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Chi siamo
Il laboratorio sociale
“Pensiero Scomodo” nasce
da un’aggregazione libera di
più individui che condividono
i valori della giustizia sociale,
dell’ambientalismo radicale,
dell’animalismo,
dell’eguaglianza tra classi e
generi e senza
discriminazione di alcuna
categoria sociale. Tutti
insieme miriamo ad un
cambiamento in ottica
socialista del sistema
societario vigente.
Il laboratorio sociale
“Pensiero Scomodo” tutela
ed offre le sue strutture a tutti
gli artisti che intendano
pubblicizzare le loro opere e
promuove con cadenza
settimanale: eventi, dibattiti
politico-sociali, serate
musicali a tema, cene sociali,
musica dal vivo e mercatino
del libro usato. Il tutto atto a
sensibilizzare i giovani
battipagliesi e non, sui valori
dell’aggregazione senza fini
di lucro e sulle forme di
cultura in generale.
Il laboratorio sociale
"Pensiero Scomodo" ha nel
mensile politico/culturale a
distribuzione gratuita
"Pensiero Scomodo", il suo
organo di stampa.
Il laboratorio sociale
“Pensiero Scomodo” è anche
e soprattutto laboratorio
politico ed ha recentemente
costituito la“Federazione
della sinistra di Battipaglia”
con Rifondazione Comunista
ed alcuni gruppi ambientalisti
della zona.
Il laboratorio sociale
“Pensiero Scomodo” ha sede
presso il circolo “Gramsci” in
via Gramsci,17
Battipaglia (SA).
Contatti:
[email protected]
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Pensiero scomodo
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La maschera antipolitica delle associazioni non partito
Pag. 2
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EDITORIALE
Migranti:
ma dov’è la sinistra europea???
di Marco Proto
I
n Francia, sull’onda delle
proteste studentesche, ha avuto
un grande successo editoriale un
saggio dal titolo “Indignez-vous!”
(“Indignatevi!”).
Il nostro Pietro Ingrao ha sentito
l’esigenza di dire, e di scrivere, ai
giovani: “Indignarsi non basta” (Aliberti
editore).
“Valuto molto più forte il rischio che i
sentimenti dell’indignazione e della
speranza restino, come tali, inefficaci,
in mancanza di una lettura del mondo e
di una adeguata pratica politica che dia
loro corpo. Che l’indignazione possa
supplire alla politica e, in primo luogo,
alla creazione delle sue forme efficaci
è illusorio”.
Per fare un esempio: la questione
drammatica, oggi finalmente ineludibile?
(avrebbe dovuto esserlo già anni ed anni
fa), dei flussi migratori dal sud del
mondo.
Ma l’Europa, le sinistre europee, una
sinistra europea, in tutto questo, dove
sono???
Si assiste ad un dibattito politico insieme
deprimente ed irritante, stretto com’è
nel recinto della “clandestinità”, dell’
“accoglienza” (meglio: del “dove li
mettiamo??”) e del “rimpatrio”, con
l’unica differenza che c’è una parte
politica (che si ritiene “progressista”)
che – come al solito – recita stancamente
i mantra della “solidarietà” e dei “diritti
umani”, ridotti a parole vuote perché –
come al solito – manca la capacità di
darvi una connessione politica con la
materialità.
E tutto ciò, purtroppo, non può che
retroagire regressivamente sull’opinione
pubblica diffusa, sul tessuto sociale,
anch’essi costretti a leggere la questione
con i paraocchi della clandestinità,
dell’accoglienza e del rimpatrio. Il
risultato è che gli appelli vuoti alla
solidarietà ed ai diritti diventano autoconsolatori e persino soddisfacenti per
un certo sinistrismo radical-chic (ci si
sente “migliori” della “brutta società”,
e va bene così), ma chiaramente vengono
rigettati dalla gran parte del corpo sociale
che – ridotto alle domande “sono
regolari? dove li mettiamo?” - non può
che aderire all’offerta politica, becera
ma spicciola, della Lega Nord, alla quale,
anzi, conviene elettoralmente la
formulazione perenne di tali domande.
Insomma, manca la capacità,
l’autonomia progettuale, per le care
vecchie “riforme di struttura”, idonee a
superare le contraddizioni di fondo di
tali domande.
E, come ci insegnavano i grandi dirigenti
del socialismo europeo, le riforme di
struttura degne di tale nome dovrebbero
rispondere a due linee fondamentali:
1.
Intervenire sulle contraddizioni
delle riproduzione capitalistica che
impediscono un razionale sviluppo
sociale ed ecomomico;
2.
Spesso, accompagnarsi ad altre
necessarie riforme di struttura.
Ebbene, della questione delle migrazioni
manca, e da tempo, “una lettura del
mondo e di una adeguata pratica
politica” (per dirla alla Ingrao) che “dia
corpo” alla solidarietà ed ai diritti.
Insomma, manca appunto la sinistra
delle riforme di struttura.
Eppure, a maggior ragione oggi, la
questione migratoria potrebbe e
dovrebbe costituire una evidente leva
politica per (ri)porre al centro, e con
forza, la questione dell’orario di lavoro,
ossia – per dirla secondo il suddetto
punto 1 – per intervenire con forza
sull’evidente contraddizione e
irrazionalità, nell’epoca della
globalizzazione e della terza rivoluzione
industriale (la facciamo breve..),
dell’attuale modulazione tra forza-lavoro
sociale e mezzi di produzione.
E’ una lettura che già, a prescindere
dalla questione migratoria, una sinistra
minoritaria cerca da anni di riportare
nella società e nella politica, affinchè
esse la pongano e la impongano
nell’economia (che poi la democrazia
questo significa, per dirla in soldoni).
Purtroppo è una battaglia che è rimasta
minoritaria, le ultime battaglie sull’orario
di lavoro – se non vado errato – sono
quelle condotte in Francia e in Italia
verso la metà degli anni ’90.
In Italia, la lotta per le 35 ore si infranse
contro l’imposizione della logica del
lavoro interinale, del lavoro a tempo
determinato e del lavoro parasubordinato
(oggi se ne vedono gli effetti).
Ebbene, dopo più di un decennio, il
mondo è cambiato ancor più
velocemente e profondamente. Una
sinistra europea – degna di tali parole
(“sinistra” ed “europea”) – dovrebbe far
rivivere, a questo stato delle cose, una
lotta per le 15, 20, massimo 25? ore
settimanali, per una partecipazione alla
produzione sociale di beni e/o servizi
più confacente non solo alla “quantità”
della forza lavoro-sociale e delle risorse
umane, ma anche alla “qualità” e
“varietà” della loro formazione e –
soprattutto – delle loro vite.
Dunque, riduzioni dell’orario a parità
di salario (di costo del lavoro).
E visto che una sinistra europea degna
di tal nome dovrebbe anche non credere
e recitare più di tanto il mantra della
“competitività delle merci europee non
sul costo del lavoro, ma sulla qualità e
l’innovazione ecc. ecc.” - che se abusato
è una grande balla – una riforma di
struttura dovrebbe porsi anche il
problema di una connessa e necessaria
riforma di struttura che consenta una
certa competitività del sistema
capitalistico europeo così socialmente
riformato.
Ebbene, occorre un profondo
ripensamento anche del costo del lavoro
in seno all’impresa privata (magari solo
di talune dimensioni?).
Pag.
32
continua
a pag.
Prima del silenzio
Racconti di Enzo Faenza
LA MALA EDUCACION
Q
uel giorno vennero in tre. Il segretario in gilet celeste e camicia
a righe, quasi elegante, e i due bidelli: uno in camice blu, lungo
fino ai piedi da primario ospedaliero, l’altro con i pantaloni che
gli arrivavano quasi alla gola.
“Che cazz’ vonn’ chist’ ogg’?!” imprecò subito Fonzo molto, molto
infastidito dalla comparsa improvvisa dei tre. Lui, Fonzo, era il mio
compagno di banco: l’ultimo…banco, quello in fondo ad una delle tante,
grandi aule della scuola elementare “ Edmondo De Amicis”. Quel posto
recondito, alcune miglia dalla cattedra, era storicamente riservato ai
“ciucci”, ai “ripetenti”, ai “malamenti”: io ero un ospite particolare, per
la mia particolare altezza.
Era luogo, quello, insieme di perdizione e di formazione. Mentre il
maestro spiegava, lì si commerciava in figurine Panini o si barattavano
penne, matite, temperamatite, quaderni e gomme trafugate ai secchioni
dei primi banchi.
Una volta fu ricettata e venduta anche una copia del catechismo. Si
apprendevano, così, concretamente, le prime nozioni di economia e
commercio. Ogni tanto,poi, precoci e mal controllati flussi ormonali
costringevano i più grandi a tenere le prime, anche pratiche, lezioni di
educazione sessuale. Era un luogo, quello, per così dire, molto viscerale,
molto materiale.
Come assolutamente materiali erano le motivazioni per cui, Fonzo, mi
voleva un gran bene! La mattina, appena arrivava, sempre in ritardo,
subito mi chiedeva come era farcito il mio panino.
La prima bacchettata della giornata era tradizionalmente sua. Puntualmente,
ogni giorno, veniva beccato dal maestro, con le guance gonfie, mentre
trangugiava metà della mia “colazione”. “Fonzo, quante volte devo
ripeterti che per mangiare devi aspettare l’ora della ricreazione!?” E cosa
era stà “ricreazione”? Un appuntamento mistico, un evento religioso, una
seconda creazione di Dio? Boh! In quegli anni la nostra lingua madre
era il dialetto e
l’ “italiano” era una lingua spesso, molto spesso,
straniera.
E poi Fonzo non poteva di certo aspettare una seconda creazione divina:
aveva fa-me! Apparteneva ad una famiglia povera e mi aveva raccontato
che la mamma, ogni mattina, preparava sì qualche “colazione”, ma loro
erano in troppi, proprio troppi: chi si alzava prima ne usufruiva…gli
altri facevano passo.
Fonzo mi voleva bene perché gli avevo regalato l’unica “Bic” nuova
della sua vita, con il tappo integro non rosicchiato. Fonzo mi voleva bene
perché, ogni tanto, gli passavo, “sottobanco”, un’ appiccicosa caramella
mou Elah che colmava provvisoriamente le sue fasi ipoglicemiche ed
ipoaffettive.
Quel giorno che “vennero in tre”, il segretario tirò fuori un foglio e
cominciò a declamare dei cognomi.
Uno alla volta, alcuni nostri compagni raggiunsero mansueti la cattedra.
Qualcuno bisbigliò che essi sarebbero andati in un’altra aula: erano troppo
vivaci e disturbavano la “quiete”, il buon andamento di una classe modello
di una scuola di classe!?.
Quel giorno correva l’anno 1866, pardon 1966, cento anni avanti alla
pubblicazione del mitico, deamicisiano “Cuore”…eppure vennero e
vennero in tre.
Ad un certo punto, nell’aula,
improvviso ma assolutamente previsto , riecheggiò il cognome di Fonzo
ma…Fonzo non si mosse.
Il cognome fu ripetuto, questa volta con più enfasi ma… Fonzo non si
mosse. Egli mi guardò negli occhi e mi tranquillizzò: “Io nun’ me ne
vac’, io rest’ cu’ ttè!” I due bidelli, allora, ad un cenno perentorio del
segretario, avanzarono gagliardi verso di lui.
Fonzo repentinamente si attaccò al banco, vi si avvinghio’ come un cobra
e cominciò a gridare come un forsennato. Poi, mentre i bidelli lo
“sradicavano”, con un doloroso lamento esclamo’ un’ultima volta:
“Iatevenn’, ricchiun’, iatevenn’!” Fonzo, quel giorno, non si mosse…Fonzo
fu portato via!
Io rimasi solo, in quel vecchio banco monoblocco, ma solo fisicamente:
con la fantasia di bambino,quel giorno e per qualche tempo,seguii Fonzo…
Nella realtà, invece, lo vidi, solo qualche altra volta nel grande corridoio
della scuola; lo vidi ancora, poi, qualche anno dopo, con un fisico da
Silvester Stallone, mentre scaricava brontolando un camion. Poi, non lo
vidi più.
Un giorno, su un quotidiano, lessi che lo avevano arrestato: non ricordo
dove e perché. Ricordo, invece, molto bene, che nel catturarlo i gendarmi,
pardon i carabinieri, avevano imprecato il suo cognome ma…Fonzo non
si era mosso, Fonzo era stato portato via…
Ah dimenticavo!
Ogni riferimento a persone, fatti o luoghi è assolutamente casuale: a
Battipaglia non è mai esistita una scuola elementare “De Amicis”, io e
un certo Fonzo non l’abbiamo mai frequentata, lui non è stato mai
“deportato” o arrestato e, nello spirito della nostra avanzata democrazia,
nelle scuole di ogni ordine e grado, le classi vengono composte con un
meticoloso sorteggio…
SOMMARIO
CICERO PRO DOMO SUA
di Cucco Petrone
pag. 2
L'amnesia atomica
di Luca Cibelli
pag. 4
Il lungo passo dal secessionismo La bellezza nell'Arte
continua a Pag. 2
di Angelo Minelli
pag. 4
di Valentino Iovine
pag. 5
2
POLITICA LOCALE
Editoriale da Pag. 1
L’intero “cuneo” fiscale e sociale dei singoli lavoratori privati
– che incide eccome sul costo del lavoro (soprattutto quello
fiscale), e sia sul lavoratore-consumatore che sull’impresa stessa
– dovrebbe essere sostituito da un meccanismo di prelevamento
generale, non più imperniato sui singoli lavoratori, che premi
quelle imprese che nell’esercizio
economico di riferimento abbiano speso
di più in termini di occupazione.
