Corriere di Romagna - Unindustria Rimini

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Corriere di Romagna - Unindustria Rimini
UNINDUSTRIA RIMINI
Lunedì, 29 febbraio 2016
UNINDUSTRIA RIMINI
Lunedì, 29 febbraio 2016
Stampa Locale
29/02/2016 Il Resto del Carlino (ed. Rimini) Pagina 4
MANUEL SPADAZZI
Vigili a guardia della maxi rotonda per evitare l' ingorgo del secolo
29/02/2016 Il Resto del Carlino (ed. Rimini) Pagina 5
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«Renata faccia il sindaco o torniamo alle urne»
29/02/2016 Il Resto del Carlino (ed. Rimini) Pagina 5
LUCA PIZZAGALLI
Gambini stravince le primarie «Ora Cattolica cambia pagina»
29/02/2016 Corriere di Romagna Pagina 3
THOMAS DELBIANCO
Primarie Pd, Gambini stravince e si candida a sindaco di Cattolica
29/02/2016 Corriere di Romagna Pagina 5
29/02/2016 Corriere di Romagna (ed. Forlì­Cesena) Pagina 6
29/02/2016 Corriere di Romagna (ed. Forlì­Cesena) Pagina 47
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I centri commerciali ringrazino il sindaco
29/02/2016 Corriere Imprese (ed. Emilia Romagna) Pagina 2
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«L' unione delle Bcc un' occasione unica per il sistema Italia»
NICOLA TEDESCHINI
Banche cooperative al bivio fra supergruppo e way out
ANGELO CIANCARELLA
Le Camere in rivolta Sì alle aggregazioni, no allo svuotamento
29/02/2016 Corriere Imprese (ed. Emilia Romagna) Pagina 12
FRANCESCA CANDIOLI
Camere con vista Due Torri in svendita: 86 euro a notte contro i 139 di...
29/02/2016 Corriere Imprese (ed. Emilia Romagna) Pagina 13
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I consumi salgono e i ricercatori studiano nuove varietà di...
29/02/2016 Corriere Imprese (ed. Emilia Romagna) Pagina 15
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Misano spegne i motori: 5mila in pista
29/02/2016 Corriere Imprese (ed. Emilia Romagna) Pagina 10
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Maltempo, allarme allagamenti
29/02/2016 Corriere Imprese (ed. Emilia Romagna) Pagina 2
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PAOLO LUCCHI
Il Wellness, l' intuizione di sistema che sta cambiando volto della Romagna
29/02/2016 La Voce di Romagna Pagina 6
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Altro taglio del nastro e il degrado resta
29/02/2016 La Voce di Romagna Pagina 6
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Palestra Euterpe e stadio del baseball: via agli interventi
29/02/2016 La Voce di Romagna Pagina 8
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Gambini è il candidato sindaco
29/02/2016 La Voce di Romagna Pagina 8
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Tocca a 'Lele' Montanari guidare l' ammutinamento del Consiglio
29/02/2016 La Voce di Romagna Pagina 9
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Mareggiate ovunque, allerta
Stampa nazionale
29/02/2016 Affari & Finanza Pagina 1
FABIO BOGO
Barilla: "Saremo più forti negli Usa Expo e Made in Italy,...
29/02/2016 Affari & Finanza Pagina 2
33
Rikotta, Barollo, Parmesan il piatto ricco dell' Italian sound bruciati 60...
29/02/2016 Affari & Finanza Pagina 10
ALBERTO STATERA
CONFINDUSTRIA LA RIFONDAZIONE ETICA PUÒ...
29/02/2016 Corriere Economia Pagina 30
ROGER ABRAVANEL
Top Dietro i successi c' è un capo italiano
29/02/2016 Corriere Economia Pagina 40
GIUDITTA MARVELLI
Sfide Con l' Abc della finanza si riducono le disuguaglianze
29/02/2016 Italia Oggi Sette Pagina 45
Carriera sprint nella consulenza
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GABRIELE VENTURA
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Il Resto del Carlino (ed.
Rimini)
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Vigili a guardia della maxi rotonda per evitare l'
ingorgo del secolo
Partono oggi i lavori in via Tripoli: quattro mesi di calvario
PER 'FILARE' sempre più diritto, dovremo
sopportare altri quattro mesi di disagi e code.
Parte oggi uno dei cantieri più attesi della
viabilità riminese, quello per eliminare l' odiato
semaforo all' incrocio tra le vie Tripoli e Roma
e s o s t i t u i r l o c o n u n a r o t a t o r i a . I lavori
dureranno almeno fino a luglio, ma sarà il
primo mese di cantiere il più duro per gli
automobilisti. L' obiettivo è terminare la
rotatoria entro Pasqua (ma per completare i
lavori serviranno poi altri tre mesi), ma palazzo
Garampi ha deciso di non far lavorare gli
operai nelle ore notturne ­ anche se questo
avrebbe accelerato notevolmente l' intervento ­
per ridurre i disagi ai residenti in zona, che già
dovranno armarsi di tanta pazienza.
PER FAR FRONTE ai problemi di viabilità e
ridurre le code, specialmente negli orari di
punta, la polizia municipale sarà
costantemente presente in zona con diversi
agenti. «Partiamo con due pattuglie fisse, e
altre due o tre pronte a dare man forte in caso
di necessità ­ anticipa il dirigente (nonché
comandante della polizia municipale) Fabio
Mazzotti ­ In sostanza, avremo quasi sempre una decina di vigili sul posto». Il Comune consiglia,
durante i lavori, di scegliere i percorsi alternativi, utilizzando viale Vespucci e i viali delle Regine a mare,
e a monte le via Caduti di Marzabotto, Jano Planco, Panzini ed Euterpe. La polizia è comunque pronta a
cambiare in corsa la viabilità della zona, in caso di necessità. «Se proprio si dovesse creare l' effetto
tappo ­ conferma Mazzotti ­ abbiamo, tra le ipotesi, quella di rendere a doppio senso di marcia la via
Bastioni orientali (oggi percorribile dalle auto solo nella direzione che va dall' Arco d' Augusto fino a via
Roma)».
DURANTE il cantiere l' incrocio sarà sempre percorribile in ambo i sensi, sia su via Tripoli che su via
Roma. Solo la bretella che, provenendo dalla stazione, consente la svolta a destra in via Tripoli sarà,
chiusa al traffico per una decina di giorni, anche se si potrà girare comunque passando dal semaforo.
Per evitare troppi disagi, sono stati rivisti anche i tempi degli altri cantieri. I lavori della nuova rotatoria
nella via Circonvallazione meridionale partiranno intorno al 4 aprile, quelli per l' altra rotonda con via XX
Settembre nella prima metà di maggio. Dopo l' estate inizierà il cantiere per il sovrappasso
ciclopedonale sulla via Roma.
Manuel Spadazzi.
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RICCIONE LUCIANO TIRINCANTI CHIEDE DI RIDIMENSIONARE IL RUOLO DEL
SEGRETARIO ARCURI
«Renata faccia il sindaco o torniamo alle urne»
«CHI È IL SINDACO di Riccione, Renata Tosi
o Natale Arcuri? A questo punto pretendo
spiegazioni dal sindaco. Altrimenti faccio
scoppiare la crisi». E' un fiume in piena
Luciano Tirincanti. Non ha gradito affatto, il
vice sindaco di Riccione, le ultime mosse del
segretario di Noi Riccionesi 'Nanà' Arcuri e
tanto meno quelle della Tosi. Sembrava, dopo
la notte dei lunghi coltelli nella maggioranza
riccionese, che il peggio fosse passato. Invece
siamo solo all' inizio. A scatenare il putiferio la
riunione in cui Noi Riccionesi ha deciso di
affidare, senza consultare il resto della
maggioranza, alcune deleghe ai propri
consiglieri, tra cui la polizia municipale e la
cultura. E poi quel 'mi piace' messo dalla Tosi
al comunicato dei fedelissimi di Arcuri, mentre
i tre consiglieri dissidenti della lista hanno
boicottato l' incontro.
Tirincanti si è più arrabbiato per la fuga in
avanti di Arcuri o per il 'mi piace' del sindaco?
«Per entrambe, e per motivi diversi. Chi è
Natale Arcuri per decidere quali deleghe
affidare ai consiglieri di Noi Riccionesi, e a chi
assegnarle? Non mi risulta che sia lui il sindaco di Riccione».
Eppure la Tosi sembra approvare. «Appunto. Non mi sta bene. Io ho votato Renata Tosi sindaco, e non
accetto che Arcuri prende certe decisioni. Anzi, mi meraviglio ancora che il sindaco dia ad Arcuri la
possibilità di fare certe esternazioni. Non ci siamo proprio. Non mi faccio imporre le scelte da uno che si
è definisce renziano».
Coem lo spiega? «Chiedetelo ad Arcuri. Forse pensa di portare un fetta di Pd nella nostra maggioranza,
ma io sono pronto alle barricate. Se Arcuri continua a comportarsi in questo modo facciamo cadere la
giunta e si va al voto».
Il vertice di maggioranza di qualche giorno fa non è servito a molto... «Io pensavo di sì. Le critiche
sollevate da Lele Montanari e da altri, sulla mancanza di confronto, di metodo, sulla scarsa
partecipazione alle scelte, erano giuste e sono state accolte.
Per questo si è deciso di assegnare alcune deleghe ai consiglieri».
Noi Riccionesi punta alla cultura? «Non decidono loro. Se qualcuno pensa di far fuori Giovanni Bezzi (il
presidente dell' Istituzione cultura), pianto un casino. Bezzi resta lì».
ma.spa.
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Gambini stravince le primarie «Ora Cattolica cambia
pagina»
LA REGINA incorona Sergio Gambini. Una
vittoria netta, schiacciante quella portata a
casa dall'ex parlamentare, che con un margine
di 500 voti ha stracciato il diretto avversario
Corrado Piva, aggiudicandosi le primarie e
diventando ufficialmente il prossimo candidato
sindaco del Partito Democratico di Cattolica.
Alla fine sono stati 1.201 i voti totalizzati da
Gambini (63,1%), mentre Piva si è fermato a
quota 700 (36,9%). L'ex parlamentare ha
ipotecato tutti e tre i seggi di questa tornata
elettorale, dal centro' (550 voti contro 296) al
Macanno (521 voti contro 315), a Torconca
(130 contro 89). Dodici le schede nulle, 7
quelle bianche. I cattolichini che ieri hanno
deciso di recarsi alle urne sono stati 1.920: un
r i s u l t a t o i m p r e s s i o n a n t e p e r i l Partito
Democratico di Cattolica, che supera di gran
lunga l'affluenza registrata alle scorse primarie
(nel 2011 furono in 1.779 ad esprimere una
preferenza). La rivalità tra Piva e Gambini, tra i
quali nelle ultime settimane non sono mancate
frecciate e polemiche, ha mobilitato un numero
superiore di elettori, non solo nei ranghi del
centrosinistra. I cattolichini hanno voluto premiare l'apertura verso l'esterno dimostrata da Gambini.
Gambini che è riuscito a riunire attorno a sé anche esponenti dell'attuale minoranza, inclusi i due
consiglieri Enrico Del Prete e Filippo Casanti. Ora all'ex parlamentare spetta un compito difficile:
ricucire lo strappo' consumatosi nelle ultime settimane tra il suo gruppo e quello dell'altro
candidato.OLTRE 1.900 cittadini hanno scelto la partecipazione e alla fine ha vinto il cambiamento e lo
slogan di Sergio Gambini, che ha impostato la campagna elettorale proprio sullo slogan del voltar
pagina con il passato. Le primarie del Pd segnano una svolta e la vittoria di Gambini è netta. Oltre 500
voti di differenza. E certamente l' apertura al tavolo civico con forze di centrodestra e comunque
trasversali ha influito anche sulla partecipazione alle urne.
«LA VITTORIA è stata larga, inequivocabile ­ dice Gambini ­ indica come Cattolica abbia voglia di
ripartire, credo che questo sia una piena conferma dello slogan con il quale abbiamo impostato l a
campagna elettorale: cambiare pagina.
