PERIODICO della FID Aart N.5 - Maggio ANNO 2014

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PERIODICO della FID Aart N.5 - Maggio ANNO 2014
PERIODICO della FIDAart N.5 - Maggio ANNO 2014
FIDAart
Intervista a PAOLA GROTT
Ciò che colpisce nei dipinti di Paola Grott sono le enormi dimensioni delle sue tele e il senso di
movimento che riescono ad esprimere attraverso i mille segni nervosi che corrono sulla superficie:
dipinti monumentali resi leggeri e dinamici dall’uso sapiente di forme e colori. Paola ama i colori che
usa indifferentemente in tutte le sue gamme: dai primari puri fino alle tonalità più varie che vanno
dall’azzurro al verde, al blu, al viola, al giallo, al bianco non bianco fino ai neri e all’oro che emana un
fascino simbolico o alchemico particolare.
La complessità compositiva è esaltata dalle pennellate che non sono mai piatte, bidimensionali,
ma sovrapposte in successivi passaggi in modo da poter vibrare e dare un senso di profondità ed
ottenere così una pittura sfumata, evanescente, come vista attraverso un vetro opalino. Complesse
figure gestuali vi si agitano, come organismi viventi aggrovigliati in uno spazio, a volte aperto e dilatato, a volte definito e costretto entro rigidi confini.
L’artista affronta con metodo i temi che si pone e, fino a quando non li ha esplorati, sviscerati e introiettati, vi lavora infaticabilmente spinta dalla necessità di immergersi totalmente nella materia.
Nella sua pittura espressionista in cui si sente la lezione di Rothko filtrata però da una sensibilità più
emotiva, si riconoscono brani di natura o memorie fantastiche vagamente antropomorfe, racconti
trasferiti sulla tela e composti con ideogrammi di una scrittura inventata (ma che potrebbe anche
essere vera), attraverso segni sospesi come in volo o mossi dal vento, in un turbinìo ascendente.
Solo nelle opere più recenti Paola ha iniziato a racchiudere in forme curve chiuse il suo “caos controllato”, forse per il bisogno di portare un ordine razionale in un’esperienza informale troppo coinvolgente, o forse solo per aprire un nuovo ciclo nella sua vita artistica (e personale).
Paolo Tomio
A sinistra: Per quanto tu cammini, 2010,
olio su tela, 200x150 cm
In basso: Provvisorio stabile, 2011,
tecnica mista su tela, 120x170 cm
Quando e perché hai cominciato a interessarti
all’arte e dedicarti alla pittura?
Solo tardi ho avuto la consapevolezza che
ciò che avrei intrapreso sarebbe stato un
viaggio nelle immagini e nel colore.
Da giovani a volte si è confusi, non si sa dove
andare, non si conosce.
Riempire uno spazio di forme e segni
significa dargli identità. Quindi la tela e
il foglio diventano territori dell’identità, lo
spazio per la ricerca e la costruzione del sé.
Serve il “sapere” e il “saper fare”. Il “saper
fare” si fonda sull’esperienza, è la capacità di
individuare soluzioni, è un insieme di teoria,
di pratica e di valore.
Quel che resta del giorno, 2011,
olio su tela, 140x110 cm
Quali sono stati le correnti artistiche e gli
artisti che più ti hanno influenzato?
Ho sempre amato Soutine, affascinata dalle
sue figure, dai paesaggi contorti, dai rossi
decisi, dal particolare senso di deformazione,
da un raccontare emotivo che si muove e si
piega.
Poi Rothko, ci si immerge nel colore e ci si
perde nei bordi.
La cosa più impegnativa è essere se stessi.
Dedicarsi all’arte è un lavoro difficile,
necessita di continua ricerca e autocritica e
non si sa se la situazione dell’artista sia un
privilegio o una maledizione.
Nel corso della tua carriera, hai conosciuto
artisti locali o nazionali?
A Trento sono stata in contatto con Giancarlo
A sinistra: Sconfinato oceano, 2012,
tecnica mista su tela, 140x110 cm
Vitturini del quale ho visitato la bella mostra a
lui dedicata lo scorso anno: sembrava fosse
ancora lì, nello studio di via San Pietro, come
se il tempo si fosse fermato.
Tanti artisti ho incontrato, anche di grande
fama, tanti compagni di studi prima e
d’insegnamento poi: in lunghi anni hanno
fatto ottimi percorsi. Tutti ti danno qualcosa
che non si cancella.