Lo si può fare con una tassazione unica,
semplice, sul margine operativo netto
tra profitti e costi occupazionali. Più alta
sarà stata la differenza tra profitto e
salari, più alto dovrà essere il
corrispettivo fiscale e sociale
dell’impresa. Meno alto sarà stata questa
differenza, meno questa impresa dovrà
fiscalmente e socialmente redistribuire,
pare ovvio.
Si tratta di vecchie proposte, di ampio
respiro, di una sinistra purtroppo
minoritaria. Fa male pensare che il
riformismo europeo è, da anni, addirittura
minoritario.
A prescindere da una loro dettagliata
analisi e applicazione concreta,
costituiscono almeno delle linee
politiche, delle tracce di ragionamento,
su cui una sinistra europea dovrebbe
cominciare ad interrogarsi, anche magari
pervenendo ad altre soluzioni.
Ma come “dare corpo”, altrimenti, ad una reale solidarietà
transnazionale (direi: “di classe”) tra i migranti e i cittadini
europei, se non partendo dalla comune pretesa che le vite non
possono essere ridotte a mere ed individuali merci di “forzalavoro” che le imprese “innescano” e “valorizzano” secondo
logiche esclusivamente capitalistiche? Che non può essere
portato all’irrazionalità più estrema, che calpesta le vite concrete
e dunque i diritti che in esse debbono vivere (e non solo sulle
carte costituzionali), il fatto che “risulta
che il capitale regola la produzione di
forza-lavoro delle masse umane sfruttate
secondo le proprie esigenze di
sfruttamento” (K. Marx, "Il Capitale",
Libro I)?
La solidarietà ed i diritti di tutti – europei
e migranti - non possono, dunque, che
trovare corpo in politiche e in riforme
di struttura che partano dalla condizione
comune di lavoratori (direi: di
“proletari”).
Non a caso, la repubblica democratica
italiana – come sancisce l’art. 1 della
Costituzione – è fondata “sul lavoro”.
Alcuni ci hanno visto, e ci dicono, che
si sia trattato di una regressione di tipo
“lavorista”. E invece no. Chi riusciva a
scorgere l’intima connessione tra
democrazia e sviluppo sociale ed
economico, non poteva non tracciare alle
generazioni successive che le lotte e il
processo costituente della “democrazia
progressiva” non possono non darsi il
fondamento che la società democratica è quella società i cui
membri si percepiscano e si riconoscano reciprocamente nella
loro condizione comune, e interconnessa, di produttori di un
generale sviluppo sociale, economico e culturale.
La maschera antipolitica
delle associazioni non partito
MUSICA & CINEMA
CICERO PRO DOMO SUA
E
h, si… Giannino detto la Ser… ehm, no
non ve lo posso dire, Giannino – dicevo
– ci ha provato.
La “Mediterranea srl” intende partecipare ad un
bando per la nuova sede dell’INPS ma i locali di
sua proprietà non sono ampi a sufficienza. Che
fare? Ma è chiaro: alziamo un piano ed è fatta!
Ma non si può: c’è quel maledetto piano
regolatore… E allora? E allora si chiede una deroga
al Consiglio Comunale.
E qui devo dirvi una cosa: guai a chi mi dice che
gli uffici del Comune di Battipaglia non sono
efficienti.
Credetemi: quando vogliono sono più efficienti
dei meccanici della Ferrari. Pensate: la società
presenta la richiesta il 23 marzo (il bando scade il
31) con allegati planimetrie, atti , documenti ecc.
Il faldone va all’ufficio tecnico che lo esamina il
24 e il 25, ma probabilmente si portano il lavoro
a casa perché lunedì 28 completano l’esame.
Accidenti: ci mancano dei documenti! Richiedono
all’impresa un’integrazione che la Mediterranea
fornisce il 29 marzo. La giornata del 29 deve essere
stata la giornata dell’impiegato efficiente: l’ufficio
tecnico completa l’esame, vista la pratica, emette
il parere corredandolo delle prescrizioni (3 pagine),
la manda all’ufficio tributi che emette il suo parere,
la manda al Sindaco ed alla Giunta che la valutano
coerente con gli indirizzi di programma e invitano
la Segretaria a predisporre la delibera: oplà fatto.
Ora? Presto, correte, sempre il 29, affissione all’albo
pretorio… fatto? Si, fatto: allora il Sindaco fa
richiesta al Presidente di inserimento all’OdG del
Consiglio. “Sindaco, questa deroga al Piano
Regolatore è urgente?” Figuratevi se non è urgente:
“si, si … motivi di urgenza”. Il Presidente la
inserisce come punto aggiuntivo all’OdG. I messi
corrono a notificare il nuovo punto ai Consiglieri
Comunali. E’ fatta!! L’indomani la delibera è in
Consiglio.
Io non sono un tecnico: non ho idea né se la delibera
era regolare, se i pareri (non ho mai visto un
permesso a costruire a condizione che serva per
affittarlo all’INPS: e sennò che fa? Abbatte? Bah).
Ma il punto non è qui. Anche perché il diavolo fa
le pentole ma non i coperchi : la maggioranza si
liquefà, il Consiglio va deserto la prima volta e in
seconda convocazione la maggioranza sparisce
del tutto e la minoranza boccia la delibera.
The John Butler Trio
“Quando basta una chitarra a far nascere una grande canzone”
Come mai? Paura? Preoccupazione? Non lo so,
ma ho una mia teoria: tra la prima e la seconda
convocazione il Sindaco striglia i suoi e dichiara
ai giornali: “Ci sono pochi uomini liberi in questa
città. Ho regalato ai consiglieri di maggioranza il
libro "De amicitia" di Cicerone con la dedica
"l’amicizia e la fiducia degli uomini si costruiscono
venendosi incontro con lealtá".
Secondo me il problema è tutto qua. Devono averlo
aperto, il “De amicitia”. E devono aver letto: ”
Haec igitur lex in amicitia sanciatur, ut neque
rogemus res turpes nec faciamus rogati. Turpis
enim excusatio est et minime accipienda cum in
ceteris peccatis, (eccetera eccetera, vi risparmio il
resto).
E i consiglieri di maggioranza, fini latinisti, se lo
sono tradotto:
“Si sancisca quindi la seguente legge nell’amicizia:
non avanziamo richieste immorali né esaudiamole
se ci vengono richieste. E’ una scusa davvero turpe
e assolutamente inaccettabile confessare di aver
commesso un reato, specie contro lo Stato, in nome
dell’amicizia. (…) Non solo non bisogna coprire
con il pretesto dell’amicizia un complotto di gente
corrotta, ma punirlo con le pene più gravi, perché
nessuno si senta autorizzato a seguire l’amico
anche quando attenta alla cosa pubblica”
Che autogol, Giannino, che autogol! Proprio
Cicerone gli vai a regalare???
Cucco Petrone
L
a band di cui oggi vi parlerò e che cercherò di farvi conoscere
sono (o meglio è) “The John Butler Trio”. Perché “è”?
Semplice, perché John Butler è il nome del cantante,
fondatore del gruppo, primo chitarrista, in pratica la persona
attorno a cui gira l’intera band. Ce ne sono di band in cui come punto
nevralgico esiste un membro in particolare, ma mai come in questa:
John è un compositore ed uno scrittore fantastico, quasi un poeta dei
giorni nostri, è nato nel caldo clima della California il 1 Aprile 1975,
ma cresciuto in Australia, terra chiamata “Surfer’s Paradise” dai
surfisti proprio per la sua bellezza e per la ricchezza di diversissimi
stili di vita che John Butler racchiude in maniera omogenea in quasi
tutte le canzoni, variando dal bluegrass al rock fino al blues,
avvicinandosi a volte al reggae. La carriera musicale di John Butler
parte ufficialmente nel 1996 inizialmente come solista; infatti pubblica
un primo EP “Searching for Heritage” riscuotendo un discreto successo
sia a livello di distribuzione (ovviamente molto limitata data l’etichetta
indipendente su cui si appoggiava) che di critica, la quale tende ad
G
li individui da che il mondo esiste hanno da sempre il diffuse nel tessuto sociale – meglio: popolare – i grandi temi.
bisogno di tessere relazioni sociali. Storicamente c’è
I costituenti, nell'elaborare l'art. 49 della Carta sui partiti, avevano
stato chi ha inteso questo bisogno come intrinseco alla voluto indelebilmente tracciare la linea di un'autentica democrazia
natura stessa delle persone, quasi come un bisogno che si svolge dinamicamente mediante la costante, appassionata
istintivo e dunque altamente individualista, introspettivo. C’è e approfondita partecipazione in questi “corpi intermedi”:
invece chi ha inteso il bisogno di aggregarsi come un processo principale (se non unico) modo di far sì che le istituzioni
imposto dalla società stessa: in qualsiasi istante, in qualsiasi rappresentative realizzassero il c.d. “interesse generale” inteso
contesto sociale
come naturale
ci troviamo, non
aspirazione ad
si può far a
un rapporto
meno di essere
autonomo,
in compagnia o
razionale,
fisica o affettiva.
umano
e
Nella politica
progressista
E’ tempo dunque che si aprano gli occhi. Le
storicamente i
della società con
associazioni politiche contemporanee mirano
partiti hanno
i meccanismi
all’annullamento dei partiti politici continuamente e
t
e
s
o
della propria
all’aggregazione
riproduzione. La
ciò si assiste soprattutto nelle pur giuste battaglie
sociale
e
democrazia
civili e sociali.
militante. Il PCI
rappresentativa,
era un grande
dunque, come
movimento di
strumento
massa, radicato
collettivo
sul territorio e
pacifico ma di
c
h
e
r e a l e
accompagnava gran parte della giornata delle persone (dalle emancipazione per una società di soggetti eguali e liberi.
sezioni di fabbrica, al sindacato, al dopolavoro, alla sezione, al Fondamentale, in tale “disegno”, il ruolo della c.d. “piazza” circolo, al compagno vicino di casa ecc. ecc.). La stessa DC era anzi delle “piazze” - dinanzi alle quali sono responsabili le
un esempio lampante dei cosiddetti partiti di massa. Poi venne maggioranze parlamentari dinamicamente considerate, e non
il tempo delle associazioni di massa. La devastazione dei partiti cristallizzate come categorie a sé stanti in periodici e distanti
politici della prima repubblica portò il bisogno per gli individui riti elettorali, il che avrebbe rischiato – e in effetti così è stato
dell’allontanamento dalla politica, ma un allontanamento che – di imporre all'autonomia sociale un limite eterodeterminato
ha spesso finito per logorare i meccanismi di aggregazione tra di natura ideologica e “politicista” (vedi le “coalizioni di
la politica stessa e la società. Si assiste oggi imperterriti allo governo”).
svilimento costante e continuo della parola “politica” spesso La c.d. “antipolitica”, al contrario, desertificando i luoghi della
confondendola anche con “partito”, quando penso si dovrebbe partecipazione ma anche della responsabile decisione politica,
capire e sapere che la politica è ovunque, anche e soprattutto non si pone in alcun rapporto con la democrazia rappresentativa
nelle associazioni. Qualsiasi tipo di associazione di massa (le e il descritto “codice” collettvo-democratico, assecondando la
quali di per sé svolgono comunque ruolo attivo e fondamentale visione per cui il potere in genere (lo Stato, le istituzioni, ecc.)
per l’inclusione e partecipazione dei cittadini) ha indubbiamente non va né partecipato né riformato, ma solamente criticato, se
in sé il carattere politico: quando si richiede una serie di fondi non dileggiato, al massimo un po' compulsato. Gli effetti
all’ente pubblico si fa politica, quando si occupa spazio pubblico collaterali di questa “messa in crisi” della democrazia li
si fa politica ecc. ecc. certo non con lo stesso fine di un partito conosciamo bene: la sindrome delle “nicchie” se non proprio
politico e fin qui va tutto benissimo, ma siamo davvero sicuri un dilagante individualismo, il plebiscitarismo, il populismo e
che i fini non coincidano? Cosa accade quando l’associazione il qualunquismo.
aspira alla conquista del potere politico e dichiarandosi inoltre Il recupero di un condiviso senso dell'azione politica e
apertamente antipolitica? In questo apparente paradosso, accade democratica tra partiti e società civile, soprattutto nel XXI secolo
che le associazioni si pongono in una posizione di superiorità della dimensione necessariamente globale di tale agire, è alla
nei confronti del partito politico perché appunto si avvalgono base di un'inversione di tendenza rispetto ai segni evidenti e
di quella caratteristica qualunquista e falsamente innovativa che universalmente riconosciuti di una vera crisi della democrazia.