Lavorerò nelle prossime settimane per dare maggior efficacia alla scelta espressa dal popolo delle
primarie, ringrazio tutti quelli che mi hanno sostenuto. La campagna elettorale è stata lunga e faticosa, e
ringrazio anche coloro che hanno appoggiato Corrado Piva. Ora mi auguro che tutti sostengano le
scelte compiute dagli elettori delle primarie, e ribadisco che non si sta parlando solo di un candidato ma
di una linea politica che va incontro alle esigenze della città. L' affluenza è stata straordinaria, certo, e
anche l' apertura alle altre forze politiche ha inciso su questa partecipazione. In un momento di sfiducia
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e allontanamento queste primarie lanciano un segnale in direzione opposta, frutto del lavoro svolto per
un coinvolgimento di forze civiche e tutto questo conferma un' apertura del Pd volta ad accettare le sfide
del rinnovamento.
Nei prossimi giorni, però, bisognerà mettersi al lavoro perché le elezioni vere sono a giugno e l' esito
della competizione è tutt' altro che scontata». Nel gruppo pro Gambini non hanno dubbi: «Questa è la
vittoria del rinnovamento ­ conferma Enrico Del Prete, consigliere comunale del Gruppo Misto ­ e tutti i
giovani che ci stanno sostenendo se lo meritavano, credo che non ci siano dubbi sul cammino che vuole
intraprendere Cattolica».
NESSUN commento da parte di Corrado Piva, tra i suoi sostenitori parla però Alessandro Belluzzi:
«Ora dobbiamo lavorare tutti insieme per un unico progetto ed un unico traguardo, il sindaco Pd.
L' affluenza alle primarie ci dice che questo è il primo partito della città e la base da cui partire è
ottima». Entusiasmo anche per la netta vittoria: «Credo che il progetto di Gambini sia quello di un tavolo
civico che creda nel rinnovamento e certamente l' apertura anche ad altre forze ha favorito un' ampia
affluenza, ho visto famiglie intere alle urne» chiude Luca Ercolessi, consigliere Pd e sostenitore
Gambini. Da domani inizia la vera campagna elettorale ed ora anche le altre forze politiche
scenderanno in campo con candidati e programmi.
Luca Pizzagalli.
LUCA PIZZAGALLI
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29 febbraio 2016
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Primarie Pd, Gambini stravince e si candida a
sindaco di Cattolica
«La città ha deciso di cambiare pagina. Ma ora rimbocchiamoci le maniche e tutti remino
nella stessa direzione, la competizione di giugno non è affatto scontata»
CATTOLICA. Gambini è il candidato sindaco
Pd di Cattolica. «La città ha deciso di
cambiare pagina, e l' apertura al civismo ha
contribuito alla straordinaria affluenza. Ma ora
rimbocchiamoci le maniche e tutti remino nella
stessa direzione, la competizione di giugno
non è affatto scontata». Sergio Gambini è
arrivato nella sede Pd di via Amici intorno alle
21,20. Il suo ingresso, ieri sera, è stato accolto
con un grande applauso da parte dei suoi
sostenitori, ma anche di qualche
rappresentante della squadra di Corrado Piva.
Proprio nel quartier generale dem sono
confluite le urne con le schede arrivate dai tre
seggi per lo spoglio. A coordinare le
operazioni il segretario di partito Alessandro
Montanari e la presidente di circolo Giuliana
Giulini, davanti ad una sala affollata, con un
occhio sul tavolo dello scrutinio, e l' altro sul
tabellone nel quale venivano segnate le
preferenze parziali. Molto buona l' affluenza,
«un risultato storico», ha detto Montanari. Ai
seggi si sono recate 1920 persone: sono stati
859 i votanti al seggio delle Ex Scuole Filippini
(centro), 839 al Palazzetto dello Sport
(Macanno­Ventena), 222 al Bar Euro del
Torconca. Superata, anche se di poco, l'
affluenza delle primarie del 2011, nella sfida
tra Piero Cecchini e Alessandro Bondi, ma in quell' occasione si sceglieva il candidato sindaco della
coalizione di centrosinistra, e non solo del Pd. Gambini ha fatto il vuoto in centro, con 550 preferenze,
contro le 296 dell' ex assessore. Qualche istante più tardi sono arrivati gli esiti del voto al Macanno­
Ventena, e a quel punto si è capito che per l' ex senatore, con un vantaggio netto anche in questo
seggio (521 voti contro i 315 di Piva), era fatta. A quel punto i risultati del Torconca non erano più
influenti. E comunque, l' ex senatore ha conquistato anche il terzo seggio con 130 preferenze (89 per
Piva). «E' stata una vittoria larga, inequivocabile, che indica come Cattolica abbia voglia di ri partire ­
sono state le prime parole di Gambini in sede ­. La prendo come una conferma dello slogan che
abbiamo scelto nel corso di questa campagna per cambiare pagina. Ringrazio tutti coloro che mi hanno
accompagnato e soste nuto nel corso di questa campagna, che è stata lunga e faticosa. Ma ringrazio
anche coloro che hanno sostenuto Piva. Mi auguro che da domani tutti sostengano le scelte compiute
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dal popolo delle primarie, che non sono solo quelle di un candidato, ma anche quelle di una linea
politica, che va incontro alle esigenze della città».
Gambini ha visto «un' affluenza straordinaria, in un momento di sfiducia dei cittadini verso la politica:
queste primarie lan A sinistra Gambini con il segretario Pd di Cattolica Alessandro Montanari e a destra
e sotto festeggia con i militanti ciano un segnale in direzione opposta. Credo che questo sia il frutto del
lavoro svolto per un coinvolgimento di forze civiche e un' apertura del Pd indirizzata ad accettare le
sfide del rinnovamento. Nei prossimi giorni, dopo un po' di riposo, bisognerà mettersi al lavoro perchè
le elezioni vere sono a giugno. E l' esito della competizione è tutt' altro che scontata. Ora dobbiamo
rimboccarci le maniche perchè si riparte». (thomas delbianco)
THOMAS DELBIANCO
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Maltempo, allarme allagamenti
Protezione civile: onde alte 3 metri, avvertiti in 70 tra hotel e residenti
RIMINI. Maltempo, pericolo allagamenti lungo
tutta la costa, a causa di onde alte tre metri.
Allertati hotel, ristoranti e residenti. Lo ha
annunciato il Comune ieri sera in una nota
poco prima delle 19 , annunciando il «pericolo
di ingressioni marine». Il preallarme della
Protezione civile regionale è scattato infatti ieri
pomeriggio. «Le previsioni meteorologiche
o d i e r n e ­ s i leggeva nel bollettino di ieri
evidenziano un moto ondoso in aumento dal
pomeriggio, con mare da molto mosso ad
agitato». E le previsioni hanno quindi di
«possibili onde d' altezza maggiore di 3 metri
e mezzo e livello del mare di un metro che e a
causa della combinazione dell' altezza dell'
onda e del livello del mare potrebbero
generare ingressioni marine su tutta l' area
costiera re gionale, territorio riminese
compreso».
Per questo, non appena avuto notizia, la
polizia municipale, in coordinamento con la
Protezione civile, si è attivata con cinque
pattuglie per avvisare oltre settanta tra
alberghi, ristoranti, abitazioni del «possibile
pericolo, specie nelle zone in prossimità del
mare che erano state colpite dall' evento
calamitoso del febbraio scorso».
E il bollettino ha spiegato: «Possono essere
sommersi i moli, le banchine portuali e le dighe foranee e risultare difficoltose le attività che si svolgono
in mare ed il funzionamento delle infrastrutture portuali». E ancora: «Possono verificarsi erosioni dell'
arenile e delle difese temporanee, danni agli stabilimenti balneari ed inondazioni delle zone non protette
da opere temporanee o comunque interessate dalle ingressioni del febbraio 2015».
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Misano spegne i motori: 5mila in pista
Dopo quella di giugno a Monza, in settembre nuova maratona di ciclismo da 12 ore
Record di presenze al World Circuit tra maratone, skate, feste ai paddock e le visite al
medical center
MISANO. Il circuito di Misano spegne i motori
per un giorno e fa il record di presenze: gli
Open Games hanno registrato oltre 5mila
partecipanti, quasi il doppio rispetto ai 3mila
che si attendevano e che avevano affollato la
scorsa edizione. A fare da richiamo sono state
una decina di discipline tra basket, volley,
skate, oltre all' attesa 10.000 metri podistica,
evento centrale dell' appuntamento di Misano.
Un trionfo, sono certi gli organizzatori, che
permette di vedere con serenità i nuovi
appuntamenti legati al Circuito.
La maratona in bici. La conferma arriva da
Andrea Albani, coordinatore generale del
Misano World Circuit: «Sulla scia di questi
successi abbiamo deciso di mettere in
calendario un evento simile: una gara ciclistica
in pista, subito dopo il MotoGP. Si tratta della
12H Cycling Marathon, dal tramonto all' alba».
Si tratta di un evento che negli anni scorsi si
svolgeva nell' autodromo di Monza e che
quest' anno vedrà invece il doppio
appuntamento: oltre a Monza, in giugno, si
terrà anche il 24 e 25 settembre a Misano La
formula di gara è aperta, Boom di discipline.
La giornata di ieri è iniziata in pista con la MT
Bike trofeo Caveja Cup e le camminate non
competitive di running e nordic walking.
Momento centrale della mattinata il 5° Gran Premio Città di Misano, diecimila metri di corsa in uno
scenario unico e lontano dai rumori e dalle insidie della città: la pista di Misano. Tanti i partecipanti al
via, tra cui anche gli spingitori che hanno accompagnato i disabili in carrozzella.
Tra le donne, ha vinto Martina Facciani del team Corradini Rubiera; alle sue spalle Sabine Sobo Blay
team Asd Francesco Francia; terza Elisa Mezzelani del team Sef Stamura Ancona.
Tra gli uomini ha vinto Alberto Della Pasqua del team Edera Atl. Forlì; secondo Smail Charfaoui, stesso
team del primo classificato; terzo Rachid Benhamdane del team Asd Dinamo Sport.
sono proseguite in pista con 4° Gran Premio di ciclismo super gentleman, gentleman, veterani, junior e
senior e nel pomeriggio con il tour di vei coli a propulsione umana. Ma la festa, spiegano ancora gli
organizzatori, «si è tenuta soprattutto in paddock con le esibizioni di skate, di arti marziali, fixed bike e
tanto altro». Presenti an che numerosi bambini che si sono potuti cimentare in tornei di minibasket e
minivolley, sulla rampa da skateboard oltre a divertirsi con i laboratori didattici organizzati dall'
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(ed. Forlì­Cesena)
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associazione Io Centro di Misano. E' restato aperto tutto il giorno anche il medical center, in modo
gratuito, per esami clinici, visite mediche sportive, valutazioni posturali e nutrizionali.
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29 febbraio 2016
Pagina 47
Corriere di Romagna
(ed. Forlì­Cesena)
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RIMINI
I centri commerciali ringrazino il sindaco
I centri commerciali del riminese dovrebbero
fare un regalo al sindaco: non dico il
classicissimo Rolex da delegazione
d'ambasciata perchè i pubblici amministratori
non possono accettare regali sopra una certa
cifra per legge mi pare, ma un pensierino
dovrebbero! E il sindaco che più di altri, 10
volte di più, involontariamente per carità, li ha
favoriti. Sabato mattina, tradizionalmente
deputato allo shopping specie alimentare, il
centro è inaccessibile perchè chiuso il
parcheggio Rocca, occupati Gramsci e
Padane dal Mercato anche per mezzo di chilo
di salsiccia, un accessorio di vestiario devi
andare alla corte della Grande Distribuzione.