Non c’è pensiero senza memoria e senza
lotta contro l’oblio, le cose stanno comunque
nell’ombra di ciò che appare.
Dopo gli inizi figurativo, quando hai cominciato
a sviluppare un linguaggio più astratto?
Non lo ritengo un linguaggio astratto, ma
semplicemente un’evoluzione di linguaggio
e per me sono ancora figurativa.
Il mio percorso non è stato lineare, tuttavia
costante: mi piace indagare ciò che non so.
Le immagini a volte sono in incubazione per
anni, non ci si sveglia una mattina a dire: ecco
ora faccio questo, c’è un lavoro preparatorio
invisibile, silenzioso e molto intenso.
Gille Deleuze scrive:” Nell’arte, in pittura
come in musica, non si tratta di riprodurre o
inventare delle forme, bensì di captare delle
forze.”
Poi serve quel tanto di follia profonda senza
la quale non c’è arte.
Come definiresti il tuo stile? Quali sono,
secondo te, le caratteristiche che ti rendono
riconoscibile?
Non mi interessa lo stile, nè caratteristiche
di riconoscibilità, non sono un marchio
anche se poi come accade per la scrittura
che è solo tua, così il segno e la pennellata ti
individualizzano.
Silenzio delle sirene, 2013,
olio su tela, dittico cad. 110x140 cm
marchio di riconoscibilità, ma dietro questi
fenomeni c’è il marketing, denaro, società,
gruppi di persone che lavorano e l’opera
diventa come la moda sostenuta dalla
pubblicità e veicolata in modo veloce dai
media e sempre dal denaro che deve dare
un ritorno a tutti.
Va sottolineato l’indebolimento della funzione sociale dell’arte a tutto vantaggio
dell’apparente.
Penso anche che la velocità delle nuove
tecnologie cozzi un po’ con i bisogni di
tempi lunghi dell’interiorizzazione e così tutto
scivola via in superfice.
Nel coso della tua carriera hai spesso
modificato il tuo linguaggio per naturale
evoluzione, per il desiderio continuo di
sperimentare… ?
Vado a cicli di lavoro della durata media
di due anni. Rigiro un’idea, un oggetto o
un pensiero finché non l’ho interiorizzato,
concettualizzato e alla fine capita talvolta che
vorrei rifare tutto da un altro punto di vista e
in altro modo.
Si va avanti sugli errori: errore dopo errore la
vita se ne va velocemente.
Del resto l’arte è una linea frastagliata fatta
di scontri, di conquiste, di successi e di
fallimenti.
Esiste secondo te una “pittura femminile”
oppure l’arte non ha sesso?
Bisogna ricordare che fin al 1893 le ragazze
non potevano frequentare l’Accademia di
Belle Arti, poi quando furono ammesse
vennero tenuti dei corsi solo per loro e
le Associazioni professionali degli artisti
uomini, nate per tutelare i loro interessi,
L’asino del poeta, 2010, olio su tela,
200x100 cm
Di questi tempi ha successo ciò che assume
la forma di prodotto commerciale, con
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erano chiuse alle artiste e le scuole d’arte
per loro interdette.
Lo ricorda anche Alberto Savinio nel suo libro
“Ascolto il tuo cuore, città” raccontando che
l’abate Parini, direttore dell’Accademia di
Brera, quando una ragazza cercò d’iscriversi,
si oppose pervicacemente, poi avvenuta
l’ammissione a suo dispetto, la osteggiò in
tutti i modi dicendo che non erano cose da
donne, la isolò, la vessò in mille crudelissimi
modi, la separò dai suoi compagni maschi,
la escluse dalle classi. Non aveva pensato
che l’uguaglianza mentale è anche più
necessaria dell’uguaglianza sociale.
Le donne potevano senza scandalo
accedere a nature morte, disegni di ornato,
paesaggi, ritratti, potevano ricamare.
Solo in alcune classi sociali privilegiate
esisteva la posizione di “professioniste”,
le donne hanno avuto poco accesso alla
formazione e alla visibilità. Non si riesce
ad immaginare una donna che nel ‘500 e
‘600 potesse viaggiare, studiare filosofia,
matematica, prospettiva.
Anche all’inizio del’900 a “uscire da seminato”
s’incontravano notevoli difficoltà, perché,
per sottrarsi ad un destino di dipendenza,
servivano autonomia economica e sociale
senza dimenticare e sottovalutare la
repressione, la violenza sottile e spesso
sfuggente che si poteva annidare nelle
relazioni intime e nella famiglia.