è l’antipolitica; perché si avvalgono di un senso comune La strada da seguire non può che essere quella di una “rete” tra
all’interno dell’opinione pubblica collettiva e societaria che gruppi civici, associazionismo e partiti che si ponga la questione
corrisponde perfettamente all’antipolitica: quotidianamente ineludibile di una responsabile partecipazione politica e nel
sentiamo frasi del tipo “è tutto un magna magna”…” son tutti rispetto delle identità PARTITICHE e politiche di ognuno.
uguali” e l’associazione per fini politici è lì pronta ad accaparrarsi
il “consenso dei fautori di luoghi comuni”. Movimenti tipo A partire da Battipaglia, cercando di
quelli di Beppe Grillo o la stessa Fabbrica di Nichi è evidente
che nascono su questi presupposti anti-partitici ma con sotterfugi intraprendere insieme questa strada, il circolo
e secondi fini grossi quanto una casa: lo stesso movimento 5 PRC-FdS “A. Gramsci” di Battipaglia e il
stelle dopo una prima fase di “agitazione” non partitica cosa laboratorio sociale Pensiero Scomodo
fa? Si presenta alle elezioni come partito e con tanto di simbolo. propongono un comitato cittadino plurale –
La fabbrica di Nichi invece non è altro che un movimento
portatore di consensi alla lista sinistra ecologia e libertà, e allora composto da partiti [assolutamente nella loro
dov’è la differenza con il partito politico?? E’ chiaro che effettiva personalità politica e senza spogliarsi
l’aspirazione al potere porta gli antipolitici alla creazione di di simbologie e appartenenze ( appello diretto
liste civiche o associazioni politiche mascherate con scopi
evidentemente elettoralistici ed assumendo nei fatti forma a Partito Democratico e Italia dei Valori in
partitica.
primis)], associazioni e gruppi civici – a
E’ tempo dunque che si aprano gli occhi. Le associazioni politiche sostegno del SI per fermare il nucleare in
contemporanee mirano all’annullamento dei partiti politici
continuamente e ciò si assiste soprattutto nelle pur giuste battaglie questo Paese.
civili e sociali. Eppure, la democrazia collettiva e progressiva, Chiamiamo a raccolta dunque, in assoluta
quel “processo costituente” prospettato e condiviso dalle forze orizzontalità di elaborazione e di iniziativa,
antifasciste e progressiste di questo Paese, non può prescindere tutte le energie territoriali impegnate in questa
dalle grandi organizzazioni politico-partitiche di massa. Non
possono che essere grandi strutture di obiettivi e dimensioni battaglia che vede la nostra Piana del Sele a
nazionali (se non sovranazionali), e tra l'altro non rischio come eventuale sito per una futura
“monofunzionali” (mutuando dal lessico e dagli studi sull' centrale nucleare.
“associazionismo di nicchia” di H.J. Laski che, già negli anni
'30-'40 segnavano probabilmente l'ascesa dei grandi partiti di
massa, ed intravedeva anche il rischioso collasso partitico- Enzo Castaldi
parlamentare della democrazia postmoderna), a tenere vive e Marco Proto
7
Q
uello dei The Killers è un progetto nato dal nulla: il cantante
Brandon Flowers dopo aver assistito nel 2002 ad un concerto
degli Oasis decide di mettere su un gruppo con un sound
molto simile a quello dei Blush Response (sua ex-band). Grazie, poi,
ad un annuncio del chitarrista Dave Keuning sul periodico locale Las
Vegas Weekley, Flowers si mise presto in contatto con lui e dopo
poco divenne parte integrante della band. Successivamente, dopo
una serie di concerti, vennero designati come bassista e batterista
rispettivamente Mark Stoermer e Ronnie Vannucci Jr. Il nome della
band deriva da un video dei New Order, intitolato Crystal, in cui è
presente una band fittizia, appunto denominata The Killers. Una
lunga serie di concerti li renderà assai celebri in Regno Unito;il vero
successo, tuttavia, arriverà alla pubblicazione di "Hot Fuss" album
di esordio pubblicato nel 2004 che contiene singoli di alto calibro,
quali "Somebody told me", "Mr. Brightside", "All these things that
I've done" e "Smell like you mean it". La principale ispirazione
musicale deriva da sonorità tipiche degli anni ottanta, soprattutto la
SPORT
avvicinarlo molto a Bob Marley, suo più grande ed unico idolo da
sempre. Successivamente, nel 1998, ci fu un secondo album, ancora
da solista, intitolato “John Butler”. Con il tempo capì che c’erano
basi abbastanza solide su cui iniziare a costruire una band e decise
di far nascere appunto i “The John Butler Trio” cosi da poter variare
il livello e lo stile di musica durante i live, dato che inizialmente,
partendo come solista, i live erano molto limitati a livello musicale:
si basavano essenzialmente sul suonare con chitarra acustica o classica
(usando rigorosamente chitarre a 12 corde!), ma con uno stile davvero
unico, una strada ardua mai tentata ma molto affascinante. Cosi
con la neo formazione pubblicarono nell’ aprile del 2001 il primo
album “Three”, successivamente ne seguirono altri due fino ad arrivare
all’ ultimo nel 2010 “April Uprising” : un bellissimo album creato
con vecchi successi e nuove canzoni, in cui si può ascoltare tutta
la sua abilità di straordinario chitarrista. Personalmente, i pezzi che
più mi hanno colpito sono tre: “Oceane”, una canzone costruita
interamente su una chitarra che parte con un rullio di mano sulla
base e per poi partire con i suoi innumerevoli arpeggi; sono 8 minuti
intensi ma di una semplicità e leggerezza che non la rendono pesante,
per cui quando si arriva alla fine si dice “già è finita?!”. Altro pezzo
straordinario è “Seeing Angels” dove John canta e in cui svela tutta
la sua vena poetica, parlando di un incontro con una ragazza,
attribuendola ad un angelo, che l’ha avvolto con le sue grandi ali e
l’ha aiutato a superare alcune paure di cui era schiavo. Alla fine,
arriviamo a “One Way Road” che troviamo nel suo ultimo album del
2010, canzone dal ritmo reggae e molto travolgente, tipica melodia
da festa sulla spiaggia e chissà se quest’anno al posto degli inutili
tormentoni dei soliti artisti potremo ascoltare questa canzone! Queste
sono solo una misera parte delle canzoni che vorrei invitarvi ad
ascoltare, e spero lo farete in tanti, perché questo artista con la A
maiuscola lo merita davvero! A questo proposito, ricordo che “The
John Butler Trio” si esibirà in una prima ed unica data in Italia il 29
Giugno 2011 a Milano al “Circolo Arci Magnolia”… un’occasione,
per chi può, da non perdere.
Michele Gigantino
new wave. Il 2006 è l'anno di "Sam's town" , secondo album
anticipato dal singolo "When you were young: intenso e accattivante,
ha scalato rapidamente le classifiche USA giungendo 2° nella prima
settimana, dopo aver venduto circa 315.000 copie in una settimana.
Nello stesso anno vincono gli Mtv European Music awards svoltisi
a Copenaghen e l'8 Novembre si esibirono al Rolling Stone di
Milano. Molto impegnati nel sociale e ciò lo testimoniano gli ingenti
fondi devoluti all'associazione contro l'Aids RED (ricavati dalla
pubblicazione del singolo natalizio "Great Big Sled") e alla campagna
in favore della lotta all'AIDS in Africa. Il 2007 invece è un anno
pieno di sperimentazioni: esce "Sawdust", album che contiene un
brano inciso con l'ex frontman dei Velvet Underground, Lou Reed,
Tranquilize.Sempre nel 2007, durante gli NME Awards, (tenutasi
all'O2 Arena di Londra) riescono a portare a casa il premio come
Best International Band battendo una concorrenza formata da Foo
Fighters, My Chemical Romance, Kings of Leon e Arcade Fire.
terzo album dei The Killers, Day & Age, esce il 25 Novembre 2008
anticipato dal singolo Human, che lancia un forte messaggio sui
valori delle generazioni contemporanee, dimostratesi blande e prive
di fondamenta forti su cui basare la propria esistenza, e con un ampio
excursus vengono messi a paragone i tempi che furono indubbiamente
migliori di quelli odierni. La band ha iniziato una tournè che permetterà
loro di approdare in numerose città europee (tra cui anche Milano il
17 Marzo 2009 e Verona 8 Giugno 2009) dopo due anni e mezzo dal
loro ultimo concerto live in Italia. A novembre i The Killers pubblicano
il loro primo DVD live, Live From The Royal Albert Hall, all'interno
il live tenuto a Londra il 5 e 6 luglio, nel tempio nella musica inglese
il Royal Albert Hall. E' un progetto sicuramente ben riuscito che con
il tempo ha designato una delle band più affermate del decennio: se
si vuole apprezzare appieno il sound dei The Killers è ritenuto
d'obbligo l'ascolto di Sam's Town e Hot Fuss considerati i capolavori
di Flowers e co.
A voi l'ardua sentenza!
Domenico Chiariello
Il bello dello sport di Italo Faiella
L'Italia in 150 anni di storia è sempre stata una nazione protagonista
in tutte le discipline sportive, ma, soprattutto nell'ultimo decennio,
abbiamo registrato molteplici vittorie. Se tutto il paese è sempre stato
un punto di riferimento per lo sport internazionale, il sud della nostra
penisola non è mai stato, erroneamente,
motivo di vanto. La recente positività di
risultati nazionali (eccetto per gli ultimi
catastrofici momenti del 2010 e i primi
mesi del 2011) non è però casuale, infatti
molte vittorie sono vere e proprie rivincite
da parte del “tanto amato” mezzogiorno.
Tra le glorie nazionali che ci hanno fatto
piangere di gioia ricordiamo: il mondiale
di calcio del 2006, le vittorie della
Champions League e del Mondiale per
Club di Inter e Milan, le tennistiche
conquiste femminili nella Fed Cup e nel
Roland Garros, le numerose medaglie di
Pechino 2008, ecc. Tutto ciò per arrivare a concentrarci sui nostri
atleti, la nostra recente ma gloriosa storia salernitana/napoletana che
sta mantenendo alto l'onore all'interno della patria. Partendo dal
calcio, lo sport nazionale, c'accorgiamo subito della presenza campana
a tutti i livelli, dalla lotta per non retrocedere in serie D di Battipagliese
e Cavese, alla vera e propria dominazione dell'Ebolitana in D e della
Nocerina in C1, fino all'ascesa costante del Napoli nella massima
serie italiana. Concentrandoci, poi, sulla nostra moderna ed incompiuta
città, non ci meravigliamo più della sempre più massiccia presenza
delle cinque squadre tennistiche di città, che contano ben tre presenze
in D3, una in D2 ed una storica ed intramontabile in C. Per non
parlare poi della pallacanestro, probabilmente, al momento, fiore
all'occhiello dello sport battipagliese. La squadra maschile è in C1,
una squadra femminile in A2, per giunta ben messa in classifica, ed
una in B d'eccellenza, saldamente al primo posto. Tutti questi successi
sono veri e propri vanti per la nostra piccola cittadina. Ma provate
a capire perché siamo così vincenti, grazie a chi possiamo guardare
dall'alto in basso le contigue province e regioni. Ovviamente è tutto
merito della tanto decantata linea verde, dei giovani, dei più piccoli
che sono cresciuti in mezzo ad una strada e che sono pronti a tutto
pur di “arrivare” e, perché no, divertendosi
anche. Le scuole calcio, i circoli di tennis,
i vari palazzetti dello sport stanno registrando
sempre più iscritti ed inoltre sempre più
precoci, ma giustamente la voglia che questi
ragazzi hanno di giocare e di migliorarsi
non si esaurisce in due ore settimanali di
allenamento, così si riversano nelle strade,
nei parchi, sui viali, insomma, dovunque
possano competere tra di loro, creando
magari anche un po' di scompiglio. La voglia
di ribalta, però, non si limita solo ai ragazzi,
ma bensì anche ai vari insegnanti e maestri,
che magari non tornano neppure a casa a
pranzo per assistere e curare i propri allievi. Bene, questo l'ho provato
sulla mia pelle e, vi assicuro, è magnifico crescere in un gruppo di
amici e maestri legati dalla medesima passione per lo sport. Non per
niente, istruttori di tennis del calibro di Galietta, Bianchini o Agostinello
(gli stessi giocatori della serie C), sono venuti dall'anonimato, per
giunta senza strutture adeguate, ed hanno creato questo Tennis Club
Battipaglia amato dai soci e temuto dagli avversari. Ma chi non
conosce, inoltre, la SPES, la scuola calcio con più iscritti della città,
e con talmente tante vittorie provinciali, regionali e nazionali, che
arrivano ragazzi da tutte le parti per unirsi a questa grande famiglia.
Per non parlare, poi, se del secolare palazzetto dello sport che, oltre
ad avere giocatori di talento e squadre vincenti, sta attraendo pubblico
a non finire. Tante parole per valorizzare il vero sport, quello che
unisce persone di ogni età, dal piccolo talento all'insegnante
commercialista; e viene da pensare che forse è proprio nello sport
che l'Italia ha suggellato meglio la sua Unione.
Blade Runner
“Ho visto cose che voi umani
non potreste immaginare..”
F
in dall’inizio, la sorte si mostrò
avversa a questo che è il primo,
e forse il migliore, dei film del
regista Ridley Scott. Liberamente ispirato
al celebre romanzo “Do androids dream
of electric sheep?”, a causa delle pressioni
della produzione, la sua realizzazione fu
ampiamente sabotata e dirottata da quella
che era la visione del regista. La versione
uscita nel 1982 è, dunque, solo a parole
quella “originale”.
Delle successive quattro, probabilmente,
quella più vicina al progetto autentico è il
“Blade Runner Director’s cut”, uscito nel
1992. Al di là delle magie sceniche e della
penetrante suggestione indotta dalle
musiche di Vangelis, l’aspetto fondamentale
di questo film è il messaggio che esso
veicola.