Pertanto oggi il centro storico risulta
fortissimamente mutato e connotato, non solo
il sabato, dai provvedimenti Gnassi. Quando
l'uomo fu eletto parlava di Torrepedrera,
Miraramare e dei massimi sistemi. All'atto
pratico poi si è concentrato per 5 lunghissimi
anni sul Centro storico, per il mio sentire
massacrandolo con interventi su viabilità e
parcheggi, ed infatti simbolicamente ­ vedi
l'Inconscio!? ­ ne ha tinte le strade di rosso.
L'ultima cosa che un sindaco dovrebbe fare di
questi tempi è diventare un
centrocommercialista integralista: lui per
scelta o caso lo è stato. L'ultima cosa di cui questa città aveva bisogno è il III maxicentro commerciale a
uno sputo dal Centro Storico: lui lo ha autorizzato e caldeggiato e si farà, il contrario di quello che fanno
oggi 9 su 10 città essendo noi già pieni di market, che spingono i consumi, arricchiscono le élitees,
impoveriscono la middle class. Quindi dico: un pensierino ci sta tutto!
Sara Amati Rimini
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29 febbraio 2016
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Corriere Imprese (ed.
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«L' unione delle Bcc un' occasione unica per il
sistema Italia»
Pula (Federcasse Emilia): «Sbagliata la Spa, così non conta più la persona, ma il
denaro»
Ve d e , per m e quella dozzina di Bcc che
oggi vuole uscire dal sistema difficilmente lo
farà. Perché bisogna considerare la
sostenibilità appunto del sistema, e non dei
singoli. Guardate cosa succede con le casse
di risparmio o le popolari più piccole: oggi
necessitano di consistenti aumenti di capitale
e si rivolgono ai grandi gruppi, che però hanno
poco interesse a salvarle».
Fabio Pula, dottore commercialista classe '56,
presiede la neonata Rimini Banca, oltre che il
collegio sindacale della Federcasse emiliano ­
romagnola. Ha seguito molto da vicino,
dunque, l' autoriforma poi recepita dal decreto
Renzi­Padoan, con la sorprendente aggiunta
della famosa way out; «a cui sono, è chiaro,
nettamente contrario».
Dottor Pula, il movimento delle Bcc pare
volersi arroccare su posizioni poco moder ne,
bloccando la cooperazione in un' autostrada
senza uscita.
«Certo, il vero tema è la difesa del modello
cooperativo.
Penso sia un grande errore politico consentire
a delle società mutualistiche di entrare nel
mondo capitalistico pagando una sovrattassa.
Così non conta più la persona, ma il denaro».
Ma non è che, mantenendo la specificità
delle Bcc, Feder casse vuole difendere certe consolidate posizioni di potere?
«No, affatto. Nella riforma io vedo piuttosto un' occasione unica di profondo cambiamento: nascerà un
grande gruppo bancario che al centro avrà non la spartizione delle poltrone, bensì il fare impresa in
modo sano, creando valore per la collettività. Un protagonista, nei prossimi 40 anni, di un settore difficile
e complesso come il credito».
A proposito di tempi, l' autoriforma non sarebbe dovuta arrivare prima?
«Il ritardo è innegabile. Sarebbe stato meglio agire una volta assorbiti i postumi del crac Lehman
Brothers. Le riforme sono consigliabili quando si possono pianificare, non quando c' è un' emergenza.
Ma un po' per problemi interni al nostro movimento, un po' per i tempi della politica, siamo arrivati in
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coincidenza con l' entrata in vigore del bail in. A cui abbiamo comunque fornito una vera e inedita
risposta».
In che senso?
«Con la creazione della spa capogruppo, tutte le banche aderenti metteranno il proprio patrimonio a
disposizione della sostenibilità dell' intero movimento. E questo elemento, oltre a essere coerente con lo
spirito cooperativo, è un' immensa garanzia di solidità per i nostri stakeholder, non solo di fronte al
sistema bancario, ma a tutto il mondo economico nazionale ed europeo. Sento tanto parlare di difesa
dell' autonomia: qui è il contrario, chi sbaglia deve perderla. Il passaggio fondamentale è avere un'
unica direzione su cui far convergere ogni Bcc».
La nascita del supergruppo rende inutile il percorso di aggregazioni che era stato avviato anche
in Emilia­Romagna?
«No, per nulla. Il numero degli istituti è comunque da ridurre: a livello nazionale si potrebbe scendere
dal quadro di ora, siamo oltre quota 360, fino a 150 bcc, ciascuna con una propria area di riferimento».
Basta, dunque, con la sovrapposizione territoriale tra Bcc, che tuttora porta alla concorrenza
interna al movimento?
«È evidente che è nefasta e da superare. L' ideale sarebbe avere un solo soggetto per ogni ambito
territoriale ottimale, come una provincia. L' ambito deve essere definito in base non solo ai confini
amministrativi, ma anche a storia e specificità locali. A me piace la metafora dell' uva: in Emilia servono
chicchi grossi, in Trentino chicchi più piccoli».
Fuor di metafora, punta alla Bcc unica della Romagna?
«No, penso che in Romagna il consolidamento porterà a 3 o 4 poli, tanti appunto quanti sono gli ambiti
territoriali: Rimi ni, Cesena, Forlì, Ravenna, magari con l' aggiunta di Faenza».
Intanto lei ha portato la Bcc Valmarecchia a fondersi con la Banca di Rimini.
«La nuova Rimini Banca è partita molto bene, l' obiettivo è creare un modello bancario avanzato.
Abbiamo 215 dipendenti per 32 filiali, una raccolta totale di oltre 1,5 miliardi, circa 800 milioni di
impieghi e un Tier 1 di oltre 16%. La copertura delle sofferenze con gli accantonamenti è oltre il 60%, e
oltre il 48% quella sul totale dei crediti deteriorati: dati invidiabili».
N. T.
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Ecco cosa prevede il testo della riforma e le conseguenze che avrà sui 19 istituti dell' Emilia­
Romagna. Ma resterà così?
Banche cooperative al bivio fra supergruppo e way
out
Il contropiede in zona Cesarini si è sentito,
inutile negarlo. Il decreto Renzi­Padoan ha
lasciato diversi punti interrogativi nelle figure
guida del credito cooperativo emiliano ­
romagnolo. Il movimento, però, ora guarda all'
inevitabile battaglia parlamentare, e agli
equilibri interni. Perché al momento, in
regione, si profila un sistema delle Bcc
multipolare che idovrà trovare una nuova
composizione.
Il primo polo è certo Federcasse, associazione
che sta alle Bcc come Federmeccanica sta
alle imprese metalmeccaniche. Giulio
Magagni, numero uno di Emil Banca, nonché
tra i primi fautori della riforma come presidente
della banca nazionale di sistema, Iccrea, guida
un movimento fatto di quasi 118.000 soci per
19 istituti, non lontanissimi dal miliardo care un
quarto micropolo, riconducibile alle bcc
toscane esterne alla relativa Federcasse, le
stesse che, grazie ai buoni rapporti con l'
establishment renziano, avrebbero ottenuto l'
inserimento nel decreto delle famose righe
sulla way out. Quelle Bcc hanno creato una
propria sovra­holding, la Cabel, per
centralizzare le attività di back office. Cabel, a
propria volta, è tra gli azionisti di punta, oltre
che super ­consulente, della piccola Banca
Agci, che ha sede in via Alessandrini a
Bologna e vede un management a forti tinte ravennati. Si tratta di un micro polo, appunto, legato al
mutualismo mazziniano, e che tuttavia le cronache definiscono in ambiziosa espansione.
E dunque: perché il nucleo duro delle bcc insiste sulla maggiore unità possibile del sistema? C' è, è
chiaro, la motivazione «difensiva»: il paragone è un po' forte, ma il ruolo del nuovo supergruppo
assomiglia a quello che il Fondo monetario internazionale svolge quando i Paesi aderenti vanno in
difficoltà con i conti. Per questo, ferma la patrimonializzazione minima a 1 miliardo di euro, è naturale
che maggiori sono le adesioni, tramite il famoso contratto obbligatorio di coesione, maggiore è la
solidità percepita sul progetto tutto.
Ma esiste anche una motivazione «espansiva»: in breve, il credito cooperativo intende divenire un vero
market leader bancario. La cosa, impossibile con l' attuale grado di frammentazione, è particolarmente
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sentita in Emilia­Romagna, dove i maggiorenti figurano appunto anche tra le vedette nazionali.
Da Piacenza a Rimini, si avverte la concorrenza dei colossi Intesa San Paolo e Uni credit; e degli
operatori sovra­regionali, come Bper, Banco Popolare o anche il Credem, che nel 2013, evidentemente
infastidito da un rivale ritenuto credibile, minacciò azioni legali contro il Banco Emiliano, per l'
assonanza nella denominazione.
Soprattutto, è ancora piu.
NICOLA TEDESCHINI
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Le Camere in rivolta Sì alle aggregazioni, no allo
svuotamento
La riforma degli enti è in alto mare, ma in Romagna il primo di almeno tre matrimoni
Di sicuro c' è solo che diminuiscono. Senza
attendere il decreto legislativo «araba fenice»
sul riordino delle Camere di commercio, che
tra le altre cose dimezzerà a 60 le attuali 105,
il sistema camerale procede (a piccoli passi)
con l' autoriforma, che ne ha già ridotto il
numero a 88. Solo un paio (Venezia ­Rovigo e
Molise) hanno completato il percorso, ma l' iter
matrimoniale è avviato per altre 26 dalle quali
ne nasceranno 11. Così ha certificato, all' inizio
di febbraio, il ministro Guidi nell' annuale
relazione al Parlamento. Un matrimonio è in
corso in Romagna, con la fusione tra Forlì ­
Cesena e Rimini, arrivata sotto l' albero di
Natale con il decreto 23 dicembre del ministro
dello Sviluppo economico e ora in fase di
costituzione.
In Regione altri matrimoni sono allo studio, tra
Ferrara e Ravenna (con qualche strabi smo a
Ovest, verso Modena che per ora si guarda
intorno) e un «superducato» a Nord, tra
Piacenza, Parma e Reggio Emilia, con un
numero di imprese per la prima volta ben oltre
quota 100.000: 117.415 a fine gennaio.
Bologna, per dimensione e status (città
metropolitana con oltre 84.000 imprese
iscritte) può far da sé.
Il dato dimensionale non va sottovalutato,
perché il decreto legislativo, tuttora incerto su
funzioni e prospettive, sembra sicuro sul minimo di 75.000 imprese iscritte, con poche eccezioni. A
prima vista i due accorpamenti romagnoli non raggiungono entrambi la soglia. Ma è un effetto ottico,
perché si parla di aziende «iscritte o annotate» nei «registri delle imprese». Le imprese agricole, per
esempio, non sono obbligate all' iscrizione nel registro delle imprese; le artigiane sono iscritte in un
elenco speciale. Così Forlì Totale Emilia­Romagna Cesena ­ Rimini censisce ben 99.714 imprese (sia
pure con un dato invecchiato, di fine 2014).
Non è solo questione di numeri. La grande partita si svolge sulle funzioni delle camere. Fino alla bozza
del decreto legislativo attuativo della legge Madia, il governo ha confermato la sua ostilità e la
sottovalutazione non solo dei servizi svolti dal sistema, quanto di quelli che potrebbe svolgere. La
sollevazione «camerale» (sindacati compresi: meno funzioni uguale più esuberi, tra i 10.000 dipendenti
compresi i 3.000 delle 111 aziende speciali) ha impedito che il provvedimento arrivasse al Consiglio dei
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ministri del 20 gennaio scorso, insieme ad altri nove sulla riforma della pubblica amministrazione. E lo
respinto in alto mare. Oggi non c' è traccia del nuovo testo, assicurano, sotto giuramento, perfino coloro
che, a Roma e Bologna, dovrebbero essere vicini al dossier.
Tutti i presidenti hanno deplorato l' intenzione del governo di espellere le Camere di commercio dai
servizi alle imprese e dal sostegno allo sviluppo locale e all' internazionalizzazione. Il bolognese Giorgio
Tabellini ha ricordato le infrastrutture nate dalla ca mera locale, dall' aeroporto (oggi quotato) alla Fiera,
al Centergross, all' Interporto e a Fico; e i 7 milioni conferiti al Consorzio Fidi lo scorso anno.