Alla donna era dato solo trasmettere
l’educazione e la scrittura, compito grande
perché forma la coscienza, ma non eravamo
nemmeno padrone del nostro corpo: non
scordiamoci che la donna per la religione era
un corpo senz’anima, solo gli uomini erano
preposti al ministero. Esisteva un dualismo
Grigiviola Verde, 2013, tecnica mista su tela,
140x110 cm
Profondo è il rumore del bosco, 2010,
olio su tela, 200x150 cm
cresciuti i prodotti massificati e la rete
dell’informazione. Il concetto di arte oggi
è ampliato a dismisura, il marketing e la
comunicazione impongono anche ciò che
arte non è, col risultato che solo ciò che il
marketing considera ha valore e fuori dagli
schemi del marketing c’è solitudine, mentre
gli industriali dell’arte si prestano a operazioni
finanziarie e pubblicitarie.
ma l’artista fa uno sbrego sull’ombrello, fa
entrare un po’ di caos e cerca di riordinarlo
in forme nuove: dal caos alla composizione
che comunque è un’immensa fatica.
Il viaggio nell’arte è una ricerca di senso, una
ricerca dell’ignoto in noi e fuori di noi.
Nelle tue opere predomina il colore e la
materia. Cosa rappresentano per te?
Uso di tutto un po’, in primis il disegno come
strumento d’indagine e non ho paura dei
colori. Mi butto con avidità nel secchio del
giallo o del rosso come avessi un grande
desiderio di dissetarmi. Mi piace andare
nel difficile, in ciò che non so fare, i blu e i
monocromi mi pare siano più semplici da
accordare.
Il colore è forma e significato, le immagini
hanno un loro significato che bisogna conoscere. Purtroppo pochi sanno leggere le
forme e il significato del colore e per ciò che
riguarda la pittura pochi conoscono il valore
o meno della materia con la quale la struttura
è costruita.
Le immagini raccontano più delle parole,
con un colpo d’occhio si percepiscono numerose informazioni, mentre con le parole si
può mentire.
Il viaggio nell’arte è una ricerca di senso, una
ricerca dell’ignoto in noi e fuori di noi.
Ritengo ogni opera un momento di passaggio, di fatica, un tentativo di miglioramento
del proprio lavoro e di se stessi.
Dipingere è un esercizio di pensiero.
Samuel Bekett. ”……… avrei potuto fallire
meglio.”
Quel che abbiamo vissuto ci siederà sempre
accanto, 2010, olio su tela, 200x150 cm
donna-natura, uomo-spirito.
Un pensiero, un’idea non sono né maschile,
né femminile e anche un quadro dovrebbe
essere considerato per quello che è.
Dice Louise Bourgeois: “Una donna non
ha spazio come artista finché non ha
ripetutamente dimostrato che non si lascerà
eliminare.”
Ti interessa rappresentare nelle tue tele
concetti, emozioni o cos’altro?
Il poeta e scrittore Lawrence con una chiara
metafora spiega che l’uomo, per difendersi
dal caos in cui è immerso, apre un ombrello
sulla cui volta interna è disegnato il suo
firmamento, le sue convinzioni, il suo sapere,
Oggi, cosa ti interessa e cosa non ti piace
dell’arte contemporanea?
L’arte non ha più una funzione, sono
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Qual’è la tecnica artistica che
principalmente nella tua attività?
utilizzi
Si può usare qualunque materiale, nuove
tecnologie comprese, più che altro serve
un’idea, un progetto e la sua realizzazione è
il luogo di sintesi che deve essere capace di
confrontarsi con la realtà e le contraddizioni
dei nostri tempi. Più che alla tecnica bisogna
fare attenzione a non cadere nell’illustrativo,
nel descrittivo e nella ripetizione.
Dunque pratica e pensiero, ma se non
s’insegna più la storia dell’arte si va verso la
desertificazione di quest’ultimo.
Contemporaneamente alla pittura, hai anche
affrontato anche altre tecniche artistiche?
Mi sono occupata d’incisione realizzando
piccole edizioni a tiratura limitata, di fusioni a
Toro, 2013, tecnica mista su carta, 25x35 cm
cera persa traducendo in oggetti i soggetti di
tele e disegni intesi come arte da indossare.