Un rapido prologo proietta direttamente lo
spettatore “in medias res”, introducendolo
in una Los Angeles del 2019, dai connotati
decisamente asiatici: caotica, inquinata,
sovraffollata, fusione geniale delle
oppressive strade di Bangkok e del
bombardamento mediatico di quelle di
Tokyo, in cui la sofisticata tecnologia tenta
di sopperire al vuoto generato nel cittadino
dallo smarrimento, in una società allo
sbando. È in questo contesto che Rick
Deckard, ex agente dell’unità Blade
Runner, viene forzosamente richiamato
all’ordine, con l’incarico di “ritirare” i
replicanti fuggiti dalle colonie extramondo,
“eldorado di nuove occasioni e avventure”.
Qui, i così detti “lavori in pelle”, vengono
utilizzati come schiavi da un’umanità
malata e narcisista, che si diverte a giocare
a fare Dio, creando organismi artificiali
del tutto identici all’uomo, ma con un’unica
sadica menomazione: l’incapacità di
provare sentimenti.
La Tyrell Corporation, tuttavia, riesce a
creare una generazione “più umana
dell’umano”, dotata di una maggiore agilità
e potenza, e con un’intelligenza pari a
quella dei propri creatori.
Tale generazione, la Nexus 6, col tempo
si mostra in grado di sviluppare sentimenti
quali l’amore, la paura, la sofferenza, fino,
quindi, ad arrivare ad una presa di coscienza
del proprio Io. Cosa che, i luminari della
biomeccanica, avevano tentato di evitare
riducendo le loro aspettative di vita ad un
massimo di quattro anni.
È per questo che la ribellione, portata avanti
da quattro androidi guidati da Roy Batty,
assume un grande valore esistenziale.
L’umanità ha travalicato tutti i confini,
perdendosi dietro idoli ingannevoli, miraggi
nel deserto dell’esistenza. Gli androidi, al
contrario, ingenui e curiosi come bambini,
non accettano che la meraviglia
dell’universo, appena manifestatasi nelle
loro artificiali menti, possa dissolversi in
un niente ed “andare perduta nel tempo
come lacrime nella pioggia”.
Essi vogliono vivere ed assaporare fino in
fondo l’esistenza, per questo cadono dal
cielo e chiedono udienza al Creatore, un
Dio che, però, dall’alto della sua misteriosa
piramide, non è che in grado di donargli
morte e perdizione.
“Gli angeli avvampando caddero e
bruciarono con i roghi dell’Orco”, questo
recita all’incirca Blake, ma Roy uccide
l’Orco, il Dio infernale, e afferma la sua
essenza. Il sogno della scienza e quindi
dell’uomo, di creare una vita rispondente
solo alle proprie leggi, viene così infranto.
La danza dell’esistenza non può essere
imprigionata in un involucro, “poiché
vivere, richiede uno sforzo maggiore del
semplice respirare”! Questi organismi
“pensano, pertanto sono”, non importa che
abbiano come madre la scienza.
La loro intelligenza sarà anche stata creata,
ma questa gli appartiene completamente,
come ci appartiene la nostra vita. D’altra
parte cos’è l’uomo di fronte al mistero
della esistenza?
Un essere fragile, che, come tutti gli esseri
pensanti, conduce una vita misera, poiché
è consapevole della propria grandezza ed
insieme anche della propria insignificanza.
Deckard si rende conto di questo e,
attraverso la sua esperienza
all’inseguimento dei replicanti, si trova a
fare i conti con le sottili trame di un mondo
dal quale aveva creduto di estraniarsi. Dio
è morto e ora finito e infinito si mescolano
per Roy.
Questi, in una delle più commoventi e
riuscite scene della storia del cinema
contemporaneo, offre una preziosa
testimonianza sulla condizione degli essere
pensanti.
Avvolto da un’indimenticabile luce bianca,
il replicante scavalca l’uomo e accetta la
morte. Proprio quando sarebbe stato logico
e facile abbandonarsi al folle e sconsiderato
piacere della vendetta.
Ma a cosa avrebbe portato? Ciò che rimane
della vita è quanto riusciamo ad affermare
della nostra anima. E, in questo film,
l’uomo è come un volto posto davanti ad
uno specchio, la cui immagine riflessa è
un replicante.
di Sara Palamone
AFFARI INTERNI
CULTURA
6
Le bellezze del mare
Molestie
Lì dov'è possibile udire la fresca
brezza d'estate
dove il piede si scotta su l'ardente
sabbia e si bagna tra le cruente onde
che celeremente vengono a riva,
Quello è lo vasto mare.
Questo è luogo di serenità
dove si puote scorgere
le grandi navi e i piccoli battelli
naviganti all'orizzonte
tra li vari pesci variopinti e
li vari suoni melodiosi,
il pio nuotator sguazza tra le acque
con lo fruscio della baia
e la lontan tempesta.
Qui l'esausta ed abbattuta gente trova riposo
fra la mite primavera e lo triste autunno
dopo aver compiuto un 'intenso e aspro viaggio,
l'esser qui si diletta vivendo i vivaci color de l'estate:
l'azzurro de l'amica acqua,il celeste de l'amico cielo,
lo smeralo de le vaste sabbie e lo giallo di frate sole.
Costor per la lor bellezza dan nuova vita
a lo viandante che com l'araba fenice risorge da le ceneri
così questo trova nuova vita per lo novo e cruento viaggio.
La donna d’amore pregna
Dentro di lei la vita s’insinua
Lentamente la specie continua
Di questo dono è sì degna
Guarda il sole e il suo colore
Desidera donarlo in futuro
al suo prossimo nascituro
perché lo irradi col suo calore
eppure, nonostante questo dono
in cuor suo ella duole
derubata del suo sole.
Lapidata, stuprata, venduta per oro
La donna resiste all’azione
Di ogni uomo coglione.
E sentendo la sua anima bruciare,
invano continua a gridare!
Nicole Tierno & Fausto Mauro
3
Maccartismo battipagliese
da Pag. 1
“Maccartismo è termine dell’uso politico statunitense, e
sta ad indicare un atteggiamento di anticomunismo assoluto
che si concretizza in una visione politica manichea e in
una vera e propria persecuzione di uomini e istituzioni
dichiarati antiamericani in quanto comunisti”. Storicamente
il suo culmine è avvenuto negli anni ’50 in piena guerra
fredda. Il termine prende il nome da Joseph McCarthy,
senatore repubblicano del Wisconsin attivo in politica in
quegli anni.
E’ evidente che tale visione maccartista della realtà nonché
tale atteggiamento discriminatorio nei confronti non solo
dei movimenti e dei militanti comunisti, ma anche e
soprattutto della simbologia comunista è rimasto inalberato
all’interno delle società più reazionarie, le quali nei loro
rappresentanti più biechi e subdoli non mancano spesso
di ricordare e rivendicare (anche inconsciamente) tale
atteggiamento.
Alcuni recenti esempi: sabato 11 Aprile, il conduttore
Fabio Fazio nella sua trasmissione “Che tempo che fa”
in un contesto in cui veniva citata Rifondazione Comunista
dichiarava che tale partito politico “non esisterebbe più”,
mentre è chiaro e palese – malgrado l’oscurantismo
televisivo e mediatico in genere di cui siamo vittime (maccartismo appunto) che il partito esiste ed è presente
in tutte le battaglie, nelle piazze e non.
La paura rossa impervia anche nella nostra modesta
cittadina. Settimana l’altra su un noto quindicinale
battipagliese veniva citato in un articolo il disagio e le
condizioni abominevoli cui vive da tempo immemore il
sottopasso di via Roma [Vicenda da noi già ampiamente
trattata con raccolta firme (ottobre 2009) e sit-in di protesta
(Luglio 2010) e su cui non abbiamo mai ricevuto risposta
dall’amministrazione comunale] e veniva ritratta in foto
la scritta ( con spray rosso sita sotto la struttura ) “NO
ALLE BARRIERE ARCHITETTONICHE”. Ebbene tale
scritta presenta ai due lati estremi la simbologia comunista:
la classica falce e martello. Cosa fa il noto quindicinale??
Pensa bene di ritrarre in foto la scritta priva della
simbologia comunista.
Ma allora perché se tutti credono che il comunismo non
esiste più continuano ad oscurare ogni richiamo ad esso?
E’ inoltre evidente che tale atteggiamento diventa oltre
che anti-comunista anche anti-democratico. L’oscurazione
e quindi la negazione dell’altro colpevole solo di esser
portatore di idee radicali di cambiamento della società
lede infatti i principi di libertà di pensiero propri della
democrazia. Siamo perfettamente consapevoli che la
campagna mediatica (estesa come si vede a tutti gli strati
della società) tende e tenderà a demonizzare continuamente
chi è visto come distante dal pensiero comune conservatore
e ancora una volta reazionario. Perché il gruppo
predominante ha sempre bisogno di creare il capro
espiatorio contro cui scagliarsi per mantenersi unito, ha
sempre bisogno di crearsi la categoria contro cui
combattere. E quale nemico migliore di chi è minoranza
sociale o politica? Noi tutti ci impegnamo nel protestare
vivamente contro questo atteggiamento discriminatorio
ed antidemocratico e che lede in qualche modo il nostro
Io così come la nostra libertà di pensiero.
Enzo Castaldi
di Italo Iovine
Oblio
Vergine infeconda, perpetua
voglia rivelatrice,
di vizi madre e di virtù dissipatrice.
Sultana del carnal piacere,
vittima sacrificale;
irride la morte, gioca in un perpetuo foco.
Da bacco plasmata figlia e regina
alla tentazione non permane beffarda.
Bella donna, colma di seno, riversa i suoi attriti nel vino;
richiamando ai suoi occhi un sol arguto pensiero,
capace di trovar perdono ad ogni oscur infamia subita.
Restando vittima della sol visione cruda ed eterogenea
delle nefandezze vitali infinite.
Dante colloca la lussuria nel quinto canto, nel quale mostra il secondo cerchio dell’inferno. All’interno
vi sono rinchiuse le anime di importanti personaggi come Semiramide,Didone, Cleopatra, Elena,
Paride... Esse sono vittime di una bufera infernale che le trascina per aria, evidente contrappasso (per
analogia) della passione che le travolse in vita. È per i cattolici uno dei sette peccati capitali, il "vizio
impuro", al di fuori della norma morale. La radice della parola lussuria coincide con quella della parola
lusso (che indica una esagerazione) e quella della parola lussazione (che significa deformazione o
divisione). Appare quindi chiaro il suo significato, che designa qualcosa di esagerato e di parziale.
Nella lussuria il corpo viene oggettivato e la persona spersonalizzata: le vesti, gli accessori, i gesti
arrivano ad assumere un'importanza fondamentale poiché devono supplire alla mancanza di un altro
tipo di seduzione che scaturisce da un'intesa psicologica ed affettiva, oltre che fisica. La lussuria è una
difesa contro le paure dell’ essere umano, in particolare di un certo tipo di paura: la paura del confronto
con un altro essere umano nel quale è possibile rispecchiarsi. È inoltre anche una delle manifestazioni
più comuni del disagio proprio della nostra società, dove siamo alla continua ricerca di nuove esperienze
e nuove emozioni che ci facciano sentire "vivi". Concludo citando un frase tratta dal romanzo “Il nome
della rosa” di Umberto Eco: C'è una lussuria del dolore, come c'è una lussuria dell'adorazione e persino
una lussuria dell'umiltà.
Digital art
by Nick West
di Angelo Alessio
per poter visionare le altre creazioni visita la home facebook digitando: nickwest
ASSOCIAZIONISMO LOCALE
ARCHEOGEO 2011
L'associazione culturale Archeogeo nata il 5 ottobre 2010,
in collaborazione con altre associazioni e con il supporto
del comune di Montecorvino Rovella sta portando avanti
iniziative lodevoli. Il 27 gennaio 2011 per la giornata
della memoria contro i crimini nazisti ha tenuto un
importante comizio inerente la tematica.
Il professore Mario Onesti del centro culturale studi storici
di Eboli ha illuminato i presenti in sala con un interessante
monologo di circa un’ora monopolizzando su di sè
l'attenzione. Il presidente di archeogeo e il sindaco si
sono particolarmente commossi quando la poetessa
Concetta Onesti - segretaria e redattrice della rivista
MISCELLANEA- ha declamato una sua lirica dedicata
ad Anna FranK e a tutte le vittime dell'olocausto. Era
presente in sala il direttore editoriale della rivista IL
SAGGIO.
Per circa un mese si è tenuta presso i locali dell'ex pretura
della cittadina una mostra con foto storiche degli anni
del fascismo italiano e del nazismo tedesco e foto di
persone relegate nei campi di sterminio. La mostra ha
riscosso notevole interesse anche da parte delle scuole
locali e delle zone limitrofe.
Un importante convegno si è svolto inoltre, nei locali
dell'ex pretura di Montecorvino rovella nella serata del
12 marzo 2011. Dopo i saluti del presidente
dell'associazione e del sindaco della cittadina, abbiamo
LEGA NAZIONALE PER LA DIFESA DEL CANE
Trudy cerca un'adozione
davvero fidata, qualcuno
che possa adottarla in
appartamento e che le voglia
davvero bene! E' già
vaccinata e sta benissimo!
Ha 4 mesi e non crescerà
ancora molto..è una futura
taglia media.
Situazione urgente: nella
pineta tra Eboli e Paestum
20 cuccioli di 2 mesi vivono
su un materasso! Sono di
taglia medio-piccola, sia
maschi che femmine.
Cerchiamo urgentemente
stalli o adozioni!