In attesa di saperne di più, Claudio Pasini, il segretario generale di Unioncamere dell' Emilia Romagna,
ricorda tre ambiti strategici di cui non solo le imprese, ma anche il governo dovrebbe avere tutto l'
interesse ad avvalersi: il sostegno all' internazionalizzazione promosso all' estero dal nuovo Ice, che sul
territorio solo a caro prezzo potrebbe rimpiazzare la presenza capillare delle camere di commercio; l'
agenda digitale, avvalendosi dell' expertise di un sistema che gestisce in modo totalmente
informatizzato e accessibile da remoto il Registro delle imprese, e gestisce i servizi per quasi 3.800
degli 8.000 comuni italiani; l' alternanza scuola ­lavoro, che le piccole imprese non saranno mai in grado
di gestire da sole. Ma, per avvalersi delle camere, dovrebbero iscriversi nella sezione speciale Registro
nazionale per l' alternanza scuola ­lavoro, pagando i relativi diritti: oltre 100 euro, più di quanto una
piccola impresa spenda per i diritti annuali, ridotti di un terzo lo scorso anno, del 40% quest' anno e
della metà dall' anno prossimo. Quattrocento milioni in meno per le camere di commercio e altrettanti
risparmiati dalle imprese. Ma se si iscrivessero tutte al nuovo registro, spenderebbero di più.
Angelo Ciancarella.
ANGELO CIANCARELLA
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Camere con vista Due Torri in svendita: 86 euro a
notte contro i 139 di Venezia
Di Giansante (Federturismo): «Colpa della fiera che non attira più clientela business».
Mazza (Confesercenti): «C' è un surplus di sistemazioni irregolari»
Sono solo 154 i chilometri che separano le due
città italiane in cui, a seconda di dove ci si
trovi, si possono trovare le camere d' albergo
più care o più economiche del Bel Paese. Da
una parte c' è Venezia, che offre una notte al
coperto con meno di 139 euro; dall' atra invece
c' è Bologna, le cui tariffe in media non
superano gli 86 euro, assurgendo a città con
gli hotel meno costosi d' Italia.
A fornire questi dati è l' Osservatorio Hrs sul
turismo e il business travel, che ha appena
pubblicato la nuova edizione del Price radar
sui prezzi medi per notte degli alberghi di tutto
il mondo. Quello di Bologna è un primato
detenuto già da diverso tempo, ma che
stupisce se comparato a quello che è stato l'
anno d' oro del turismo per l' Emilia­Romagna.
Nei soli primi nove mesi del 2015, infatti, si
contavano già oltre 43 milioni di notti prenotate
nelle varie realtà turistiche di tutta la regione,
comprese le città d' arte come il capoluogo
felsineo con i suoi 340 hotel per un totale di
oltre 25.000 posti letto. A cui se ne aggiungono
altri 81.000 tra b&b, alloggi privati e
agriturismi.
«Bologna è il centro urbano con i prezzi più
bassi, nonostante il boom di visitatori di quest'
anno e la qualità medio ­alta delle strutture ­
spiega Marianna Di Giansante di Federturismo
Confindustria ­ È una discrepanza che dipende da vari fattori: da una parte la Fiera non è più come
prima e si sta perdendo la parte ricca del turismo business, quella che spende di più. Dall' altra alcune
politiche del passato hanno portato a una svalutazione della città».
Ma c' è altro oltre al calo di chi viene qua per lavoro: gli albergatori sono convinti che il surplus di
camere e alloggi disponibili in città abbia contribuito all' abbassamento dei prezzi. E qualcuno parla
anche di «turismo sommerso».
«Non pensiamo solo ad Airbnb ­ ragiona Paolo Mazza, presidente della Asshotel­Confesercenti di
Bologna ­ ma ci sono diverse realtà, come i b&b irregolari, che esercitano varie forme di concorrenza
sleale.
Ogni albergatore ha dei costi, ed è giusto che li sostengano tutti».
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A preferire questi alloggi, più spartani, è soprattutto chi viene in città durante le ferie e cerca prezzi
bassi, a volte anche stracciati. Anche se, come racconta Mazza, è stato proprio il popolo dei vacanzieri
della scorsa sta gione ­ meno disposto a spendere di chi viene per affari, ma più presente ­ a non far
andare in rosso a fine anno gli albergatori, soprattutto quelli che non hanno strutture in centro.
«Oggi fuori dalle mura si possono trovare hotel con stanze anche a 50­60 euro, mentre negli anni tante
catene, come Sheraton, se ne sono andate. Il 2015 però non è andato male, i fatturati e l' occupazione
delle stanze degli alberghi sono cresciuti almeno del +3/4%», continua Mazza che per il 2016 nutre
buone speranze. E a confermare in parte le sue aspettative c' è anche l' indagine di Italian Hotel
Monitor: il numero di notti trascorse dai turisti nel capoluogo felsineo a gennaio è aumentato del 5%
rispetto allo stesso mese del 2015. A scapito però di tariffe che non sono cambiate, con cali dall' 1,6% al
0,3% un po' in tutto il Paese.
«C' è anche da dire che è mu tato lo stesso modo di viaggiare.
Se prima ci si fermava qualche giorno per le fiere e i meeting di lavoro, ora con l' alta velocità si può
fare tutto in giornata ­ sottolinea Celso de Scrilli, presidente di Federalberghi Bologna ­ Prima l' albergo
era il posto più facile da contattare, mentre ora con un click si ha l' imbarazzo della scelta».
Non bisogna però neanche dimenticare la nomea della «Grassa», storicamente conosciuta come una
città economica. «Da sempre, forse anche per via dell' università e per il cosiddetto turismo per la
sanità, qua si possono trovare posti letto a prezzi non esorbitanti. Da quando però sono spuntate tutte
queste strutture ricettive, si è iniziata una guerra delle tariffe senza senso. E ora chi non ha la fortuna di
trovarsi in centro, sta soffrendo».
Francesca Candioli.
FRANCESCA CANDIOLI
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29 febbraio 2016
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I consumi salgono e i ricercatori studiano nuove
varietà di coltivazione della valeriana
ampie». Spinti dai consumi in netto aumento, i
ricercatori studiano nuove varietà più
performanti a seconda del periodo di
coltivazione e del clima, per il Nord e il Centro
­sud Italia. «Della tipologia più diffusa, detta
Verde de Cambrais, dalla foglia tonda e
compatta, sono oggi in commercio alcune
decine di varietà: l' ultima è Amely, invernale,
oppure Accent che si adatta a tutte le
stagioni». In Romagna è considerata una
coltura di complemento, «destinata in
particolare al mercato del fresco», come
spiega l' agronomo Stefano Pazzagli. «La
superficie coltivata, che è prevalentemente in
serra o sotto tunnel, non è mai estesa e le
tecniche sono manuali». «La cultivar più
rappresentativa è la storica Seme grosso d'
Olanda ­ aggiunge Moreno Manzi Ricci,
esperto riminese che affianca le aziende nel
percorso di coltivazione ­ Cresce La valeriana
(Valerianella locusta), conosciuta anche come
valerianella, grassa gallina o soncino, è una
pianta erbacea annuale appartenente alla
famiglia delle Caprifoliaceae. Produce una
rosetta di foglie tenere e ellittiche o spatolate,
con o senza picciolo a seconda della loro
posizione su terreni sabbiosi e la raccolta va
da settembre ad aprile. Alcuni agricoltori
preparano mix di insalate già pronte per la
vendita diretta». Giancarlo Lombardi da dieci anni si cimenta in 6.000 metri quadri di serra nella campa
gna di Bellaria (Rimini). «Una volta facevo solo insalata e indivia scarola poi ­ racconta ­ ho scelto la
valeriana. La vendo bene all' ingrosso ­ però precisa ­ se ne produceva certamente di più quando non c'
era la quarta gamma. Ora sui banchi del mercato soffriamo un po' la "concorrenza" di chi viene da fuori,
soprattutto dal Veneto, ma il prodotto offerto ­ tiene il passo l' orticoltore ­ è differente dal nostro, di
dimensioni ridotte». E per ab battere i costi di produzione? «Faccio nascere le piantine nel mio vivaio
così ­ dice ­ risparmio».
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L' intervento
Il Wellness, l' intuizione di sistema che sta
cambiando volto della Romagna
SEGUE DALLA PRIMA Si tratta dell' 1,5%
della nostra popolazione. È come se a Roma
al calar del sole si incontrassero per
camminare assieme 40.000 persone e a New
York 120.000. In quel caso certamente i media
parlerebbero di «movimento mondiale» di
«evoluzione in corso». Ma accade a Cesena e
qui nessuno utilizza le stesse espressioni.
Quello in atto è però un cambiamento
evidente, tradotto anche in un costante
aumento degli oltre 500 bimbi protagonisti
(con i loro genitori e nonni) dei «bici bus» e dei
«piedi bus»; o degli ormai 270.000 cesenati
che, nel corso del 2015, hanno lasciato l' auto
in uno dei nostri tre parcheggi scambiatori, per
recarsi al lavoro con le linee di bus «fucsia».
Ed è quindi facile non sorprendersi per il dato
diffuso dalla Wellness Foundation, che oggi
identifica per la Romagna un più 10,1% di
popolazione attiva, rispetto alla media
nazionale.
Ma il cambiamento si sta traducendo anche in
scelte di organizzazione della città.
Come spiegare, per esempio, l' impatto
positivo che a Cesena ha prodotto una scelta
che in altri tempi avrebbe causato una piccola
rivoluzione ­ quella di riportare a uso agricolo
190 ettari di terreno, sino a pochi mesi fa
destinati ad ospitare nuove fabbriche e nuovi
appartamenti che nessuno più utilizzerebbe ­ e che prefigura uno scenario di prossima ricucitura
urbana, al quale si sono applicate anche Cervia e Rimini, per restare in Romagna?
Il tutto, naturalmente, condito da un impatto sul siste ma imprenditoriale, che sta vedendo moltiplicare le
imprese che si occupano di benessere ­ in scia a Technogym, ma non solo ­ le startup tecnologiche che
tendono a migliorare le perfomance sportive e sociali di chi fa attività fisica; le aziende (come Orogel,
Apo fruit, Amadori in primis) che hanno ormai convertito al settore del benessere e del rispetto
ambientale la parte prevalente della propria produzione agro ­alimentare.
Insomma, quella di Alessandri non è una semplice intuizione: è «l' intuizione di sistema» che sta già
facendo cambiar volto alla Romagna e abitudini ai romagnoli, aiutandoci a tracciare le coordinate di uno
sviluppo perfettamente adattabile alla nostra grande voglia di socialità.
Che Davos del benessere quindi sia, ma totalmente, «made in Romagna».
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PAOLO LUCCHI
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29 febbraio 2016
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Altro taglio del nastro e il degrado resta
GHETTO TOMBANUOVA Domani s' inaugura una nuova palazzina, ma i residenti delle
vie Coppi e Bartali protestano
Ci avviciniamo a grandi passi alle elezioni
comunali. Tempo di tagli di nastri per il
sindaco uscente. Il primo in ordine di tempo
domani per l' inaugurazione del complesso di
Edilizia R e s i d e n z i a l e P u b b l i c a ( E r p ) d i
Tombanuova (via Fausto Coppi, 6 ­ 14) alle
ore 11.Oltre a Gnassi e al suo vice Gloria Lisi,
ci saranno i vertici dell' Acer con Mangianti,
Celli Stargiotti e la Atzei.
Ben vengano i nuovi insdiamenti abitativi per
aiutare le famiglie in difficoltà. Il problema e
che proprio nelle immediate vicinanze, stessa
via e via Bartali, esiste un altro insediamento
abitativo che non se la passa granche bene.