Il senso con il quale una donna costruisce
per sé un ornamento è diverso dal senso
che dà un uomo nell’acquistarlo e nel
porgerlo in dono: nella maggior parte dei
casi è significativo del suo potere e della
sua disponibilità economica, mentre anche
dalle cose di poco conto possono nascere
cose vere che si rivelano preziose metafore
e diventano simboli.
Purtroppo mi manca tutta la parte digitale
e così non si possono fare tutti i filmati che
vorrei o tutte le interessanti sperimentazioni
che le nuove tecnologie consentono.
Penso comunque che anche con i semplici
strumenti tradizionali si possano indagare
gli incidenti dell’anima e i gorghi della vita.
Forse a torto ritengo che da una semplice
immagine si debbano accendere le icone
del cervello anche se talvolta faticoso e non
sempre immediato.
L’esperienza di lavoro a Milano come ha
cambiato la tua visione artistica?
I luoghi dove si vive spesso rimangono transitori, quelli delle origini sono il tuo paesaggio
interiore permanente. I rapporti con i luoghi
della memoria sono profondi, non si riesce
a staccarsi, a volte sono fotografie scattate
e messe da parte, ma lì vive, precise che si
fanno presenza, significato, impronta e rimescolano i nostri pensieri. Il tempo interiore è
un tempo diverso da quello della quotidianità, ha una durata diversa.
La memoria si riempie d’immagini, talvolta le
immagini si sovrappongono diventando senso ed emozione: questo è ciò che è sfuggito
al passato a dispetto dell’omologazione del
presente, si fa traccia, costruzione, luogo,
ricompone frammenti emotivamente vivi,
quasi ad indicare rassicurazioni sul nostro
incerto vivere.
Milano ricca di fermenti culturali e diversa mi
ha dato molto e tutto si è mescolato in modo
profondo alle radici trentine.
Aurora surgit, 2011, olio su tela,
200x150 cm
razione.
Se c’interroghiamo sulle scelte culturali,
quelle locali sono anche nazionali, europee
e planetarie, si pongono fra ciò che è la nostra tradizione e la progettualità che dovrebbe essere scevra da interessi particolari e da
consensi immediati.
Si dovrebbe dialogare continuamente con
tutto ciò che è diverso da noi, no a chiusure
e arroccamenti per ampliare il nostro modo
di vedere e come obiettivo alzare sempre più
la linea d’orizzonte.
Conoscere le differenze dell’altro da noi è
percorso difficile, ma forse l’indicazione di
una strada da intraprendere, una fatica da
Segui la “politica culturale” trentina? Pensi
che si possa fare di più o meglio per il settore
artistico?
Non seguo la politica culturale trentina, ma in
generale posso dire che la politica ha ridotto
male la cultura tenendola in scarsa conside-
A sinistra: In volo, 2004, olio su tela,
110x110 cm
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Invece la bellezza, attraverso un lungo
e paziente lavoro, compone un mondo
all’interno del quale noi possiamo scoprirci.
Ben consapevole della precarietà dell’io
ritengo si debba correre il rischio del
naufragio.
Cito Simon Weil: ”L’essenza del bello è
contraddizione, scandalo e in nessun caso
pacifico accordo.”
E per finire, cosa è per te l’arte? E chi è
l’artista?
Sicuramente per me l’arte è un bisogno,
quasi una circolarità che indica l’impossibilità
di uscire dal proprio destino.
L’arte, alla fin dei conti è un atto di resistenza
alla morte, dovrebbe essere qualcosa di
atemporale, separata da chi ha prodotto le
opere atte a durare, ma se il corpo è opera
ora a cosa affidare il compito di resistere alla
morte se l’arte è destinata ad declino?
L’attività artistica è un costante impegno
fisico, intellettuale, di studio da perseguire
con rigore e serietà e nel quale si deve essere
sempre pronti a mettersi in discussione,
perché gli errori sono sempre in agguato, si
vedono dopo: si rischia sempre la propria
disfatta.
I miei quarant’anni di lavoro non sono stati
una passeggiata, così come la vita, anche
l’arte è fra l’ordine e il disordine.
Alla domanda chi è l’artista rispondo con
questa frase di Gustav Klimt: “Chi vuole
saper di più su di me, osservi attentamente
i miei dipinti per rintracciarvi chi sono e cosa
voglio.”
