terminare la mia scelta
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terminare la mia scelta
Fu un paio di mesi dopo, nel novembre del 1992, a corsi iniziati, che Luisa riapparve alla porta dello studio di Igor, proprio mentre lui stava uscendo. «Ah, Luisa». «Si ricorda il mio nome?». «Mi scusi, sto scappando per una lezione. Di cosa ha bisogno?». «Mi scusi lei. Niente d’importante. Spero di non deluderla se infine ho deciso per giurisprudenza. E il suo consiglio non è stato ininfluente nella mia scelta. Venivo per chiederle un corsetto leggero introduttivo all’arabo, come m’aveva promesso. Ma posso ripassare». «Senta, se ha tempo nel tardo pomeriggio, io son qui e cerco di trovarle qualcosa». «Volentieri. La ringrazio. A più tardi». Luisa giunse che stava facendo buio. «Luisa, conosce un po’ di francese? Ho proprio un corsetto intitolato ‘Arabe commun’ che può fare al caso suo. Ci sono anche le cassette coi dialoghi registrati che possono essere di grande aiuto per la corretta pronuncia». «Bene. Ci proverò. E magari di tanto in tanto le chiederò qualche help». La guardò sorridendo: «Venga quando vuole, per me sarà un piacere». Rispose al sorriso: «Anche per me. Le devo confessare che mi ha molto colpito la franchezza con cui lei, l’altra volta, ha presentato la situazione degli studi arabistici all’università. Vien da pensare che qualsiasi docente ‘pompi’ la propria materia, sulla falsariga, spesso falsa appunto, di quanto si legge nelle relative presentazioni date dalle diverse guide dello studente. Facevo queste considerazioni con mio padre guardando con lui la guida per gli studi giuridici e ho subito pensato a lei. Mi vien da dire che lei forse eccede in pessimismo, però penso sia più corretto il suo comportamento rispetto a chi dà prospettive ottimistiche che poi – quando magari è ormai troppo tardi – si rivelano deludenti e sostanzialmente false». «Sì. Senza far di ogni erba un fascio valido per tutte le discipline, lo scopo di quelle guide è spesso quello di accalappiare il maggior numero di matricole prospettando nebulosi arrosti che – dopo aver fatto perdere un bel po’ di tempo e sbattere il naso contro varie delusioni – risultano essere dei chiari fumi di scarsa utilità nella successiva vita lavorativa. Non si dovrebbe illudere i giovani, specie nel momento critico di una importante scelta che condizionerà la loro vita. E mi par corretto esporre obiettivamente i pro e i contro dell’opzione che stanno considerando. A quel punto ogni loro scelta potrà essere ragionata e se ne potranno assumere la completa consapevole responsabilità». Scesero insieme. In campo San Polo si diedero la mano nel saluto. Luisa gliela trattenne un attimo dicendo: «Spero non mi consideri sfrontata. Se non ha fretta posso offrirle uno spritz?». Igor sentì un rifrullo di gioia: «L’accetto di buon grado. Devo terminare un articolo e a casa mi aspetta una serata di lavoro. Ma la ritardo volentieri». Poco dopo, con due spritz sul tavolino: «Ma lei lavora sempre? E la sua famiglia che dice?». «Vivo con i miei genitori e mia madre apprezza molto il fatto che io me ne stia in camera mia a lavorare, piuttosto che fuori. Già sopporta male le mie assenze per i viaggi nel Vicino Oriente». «E dove va di preferenza?». «Il mio Paese d’elezione è la Siria. Mi sono laureato con una tesi di letteratura siriana, seguendo le orme del mio Prof – se lo ricorda, quello della battuta? – che mi ci ha introdotto inserendomi in una sua ricerca sulla narrativa femminile, divenuto allora il mio principale interesse di studio». Il giovane prese a raccontarle dei suoi viaggi e il tempo volò. Li fece tornare a Venezia lo squillo del cellulare della ragazza. «Pronto. Sì papà. Scusa. Ero in chiacchiera e non ho badato all’ora. Vengo». Si alzò: «Mio padre era preoccupato non vedendomi arrivare per cena. Mi spiace interrompere questo bel viaggio che mi ha fatto fare. Potremmo riprenderlo?». «Certo. Che ne dice di una pizza domani sera?». 