Lo stabile grezzo abbandonato di proprietà
ACER e stato completato in quest' ultimo
anno: proprio nei giorni scorsi sono stati
effettuati piccoli lavori di messa in sicurezza
(segnaletica stradale orizzontale e verticale,
taglio dell' erba) proprio in vista dell'
inaugurazione di domani. Questi interventi
minimi si sono resi necessari in quanto non
potevano permettersi di mandare delle
persone ad abitare in un' area non a norma
per quanto riguarda i requisiti minimi di
sicurezza di accesso stradale all' area.
Ma alla richiesta di un residente, se il resto
dell' urbanizzazione sarebbe andata avanti,
hanno confermato dal Comune che loro sono ancora con le mani legate fino al prossimo anno, perché la
concessione alle ditte lottizzanti scade nel Luglio 2017 e fino ad allora sono sempre loro (le ditte edili
lottizzanti) i responsabili della sicurezza e pulizia dell' area.
Già tempo addietro La Voce si fece amplificatore delle proteste di alcuni residenti e da allora ad oggi le
cose non sono cambiate. "Il cantiere delle ditte lottizzanti abbandonato da 4 anni con rifiuti edili sparsi
dappertutto accanto al nostro palazzo ­ dicono alcuni residenti ­ e ancora lì. Si evidenzia anche la
mancanza di pulizia regolare delle strade perché essendo strade private, Hera non ha avuto l' appalto.
Si nota anche la mancanza di un' area verde per i tanti bambini che già ci sono e i tanti che arriveranno
ancora nelle case popolari e soprattutto la più totale incertezza e mancanza di qualsiasi pianificazione
concreta per lo sviluppo futuro di quest' area, che doveva diventare una nuova area residenziale, ma
che e bloccata in questo limbo da anni, a causa delle condizioni più che critiche delle ditte lottizzanti che
hanno bloccato tutti i lavori per mancanza di fondi. E nessuno sa dire se e come verrà mai sviluppata
quest' area come un normale quartiere cittadino, perche il Comune non potrà intervenire fino a Luglio
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del prossimo anno quando scadrà la concessione alle ditte lottizzanti, e poi dovrà comunque redarre un
nuovo progetto per finire l' urbanizzazione e dare un assetto definitivo a queste due vie".
Per dare una rinfrescatina dello status quo qui accanto e nelle tre fotografie sotto vi mostriamo alcune
fotografie scattate nei giorni scorsi.
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Palestra Euterpe e stadio del baseball: via agli
interventi
TRA OGGI E DOMANI L' assessore Brasini: "Proseguiamo con l' ampio programa di
riqualificazione dell' impiantistica sportiva che dal 2013 al 2015 ha visto stanziare l'
Amministrazione quasi 10 milioni e mezzo di euro. In quest' ottica è importante poter
andare a recuperare finanziamenti extra"
Sono pronti a partire questa settimana alcuni
nuovi cantieri per la manutenzione e la
riqualificazione degli impianti sportivi del
territorio. Oggi infatti prenderanno il via i lavori
alla Palestra Euterpe, una delle strutture di
maggior rilievo per la pratica della ginnastica e
che sarà oggetto di un importante intervento di
manutenzione e che riguarderà nel dettaglio il
rifacimento del manto di copertura. Il costo
dell' opera, che e stata affidata ad Anthea, e di
130 mila euro ed e stato finanziato attraverso il
contributo che la Regione Emilia Romagna ha
a s s e g n a t o a l C o m u n e d i Rimini p e r l a
riqualificazione realizzata in estate dello
statdio Romeo Neri.
La quota rimanente del contributo regionale ­
complessivamente 356 mila euro ­ sarà
impegnata per l' adeguamento di altre strutture
sportive citta dine, dalla manutenzione alla
Palestra Corpolò e al Palasport Flaminio fino
agli interventi allo stadio del Baseball. I lavori
al 'diamante' di via Monaco ­ del valore di oltre
1 5 0 m i l a e u r o ­ partiranno d o m a n i e
riguarderanno il rifacimento delle scale, dei
terrazzi intermedi e di colmo e soprattutto il
ripristino della completa funzionalità dell'
impianto di illuminazione, con il rifacimento di
quattro torri faro e la manutenzione
straordinaria dei componenti elettrici delle altre quattro torri.
"Proseguiamo con l' ampio programa di riqualificazione dell' impiantistica sportiva ­ sottolinea l'
assessore allo Sport del Comune di Rimini Gian Luca Brasini ­ che dal 2013 al 2015 ha visto stanziare l'
Amministrazione quasi 10 milioni e mezzo di euro. In quest' ottica e importante poter andare a
recuperare finanziamenti extra, in modo tale da poter liberare altre risorse nel bilancio comunale da
destinare ad altri impianti. Grazie al progetto che abbiamo presentato nei mesi scorsi in Regione siamo
riusciti ad ottenere uno stanziamento importante, che ci ha consentito di intervenire in tempi rapidi su
alcuni impianti che richiedevano manutenzioni urgenti. Continuando su questa strada, abbiamo deciso
di partecipare ad un altro bando, 'Sport e Periferie', questa volta promosso dal CONI che ha istituito un
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fondo da 100 milioni di euro per il triennio 2015­2017 per la realizzazione, rigenerazione e il
completamento di impianti sportivi, con particolare attenzione per zone periferiche della città. Un
obiettivo in linea con l' attenzione che l' Amministrazione sta dedicando ai cosiddetti impianti di
'quartiere', e in particolare agli impianti dedicati al calcio".
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Gambini è il candidato sindaco
CATTOLICA Nelle primarie del Pd tutto secondo pronostici: sconfitto Piva. Vittoria netta:
1.201 voti sui 1920 espressi
Rispettando i pronostici della vigilia, Sergio
Gambini è il candidato sindaco del Pd per le
prossime elezioni comunali. La conferma
ufficiale è arrivata ieri sera dopo le primarie
svolte a Cattolica. Grazie all' ottima assistenza
fornita ai media dall' organizzazione Cubia uno
sguardo su Cattolica che attraverso la propria
pagina face book ha tenuto costantemente
aggiornati i dati, le operazioni di voto per le
primarie Pd sono volate via lisce.
Sono stati 1.920 i cattolichini che si sono recati
a votare nei tre seggi allestiti ieri. Rispettate
quindi le aspettative della vigilia del segretario
Alessandro Montanari che aveva fatto un
appello al voto. Nonostante nels eggio del
centro città Piva abbia avuto 290 voti contro i
50 di Gambini, nelle altre due sezioni non c' è
stata storia.
Al seggio del Torconca per esempio con 839
votanti, 521 hanno scelto Gambini e 315 per
Piva.
Il vantaggio è poi via via aumentato fino al
responso finale. L' ufficialità è arrivata alle
21,22. Gambini ha otte nuto 1.201 vor i su
1.920 espressi. Il segretario Montanari:
"Risultato importante, ora il partito deve essere
compatto per il voto di giugno". Gam bini ha
poi raggiunto la sede e ha ringraziato i suoi
sostenitori auspicando ora l' impegno di tutto il partito a sostegno della sua candidatura.
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RICCIONE
Tocca a 'Lele' Montanari guidare l' ammutinamento
del Consiglio
Pensiero stupendo. Lele' Montanari guida
l'ammutinamento (per usare il gergo marinaro
che ama tanto) del veliero di Noi Riccionesi.
L'ultimo pensiero stupendo (anzi, tremendo)
del vecchio lupo di mare della politica
riccionese è far saltare gli equilibri del
Consiglio che si tiene questa sera. Avrebbe i
numeri per rendere deserta la seduta. Di certo,
una diserzione pare più che possibile. Il
Comune è in ostaggio di Lele' il pirata? No,
dice lui.
Il problema di Noi Riccionesi (e dunque,
volenti o meno, di noi riccionesi) è Natale
Nanà' Arcuri, che al dialogo preferisce
l'obbedienza totale, pensa che i consiglieri
siano i sudditi del suo reame. Io non mi faccio
dire con chi devo parlare, cosa devo dire Non
chiedo il permesso a Nanà', dice Montanari. Al
d i l à d e l l e v e n d e t t e i n t e r n e a l partito d i
maggioranza, resta la pratica politica:
probabilmente un gruppo di noi potrebbe non
partecipare alla discussione delle
interrogazioni e delle interpellanze.
Ma il Rue è stato fatto bene, merita di essere
votato, dice Lele'. Le cui richieste ­ maggior
ascolto, autonomia, condivisione ­ e i cui dubbi
­ una civica non serve soltanto a sanare i buchi
delle strade, ma per governare, con proposte
etiche e progetti politici di lun­ Stasera potrebbe andare deserta (o quasi) la seduta comunale Noi
Riccionesi in crisi esistenziale? ga gittata: come può convivere, allora, un uomo di destra con un
renziano al timone e una manciata di cattocomunisti in barca? ­ meriterebbero una attenzione diversa
dagli schiaffoni retorici che Nanà' sbatte in faccia agli ammutinati. L'impero di Nanà', ormai sconfitto a
Rimini e in declino a Riccione, è rapidamente finito? La Tosi deve ricordarsi che è lei ad aver vinto le
elezioni, non Nanà'. Arcuri ha fatto il suo lavoro, e l'ha fatto bene. Adesso siamo noi a dover governare:
questa è la morale stesa da Montanari. Intanto, il Comune è in balia delle minuscole liti dei Noi
Riccionesi ­ e noi riccionesi subiamo.
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La Voce di Romagna
Stampa Locale
NUOVO ALLERTA METEO Costa sotto osservazione
Mareggiate ovunque, allerta
La Protezione civile dell' Emilia­Romagna ha
attivato la la fase di preallarme per il mare con
moto ondoso in aumento, da molto mosso ad
agitato (altezza d' onda maggiore di 3.5 m e
livello del mare di 1 m), e probabili ingressioni
marine (a causa della combinazione della
altezza dell' onda e del livello del mare) su
tutta l' area costiera, più accentuate nella parte
nord. L' allerta che ha validità di 18 ore a
partire dalle 18 di ieri riguarda i comuni
costieri di San Mauro Pascoli, Cesenatico,
Gatteo, Savignano sul Rubicone, Cattolica,
Riccione, Rimini, Bellaria­Igea Marina , Misa
no Adriatico, Cervia (Ra), Ravenna (Ra),
Comacchio, Codigoro e Goro.
Possono essere sommersi i moli, le banchine
portuali e le dighe foranee e risultare
difficoltose le attività che si svolgono in mare
ed il funzionamento dei porti. Anche erosioni
dell' arenile e delle difese temporanee, danni
agli stabilimenti balneari e inondazioni del
retrospiaggia.
La Polizia municipale di Rimini, in
coordinamento con la Protezione civile, si è
attivata con le pattuglie disponibili (cinque) per
avvisare oltre settanta tra alberghi, ristoranti,
abitazioni del possibile pericolo, specie nelle
zone in prossimità del mare che erano state
colpite dall' evento calamitoso del febbraio scorso.
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Affari & Finanza
Stampa nazionale
Barilla: "Saremo più forti negli Usa Expo e Made in
Italy, occasioni perse"
New York G uido Barilla guarda l' America dalla vetrina dell'
ultimo ristorante che il colosso di Parma ha aperto a New
York, in Herald Square nel cuore di Manhattan. Una vetrina
digitale, che spiega ai passanti il menù aggiornato e permette
di leggere i commenti dei clienti e di vedere le foto dei piatti in
tempo reale. È un pezzo di made in Italy che si mette in
mostra per gli Stati Uniti.
«Barilla ha guardato agli Stati Uniti fin dal dopoguerra ­ dice il
presidente della multinazionale ­ da qui abbiamo preso
ispirazione per la nostra politica commerciale, da qui sono
venuti formidabili spunti per la comunicazione e per il
packaging. Tra noi e gli Usa c' è stata una storia affettiva, che
continua ancora».
Presidente, la Barilla è stata anche interamente americana per
un certo periodo della sua vita. Poi è tornata tricolore.
«Si, siamo stati anche americani.
Venduti e poi ricomprati da mio padre Pietro nel 1979. È in
quegli anni che in azienda entra una forte influenza nei metodi
di gestione, che qui erano particolarmente sviluppati per quel
tempo».