P e r
i n f o :
legadelcane.battipag@libe
ro.it
avuto anche quelli della Dottoressa addetta alle pari
opportunità e dell'onorevole Eva Longo. Gli interventi
in riferimento alla donna nella società odierna si sono
avuti da parte della dottoressa Angela Furcas, Mariangela
Vaccaro, Rosa Messuti, Lella Capodanno e Valeria Palo.
Era presente Giuseppe Barra del SAGGIO e la sua"
spalla" Cosimo Clemente.
La cantante Filomena De Gennaro e il chitarrista hanno
interpretato alcune belle canzoni, la poetessa Concetta
Onesti ha declamato alcune liriche.
Si è tenuta per un intera settimana una mostra fotografica
LA DONNA AL LAVORO gentilmente offerta
dall'associazione Leonardo ed una mostra di artisti campani
a cura del corniciaio Fabrizio Viola e di Concetta Onesti.
La premiazione poetica nelle scuole elementari, medie
e del liceo scientifico del paese ha riscosso pregevole
interesse da parte dei numerosi presenti in sala. Hanno
fatto parte della giuria: Gennaro Procida e Concetta
Onesti. Archeogeo si propone per la festa della mamma
di indire un nuovo concorso nelle scuole con le sezioni:
poesia,narrativa,disegno. Auguriamo a questa indomabile
associazione di continuare il cammino intrapreso.
Concetta Onesti
LETTERA APERTA AL SINDACO
Signor Sindaco,
risponde al vero l'insistente vulgata popolare secondo la quale l'imprenditore beneficiario della proposta di deroga al
PRG per l'edificazione di un piano in più, risulterebbe essere uno dei finanziatori della sua campagna elettorale?
Convinti come siamo che la diceria è insultante e del tutto falsa perchè tesa a screditarLa, insinuando che la velocissima
proposta di deroga al PRG deriverebbe da una "cambiale politica" da Lei firmata, speriamo che prontamente voglia
smentirla.
Sin dai primi istanti di campagna elettorale Lei proclamò che la sua azione si sarebbe ispirata al principio di legalità.
Pertanto sappiamo bene che mai avrebbe favorito o acccelerato la delibera solo perchè l'imprenditore è un suo amico.
Avrà avuto ben altre ragioni.
Già, a proposito, signor Sindaco: se il fabbricato non ha le caratteristiche per partecipare al bando perchè propone una
deroga al PRG per adeguarlo? Qual è il vantaggio della collettività? Magari, senza impegno, se ce lo dice ci fa cosa
gradita.
Autore anonimo
4
ATTUALITA' & CULTURA
POLITICA NAZIONALE & ATTUALITA'
L'amnesia atomica
Produrre una forma di energia a costi relativamente
ridotti, pulita e virtualmente inesauribile. È questo
lo scenario avveniristico, dal sapore di fantascienza,
che ci offre un’eventuale messa a punto della
fusione nucleare. Lo scenario prospettato dalla
fissione somiglia piuttosto ad un incubo. La fusione
rappresenta il sogno avveniristico di ogni fisico
nucleare, la fissione invece costituisce la nostra
realtà attuale e quella delle generazioni a venire.
Nonostante il monito indelebile di Cernobyl e il
più che abusato concetto di sviluppo sostenibile,
sembra che la fobia per il nucleare sia rimasta
sopita per venticinque anni e riportata alla ribalta
dai recentissimi eventi in Giappone.
Non esiste soltanto la Cernobyl documentata dalla
telecamera di Elena Filatova che cattura,
nell’immediatezza impietosa del suo obiettivo,
città fantasma sul confine bielorusso-ucraino e
bambini deformi. Il nucleare nasconde
innumerevoli tragedie dimenticate: dall’incidente
di Three Mile Island, negli Stati uniti, avvenuto il
29 marzo del 1979, alle fallimentari politiche
dell’ex Germania Federale di smaltimento dei
rifiuti radioattivi; dal traffico di rifiuti nucleari in
Somalia, sulle cui tracce indagarono Ilaria Alpi e
Miran Hrovatin (indagine che è costata loro la
vita), alle città-discarica degli Urali come Ozërsk,
che detiene finora il primato di città col il più alto
tasso di inquinamento radioattivo del mondo.
La fobia scatenata dalla catastrofe di Fukushima
ha dato la stura ad un vivo dibattito sull’energia
nucleare, confermando, da un lato, l’appoggio
degli entusiasti, e dall’altro innalzando le perplessità
di chi lo osteggia da sempre. Il Giappone sta infatti
riconsiderando l’impiego dell’energia nucleare, il
Venezuela e la Germania bloccano di fatto la
produzione di energia atomica puntando su altre
forme di energia (il Venezuela sugli idrocarburi,
la Germania su eolico e solare ); la Slovenia esita
a riattivare la centrale di Krsko, la Gran Bretagna
conferma la sua predilezione per le fonti rinnovabili,
scelta che l’ha resa negli ultimi tempi una nazione
“virtuosa”, tant’è che istituisce un Conto energia
per il solare termico. Il nucleare sta destando
perplessità anche in Finlandia, Svezia, Lituania,
India e altri paesi del mondo. Ma da che parte si
colloca l’Italia?
Sembra che i terrori sollevati dal disastro
giapponese non tocchino minimamente la coscienza
della classe dirigente e di quella imprenditoriale
italiane, quasi che il Giappone si trovasse su un
altro pianeta. Il governo Berlusconi ha dichiarato
infatti che non cederà di un passo sul programma
nucleare. Di risoluto ci sono soltanto le decisioni
nel governo perché in Italia regna in realtà una
confusa sensazione di amnesia generale.
È cosa nota che la memoria storica italiana fatica
a lavorare a lungo termine, tuttavia ci sono dei
casi assolutamente lampanti per lo stupore e
l’indignazione che suscitano. Uno di questi è
Chicco Testa, ex militante di Legambiente nonché
principale promotore del referendum abrogativo
dell’8 novembre 1987, il quale sembra aver
dimenticato il suo passato remoto e preferisce
rifugiarsi in quello più recente di ex presidente del
consiglio di amministrazione dell’Enel, o addirittura
ripiegare nell’attuale presente, in particolare nel
suo incarico di managing director presso il gruppo
bancario Rothschild, uno dei più attivi finanziatori
del nucleare. La stessa amnesia ha colpito Umberto
Veronesi, l’oncologo milanese di fama mondiale
divenuto simbolo della lotta contro i tumori, che
si proclama da anni favorevole al nucleare e ha
più volte minimizzato sulle ripercussioni delle
radiazioni per la salute umana. L’amnesia nucleare
in Italia è anche incoraggiata dall’assenza di
un’adeguata campagna di informazione sul
nucleare. Abbondano dibattiti televisivi in cui
Il lungo passo dal secessionismo al federalismo
manager di gruppi finanziari, politici e galoppini
di partito dell’ultima ora mostrano una formidabile
presunzione nell’opporre le loro ragioni alle
argomentazioni fondate di esperti del calibro di
Carlo Rubbia, premio Nobel per la fisica del 1984.
Il professor Rubbia in più occasioni (tra cui in una
recente puntata di Annozero) ha esposto gli enormi
svantaggi economici comportati dal programma
nucleare. Un’economia fragile come la nostra non
sarebbe in grado di ammortizzare le spese (che
graverebbero ovviamente sulle finanze pubbliche)
per la costruzione di centrali, realizzabili in periodi
che vanno dai 6 a i 10 anni. Il prezzo dell’uranio
inoltre ha raggiunto i suoi massimi storici per via
dei costi di estrazione crescenti e la considerevole
riduzione delle scorte mondiali. Una centrale
nucleare infine non è in grado di alimentare se
stessa, e dato che non può essere disattivata,
richiederebbe una continua alimentazione da parte
di una centrale a combustibile. Il costo
dell’elettricità, dunque, anziché calare,
aumenterebbe del doppio se non addirittura del
triplo.
Rubbia si è inoltre soffermato più volte sul
problema dell’eliminazione delle scorie, facendo
notare che non esiste al momento, in nessun paese,
un sito stabile per lo stoccaggio dei rifiuti nucleari.
Il tentativo di bruciare le scorie, sperimentato in
passato in Spagna, è stato bocciato per l’abnormità
dei costi e soprattutto per i numerosi rischi
ambientali. Le scorie radioattive al momento
vengono sversate in pozzi attrezzati o depositate
in impianti di stoccaggio muniti di pesanti armature
di piombo e cemento armato. Visti i ripetuti
fallimenti nella gestione dell’emergenza rifiuti
sorge spontaneo chiedersi se lo stoccaggio delle
scorie in Italia verrebbe eseguito con le dovute
precauzioni. Se si pensa alle quantità ingenti di
rifiuti radioattivi già seppelliti abusivamente dalle
presunte “ecomafie” in Campania o gettati in mare
al largo delle coste calabresi, le perplessità si
rafforzano in misura notevole. Non si è ancora
dato l’avvio ufficiale al programma nucleare che
già ci si preoccupa nel localizzare gli eventuali
siti di stoccaggio, che casualmente coincidono con
aree già considerevolmente minate
dall’inquinamento ambientale come Casaccia,
Trisaie e il casertano.
L’Italia gestisce già un programma nucleare su
scala ridotta. Si tratta della rete energetica slovacca
che l’Enel ha preso in gestione dopo aver riportato
in attività 3 centrali nucleari chiuse per ordine del
presidente cecoslovacco Husák negli anni ’70 in
quanto giudicate desuete e tecnicamente inadeguate.
Mentre la televisione trasmette uno spot capzioso
del Forum Nucleare Italiano (organizzazione
presieduta da Chicco Testa), definito “spot
paraculo” da una frangia consistente del popolo
della rete, in cui si è invitati a riflettere sul nucleare,
il governo Berlusconi prende già le sue decisioni
in materia. Il 24 febbraio del 2009 Italia e Francia
firmano un accordo per la produzione di energia
nucleare. La Francia soddisfa oltre il 70% della
domanda energetica nazionale mediante l’energia
nucleare prodotta da ben 52 centrali nucleari (la
sconfinata Russia ne conta in tutto “solo” 33);
inoltre detiene il primato mondiale per l’estrazione,
il commercio e lo sfruttamento dell’uranio.
Un co-firmatario più appropriato di così, anche a
inventarlo, non lo si sarebbe riuscito a trovare.
Ovviamente, nel buon spirito dell’amnesia atomica
del nostro paese, ci si dimentica dell’interesse
comune a vantaggio di gruppi finanziari e
industriali. Ci si dimentica inoltre che i cittadini
hanno già fatto la propria scelta 24 anni fa.
Naturalmente, si fa soltanto finta di dimenticare.
Ruby’s arms.
Qualcuno vuole far passare le serate del cavalier banana
nella sua modesta dimora lombarda come innocenti
momenti di relax di un uomo super impegnato che, alla
sera, ha bisogno di smorzare la tensione accumulata
nell’esercizio del proprio dovere nel servire la Patria.
Allora, quando la gente di Maglie si è permessa di fischiare
Ruby rubacuori, gridandole “vergogna!”, mentre
raggiungeva il locale per un suo “numero”, subito ha
tuonato in televisione il Giuliano nazionale, sceso in RAI
a riequilibrare le sorti della partita massmediatica
d’approfondimento, già pesantemente pendente in favore
delle orde bolsceviche padrone, come si sa, di gran parte
dei giornali e delle televisioni nel nostro Paese, nonché
di tutto il capitale che serve a sostenerli. E’ un oltraggio
alla persona umana della nipote dell’ex premier egiziano;
la ragazza ha avuto una infanzia difficile (etc., etc.); anche
Gesù salvò la prostituta dalla lapidazione (ne jetez pas la
pierre à la femme adultère, je suis derrière, come cantava
Brassens), etc., etc.; è un linciaggio morale, una pratica
da puritani del Mayflower, un contegno da talebani che
i nostri bravi ragazzi stanno combattendo, etc., etc.
Si attende alla prossima puntata altrettanto fervore nel
difendere l’umanità offesa di tanti connazionali della
rubacuori che, non essendosi offerti nel corpo (uomini o
donne non importa ché al baccanale fanno comodo
entrambi), sono stati gettati nei campi di concentramento
temporanei. Ma, se si considera lo squallore umano in
cui una persona è cacciata quando si prostituisce, specie
se giovane e per colpa di altri, si può in linea di principio
essere d’accordo con la filippica; non però con il falso
moralismo che la sostiene. La verità è che bisognerebbe
scagliarsi con ben altra veemenza contro coloro che hanno
consentito, consentono e sempre consentiranno queste
cose, cioè l’irrompere di Priapo nei territori di Eros.
Perché il primo ha l’innocenza e la creduloneria dei
giovani mentre il secondo possiede il potere scaltro e
navigato di chi è arrivato, di chi in questo mondo ha
conquistato, predato e saccheggiato a scapito degli altri,
soprattutto dei più giovani. Questi cavalieri d’industria,
geni della new economy, profittatori del marketing,
imbonitori di aspirapolveri hanno maturato un debito nei
confronti del futuro comune che, probabilmente, non
pagheranno mai.