Grande cuore, 2013, olio su tela,
140x110 cm
compiere per giungere ad una nuova dimensione di noi stessi e ad una visione dell’altro
più definitiva, né oscura né irraggiungibile.
Cos’è la bellezza? E’ un valore che ricerchi o
è subordinato ad altri valori?
La bellezza è qualcosa che non si afferra,
ma inquieta. La sua funzione pare perdere
di senso, vanificarsi nella disattenzione, nella
non passione mentre si annaspa in quel
labirinto di doppi e contradditori messaggi:
pare che l’inconscio nell’arte abbia sempre
meno spazio imprigionato com’è nelle
prepotenze del business e della finanza.
A destra: Custode delle acque, 2008,
olio su tela, 200x150 cm
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PAOLA GROTT
Nasce a Trento, frequenta l’Istituto d’Arte A.
Vittoria e si trasferisce in seguito a Milano per
frequentare l’Accademia di Belle Arti di Brera
dove si diploma al corso di Pittura nel 1974 con
Domenico Purificato. Inizia l’insegnamento di
Discipline Pittoriche e continuerà a frequentare
lo studio del maestro fino al 1984: l’incontro
determinerà sulla sua personalità un forte
impatto culturale, umano e pittorico ponendo le
radici per una costante ricerca di linguaggio.
Il suo percorso artistico inizia con discrezione,
si fa conoscere in diverse esposizioni e spesso
premiata. Ha insegnato Discipline Pittoriche al
Liceo Artistico di Brera.
Nel 1987 frequenta per un breve periodo lo
studio di Salvatore Fiume che darà una precisa
svolta coloristica al suo lavoro. Realizzerà poi
col maestro un dipinto a quattro mani dal titolo
“Isola del Sogno” che sarà esposto nel 1988 alla
Galleria Santerasmo di Milano.
Ha dedicato cicli pittorici alla figura, alla natura
che ha interiorizzato nella sua infanzia in
Trentino, alle architetture della città di Bolzano
e rivisitato gli affreschi di Casa Cazuffi-Rella di
Trento.
Sviluppa il tema della finestra quale confine
simbolo fra esterno ed interiorità, mentre corpi,
nature morte e oggetti sono figure di emozioni
e sentimenti, un pretesto per esprimere
altro: metafora della realtà e del suo pensiero
sull’esistenza.
Esegue una serie di dipinti rivisitando i miti, gli
dèi e l’Archetipo della Grande Madre.
Realizza alcune opere a cera persa traducendo
in gioielli i soggetti di tele e disegni, si occupa
di incisione proponendo dodici edizioni d’arte
a tiratura limitata illustrando con incisioni
Tra gli scritti più importanti su di lei si segnalano
quelli di Gilberto Finzi, Raffaele De Grada,
Franco Rella, Franco de Battaglia, Isabella Bossi
Fedrigotti, Luigi Serravalli. Luigi Cavallo, Giuliano
Salvadori del Prato e Sergio Spadaro.
Una sua intervista è pubblicata in “Chi dice
donna” (Trentino ed. 2005) a cura di Milena Di
Camillo.
Alla Sala degli Affreschi presso la Biblioteca
Comunale di Trento presenta nel 2007 due
pubblicazioni: “L’invidia degli dèi” (testo di
Alessandro Grott) e “In viaggio con gli dèi” (testi
di Grazia Aloi, Paola Grott, Maria Grazia Schinetti,
Sergio Spadaro) Zell 40 Ed. d’Arte.
“Colori per un fiume, colori per gli dèi” al Castello
Visconteo di Trezzo sull’Adda nell’estate 2007.
Ciclo di lavoro dal titolo “Blu profondo”, presso
lo Spazio Klien del Comune di Borgo Valsugana
(2008). Le opere sono accompagnate da una
raccolta di poesie “Il bosco in quattro canti” di
Micaela Bertoldi.
Partecipa con un suo intervento a “Incontro con
le artiste”, catalogo audiovisivo delle artiste che
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operano in Trentino, edito dall’Assessorato alla
Cultura della PAT in collaborazione con il MART.
“Colori della luna” è il catalogo che raccoglie
le fusioni a cera persa, bracciali-scultura intesi
come arte da indossare presentato allo Spazio
Kryptos (giugno09) di Milano con l’intervento
di Marco Mancini. Altre esposizioni nel 2009 a
Riva del Garda alla Galleria Civica G. Craffonara
e a Rovereto presso la Biblioteca Civica “G.