«D a allora gli Usa sono per noi una vocazione. Tanto che
negli anni '90 abbiamo deciso di diventare proprio qui un
produttore di pasta. Abbiamo aperto uno stabilimento nel
1997 in Iowa, seguito dal secondo nello stato di New York, nel
2007 ad Evon. Oggi facciamo 600 milioni di dollari di fatturato,
in gran parte nel settore della pasta, dove siamo leader con
una quota del 30 per cento, e siamo forti anche nel settore dei
sughi e delle salse ricettate ».
Andate negli Usa perché l' Italia e l' Europa sono diventati
mercati piccoli per un prodotto tipico come la pasta? «No, la
scelta di andare oltre l' Italia è slegata dal mercato domestico.
Noi abbiamo posizioni importanti in Europa, ma il nostro
mercato è il mondo e quindi noi dobbiamo essere qui, perché
questo è il mercato più importante.
Ma ci guardiamo attorno in Europa e in quei paesi dove ci
sono opportunità di crescita. Stiamo facendo scouting, ci sono
tante aziende di grande qualità all' estero che in teoria
possono interessarci, magari però qualcuna di queste non è in
vendita. Ma cresciamo anche in Italia e in casa siamo molto
solidi. Poi miglioriamo la nostra competitività, stiamo portando avanti una trasformazione culturale, ci
stiamo avvicinando molto ai consumatori. È un passaggio importante nella nostra storia».
Il mondo però significa anche l' Asia, e in particolare la Cina: miliardi di consumatori che cominciano ad
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Affari & Finanza
Stampa nazionale
apprezzare anche il cibo occidentale. Come vi muovete su quel fronte? «La Cina è un mercato diverso, i
cinesi hanno abitudini alimentari consolidate.
Abbiamo lanciato un prodotto lì, ma la strada sarà lunga e particolarmente complicata».
Avevate come obiettivo quello di raddoppiare il fatturato entro il 2020. Ce la farete? «Il progetto ha
subito un rallentamento, anche perchè era in parte legato a un programma di possibili acquisizioni, che
non ci sono ancora state. Aumentare il fatturato è facile se si comprano aziende. Ma devono essere
aziende con cui fare sinergie e avere comunità di business e culturali. Noi facciamo sviluppo in base
alle nostre capacità».
E la Borsa rimane lontana​. «La quotazione in Borsa non ci interessa, cresciamo con i nostri mezzi».
Quattro mesi fa si è chiusa l' Expo di Milano. Che bilancio può farne? «Quello economico non lo
conosco. Penso però che l' Italia abbia perso una occasione importante. L' Expo non era solo una
vetrina per far conoscere il prodotto italiano e ricevere capi di stato e di governo, ma nasceva con l'
intento di far convergere i riflettori sull' alimentazione e far capire al mondo che il problema del cibo
deve essere affrontato in tempi brevi per evitare gravi conseguenze.
Di questo non siamo stati abbastanza capaci.
Noi ne abbiamo parlato con una nostra iniziativa , il libro ricerca "Eating Planet", e con la Carta di Milano
che abbiamo consegnato all' Onu.
Tra breve la sostenibilità alimentare diventerà critica, i cittadini del pianeta dovranno dare un contributo.
Guai se continueremo a fare scelte scellerate come facciamo adesso quando, assai presto, nel mondo
ci saranno 10 miliardi di persone: allora il pianeta affronterà tristi situazioni. Sotto questo aspetto Expo è
mancata». Anche la difesa dei prodotti italiani dalla contraffazione sembra debole, e mentre in Europa si
dibatte sul "made in" la sensazione è che ne usciremo parzialmente sconfitti.
«Sappiamo perfettamente che quas il 50 per cento del fatturato denominato a marchio italiano all' estero
è "fake italian". E di fronte a questo assalto reagiamo in tre modi sbagliati. Per prima cosa il Paese non
riesce a fare sistema.
I produttori italiani quando vanno all' estero ci vanno da soli, senza un paracadute che li protegga e
valirizzi i prodotti tipici, a differenza di quello che fanno i francesi, tedeschi, gli spagnoli. Poi va
riconosciuto che anche a casa nostra ci spariamo addosso da soli, e invece di valorizzare le molte cose
belle che abbiamo ci focalizziamo sui casi in cui qualcuno sbaglia e sui casi di contraffazione. Certo, a
volte ci sono delle mele marce nel settore agroalimentare, cosi come in altri comparti, ma è sbagliato
accendere un deleterio ed esagerato allarmismo. Qualche tempo fa si è parlato di prosecco adulterato.
Il messaggio arrivato nel mondo è che tutto il prosecco italiano è adulterato, cosa falsa. C' è una
tendenza nazionale a considerare negativo tutto quello che è industria, a farci le lotte in casa, a non fare
sinergia. Nel resto del mondo non è così, gli altri fanno sistema e creano forza. Prendiamo i tedeschi. La
Germania esporta 60 miliardi di prodotti alimentari in valore, il doppio di quello che fa l' Italia, e la
maggior parte del loro fat­ turato è fatto dalle carni insaccate. Le sembra possibile? Bravi loro, male noi
che invece litighiamo sull' olio, sul vino, sul grano, sulla pasta.
L' alimentare è un settore strategico per il Paese, bisognerebbe che cominciassimo a capirlo. Quando
un paese capisce che un' industria è importante e costituisce una risorsa nazionale ne fa una bandiera e
la difende".
Il governo lo sta facendo? «Questo è il secondo modo sbagliato. Il governo ha fatto una cabina di regia
sulla pasta e noi abbiamo applaudito, perché abbiamo capito che voleva rilanciare il marchio del made
in Italy. Però quando vediamo che vince la disinformazione siamo perplessi. Si dice che la pasta italiana
è di bassa qualità perché fatta con grano estero.
Questo è assurdo, ma nessuno reagisce. Allora pensiamo che la cabina di regìa serva a dare voce a
organizzazioni sindacali che hanno una visione limitata dei problemi».
E qual è il terzo modo sbagliato? «La Confindustria. La nostra associazione deve fare un profondo
esame al suo interno, fare un passaggio culturale e diventare il vero fulcro per lo sviluppo organizzato
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Affari & Finanza
Stampa nazionale
del Paese, e non solo un centro che difende situazioni interne, lobby particolari o che vive di burocrazia.
Di strada da fare ce n' è ancora parecchia, ci vorrebbe il coraggio di cambiare il sistema
completamente. Pensi solo a questo: l' agroalimentare è un settore portante dell' Italia ma per la
Confindustria non è all' ordine del giorno». © RIPRODUZIONE RISERVATA Un' immagine dello
stabilimento Barilla di Parma, uno dei principali impianti alimentari d' Europacon un articolo di Eugenio
Occorsio.
FABIO BOGO
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Affari & Finanza
Stampa nazionale
Rikotta, Barollo, Parmesan il piatto ricco dell' Italian
sound bruciati 60 miliardi di export
Eugenio Occorsio ­ Roma L'ufficio di Rolando
Manfredini, responsabile della qualità e
sicurezza alimentare della Coldiretti, di fronte
al Quirinale, sembra un supermercato. A uno
sguardo appena un po' più attento, le etichette
sembrano però tratte da Hellzapoppin, il
mondo destabilizzato. I formaggi si chiamano
Parmesan, Parmazano, Reggianito, Rikotta,
oppure con un ardito accostamento
"Parmesan, Romano & Grana". I vini sono
Barollo, Cantia (leggetelo in inglese e
scoprirete l' assonanza con Chianti),
Vinoncella (alias Valpolicella), Brunello di
Monticino, Prisecco, Cresecco. L' olio è il
Romulo, la pasta sono i Makkaroni o
semplicemente Pasta Shuta. E se volete farvi
una caprese ecco la Zottarella, Classic per
carità, con un' etichetta che la abbina a
pomodori e insalata a evocare la magica
bandiera italiana. E poi via andare con il
Tuscany Salama, il pecorino cinese con una
mucca sull' etichetta (ovviamente su uno
sfondo bianco­rosso­verde), gli spaghetti in
"real salsa bolognese" che a Bologna non
sanno neanche di cosa si tratti.
Benvenuti nel pianeta surreale dell' Italian
Sound. «Cosa vuole commentare», allarga le
braccia Manfredini, che gira il mondo per raccogliere sempre nuovi esempi della follia dilagante del
made in Italy alimentare taroccato. «Da un lato potrebbe farci piacere l' abbinamento dell' Italia con il
mangiar bene. In pratica, passiamo il tempo a fare ricorsi, appelli, petizioni presso tutte le possibilità
autorità italiane e internazionali. Il guaio è che il più delle volte hanno ragione loro perché riescono a
dimostrare che un nome è ormai generico: presentare "Spaghetti meat balls" come un piatto
tipicamente italiano non è reato. Ma il danno per noi è colossale. Camminiamo sul sottile crinale fra la
truffa bella e buona e l' evocazione di un nome celebre, che sarebbe anche perseguibile in certi casi,
ma il tutto è molto più opinabile». Tutto questo ci costa, calcola l' Eurispes nel suo ultimo rapporto
"Agromafia" presentato la settimana scorsa, 60 miliardi di euro l' anno: 6 per furti di identità belli e
buoni, 54 per quel mare indistinto e limaccioso che si chiama Italian Sound. «Sono cifre fin troppo
ottimistiche e la realtà è ancora peggiore », obietta Luigi Scordamaglia, presidente di Federalimentare
nonché ad di Inalca, la principale società del gruppo Cremonini che fattura 3 miliardi con la carne in
tutto il mondo. «L' unico vero rimedio è una campagna a tappeto per valorizzare i contenuti genuini dei
nostri cibi puntando sulla qualità».
Fa riflettere che l' export di prodotti alimentari "veri" si fermi a poco più di 27 miliardi: «Secondo i nostri
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Affari & Finanza
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calcoli, se si trova il modo di arrestare questo fenomeno e recuperare almeno parte delle somme
"eluse" si creano 300mila posti di lavoro », dice Licia Matteoli, vicepresidente della Confindustria con la
delega per l' internazionalizzazione.
«Il caso si interseca con vicende come la direttiva europea del "made in" che imporrebbe ai nostri
concorrenti di indicare con precisione le materie prime, e quindi aiuterebbe le aziende italiane che
vedrebbero riconosciuti i loro meriti, oppure il riconoscimento alla Cina della qualità di economia di
mercato che renderebbe molto più scarsi i controlli alle frontiere, oppure anche il trattato Ttip dove si sta
cercando di inserire la tutela dell' alimentare italiano ma con risultati finora incerti ». In tutti i casi, per un
gioco diabolico di interessi contrapposti, si fatica a inserire in qualche normativa internazionale il vero e
proprio divieto di sfruttare scorrettamente il nome "italiano", per esempio imponendo severi vincoli a
protezione della denominazione di origine territoriale. «Gli americani per primi, ma anche altri, non
vogliono saperne: per loro un prodotto italiano si può coltivare e produrre in qualsiasi posto», dice
Scordamaglia. Che ricorda che da un anno è esplosa, dall' America alla Cina, la moda dei kit: polveri e
bustine per produrre il vino, ovviamente italiano, in casa, o per farsi la mozzarella da soli. Di male in
peggio.
I casi sono un' infinità. Il più sconcertante rimane quello del prosciutto canadese. Trent' anni fa la Maple
Leaf Foods, maggiore azienda alimentare locale, ebbe la spregiudicatezza di registrare il marchio
"Prosciutto di Parma" compresa l' estrema beffa del bollo ducale con la coroncina a cinque palle.