Però, a differenza del priapo tonico e ipertrofico grecoromano, questi di oggi hanno carni flaccide (cfr.
di Luca Cibelli
Il federalismo è una realtà politica
contemporanea che, nella maggior parte
dei casi, nasce dalle confederazioni di
polities alleatesi per difendersi dalle
potenze straniere e favorire il commercio
tra le parti confederate. Tuttavia può
anche verificarsi che i movimenti
centrifughi dovuti ad un processo
incompleto di nation-bulding, generino
un federalismo con forte motivazione
endogena. Questo potrebbe essere il caso
dell'Italia. È nota la volontà secessionista
padana, espressa dalla Lega Nord, il più
conosciuto ma non certo l'unico
movimento secessionista presente nel
nostro bel Paese in cui, a distanza di 150
anni dalla sua unità politica, molti studiosi
lamentano non solo la mancanza di una
reale unificazione del così detto popolo
(demos), ma una sempre maggiore
volontà secessionista man mano che il
fervore risorgimentale si affievolisce.
Stupisce infatti la miriade di movimenti
secessionistici che pullulano per la
penisola con delle rivendicazioni che non
è possibile liquidare come assurde,
sovversive o anacronistiche, se su
rivendicazioni analoghe la Lega sta
costruendo la sua fortuna elettorale.
Tra questi ci sono i Serenissimi, secondo
cui nel 1866 i voti contro l'annessione
del Veneto all'Italia sarebbero stati solo
69 su 650.000 per cui ci sarebbe stato un
broglio elettorale; da allora ambiscono
alla rifondazione della Repubblica Veneta,
compiendo svariate azioni per la
realizzazione di tale obiettivo, come
l'assalto al campanile di Venezia, salito
agli onori della cronaca nel 1997, l'autoproclamazione della Repubblica con
capitale Longarone e la redazione di una
carta costituzionale di 62 articoli.
Meno noto è il Movimento
indipendentista ligure (Mil), contestante
il Congresso di Vienna (1814-1815) che,
rimettendo sul trono i re spodestati da
Napoleone, cancellò la Repubblica di
Genova inglobandola nel Regno di
Sardegna senza che l'annessione venisse
mai ratificata né dal governo né da un
plebiscito. Il Mil quindi spinge per la
rifondazione della Repubblica di Genova,
arrivando a porre in piazza Corvetto,
davanti alla statua di Vittorio Emanuele
II, una targa che ricorda il sacco del 1849,
quando il re affogò nel sangue
un'insurrezione cittadina.
Esiste anche il Comitato del Regno d'Italia
che non si riconosce nella Repubblica
italiana perché Bolzano, Trento e Trieste
(che allora erano sotto il governo militare
alleato o iugoslavo) non parteciparono al
referendum istituzionale del '46, quindi
per gli adepti vige ancora la monarchia.
Nel 2007 hanno scritto all'ONU per
rivendicare il ritorno dello status quo
ante.
Segue il movimento della Toscana
Granducale che rimpiange le riforme
illuminate dei Lorena e degli Asburgo,
rispetto alle iniquità dei governi italiani.
Vorrebbe ritornare al gran ducato degli
Asburgo-Lorena e a tal proposito
partecipa a tutte le elezioni, anche
politiche, raccogliendo i risultati migliori
in Romagna, in particolare nel comune
di Forlì.
Non poteva mancare il movimento
dell'orgoglio papalino, secondo cui lo
Stato pontificio ha fatto grande Roma nei
secoli, mentre il governo repubblicano
ha portato solo decadenza e corruzione,
pertanto auspicano il ripristino del
Governo di Roma del papa.
E per finire ci sono i sempre cari
neoborbonici, secondo cui l'unità d'Italia
ha distrutto l'economia e l'identità
culturale del Meridione che è possibile
risollevare ricostituendo il Regno delle
due Sicilie. Per la realizzazione di tale
obiettivo i neoborbonici dispongono di
una casa editrice, l'Editoriale il Giglio;
in più organizzano convegni revisionisti
e sfilate in costume del Reggimento
Lucania e dei Siciliani della Real Marina;
hanno la Nazionale di calcio delle Due
Sicilie iscritta come la Padania (che
quest'anno ha vinto il campionato proprio
contro i neoborbonici) al Non-Fifa Board,
la federazione mondiale di calcio per
popoli senza nazione; nel gennaio del
2010 hanno inaugurato un loro
parlamento al Maschio Angioino; odiano
i Savoia e nel 2003 hanno contestato in
massa a Napoli il loro ritorno dall'esilio;
l’affermazione della Minetti a proposito
dei glutei del suo principale), volti cadenti
da maquillage televisivo e un celodurismo
di circostanza, tutto da dimostrare, che
abbisognano di quantità industriali di
citrato di sildenafil per reggersi, per così
dire, in piedi. Tuttavia ci provano!
E dunque torna alla mente la lucida analisi
di Gadda quando definì l’epopea del
ventennio nel quale, partendo dall’assunto
freudiano che l’erotismo avvolge e
coinvolge tutto, il priapo babbeo, l’ex
agitatore massimalista, il condottiere di
quadrate legioni, concupì la credula Italia
( che si fece concupire) cosicché furono
“ … la coscienza collettiva, e la singula,
oltraggiate dal coltello, dal bastone,
dall’olio, dall’incendio, e di poi messe in
bavaglio da disperati tramutatisi per
scaltrita suasione in soci nel grido e
nell’armi, dalle carceri, dalle estorsioni,
dal veto imposto per legge, se legge fu
quella, a ogni forma del libero conferire
e prima che tutto alle stampe, dalla
sempiterna frode ond’era spesa la parola e l’intendimento
e poi l’atto, dalla concussione sistematica esaltata al
valore e direi al decoro formale di un’etica nicomachèa,
… alla tonitruante logorrea d’uno o d’altro poffarbacco,
dalla folle corsa verso l’abisso e, ad ultimo, dalla strage,
dalla rovina del paese, si direbbe codesta coscienza l’abbî
trovato ricetto, quasi oltre lor lagune i Veneti, così ella
in una zona munita dall’acque, contro la storia spaurata”
(tratto da Eros e Priapo: da furore a cenere). Il
ragionamento ci porta inevitabilmente alla conclusione
che il pusher del governo dei fatti, il pianista di nave, il
caimano, come quell’altro poffarbacco, ha sedotto l’Italia
dell’iPhone, delle Audi e delle Bmv, delle frodi carosello,
dell’evasione fiscale come punto d’onore, di chi crede
all’uomo della provvidenza come i più piccoli credono
alla befana, di chi vagheggia per i propri bambini un
futuro al grande fratello, ad amici o all’isola dei famosi,
nel terribile presagio di aver cresciuto dei figli la cui testa
è, tutto sommato, piena di vuoto. L’unica differenza è
che nella vicenda attuale la parte marziale, sempre pronta
alla pugna, è delegata (come una cessione di ramo
infine molto allegramente boicottano i
prodotti padani.
Se dobbiamo dare una lettura obiettiva,
probabilmente si tratta di movimenti senza
futuro, di cui però non può sfuggire la
forte carica provocatoria: l’Italia resta la
terra dai mille campanili, dove, nonostante
la funzione unificatrice svolta dalla
televisione, dalla religione, dai mass
media e dall’arrivo degli extracomunitari
(che ha attenuato di molto la
contrapposizione <terroni&polentoni>)
tante identità territoriali e culturali
gridano alle ingiustizie passate e presenti.
E’ la situazione più propizia per riproporre
i
l
federalismo, che si presta meglio di
qualsiasi altra forma di governo a
ricomporre tutte queste differenze, a far
convivere insieme realtà molto diverse
tra di loro rispettandone le peculiarità,
proprio secondo la tesi inascoltata di
Carlo Cattaneo all’indomani dell’unità.
Dal secessionismo è, oltre che possibile,
anche opportuno fare un passo verso il
federalismo, come vorrebbe la Lega, ma
si tratta di un passo che richiede estrema
consapevolezza storica e critica, oltre che
volontà politica costruttiva, non solo da
parte del Governo, ma anche e soprattutto
da parte di chi dovrebbe vivere sulla
propria pelle questa nuova esperienza
passando dalla teoria alla prassi: noi
italiani tutti, appunto.
Cosa è stato fatto finora? Un breve
exursus è, a questo punto, d’obbligo.
All'indomani dell'unità d'Italia, nonostante
una realtà territoriale profondamente
diversificata, sia per motivi economici
(il regno di Sardegna era indebitato e
sull'orlo del collasso, molto propenso
quindi ad assorbire l'intera ricchezza del
regno delle due Sicilie) che ideologici,
per via delle correnti mazziniane, di
Cavour e Minghetti, in Italia prevalsero
le ragioni del centralismo e della
centralizzazione, anziché quelle del
federalismo, con la conseguente
standardizzazione amministrativa e
omogeneizzazione culturale, per portare
il neonato Stato italiano ad un assetto
strettamente unitario. Solo dopo la caduta
del fascismo, la Costituzione del 1948
introduce la variante dello Stato regionale
creando così un debole compromesso tra
le ragioni federali e quelle unitarie.
Comincia così un processo di
decentramento portato avanti a singhiozzi
e senza molta convinzione, soprattutto in
concomitanza di onde lunghe destate da
coeve esperienze europee.
La prima tappa del decentramento, in
applicazione del dettato costituzionale,
si è raggiunta negli anni '70, dietro la
spinta neo-regionalista europea, che lascia
anche in Italia una debole impronta,
portando all'istituzione di una
regionalizzazione caratterizzata da una
visione minimalista dell'istituto regionale
ordinario, che, secondo una concezione
superficiale della realtà storico-culturale
italiana, a differenza del regionalismo a
statuto speciale, non risponderebbe ad
esigenze territoriali, legate cioè alla
necessità di governare squilibri economici
e diversità linguistiche presenti sul
territorio. Un’altra importante spinta è
data della riforma Bassanini del 1997,
grazie alla quale le regioni diventano
soggetti primari nell'attuazione della
legislazione nazionale, cui segue nel 2000
l’abolizione dei trasferimenti statali
vincolati alle regioni. Il processo di
revisione costituzionale in chiave federale
prosegue con il referendum del 7 ottobre
d’azienda ma con pari tromboneria) alle camicie verdi
con il famoso slogan di marmoree pudenda, i millantamila
fucili già pronti da qualche parte etc. etc.; o anche a
qualche colonnello che al momento del giro di boa gli è
rimasta la poltrona attaccata al culo, tradendo gli antichi
propositi fiuggiani e le buone intenzioni antepredellinesche; mentre il resto dell’apparato
propagandistico, il minculpop, aggiornato alle moderne
regole del marketing, è rimasto nelle mani ben salde dei
forzitalioti della prima ora. Io, dal mio piccolo, oltre
questa paludosa miseria umana, vorrei proporvi invece
la vera innocenza di un’altra Ruby che, essendo parte di
una storia di Tom Waits, è senz’altro una persona in carne
e ossa che un giorno, da qualche parte, ha vissuto.
Parlo della prostituta della celebre Ruby’s arms ( già il
richiamo al calore umano di un abbraccio alle prime luci
dell’alba mi riconcilia col mondo), a cui un cliente
occasionale dedica delle parole bellissime.
Malgrado l’intenzione di andarsene per sempre,
quell’uomo si alza e resta a guardare ancora un po’ la sua
Ruby; è un soldato con stivali da ferroviere, perciò la
del 2001 confermativo della legge
costituzionale 3/2001, che oltre a
rafforzare il principio di autonomia di
entrata e di spesa, aumenta sensibilmente
le garanzie centro-vincolanti a tutela del
potere legislativo regionale, non più
soggetto al controllo preventivo delle
leggi da parte del Commissario di
governo.
A questo quadro, perché si possa iniziare
a parlare di federalismo, manca un
importante tassello: in una federazione
le polities sovrane rinunciano ad una parte
del loro potere dando vita ad una polity
che le comprende al suo interno senza
avere un centro politico dominante, bensì
una condizione di pari legittimità
costituzionalmente garantita, che investe
tanto il centro federale quanto i centri
federati. Sul piano istituzionale e
amministrativo il federalismo si
contraddistingue per la presenza di
meccanismi centro-vincolanti capaci di
impedire ad una singola polities di
decidere liberamente e unilateralmente
della distribuzione dell'esercizio del
potere. A partire dal prototipo americano,
la partecipazione delle entità federate
alla decisione nazionale viene garantita
dalla seconda camera del parlamento
federale, dove non siedono i
rappresentanti del demos, come negli
stati unitari, ma quelli delle polities
componenti la federazione. In questo
modo il bicameralismo che attualmente
serve da strumento di maggiore tutela
della rappresentanza democratica dei
cittadini all'esercizio del potere, funge
anche da garante dell'autonomia e
dell'integrità delle entità federate.
È a questo punto che si evidenzia
l’anomalia italiana: oltre ai forti limiti
del potere legislativo regionale, il nostro
ordinamento non prevede alcuna forma
di rappresentanza regionale nel
parlamento nazionale, mentre,
paradossalmente, a livello di Unione
Europea le regioni non solo italiane hanno
una rappresentanza.
Si deve a questo punto rimarcare la più
macroscopica insita nelle scelte attuate
dall’attuale classe dirigente: avviando il
“federalismo fiscale” si è cominciato a
costruire dal cappello e non dalle
fondamenta, evidenziando la componente
egoistica alle origini di tale scelta.
