ADOLESCENTI-GENITORI - Provincia di Rimini
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ADOLESCENTI-GENITORI - Provincia di Rimini
ADOLESCENTI-GENITORI- SOCIAL NETWORK Gli adulti hanno il rischio educativo da correre quello di ex-ducere, condurre fuori i figli dall’infanzia e dall’adolescenza e portarli a diventare adulti. Abbiamo il dovere di sapere quali strumenti usare per fare questo, quale linguaggio e siamo noi che dobbiamo adeguare il nostro linguaggio a quello dei nostri figli, un linguaggio digitale. Abbiamo due polarità rispetto al vissuto relativo ai social network: demonizzazione del web da una parte; esaltazione dall’altra per il riconoscimento delle potenzialità. Il computer va dall’essere compagno di giochi a maestro virtuale. Ci affianca e quindi deve essere al servizio della realtà e dell’uomo e non viceversa. Il computer non stimola la creatività, la creatività è già nel ragazzo che usa il computer per creare musica elettronica e quindi investe nel suo progetto di vita. Aumentano le informazioni che non sempre è aumento delle conoscenze, il raggiungimento degli altri, fruizione di idee. Bisogna superare posizioni estreme e vedere le risorse, chi resta fuori da questo mondo corre il rischio di perdere di vista la realtà nella quale vive e perdere di vista i figli. Il cyber spazio può essere il luogo dove si attivano e si creano i potenziali umani, il sé può svilupparsi. Ci sono ricerche che dimostrano che i rapporti gestiti nella vita e anche su internet durano di più (Tedeschini). I timidi sono aiutati a fare amicizia. Più le persone sono impegnate su fb meglio si sentono per l’aumento del “capitale sociale” che ti convince di avere successo in modo tale che il tuo successo aumenta davvero. Stare fuori da questi processi di comunicazione e relazione è impensabile, ciò su cui dobbiamo riflettere è l’uso che se ne fa. QUALI SONO LE INFLUENZE DEI SOCIAL SULLA PERSONALITA’ DELL’ADOLESCENTE? In adolescenza i ragazzi si scontrano con il cambiamento: corporeo, della voce, degli interessi, degli ideali, il tutto alla ricerca di una nuova identità, capiamo bene allora che inoltrarsi senza filtri in un mondo virtuale dove regna il “non reale” è pericoloso perché incontra e rassicura le loro paure in maniera irrealistica. Si può arrivare a negare la realtà vera, scindere il proprio Io a seconda di quante finestre sul web si tengono aperte. Noi solitamente interpretiamo personaggi diversi a seconda dei contesti della nostra vita: la mamma, la collega, la figlia..il nostro Sé è in grado di decentrarsi ed esprimersi diversamente, nel web l’individuo mette in scena tutti i Sé contemporaneamente quindi è più facile correre il rischio di confondere il Sé, metterlo in difficoltà, dissociarlo e portare così ad una condizione di isolamento psichico. (Turkle 1995) Internet tende a saturare le esigenze di spazio e di relazione. Appagando la fame di sensazioni sostituiamo la realtà. Si generano fantasie di onnipotenza in un momento della vita dei ragazzi nella quale si sentono enormemente onnipotenti, invulnerabili. L’esperienza che si fa in internet è del tipo “tutto e subito”, facilmente accessibile e fruibile, dà un controllo apparente sulle cose: apparente perché io non controllo niente manca la relazione. Diminuendo la relazione vis a vis c’è molta più fragilità e precarietà nel saper affrontare le situazioni reali, i rapporti veri non schermati dal video. I ragazzi possono trovarsi in difficoltà perché non sperimentandosi in una situazione sociale questa rimane poco accessibile e poco conosciuta e fa sempre più paura. Le attese di risposta, di feed-back, rendono subito ansiosi, tutto deve avvenire in tempo reale: il soddisfacimento del desiderio di amicizia, di essere visti e quindi pensati nella mente di un'altra persona deve avvenire subito, non c’è più tempo di attesa che crea frustrazione e quindi insegna a fare i conti con il narcisismo, con il bisogno di dominio e con l’autoregolazione. Quindi riassumendo l’individuo che utilizza massivamente internet è esasperatamente individualista (Greenfield). Non mentalizza, non crea, non immagina perché vede visualizza e basta. Il ricorso alla gratificazione della vista per avere soddisfazione narcisistica. L’individuo non conosce il limite come organizzatore della sua esperienza psichica perché può tutto nel web, dal cambio d’identità al cambio di sesso. Prevale l’onnipotenza digitale (Cesaroni 2001) Il rischio è che alcune difese disfunzionali del ragazzo possano essere favorite, come le stereotipie, l’eccessiva semplificazione, la tendenza a ricercare relazioni prevedibili, sicure, conosciute, non ci si espone per come si è, quindi non ci si fida di noi, l’autostima vive nel web, fuori sei nulla. Pretendere risposte positive in tempo reale fa permanere in un narcisismo onnipotente, nel bisogno di controllare che l’altro mi gratifichi