Tartarotti”.
Nel 2010 lo Spazio Hajech- Liceo Artistico di Brera
le dedica una mostra presentata da F.Pensa.
Segue esposizione “Luce di Memorie” alla
Biblioteca Civica Tartarotti di Rovereto e nel
2011 Grazia Aloi presenta il catalogo “Chiarori
nell’ombra” Zell 40 Ed. d’Arte e catalogo Dvd
all’Officina della Psiche Milano
A marzo del 2012 il catalogo “Filo bianco Filo
rosso” con la presentazione di F.de Battaglia
e G. Calliari raccoglie lavori di grande formato
dedicato alla musica di Shostakovich.
A settembre si apre a Canzo (Co) presso il Battistero
la mostra “Racconti di piccolo formato” e in
questa occasione Claudia Mandelli e Piergiorgio
Mandelli, nell’incontro sul tema “Perché l’arte”,
sviluppano una breve analisi sull’interpretazione
dell’opera e del collezionismo.
Nel gennaio del 2013 è a Palazzo Libera di
Villa Lagarina (Tn) con l’esposizione “Tracce di
Luoghi” presentata da Serena Giordani.
Nel catalogo Filìa, dedicato all’amica Adriana
Castellani, i lavori del 2012 sono presentati da
Angela Manganaro e Serena Giordani e raccoglie
testimonianze sull’amicizia e la solidarietà nel
ambito della cultura di Grazia Aloi, Micaela
Bertoldi, Giuseppe Calliari, Milena Di Camillo,
Marcello Farina, Marco Mancini, Claudia
Mandelli, Michele Nardelli, Alberto Noceti,
Franco Rella, Emanuela Rossini, Nadia Scappini
e Togo. (Zell 40 Ed.d’Arte 2013)
A maggio 2013 presenta il libro d’arte FILIA
alla Casa della Cultura di Milano con Angela
Manganaro, Enrico Paglialunga, Emanuela
Rossini e a giugno a Palazzo Trentini a Trento
con Micaela Bertoldi, Mario Cossali e Antonella
Carlin.
Nel 2013-14 esegue una serie di disegni su carta
dal titolo Fuga dall’ombra”.
“Passioni esistenziali nelle forme e nei colori”
è l’esposizione a marzo 2014 a Palazzo Libera a
Villa Lagarina (TN).
www.grott.it
Tutti i numeri 2012-2013
della rivista FIDAart
sono scaricabili da:
www.fida-trento.com/books.html
Tutti i numeri 2012-2013-2014
della rivista FIDAart
sono sfogliabili su:
http://issuu.com/tomio2013
FIDAart
copertina del N.5 2014
Periodico di arte e cultura
della FIDAart
Curatore e responsabile
Paolo Tomio
FIDAart
PERIODICO della FIDAart N.5 - Maggio ANNO 2014
ad acquaforte i suoi racconti ed i racconti
di Vincenzo Buonassisi, Mauro Marcantoni,
Giuliano Salvadori del Prato, Giorgio Saviane.
Completa la serie con tre cartelle di incisioni
dedicate alla poesia di Gilberto Finzi, Angioletto
Mariani e Franco Rella.
Con i suoi racconti e pensieri è stato pubblicato
“Disegni e parole, parole e disegni”(1995),
“Il pensiero e l’immagine”(1994) e “Solo su
misura”(1998) da Zell 40 Ed.d’Arte.
L’arte della Grott è stata presentata in numerose
mostre: al castello Visconteo di Trezzo d’Adda,
alla Casa dei Carraresi di Treviso, a Palazzo
Geremia a Trento, allo Spazio Prospettive di
Milano, alla Torre Avogadro di Lumezzane (Bs), al
Museo d’Arte Contemporanea di Montesegale,
al Palazzo Carpani-Beauharnais di Pusiano. Ha
partecipato a diverse mostre collettive fra le
quali, con gli Artisti Lombardi, al Castello di
Vigevano e in “Situazione Trentino Arte” al MART
di Rovereto.
Nel 2001 viene invitata dalla Regione Trentino
Alto Adige ad esporre alla Médium Galéria
Kulturhaus di Szombathely (Ungheria), nel 2002
dall’Università di Trento per l’inaugurazione
dell’Ex Molino Vittoria e in seguito per
un’esposizione sulle “Carte geografiche”, chine
e disegni, che esegue nel 2003 ispirandosi alle
mappe catastali teresiane.
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