Copyright ed esclusiva. Quando è arrivato dall' Emilia il vero prosciutto, ha trovato le porte sbarrate. «Le
abbiamo tentate tutte, ricorsi alla magistratura italiana e canadese, alla Commissione e al Parlamento
europeo, al Wto», dicono al consorzio parmense. Niente da fare. La Corte d' Appello di Ottawa nel 2012
ha addirittura tolto la qualifica di autorità pubblica al Consorzio, che non può far altro che esportare il
prodotto con il nome "Prosciutto originale". Infine in sede di approvazione di un trattato bilaterale di
libero scambio a fine 2013 è stata varata la "coabitazione" ma nulla di più. Il marchio Parma, per fortuna
tolto il simbolo pentastellato, è rimasto ai canadesi. Agli italiani non resta che continuare a vendere
l'"Original Ham".
L' avvento dell' e­commerce, se possibile, ha peggiorato ulteriormente la situazione. «Nessuno vieta la
creazione di siti tipo prosciutto. com o spaghetti.org, e dentro di venderci di tutto», spiega l' avvocato
Nadia Martini che segue questa problematica per lo studio Nunziante Magrone. Ora il governo italiano,
con discreto ritardo, si è mosso, soprattutto su impulso di Carlo Calenda, viceministro del Commercio
estero che proprio in questi giorni sta trasferendosi quale ambasciatore a Bruxelles, e sono stanziati 40
milioni per campagne informative che riportino la realtà almeno sulle etichette, dettagliando criteri e
luoghi di produzione. Il nodo politico sta nel cogliere al volo e valorizzare le sentenze favorevoli che
cominciano ad arrivare, a partire dall' America, non solo su questioni italiane: a Miami i consumatori
hanno vinto una class action contro la Beck perché vendeva "con gusto tedesco" una birra fatta nel
Wisconsin. Anche altrove nel mondo qualcosa si muove: in Thailandia è finita fuori legge la locale
"Gorgonzola" e in Germania è arrivata una sentenza favorevole sull' aceto balsamico di Modena. Ma
sono ancora piccoli segnali in una battaglia tutta da combattere.
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Affari & Finanza
Stampa nazionale
CONFINDUSTRIA LA RIFONDAZIONE ETICA PUÒ
ATTENDERE
Ci voleva il Giubileo dell' industria sabato
scorso perché la Confindustria rompesse per
un po' l' assordante silenzio su una parolina:
etica. Il fatto è ­ ha detto a Nunzia Penelope
Carlo Callieri, uno degli ex vicepresidenti del
passato ­ che "il codice etico gli imprenditori
se lo sono dimenticato ormai da tempo: basta
leggere i giornali e l' elenco di nomi illustri che
negli ultimi anni sono stati coinvolti a vario
titolo in inchieste giudiziarie". I casi non si
contano. Il più clamoroso è senz' altro quello di
Antonello Montante, delegato nazionale per la
legalità, autore del codice etico che obbliga gli
imprenditori a denunciare il pizzo e presidente
di Confindustria Sicilia, indagato dalla procura
di Caltanissetta per concorso esterno a Cosa
Nostra. Il leader della riscossa antimafia,
secondo i magistrati sarebbe una specie di
mafioso di complemento al servizio di
Vincenzo e Paolino Arnone, i boss di
Serradifalco. La storia è talmente incredibile
che se fosse vera vorrebbe dire che Pirandello
era un dilettante. E' vero che ormai siamo
abituati a quasi tutto e la confusione tra
guardie e ladri non sconcerta più. Ma nel caso
Montante ci vuole particolare prudenza perché
si sa della capacità mafiosa di fabbricare
architetture diffamatorie, soprattutto attraverso i pentiti. Speriamo perciò che la magistratura scopra che
si tratta di un' operazione diffamatoria per "mascariare" un' icona antimafia. Anche se le parole di Rosy
Bindi, presidente della commissione parlamentare antimafia, dicono altro: "Il movimento antimafia si è
trasformato in movimento di potere, c' è una mafia che usa l' antimafia per prosperare".
Purtroppo non finisce qui la disfatta etica confindustriale.
Soltanto negli ultimi giorni Diana Bracco, vicepresidente di Confindustria è stata rinviata a giudizio per
evasione fiscale e a Catania Francesco Domenico Costanzo, grande imprenditore isolano e anche lui
"paladino della legalità" già arrestato per le tangenti Anas, si è visto sequestrare un miliardo e mezzo e
mettere in amministrazione giudiziaria alcune società. E c' è persino di peggio: tra i quattro candidati
selezionati dai saggi per la successione di Giorgio Squinzi, che lascia un' organizzazione
imprenditoriale in rovinoso declino, figura il presidente degli industriali di Brescia Marco Bonometti, che
sembra sia gradito al presidente del Consiglio Matteo Renzi. Questo Bonometti, grande ammiratore di
Benito Mussolini e sodale di Ignazio La Russa quando il berlusconismo era al potere, si è distinto per
aver condotto in porto in tempi rapidissimi con la sua organizzazione "Orgoglio Brescia" l'"albero della
vita" dell' Expo milanese.
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Affari & Finanza
Stampa nazionale
Ma, a parte i titoli di merito conquistati con i nuovi potenti, nasconde un bello scheletro nell' armadio: nel
1995 fu arrestato per un giro di fatture gonfiate legate alle sponsorizzazioni della Formula 1 e la
Cassazione ha reso definitiva la condanna a 10 mesi per evasione fiscale. Non si capisce perciò, come
ha giustamente osservato Giorgio Meletti sul "Fatto quotidiano", come abbia potuto essere nominato dal
Quirinale cavaliere del lavoro, decorazione che in base alla legge può essere conferita soltanto ha chi
"ha adempiuto agli obblighi tributari".
Sabato comunque erano tutti lì in Vaticano ad ascoltare ispirati le parole di Papa Francesco sul veleno
dell' illegalità e l' egoismo dell' evasione fiscale. Ma volete scommettere che la rifondazione morale può
aspettare?
[email protected] © RIPRODUZIONE RISERVATA Marco Bonometti Indicato dai saggi tra i
candidati alla presidenza, ha subito una condanna per evasione fiscale.
ALBERTO STATERA
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Corriere Economia
Stampa nazionale
Analisi Solo un dipendente su due nelle imprese del Paese dice di «dare il massimo», nelle
estere è il 70 per cento
Top Dietro i successi c' è un capo italiano
I casi ConTe, Cisco, Microsoft dimostrano che abbiamo i leader. Ma vanno nelle
multinazionali
Anche quest' anno il consueto appuntamento
con l' indagine di Great Place to Work® non
rivela buone notizie per le aziende tricolori. Tra
le top 10 continuano ad esserci solo tre italiane
tra le medie (come l' anno scorso ) e nessuna
tra le grandi. In realtà non è poi così grave non
essere tra i premiati.
Ciò che è grave sono le risposte a molte
domande che vengono fatte al personale
durante il sondaggio e che, nel caso delle
aziende italiane, continuano ad essere
desolanti. Un lavoratore su due dice di «dare il
massimo per l' azienda» contro sette su 10 per
le multinazionali (nove su dieci per le top 10).
Tre persone su 10 delle aziende italiane
sostengono che «le promozioni vanno a chi se
le merita di più» contro sette su 10 per le
multinazionali (otto su 10 per le top 10). Tre su
10 dei lavoratori delle aziende italiane dicono
di «ricevere una parte equa dei profitti dell'
azienda» contro i cinque su 10 delle
multinazionali (sette su 10 per le top).
Come hanno fatto queste multinazionali a
trasformarsi in «grandi posti in cui lavorare»,
da luoghi di sfruttamento dei lavoratori come
sono state percepite per decenni nel nostro
Paese?
La mutazione Cominciamo subito a chiarire
che chi guida queste multinazionali in Italia
sono quasi sempre degli italiani. ConTe,la seconda premiata di quest' anno , è la filiale italiana di
Admiral, un grande gruppo assicurativo inglese quotato alla Borsa di Londra (l' autore di questo articolo
ha fatto parte del suo consiglio di amministrazione per tre anni ).
Chi guida ConTe non è un cinquantenne inglese esperto di assicurazioni avendo studiato calcolo
attuariale, ma Milena Mondini de Focatiis, giovane ingegnere napoletana e con un Mba all' Insead a
Fontainebleau, assunta nella casa madre pur non avendo esperienza assicurativa per il suo evidente
potenziale di leadership. Dopo nove mesi alla sede centrale di Cardiff è stata spedita in Italia ad aprire
la filiale italiana dove in pochi anni ha assunto mille persone.
Alla guida di Cisco System Italia, la vincitrice nelle Middle Companies, troviamo Agostino Santoni,
esperto manager del settore It con esperienza in aziende del calibro di Sap e Hp. Il presidente della
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Corriere Economia
Stampa nazionale
vincitrice fra le Large Companies è Giuliano Tomassi Marinangeli: profilo internazionale, formato in
Venezuela e con un Mba all' Istituto Enrico Mattei di Milano. Dal suo profilo linkedIn si legge un
commento di un suo collega: «È un "people leader" che con carisma e sensibilità è in grado di aiutare i
colleghi a dare il meglio per se stessi e per l' azienda». Alla guida di Microsoft Italia, che da sempre
raggiunge i primi posti di questa classifica, c' è Carlo Purassanta; anch' egli italiano, con profilo
internazionale, ingegnere con Mba all' Henley Business School in Inghilterra ed esperienza in Ibm.
Questi manager hanno imparato dalla casa madre non solo le competenze del loro business, ma anche
una cultura genuinamente convinta che le persone sono essenziali per il successo. Admiral è un'
assicurazione Rc auto online che ha costruito il successo sulla capacità d' innovare: si è specializzata
nell' offrire le sue polizze a clienti che pagano tariffe troppo alte senza meritarselo. Milena Mondini ci ha
messo poco a capire che per fare questo, gli addetti al call center, i suoi impiegati nel marketing, nell'
ufficio tariffe, non devono saper solo vendere polizze, registrarle e liquidare sinistri ma avere anche
capacità di analisi, spirito critico e saper lavorare in team. Soprattutto, essere motivati e responsabili.
Nel gruppo Dow in Italia si lavora molto sulla «cultura Dow» e sul riconoscimento dello sforzo di tutti.
Ogni dipendente, per esempio, può congratularsi per un lavoro ben fatto da un suo collega con un
«ePin», una spilla virtuale che viene registrata sul profilo del collega.
Questi manager hanno imparato che nelle loro case madri i sondaggi e le classifiche di Great Place to
Work sono importanti per due ragioni. Se ottengono punteggi alti incoraggiano le persone migliori ad
andare a lavorare da loro ( Admiral pubblica i suoi ottimi risultati sui suoi bilanci). E poi, servono per
capire dove migliorare per aumentare la motivazione.
Gli effetti Per esempio Mondini ha notato che i dipendenti di ConTe si lamentavano di essere poco
valorizzati e ha lanciato una ConTe Academy, dove ogni lavoratore può scegliere un programma di
formazione. Santoni di Cisco ha lavorato sul feedback e sui sistemi di valutazione delle proprie persone.
Ognuno può vedere gli obbiettivi del proprio capo e capire come la propria performance contribuisca a
raggiungerli. Così Dow in Italia, ConTe.it, Cisco, Mars sono diventati «great places to work».
Ma esserlo non basta se non si è anche una «great company».
Sulla scalata di otto posizioni in classifica di ConTe nel 2015 hanno influito anche gli ottimi risultati
economici dell' anno; il team italiano è ammirato in tutto il mondo Admiral e questo influisce sul morale
di tutti. Tutte le premiate, oltre che eccellenti luoghi di lavoro per le loro persone, sono aziende di
successo. Basta pensare che la media di crescita del fatturato delle aziende nella classifica di Great
Place to Work® negli ultimi sei anni è 10% all' anno. Se guardiamo alla media Istat dei medesimi settori
troviamo uno 0,02 per cento.
Le aziende italiane stanno iniziando finalmente a capire che le great companies non diventano tali se i
dipendenti non sono motivati e valorizzati e che senza veri leader questo non si ottiene.
La buona notizia che ci dà quest' anno Great Place to Work è che di leader italiani cominciamo ad
averne tanti. La cattiva è che nelle aziende italiane sembrano essercene purtroppo troppo pochi.
Forse il futuro presidente della Confindustria dovrebbe chiedersi perché.