«Con l'avanzamento del federalismo
fiscale, subentra un sempre crescente
finanziamento delle maggiori spese
decentrate, in prevalenza con tributi propri
o con compartecipazioni, anziché con
trasferimenti tarati sulle spese, come nel
passato. Siccome tributi propri e
compartecipazioni, sul territorio, sono in
genere molto più sbilanciati delle spese,
mentre le dosi di perequazione delle
capacità fiscali territoriali possono essere
anche notevoli ma non possono essere
che parziali, altrimenti sarebbe lo stesso
concetto di federalismo fiscale a venir
meno, viene inevitabilmente innescato il
conflitto sociale» (G.Vitaletti) che si
concretizza nel conflitto tra le regioni
“ricche” e quelle “povere” che vedrebbero
ridursi i servizi pubblici o dovrebbero
pagare molto di più per ottenere gli stessi
servizi di prima. In effetti questo è quello
che sta già avvenendo. Non si può
innescare un processo di tale portata senza
prevedere un minimo di correttivi. Ad
un'attenta analisi, le disuguaglianze
economiche che dividono l'Italia in due,
potrebbero essere ridimensionate con il
federalismo fiscale, ma a condizione che
questa misura non venga lasciata isolata
in un contesto che vede non ancora
chiaramente individuate responsabilità e
mansioni, con il frantumarsi tra mille
Enti, anche locali, della distribuzione di
compiti e competenze - cosa che
impedisce la concreta operatività degli
Enti pubblici e delle istituzioni- e
soprattutto a condizione che non venga
meno, come vorrebbe la Lega Nord,
l'aspetto cooperativo e di solidarietà tra
le polities ( richiesto dall'espansione del
welfare state avutasi a partire dagli anni
Settanta) che caratterizza l'organizzazione
interna di tutti gli stati federali e che ha
consentito, tanto per fare un esempio, in
pochi anni, dopo la caduta del muro di
Berlino, alla ex Germania dell’Est di
superare il forte gap accumulato durante
il regime sovietico.
canzone inizia con una tromba e un ritmo che hanno
sapore di guerra.
Poi comincia in solitudine il piano e già si avverte una
profonda malinconia, come quando dobbiamo alzarci che
è ancora notte, piove fuori, e dobbiamo andarcene lontano,
lasciandoci dietro chi amiamo. Alla quinta battuta, attacca
il vecchio Tom: la voce graffiata sembra proprio quella
di una persona appena sveglia. La stanza è povera: povere
tende, poveri vestiti nel guardaroba, un cassettone, un
carillon, una finestra sconnessa e una povera sciarpa da
portare via, come ricordo. E lui ha tutto il tempo di dire
addio a quella donna, doppiamente innocente perché
ancora addormentata. Fuori c’è un povero cortile pieno
di pioggia, con dei poveri cristi intorno ad un fuoco:
hobos in cerca di lavoro. Qualcuno lo mette su un treno,
lui dice addio ancora una volta alle sue braccia e alle sue
labbra che non bacerà mai più. Sulla fuga dell’orizzonte,
ieri si annichilisce innocente e irrecuperabile ma regala
una goccia di splendore a tutto il tempo vissuto.
di Lucio Spampinato
5
La sessualità nella
produzione bio-politica
Nella società occidentale abbiamo sempre concepito la sessualità, al di là del fattore biologico, come un paradigma di schemi
fissi, di regole di comportamento e di abitudini sociali “normali”. Normalità, disciplina, abitudine sono termini comuni a
quell’universo meccanizzato, controllato, regolamentato e razionale che è l’Occidente al suo culmine: cioè il capitalismo globale
e la sua invasione totale di ogni aspetto della vita, la capacità bio-politica del sistema che normalizza qualsiasi cosa, che trae
profitto nell’economizzare ogni ambito della vita di un individuo. Ma cos’è la sessualità? Di sicuro essa presenta un fattore
culturale variabile di epoca in epoca e di civiltà in civiltà (pensiamo al Medioevo, all’Antica Grecia o ai Babilonesi, la cui cultura
sessuale era sicuramente diversa dalla nostra). La sessualità, intesa come sistema di valori universali che determinano i
comportamenti sessuali degli uomini, non esiste. Quando poi la morale occidentale e cristiana ha prodotto i primi canoni di
disciplina, creando i presupposti culturali ad una scienza dei corpi sessuali ed una regolamentazione morale delle attività
riproduttive dell’uomo, il potere comincia a manipolare, ad ideologizzare quest’idea: nasce la sessualità.
Tuttora, ovviamente, la sessualità viene manipolata e finalizzata alla disciplina sociale attraverso microstrutture di potere (rapporti
tra individui, influenza della famiglia, dei mass-media, del mercato, delle istituzioni, ecc.), attraverso una morale secolarizzata,
radicata profondamente nella cultura popolare, ed attraverso tutte le scienze, umane ed esatte. Essa è entrata a far parte, in tutte
le sue sfaccettature, del mercato globale: è diventata merce, plusvalore, profitto (ad esempio la produzione di anticoncezionali,
di profilattici, il grande mercato della pornografia, ecc.). Ed il concetto di “diversità” diviene un fattore da sfruttare, rappresenta
un ampliamento del mercato: anche gli individui considerati “diversi” vengono “accettati”, “tollerati”, inglobati nelle strutture
di potere bio-politico come corpi da sottoporre ai canoni di vita della produttività, della disciplina, della disuguaglianza
“normalizzata”: sono bio-uomini, bio-donne, bio-eterosessuali, bio-omosessuali, bio-trans, ecc. La liberazione sessuale non è
mai avvenuta: quella che è avvenuta negli anni ’60 e ’70 è stata una grande normalizzazione sociale di alcuni comportamenti
sessuali che potevano essere economizzati e sfruttati dal potere per mantenere le gerarchie e le strutture sociali vigenti, organizzate
in base alla produttività ed al profitto, nascoste sotto la falsità della democrazia liberale ed universalizzate da una feroce
globalizzazione economica, politica e culturale.
di Vincenzo Melchionda (Autarchico)
La bellezza nell'Arte
non è né un nome
né una firma ma solo
l'opera che ti crea
emozione!
Un po’ Dalì un po’ De Chirico, un po’ surrealista un po’ metafisico. Uno stile nuovo, innovativo, che prende spunto da due
dei più grandi maestri dell’avanguardia artistica novecentesca. Vincenzo Conciatori nasce nel 1944, a Roma. Sin da piccolo
dimostra una particolare predilezione per l’espressione grafica. Dapprima segue uno stile più sobrio, classico, usando come sua
fonte Michelangelo, per poi gettarsi, non ancora maggiorenne, nell’immenso mondo del surrealismo, alla Dalì insomma. Poi
nella metafisica, un terreno impervio da percorrere, giacché fa leva sulla sola inventiva dell’artista, non prendendo spunto da
nulla di reale o visibile. Volti senza vita, chiaro riferimento al Maestro De Chirico; profili inespressivi dettati da una malinconia
che ammalia i protagonisti delle opere. Un pessimismo leopardiano che impera, che rende preda l’artista, conscio dell’epoca in
cui vive, dove le vite sono comandate dalla politica del malaffare. Il rosso, in tutte le sue tonalità, dalle più accese alle più smorte,
domina la scena, esasperando i sensi già persuasi da una tavolozza completa ed efficace. Colori forti, che non cadono vittima
dell’incertezza della pennellata. Uno dei più chiari esempi dell’uso efficace del rosso e affini, è rappresentato dall’opera “Tramonto
dell’amore”. Due corpi, di sessi opposti, giacciono nudi su una spiaggia, in pose plastiche che ricordano sculture antiche. Le
posizioni assunte dai soggetti suggeriscono inoltre una resa nei confronti della vita, di un amore appena finito, mentre il rosso
cocente e pungente macchia per l’ultima volta il cielo. Le opere sono proiettate in una galassia parallela, in cui gli elementi
gravitano in spazi infiniti, senza barriere temporali e senza la necessità di sembrare per forza realtà. Reali sono invece le sensazioni,
le emozioni, che sgorgano dai non-visi dei soggetti, dai corpi cadenzati e decadenti. Ed è in opere come “Incoraggiamento” che
il pittore manifesta il suo animo turbato, una richiesta d’aiuto rivolta ad un mondo sordo. Due grosse mani squarciano la realtà
arcigna, in questo caso rappresentata dal cielo in tempesta durante la notte, entrando in una realtà ipotetica, bellissima, eterea,
dove la luce domina la scena. E su queste grosse mani un uomo, seduto, che appoggia sconsolato i gomiti sulle ginocchia,
guardando per terra e tenendosi strette le mani. Le mani rappresentano dunque la speranza, la speranza che qualcosa possa
cambiare, che la realtà non sia solo quel cielo turbolento di una notte nera da dimenticare. Artista impegnato nel sociale, organizza
frequentemente manifestazioni artistico culturali per promuovere il fervore artistico fra i giovani, cooperando con associazioni
preesistenti, sia su scala regionale che nazionale. Conciatori è per cui fautore dell’arte come vera e propria espressione di sé
stessi, come forma di liberazione, di esternazione del proprio io, abbattendo i vecchi modelli classici, chiusi all’innovazione.
Palesa questa linea di pensiero nell’opera “Nascita del nuovo artista”. Qui infatti è raffigurato un uomo che esce fuori da una
tela, si libera del vecchio per entrare nel proprio mondo pittorico, in cui non tutto è necessariamente quel che sembra essere. Il
nuovo artista dunque non è più vincolato da stereotipi, restrizioni e scelte di mercato, ma è libero interprete delle sue ispirazioni,
succube volontario delle sue emozioni. E’ anche grazie a uomini come lui che l’arte non muore; che molti giovani, magari disillusi
e demotivati, trovano conforto nella pura e “semplice” espressione delle proprie emozioni.
“Ora sono in pensione per lo stato ma non per l'arte”
di Valentino Iovine
Noi siamo ciò che mangiamo, beviamo e respiriamo
“27 luglio 2010. Torre Annunziata, vengono scoperte oltre seimila
tonnellate di rifiuti tossici nascoste su un terreno agricolo coltivato.
Sequestrato l'intero fondo, di circa due ettari, sul quale venivano
coltivate frutta e verdura destinate alla vendita. L'interramento
dei rifiuti speciali ha provocato l'avvelenamento della falda
acquifera sottostante.” “20 agosto 2009. Le chiamavano navi a
perdere, imbarcazioni da far inabissare nella profondità delle
acque con il loro carico di rifiuti tossici. Scorie radioattive da
smaltire illegalmente con un metodo che fruttava un giro di affari
di milioni di euro alle cosche della ‘ndrangheta.” “Una scarsa
attenzione quella che il Governo sta dimostrando nei confronti
della Calabria, in seguito al ritrovamento della motonave. E non
è ancora stato fatto nulla dallo Stato centrale per la caratterizzazione
dei materiali contenuti e per individuare le altre imbarcazioni
contenenti rifiuti tossici radioattivi, fatte affondare dalla criminalità
a largo delle coste calabresi. Il presidente della regione Loiero:
il governo non mostra
interesse.” “Le consorterie
mafiose, con la protezione di
qualche politico, avrebbero
barattato la salute dei calabresi
per un po' di denaro, facendo
del nostro mare una pattumiera
di rifiuti radioattivi altamente
dannosi. Forse non si sono resi
conto che le conseguenze di
questi danni non fanno
eccezioni per nessuno.” Parole
di un' indignata giornalista
calabrese. Questi fatti di
cronaca mi hanno sconvolto
sicuramente più di altri, quali
gli ossessivi casi di Sarah
Scazzi o Yara; fors'anche più
di fatti imponenti, importanti
e di peso internazionale come
la rivolta Libica, i cui risvolti
si ripercuotono anche sulla
nostra economia.
Infatti, per quanto questi fatti perennemente sotto i nostri occhi
possano riguardarci da vicino, nulla dovrebb'essere più importante
per un qualsiasi cittadino dei problemi ambientali, soprattutto se
direttamente colpevoli di abomini come quelli sopra citati.
Siamo imprescindibilmente legati all'ambiente che ci circonda
e dovremmo occuparcene così come ci occupiamo del nostro
stesso corpo. Innanzitutto perché occuparci dell'ambiente significa
occuparci della nostra salute e del nostro benessere, priorità
assoluta per la nostra auto conservazione. E chi ci priva di ciò,
non solo sta commettendo un reato contro l'ambiente e l'umanità,
ma innanzitutto un mortale torto alla nostra persona. Chi credete
abbia mangiato la frutta e gli ortaggi coltivati sul terreno di Torre?
E non siamo forse ciò che mangiamo? Non viene ribrezzo a
pensare a quali immonde sostanze possano annidarsi nel nostro
organismo, introducendosi come quotidiano pasto, come “fresca
e salutare frutta o verdura”? Per non parlare degli ignari bagnanti
del Cosentino, per anni sicuri di gustarsi l'aria e le acque salubri
delle magnifiche coste calabresi. Per anni, perché i rifiuti tossici
sono rimasti lì per almeno una dozzina d'anni prima che le autorità
se ne accorgessero..
Queste cose ci uccidono. Ci uccidono fisicamente, e a stento
porgiamo ad esse la nostra attenzione,
che è invece tutta focalizzata sulla cronaca, nera e rosa, trattata
indistintamente con la cura morbosa e particolareggiata del gossip.
Sono i segni di una società priva di idee, annoiata, che non vuole
farsi gli “Scazzi” propri, impegnata a mettere il muso in affari
che non li riguardano, invece di curarsi del proprio spazio vitale
violato e violentato. Sono i mezzi di distrazione di massa, di cui
siamo oltremodo succubi. Ma torniamo a Torre o nel cosentino.
Chi è reo di cotanta folle strafottenza verso la vita?
Fra tutte le piaghe della delinquenza organizzata, l'ecomafia è
forse la più subdola e meschina, la più autodistruttiva ed
incosciente. Coloro che commettono tali crimini davvero credono
di non subirne le conseguenze? O forse il fruscio delle carte della
zecca ha a tal punto ottenebrato la loro ragione da fregarsene?
