dell’odierna decisione, visto che non si è in presenza di una
“lacuna” per le deliberazioni del CdA delle Srl, ma di una “diversa disciplina”; la quale
si preoccupa di ricondurre l’eventuale conflitto tra gli amministratori all’organo
decisionale ultimo, limitando l’impugnazione immediata ai soli casi più eclatanti e
prevedendo, per lo stesso conflitto di interesse, un’impugnativa circoscritta alle
prospettive di concreto danno.
Né l’impugnativa pare praticabile attraverso il percorso ermeneutico delle Srl “a
vocazione capitalistica”, come alcuna dottrina ritiene e come in parte si era considerato
nella sede cautelare.
Va premesso che la “vocazione capitalistica” non va ricercata tanto nella
dimensione dei mezzi economici o nell’articolazione delle strutture amministrative
interne, ma fondamentalmente nello schema di direzione e guida societaria, la famosa
“governance” appena menzionata. Gli attributi della caratura “simil-Spa” potranno
riconoscersi ad una società a responsabilità limitata in presenza di una
spersonalizzazione dei centri di comando, non già quando i processi decisionali siano
esattamente sovrapponibili – per l’assoluta predominanza dell’elemento personale – a
quelli di una società di persone.
Una più incisiva e meditata analisi collegiale delle regole di organizzazione e
soprattutto dei patti parasociali della FIN.IM porta a dire che la notevole consistenza dei
mezzi finanziari di tale impresa, rispetto alla “classica” Srl di emanazione familiare o
comunque a ristretta base sociale – quale per solito si trova nella realtà societaria
nostrana – come pure una certa pletoricità delle regole organizzative e statutarie non ne
determinano comunque una “vocazione capitalistica”.
FIN.IM è fondamentalmente una “società di due persone” che nasce al chiaro
scopo di consentire di scaricare i costi di progettazione e di realizzazione dell’impresa
comune condivisa dai due soci professionisti: la costruzione del porto turistico di
Ospedaletti. I due consiglieri che ciascuno dei due “soci demiurghi” designa in seno al
CdA di FIN.IM non operano che come rispettiva “longa manus” del geom. MANNINI e
dell’arch. ROSSO, e non è un caso che il contenzioso economico che oppone tali due
soci professionisti sia alla base dell’odierna paralisi operativa, di cui è traccia nelle
deliberazioni societarie.
Non vi sono quindi gli estremi organizzativo/gestionali per potersi parlare di
applicazione analogica delle disposizioni contenute nell’art. 2388 c.c. dettate per
l’impugnazione delle delibere del CdA delle società per azioni.
Ne discende conclusivamente la reiezione della domanda delle parti attrici con le
connesse statuizioni di cui al dispositivo.
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Sentenza n. 1493/2013 pubbl. il 02/05/2013
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Repert. n. 1433/2013 del 02/05/2013
risolutive delle controversie, che non comportino il
Le spese di lite tengono
dell’elevato pregio degli scritti difensivi, nonché dell’impegno dedicato alla fase
cautelare. I compensi vengono determinati in appresso come da d.m. 140 del 2012
(Cassaz. S.U. 12.10.2012 n. 17406) facendo riferimento alla soglia superiore della
forbice tariffaria, con una riduzione della sola fase di trattazione istruttoria, limitata alla
semplice acquisizione di documenti.
P.Q.M.
Definitivamente pronunciando, ogni altra domanda, eccezione o difesa respinta,
RESPINGE la domanda di annullamento della deliberazione assunta dal Consiglio di
Amministrazione di FIN.IM in data 3.9.2010.
Condanna le parti attrici a rifondere le spese di lite liquidate in euro 750 per
esborsi ed euro 20.000 per compensi professionali, oltre CPA ed IVA (se imposta non
deducibile).
Genova, 8 aprile 2013
Il giudice est.
Il Presidente
Dr. R. BRACCIALINI
Dr. Luigi COSTANZO
http://bit.ly/1ey4qXJ
Firmato Da: COSTANZO LUIGI Emesso Da: POSTECOM CA2 Serial#: af332 - Firmato Da: BRACCIALINI ROBERTO Emesso Da: POSTECOM CA2 Serial#: 81a43 - Firmato Da: PIAZZA GAETANO Emesso Da: POSTECOM CA2 Serial#: b110b
Sentenza n. 1493/2013 pubbl. il 02/05/2013
RG n. 11610/2010
Repert. n. 1433/2013 del 02/05/2013
conto della consistenza economica del contenzioso e