Meritocrazia.Corriere.it.
ROGER ABRAVANEL
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Corriere Economia
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Salone del Risparmio La terza giornata dedicata al tema cruciale: saperne di più
Sfide Con l' Abc della finanza si riducono le
disuguaglianze
Gli studi di Annamaria Lusardi (Gflec) in 148 Paesi del mondo «Il 40% delle minori
opportunità legato a scarse conoscenze»
Nuovi strumenti e nuovi record. Ma anche
vecchie abitudini e pericolose mancanze da
non sottovalutare. L' industria del risparmio
gestito continua ad accumulare risultati
positivi: anche a gennaio oltre 6 miliardi di
raccolta, anche se in larga parte dovuta a
mandati. Sono due anni di fila (24 mesi esatti)
che il segno positivo non si interrompe per l'
industria italiana. Ma questo non«salva» il
nostro Paese dall' essere sempre agli ultimi
posti nelle classifiche mondiali sul livello dell'
educazione finanziaria.
I dati Secondo l' ultimo test sulle competenze
dei giovani in materia (Ocse­Pisa) in 18 Paesi
campione, solo gli studenti colombiani ne
sanno meno dei nostri ragazzi. Ma anche gli
ultimi dati, contenuti nel più grande sondaggio
mondiale mai fatto sull' argomento (S&PGlobal
FinLitSurvey) dove la competizione è tra 148
Paesi in tutte le fasce di età, l' Italia non fa una
bella figura se si tratta di misurarsi con le
conoscenze fondamentali della finanza.
Questi dati sono già emersi e hanno fatto
discutere, ma un' occasione privilegiata per
rimetterli sul tavolo insieme alle possibili
soluzioni arriva al Salone del Risparmio. L' 8
aprile, la terza giornata della manifestazione
(aperta a tutti negli spazi del MiCo) proporrà a
studenti e privati cittadini desiderosi di
saperne di più un confronto ed una riflessione con i massimi esperti internazionali A cominciare da
Annamaria Lusardi, professoressa italiana alla George Washington School of Business e direttrice del
centro globale per l' alfabetizzazione (Gflec).
I piani Un' istituzione che lavora per studiare tutte le implicazioni sociali dell' analfabetismo in tema di
finanza e che oltre a produrre dati promuove programmi culturali di tutti i generi per arrivare a chiunque
e non lasciare indietro i più deboli.
Tra gli ultimi esperimenti spiccano video su YouTube per spiegare la diversificazione del rischio: l'
errore di investire tutto in un unico strumento. «Dal punto di vista dell' alfabetizzazione finanziaria il
mondo è piatto ­ dice Lusardi ­. Giovani, donne e anziani sono le categorie meno attrezzate e più
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Corriere Economia
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vulnerabili in tutti i Paesi. Anche in quelli con un punteggio elevato nei nostri test». Abbiamo verificato ­
dice Lusardi ­ che la diffusione di questi video, così come accaduto in passato per iniziative
comprensibili a tutti, ha migliorato il livello delle conoscenze.
«Un basso livello di educazione in questo campo si traduce in grandi svantaggi sociali ­ spiega Lusardi
­. Il 30­40% della disuguaglianza in termini di ricchezza è attribuibile alle conoscenze finanziarie».
Lusardi racconterà il lavoro della sua équipe e calerà le evidenze dei risultati nella realtà italiana, dove
per tante ragioni storiche le conoscenze in questo campo non sono state, finora, ritenute degne di
approfondimento scolastico pianificato e trasversale. Sembra che, invece, siano proprio i Paesi che
propongono questo tipo di conoscenza fin dalle aule dei più piccoli ad avere in media i migliori risultati.
«Ma anche da noi qualche cosa si muove ­ dice Fabio Galli, direttore generale di Assogestioni, la
Confindustria dei fondi attivi sul mercato italiano che promuove il Salone ­. Non siamo più all' anno zero
per tante cose.
Le informazioni sui prodotti finanziari sono più trasparenti, la consulenza è un punto fondamentale su cui
l' industria sa di dover impegnarsi e investire sempre di più».
La terza componente, quella delle conoscenze personali, va coltivata però anche in proprio. «Ci sono
tante iniziative ­ dice Gallia ­. In attesa di decisioni che portino l' abc dell' economia e del funzionamento
dei mercati sui banchi di scuola, sono diversi i soggetti pubblici e privati che portano avanti progetti che
spesso finiscono nelle opzioni per allargare la formazione scolastica, accanto ai viaggi e al teatro». Per
esempio intorno alle iniziative che arriveranno al Salone collegate al Museo del Risparmio di Torino
gravitano duemila studenti, con i loro professori.
GIUDITTA MARVELLI
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Lo stato di salute del management consulting fotografato dall' Osservatorio Assoconsult
Carriera sprint nella consulenza
Manager in cinque anni con retribuzioni da 50mila euro
Carriera lampo per il consulente di
management. Dall' ingresso nella professione
con la qualifica di consulente junior a manager
in cinque anni. Con una retribuzione che, nello
stesso arco di tempo, passa da 20 mila a 50
mila euro lordi l' anno.
Sono i cosiddetti «medici» o «ingegneri» delle
aziende, che svolgono la funzione di
consulenza con l' obiettivo di migliorare lo
stato di salute dell' impresa: aumentandone il
valore attraverso la riduzione dei costi, l'
aumento dei ricavi o il miglioramento della
qualità del prodotto e del servizio offerto. In
genere, il consulente di management è
laureato in ingegneria o economia: basti
pensare che il 20% dei laureati in ingegneria
gestionale e il 10% dei laureati generici di
ingegneria, diventa consulente. Non solo, il
settore del management consulting impiega
quasi 35.500 addetti: l' 84% è composto dai
professional, che sviluppano attività di analisi
delle problematiche e proposta di soluzioni in
risposta alle necessità dei clienti, mentre il
restante 16% è costituito da personale di staff,
non direttamente impiegato nelle attività
progettuali. A fotografare il settore e la figura
del consulente di management è il 6° rapporto
2014­2015 dell' osservatorio di Confindustria
Assoconsult (l' Associazione delle imprese di consulenza di management) «Il management consulting in
cifre», realizzato in collaborazione con l' Università degli studi di Roma Tor Vergata. Vediamo i risultati
principali.
Chi è il consulente di management. Il consulente di management proviene dalle università dove è in
programma l' insegnamento della materia del management, ovvero ingegneria ed economia. Oppure ha
frequentato un master Mba. C' è però un 20­30% di figure professionali che proviene da altre università,
da giurisprudenza fino a filosofia. «Dopo la laurea», spiega Carlo Capé, presidente di Assoconsult, «è
necessario seguire corsi di formazione per apprendere le skill di base, ovvero le tecniche di
presentazione e di relazione con il cliente, la propensione al problem solving e la preparazione di
documenti chiari e leggibili». Il consulente di management parte da un livello di qualifica di junior
consulting, passa a senior e infine a manager. «Si può passare da junior a senior in due­tre anni o al
massimo in cinque», spiega Capé, «per diventare manager ci vogliono poi tra i due e i cinque anni.
Quindi, se la carriera è particolarmente veloce il consulente junior può diventare manager in cinque­sei
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anni e a 30 anni gestire i clienti e il team di persone».
I consulenti vengono pagati a seconda dei risultati ma si può stimare una retribuzione di ingresso pari a
20­25 mila euro lordi annui con contratto a tempo indeterminato ed entro cinque anni si arriva a
guadagnare 40­50 mila euro lordi. «Dal momento in cui si ottiene la qualifica di manager», afferma il
presidente di Assoconsult, «la retribuzione cresce in funzione dei risultati, con una parte variabile tra il
10 e il 30%. Sta di fatto che a 35 anni il consulente può essere dirigente e diventare partner entro i 40
anni all' interno della società di consulenza, oppure entrare in azienda da amministratore delegato o da
direttore di una specifica funzione».
Una volta raggiunto il livello di manager, il professionista può decidere infatti se continuare la carriera
all' interno della società di consulenza o entrare in una azienda. Mediamente, la metà delle risorse che
esce dalla società di consulenza va a lavorare in una impresa, mentre l' altra metà cambia
semplicemente società. «Molti vivono il passaggio in azienda come un completamento del ciclo»,
sottolinea Capé, «dall' attività di consulente molto operativa a quella di manager aziendale, che si
sviluppa in modo più lento e strutturato. Il passaggio in azienda dà anche la possibilità di monitorare
concretamente il risultato raggiunto e di portarlo avanti. Si tratta di una opportunità importante che la
società di consulenza spesso condivide con l' azienda, aiutando il consulente nell' uscita».
Il settore. Il settore del management consulting in Italia, nel 2014, è composto da quasi 19 mila imprese
con un fatturato pari a 3,3 miliardi di euro e che impiegano circa 35.500 addetti. Di queste, emerge dal
rapporto, circa 16 mila imprese di consulenza sono micro imprese con meno di tre addetti, realizzano
circa il 22% del fatturato complessivo e occupano all' incirca il 38% degli addetti. Le grandi imprese con
più di 50 addetti sono invece solo 35 ma realizzano circa il 49% del fatturato del settore e occupano il
27% degli addetti. Quanto al fatturato, invece, dopo un biennio di lieve contrazione, nel 2014 è tornato a
salire del 5,7%, con il settore che ha superato, nel 2014, i valori del 2008. Secondo gli operatori, inoltre,
il settore crescerà ulteriormente con un calo contenuto delle micro realtà, ma con un aumento del tasso
per le piccole e medie di poco inferiore rispetto a quello delle grandi.
L' occupazione. L' andamento medio dell' occupazione del management consulting nel 2014 mostra un
aumento dell' 1,6% rispetto al 2013, con una tendenza in crescita ma in misura inferiore rispetto all'
aumento del fatturato.
Questo trend, specifica l' osservatorio, è dovuto in gran parte all' incremento dell' occupazione nelle
grandi imprese (+6,9%), sebbene il segno positivo interessi anche le piccole realtà. Le medie imprese,
invece, tengono sostanzialmente inalterato il livello di occupazione mentre le micro imprese registrano
una flessione dell' 1,8%. Nelle grandi realtà, rileva il rapporto, l' aumento degli addetti si riflette
soprattutto in un aumento di giovani professional, nelle micro la contrazione dell' occupazione avviene
nonostante l' incremento nel numero di imprese registrato nel 2014 e indica una ulteriore contrazione
nella dimensione media della micro­impresa di consulenza.
Aree di specializzazione.
Il rapporto si concentra poi sull' andamento delle varie aree di specializzazione.
Strategia e finance sono quelle che nel 2014 sono cresciute di più, facendo registrare rispettivamente un
incremento del fatturato dell' 8,6 e del 10,5%.
Questa forte crescita, sottolinea il l' osservatorio, è stata trainata dal trend positivo delle grandi imprese,
che tradizionalmente sono specializzate in queste due aree. Crescono anche, sebbene a un tasso più
ridotto, l' area funzionale (It, operations e marketing) e quella delle risorse umane (risorse umane,
change management e formazione), rispettivamente del 4,5 e del 4,3%. In particolare, all' interno dell'
area funzionale aumentano i progetti più finalizzati al business con l' It che invece maggiormente vista
come un elemento abilitante per processi di business nuovi e più digitalizzati. All' interno dell' area
risorse umane, invece, crescono fortemente le attività di formazione, mentre si riducono quelle di natura
consulenziale legate in senso più stretto alle risorse umane e alla gestione dei processi di
cambiamento. Le aree di specializzazione si differenziano poi a seconda delle diverse classi
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dimensionali: in quelle più grandi più della metà del fatturato è concentrato in finance e risk
management e strategia, mentre per le micro queste aree pesano solo il 25%.
L' area risorse umane, invece, rappresenta l' attività centrale di molte micro­imprese, con un peso di
oltre il 40%, mentre la stessa area risulta marginale per le grandi imprese dove pesa poco più del 6%
sul fatturato complessivo.
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GABRIELE VENTURA
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