e io gli piaccia. Difficoltà allo spirito critico, ad accettare un limite (Ruggiero). Pertanto la patologia dello spettro narcisistico trova in rete un terreno molto fertile. Inoltre aumentano i rischi e le difficoltà di stare in gruppi reali. Oscillazione quindi tra vissuti di onnipotenza e di impotenza, di confusione, frammentazione, di dipendenza. La società stessa oggi è una società narcisistica. Nel recente passato c’era il bambino edipico: istinti da controllare, carattere da tenere a bada, aggressività incanalata in regole, norme, regole dei padri, regole dello stato, regole di Dio. Punti di riferimento per i genitori e di conseguenza per i figli. Non rispettare le regole significava conseguenze ben chiare. Oggi vive Narciso: celebrato, idolatrato, le regole sono sempre negoziate, non c’è una verità ma tutte opinioni, cosa vuoi fare? Cosa ne pensi? Quindi mentre nella società edipica errore-conseguenza, ristabiliva equilibrio perché il ragazzo poteva espiare la sua colpa. Oggi per Narciso c’è una libertà tale che gli si chiede di essere sempre all’altezza della situazione. Se sbaglia delude le aspettative sue e degli altri, il fallimento è mortificazione del suo Sé, vergogna, umiliazione. La colpa si cancella, la vergogna è pervasiva, penetra in profondità e non la si dimentica, produce una ferita narcisistica che continua a bruciare costringendoci a tentare imprese sempre più grandi per riscattare l’onore. (Galimberti) Un uso indiscriminato, patologico, dei social network alimenta il narcisismo insano, l’inautenticità la frammentazione, la regressione a processi di pensiero più arcaici ed infantili con scarsa attenzione perché non c’è più bisogno di ricordare, tutto è fruibile nell’immediato. Il linguaggio è stato impoverito attraverso le abbreviazioni, non va curato o arricchito anzi scarnificato il più possibile. Ci sarebbe una forte influenza dei social sui processi psichici e sulle relazioni sociali, portando una perdita del’empatia (Greenfield). Non c’è confine tra PUBBLICO E PRIVATO. Non c’è intimità, introspezione senso del personale, del privato, di ciò che si nega all’esterno, il pudore che difende la privacy è una sorta di vigilanza. Agli altri, allo sguardo degli altri siamo esposti, il pudore è un filtro importante deve permetterci di rimanere noi stessi in presenza degli altri, ci deve rendere possibile soggettivarci. Un tempo c’era il diario segreto, nessuno doveva vederlo, le pagine dei Ti amo, le poesie, oggi questo esiste ancora ma è tutto pubblico e pubblicizzato. L’intimità va di passo con la discrezione. Il nostro tempo promuove la pubblicizzazione dell’intimo, esisti solo se appari, il confine tra noi e gli altri è meno netto. Concetto a cui è molto sensibile l’adolescente che si mischia nel gruppo per trovare la sua autenticità. Persona e oggetto si confondono, esibirsi come oggetti per esistere come persone. Gli adolescenti fragili possono farne un uso difensivo, per allontanarsi dalle relazioni sane. COSA DEVONO FARE I GENITORI I genitori devono essere consapevoli del network, conoscere, informarsi. Interessarsi alla relazione, fondamentale la relazione con i figli attraverso il linguaggio del web, usato come uno strumento per favorire il dialogo, la riflessione e aiutare i ragazzi ad apprendere sulla propria identità, conoscersi. I genitori che sono attaccati dagli adolescenti devono essere in grado di sostenere la sfida: a volte i genitori hanno timore dei figli perché: i figli hanno più conoscenze su certi argomenti. I genitori hanno paura di sbagliare e si pongono tanti interrogativi spesso facendo interpretazioni sui figli..”Ma se faccio così soffre”. “Se gli chiedo di dare di più a scuola allora lei si risente”, “Gli stiamo chiedendo troppo gli procuriamo traumi?”. “Quante ore deve stare al computer, dottoressa gli e lo dica lei”. Gli adulti non riescono a prendersi le responsabilità, le vivono come un peso, ogni No dato ai figli può generare una discussione e gli adulti non sono pronti a sostenerla. “Ma mia figlia non vuole!!” La responsabilità è dei figli con un eccesso di libertà. Altre volte l’adulto è fragile e si deprime..”Mia mamma piange alla sera, il babbo mi dice ecco vedi cosa hai fatto?” L’adulto ha bisogno di protezione quanto il figlio e questo non è nell’ordine delle cose. Non è così che dovrebbe essere.L’ansia del genitore limita le esperienze di autonomia. L’adulto di fronte alla sfida non può deprimersi, ne fare lo psicologo interpretando, ne colludere portando al figlio la stessa rabbia, o offendendosi ma vivere la relazione con coerenza e a-simmetria, che distingue il ragazzo dall’adulto. Tenere testa alla sfida, vivendola rimanendo un punto di riferimento quando il figlio tenta di attaccarlo con i suoi comportamenti. L’adolescente non vuole essere capito ma essere accettato nel proprio spazio, fisico e di vita. Dott.ssa Ciacci Melissa