1 E lì ebbe inizio la loro storia, con spritz, pizza e un po’ di lezioni d’arabo, presto diradate per il montar degli impegni di studio della ragazza. Presero a vedersi quasi quotidianamente. Lei andava spesso a prenderlo all’università per passare la serata insieme. E così conobbe anche il Prof che vide con favore questa svolta nella vita del suo pupillo, fino a quel momento preso quasi completamente dal lavoro. Non tardarono a presentarsi alle rispettive famiglie, ben accolti, specie dalla madre di lui che sperava in un acquietarsi del figlio. L’estate seguente Igor andò in Siria con Luisa e così ebbe modo di fare quello che non faceva più da anni: il turista. E, considerava Igor, fare il turista in una città che si conosce fa apparire curiosi e interessanti volti nuovi o nuove percezioni di aspetti noti. Gli era capitato spesso nella sua Venezia accompagnando visitatori. Girarono Damasco in lungo e in largo, portandosi poi nella Ghuta, l’oasi su cui era sorta la città più antica del mondo, come si diceva. Poi Maalula, Homs, Hamàh, Palmira. Fino ad Aleppo. Grande accoglienza dagli amici di Salamìyye, conosciuti tramite il Prof e che vedevano in Igor come un suo figlio spirituale tanto da chiamarlo Ibn al-Bruf, il figlio del Prof. Automaticamente Luisa divenne Bint al-Bruf, la figlia del Prof, nomignolo che lei accolse con simpatia facendole piacere essere accostata a Igor tramite il suo Prof, per cui anche lei provava affetto. Continuava a sciorinare con tutti il suo repertorio di frasi fatte insegnatele dal giovane con grande effetto fra le donne di casa e divertimento della ragazza. Anche l’estate successiva vi tornarono. Però, allora, Igor dovette dedicare più tempo alle sue ricerche e agli incontri con letterati e amici. Luisa cominciò a risentire di quegli impegni, che spesso la vedevano compartecipe suo malgrado, specie quando comprendevano pranzi e cene dove più assillante si manifestava l’ospitalità. Tanto che verso la fine cominciò a darsi malata preferendo rimanere in albergo. Con un certo dispiacere di Igor che però la capiva benissimo, provando anche lui la costrizione che talvolta si soffriva in quelle situazioni. A riportare sul positivo il bilancio di quel loro secondo viaggio assieme nel Vicino Oriente fu l’escursione in Giordania e il suggestivo giro nella necropoli di Petra che lei fece tenendogli sempre la mano e staccandola solo per qualche fotografia. Non tornarono più assieme nel Mondo arabo. L’anno successivo trascorsero le vacanze al mare e lui andò in Siria per un breve periodo a fine estate solo per trovare dei libri che gli servivano. In autunno morì improvvisamente suo padre e lui dovette star vicino a sua madre. Anche in quella estate del 1996 Igor partì da solo. Luisa stava preparando la tesi e aveva escluso di seguirlo in Siria. Al suo ritorno, in quel pomeriggio d’inizio settembre del 1996, davanti allo stesso tavolino con due spritz, terminò la storia di Igor e Luisa iniziata quattro anni prima con due altri spritz. La ragazza non ci girò attorno. Dopo un bacio sulla guancia e due convenevoli: «Igor, so di darti un grande dolore ed è doloroso anche per me. È finita tra noi. Non mi ci ritrovo a star sola per lunghi periodi. Come non mi interessa più seguirti nei tuoi viaggi. Ho riflettuto rendendomi conto che siamo troppo diversi. La situazione non cambierebbe in futuro e l’uno sarebbe d’impiccio all’altro. È stato bello star con te. Mi hai dato molto e te ne sono grata, ma non può continuare. Quindi, qui finisce. Mi auguro che – pur con l’inevitabile sofferenza – tu possa accettare e comprendere col tempo questa mia decisione che non può avere ripensamenti. Spero che in futuro possiamo essere amici». Un macigno sul capo non l’avrebbe abbattuto di più. Dopo l’addio di Munà, un paio di giorni prima, questo di Luisa lo lasciò accasciato sulla sedia. «Addio Igor – continuò, e la voce, fino a quel momento salda, parve incrinarsi – ti auguro tutto il bene possibile. Chiedo perdono anche a tua madre. Buona fortuna». 2 Si alzò, baciò la fronte dell’uomo inerte che fissava il vuoto e se ne andò decisa senza voltarsi. Solo due spritz intonsi rimasero con lui. (continua alla prossima) 3