E' già oltre modo difficile sopportare l'inquinamento quotidiano
e “normale”, l'aria di città, la spazzatura, l'artificiale che soffoca
il naturale.. A questo proposito, credo sia interessante fare un
lungo passo indietro, tornare ai
primordi dell'industrializzazione, dove
subito hanno avvertito questi sintomi
di cui stiamo parlando, che oggi sono
degenerati in malattia.
Leggendo di artisti del passato o
guardandone le opere, in particolare
artisti dell'800', balza agli occhi una
sensibilità per il mondo naturale che
è assolutamente estranea all'uomo
contemporaneo. Lungi dal farsi
prendere da fascinose nostalgie, il dato
importante riguarda la nostra
incoscienza e mancanza di
consapevolezza per quanto concerne
il rapporto con la terra, la campagna,
il mondo rurale e la sua assolutamente
primaria importanza. Forse spesso ci
sfugge dalla mente che i generi
alimentari non nascono e crescono nei
supermercati; non pensiamo alla lunga,
forse troppo lunga storia che li ha fatti
arrivare su quegli scaffali..
Totalmente sommersi e subissati dall'artificioso, la natura si è
completamente smaterializzata dalla nostra vita. Per molte persone,
in particolare nelle grandi città con vasti quartieri periferici sorti
velocemente e senza un valido piano regolatore, la natura è
cornice spettacolare di film o documentari di mondi irraggiungibili.
Per tali persone anche solo l'insetto o la vacca sono apparizioni
straordinarie, addirittura vagamente spaventose. Giuro che parlo
per esperienza personale, nonostante non viva e non abbia mai
vissuto in grandi città (ma la nostra ne ha, tristemente, alcuni
connotati, naturalmente i peggiori). Inquinamento e dominio
dell'artificiale costituiscono una malattia con cui ci siamo abituati
a vivere. E l'abitudine ci ha fatto diventare insensibili. Così ora
per noi sono più rassicuranti e piacevoli il cemento e l'asfalto
che non la terra. L'ambiente cittadino è diventato la nostra culla
e la nostra prigione. Culla, perché in città abbiamo tutto ciò di
cui abbiamo bisogno e l'unico sforzo deve farlo il portafogli.
Prigione, sia fisica che mentale, giacché se pure fossimo liberi
di uscirne, difficilmente ne avremmo la forza.
di Nello Iovine [Sir William]
8.9 è il numero che i giapponesi ricorderanno per sempre,
quello della scossa più forte che si sia mai verificata
nell’arcipelago del Sol nascente. E via, subito a pensare
al rincaro dei prezzi del gas, all’abbassamento del costo
del petrolio, alla questione nucleare, tutto chiaramente
legittimo. Ma proviamo ad andare oltre. Quanto ci
viene inculcato di una delle culture più stravaganti ed
eccentriche del globo? Dando un’occhiata in giro fra i
miei coetanei direi poco, molto poco. La globalizzazione
ci mette in mano i loro Nintendo, distribuisce sulle
nostre tv i loro anime (cartoni animati), ci impartisce
lezioni di Budo, meglio note come arti marziali, ma
quanto ci ha trasmesso del loro sapere questa
globalizzazione che non sbaglieremmo a definire
“americanizzazione”? Sono finiti i tempi in cui i paesi
lontani venivano relegati con aria di sufficienza a patria
di lussuria e dissoluzione, e la loro gente talora tacciata
come retrograda e non civilizzata. Ed ora che sul
Giappone pare si stia abbattendo l’apocalisse, ora che
un paese già sconfitto dal nucleare più di sessant’anni
fa parrebbe quasi soccombere sotto il segno della stessa
maledizione, sembra giusto approfittarne per cogliere
qua e là qualche informazione sul popolo del Sol Levante;
e chissà che questo non ci stuzzichi tutti a saperne di
più. Hokkaido, Shikoku, Honshu e Kyushu: queste le
quattro culle di una cultura eclettica, un singolare mix
fra Ponente e Levante. Basti pensare alla scrittura, di
derivazione cinese, alla musica, tanto influenzata nel
dopoguerra da Europa e America da dare vita al J Pop.
Elementi di importazione che nulla hanno tolto a quei
caratteri innovativi che hanno concepito nel tempo una
tradizione tutta giapponese di ikebana, teatro, sport,
architettura, cucina, istruzione, letteratura (non
dimentichiamo che Genji Monogatari è stato più volte
stimato come primo romanzo psicologico della letteratura
mondiale). Che dire già solo del peculiare stile di vita
ben incentrato sui rari concetti di ordine e rispetto, e
quanto mai visibile dalle scene degli ultimi giorni:
supermercati dagli scaffali pieni, ove l’anarchia regna,
eppure ancora inviolati (se fosse successo in Italia
probabilmente ci saremmo precipitati come avvoltoi),
da non credere. Certo è che se subito dopo ci si ricorda
che la pena di morte incombe minacciosa, con numeri
da record, ordine e rispetto divengono valori ben più
tristi oltre che palesemente condizionati. Ma per una
volta proviamo a concentrarci su una sola faccia della
medaglia, quella fatta ad esempio della stravagante
cerimonia del tè. Altresì noto come Sado, tale rituale di
preparazione e consumazione di té verde e amaro, viene
appreso in vere e proprie scuole specializzate, per poi
concretizzarsi nelle case giapponesi più tradizionaliste,
in una stanza che aprendosi sul giardino (vera e propria
oasi privata), permetta un vivo contatto con la natura.
Già perché il culto dell’eden si fa vanto di essere una
delle tessere che completano la varietà del mosaico
artistico nipponico, con la sua progettazione ben studiata,
oltre che la tradizione storica legata ai monaci, e che
trova la propria ragion d’essere nell’intenso e
sensibilissimo sentimento che vibra fra uomo e natura.
Non è un caso d’altra parte che l’arte di curare bonsai,
benché di derivazione cinese, abbia rintracciato il proprio
habitat ideale in questa terra dal color verde brillante
(la tinta dominante in Giappone, date le frequenti piogge);
oppure che vi sia stata concepita una tecnica artistica
della composizione floreale, autoctona e fantasiosa, la
cosiddetta ikebana, di larga esportazione. Il risvolto
pragmatico è la vera bellezza di un’arte che all’essenza
filosofica e all’aspetto estetico, coniuga alle volte
l’esigenza di isolarsi dal suo mondo fortemente
industrializzato e aggrapparsi all’ancora della cultura.
di Gabriella Rago
Eco-compatibilità, fase 1:
la presa di coscienza
La parola “ambientalismo” non è mai stata ripetuta così
tanto. Gli eventi degli ultimi mesi stanno facendo
passare una mano sulla coscienza a tanti capi di stato,
e gli uomini si stanno forse, finalmente, rendendo conto
della precarietà in cui stiamo riducendo questo pianeta
e le nostre vite. Ci sono tanti argomenti di cui parlare,
non c’è bisogno di essere scienziati, perché sono
problemi che riguardano tutti da vicino, senza alcun
tipo di eccezioni, e soprattutto bisogna entrare in
un’ottica più ampia, che non si limiti al solito “not in
my garden”. È necessario che i cittadini di tutto il
mondo prendano coscienza una volta per tutte di cosa
significhi “eco-compatibilità”. Le tematiche, come già
detto, sono infinite: l’ultima in ordine di tempo è il
nucleare, con tutte le conseguenze che comporta
(radioattività altissima nell’aria, nell’acqua, nel terreno,
malattie). Bisogna però parlare anche di desertificazione,
cementificazione del territorio, inquinamento dell’aria,
delle falde acquifere, desertificazione dei fondali marini,
OGM, surriscaldamento globale, stravolgimento della
catena alimentare e tanto, troppo altro. Vivere in armonia
con l’ambiente che ci circonda significa innanzitutto
essere informati: cerchiamo quindi di accennare almeno
qualcosa sugli argomenti appena citati:
- Problema nucleare: tutti sappiamo quello che è
accaduto in Giappone, ma soprattutto, gli occhi del
mondo sono puntati sulla città di Fukushima, per i
reattori scoppiati nella sua centrale nucleare. Ciò che
è accaduto è stato di una gravità inaspettata e l’acqua
versata per abbassare il livello della temperatura nei
reattori è stata ovviamente contaminata dalle radiazioni
ed in seguito scaricata nell’oceano. Si tratta di oltre
diecimila tonnellate di acqua radioattiva, che
contamineranno la flora e la fauna marina, provocando
probabilmente mutazioni genetiche. Se una leggera
nube radioattiva era giunta fino in Cile, proviamo ad
immaginare cosa accadrà con diecimila tonnellate di
acqua contaminata. Il Giappone è in ginocchio, e forse
per questo molti paesi stanno facendo un passo indietro
sul nucleare. Molti, tranne l’arrogante e stupida Italia,
che continua a dispensare rassicurazione ai suoi cittadini.
D’altronde, se ce lo dice la Prestigiacomo che il nucleare
è sicuro, perché non crederci? Citando le parole del
premio Nobel dott. Hermann Joseph Muller, possiamo
comprendere quanto siamo piccoli di fronte alla potenza
della natura, nonostante la scienza e le nuove
tecnologie:“Il patrimonio genetico è il bene più prezioso
dell’ essere umano. Esso determina la vita dei nostri
discendenti, lo sviluppo sano ed armonioso delle
generazioni future. In qualità di esperti, noi affermiamo
che la salute delle future generazioni è minacciata dallo
sviluppo crescente dell’ industria nucleare e dalle fonti
di irraggiamento nucleari.” Ciò che si può aggiungere,
sono i numerosi dati che ormai rimbombano dappertutto,
a partire dai siti internet come
www.fermiamoilnucleare.it , il sito del Comitato
nazionale “vota si per fermare il nucleare” che ha
lanciato il referendum con l'obiettivo di raggiungere
25 milioni di firme. Gli argomenti contro il nucleare e
a favore delle energie alternative sono anche troppi per
continuare a dubitare, è necessaria una rivoluzione
energetica che modifichi i nostri stessi stili di vita in
modo da renderli più compatibili con l’ambiente che
ci ospita.
- “Inquinamento” è un termine troppo vago: si può
parlare di inquinamento delle acque, della terra, dell’aria,
perfino di inquinamento acustico e visivo. Parlando
brevemente del problema nucleare, abbiamo potuto
notare come sopraggiunga immediatamente il problema
dell’inquinamento, della contaminazione del territorio
in cui viviamo noi e la fauna e la flora di cui ci cibiamo:
falde acquifere inquinate che vanno ad irrigare terreni
inquinati, che ci donano frutta e verdure contaminati.
Oceani e mari distrutti da petroliere affondate, da
contaminazioni radioattive, da rifiuti prodotti dall’uomo,
in cui vive una fauna di cui però noi ci cibiamo! Non
possiamo restare immobili a chiederci da dove arrivino
questo aumento di tumori e di malattie genetiche. Noi
siamo quello che mangiamo, e quello che mangiamo,
oggi, è frutto del nostro stesso comportamento verso
il mondo in cui viviamo. L’uomo non può continuare
a produrre senza smaltire, ecco perché un’era di infinita
produzione deve per forza concludersi in un’era del
riciclo, del buon senso: è quella in cui dovremmo
trovarci noi. Dovremmo riciclare e differenziare di più
e produrre e consumare di meno. Ma queste, in molti
paesi, restano ancora parole vane senza un’eco effettiva
e concreta.
- La desertificazione del territorio avviene in vari modi:
per processo naturale (ciò che è avvenuto per aree del
pianeta come il deserto del Sahara,del Gobi e altri)
oppure per fattori esterni, artificiali: l’uomo. L’essere
umano, in principio l’uomo occidentale, per potersi
creare sempre più spazio, iniziò con lo sterminare tutti
i popoli indigeni ed occupare i loro territori, poi passò
alla distruzione di piccoli boschi, per costruire i propri
accampamenti, poi aree sempre più vaste, per i propri
palazzi, fino alla distruzione di centinaia di ettari di
foreste, per le abitazioni, le fabbriche,i negozi, i centri
commerciali...Così, oggi, più che di desertificazione in
senso ampio, si parla di “cementificazione”, che poi è
anche la desertificazione definitiva, una vera condanna
a morte: quel terreno coperto di cemento non sarà mai
più fertile, nemmeno tra centinaia di anni. Le
conseguenze della desertificazione sono meno
immediate. Nel caso della foresta Amazzonica, si parla
di distruzione del polmone della terra, quindi meno
ossigeno per tutti, e considerando che la popolazione
continua a morire sempre più tardi, siamo sempre di
più a respirare. Poniamo il caso che l’Italia debba un
giorno trovarsi di fronte ad una grave crisi economica
e ad un ritorno al settore primario: moriremmo di fame,
perché non avremmo terreni da coltivare, grazie agli
imprenditori, ai costruttori e ai
consumatori affamati. Tutto
cementificato, tutto morto per
sempre, tutto sotterrato da
autostrade ed enormi edifici
in acciaio e cemento
armato. E’ chiaro che
queste poche grandi
problematiche citate
hanno un peso enorme
nella nostra vita e in
quella
delle
generazioni future;
dunque, anziché
pensare ad un
guadagno immediato
per pochi, sarebbe più
intelligente
immaginare un futuro
più sano per tutti! La
folle corsa distruttiva che
questa
società
consumistica
sta
affrontando è, alla fine, solo
contro se stessa.
di Michela Landi