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Settimana N° 92 (25 aprile - 1 maggio 2011) VOLTAFACCIA, DIETROFRONT, COME NON DETTO: LA POLITICA ENERGETICA IN ITALIA Scritto da Alessandro Kostis Che in Italia sia assente un piano nazionale energetico lo sanno tutti. Tuttavia il governo di Berlusconi non smette mai di stupirci con i continui ripensamenti su quale sia la strada giusta da seguire. E dire che l’Europa una sua idea su come dovrebbe essere prodotta l’energia nel prossimo futuro ce l’ha ben chiara in testa, e anche da un bel po’ di tempo. Con il piano 20-20-20 nel 2008 il parlamento comunitario ha, infatti, pianificato un futuro in cui le parole d’ordine sono risparmio energetico, riduzione delle emissioni, e sviluppo delle fonti rinnovabili. Il governo tuttavia, invece di perseguire questi obiettivi comuni, ha preferito prendere una strada molto diversa, pianificando una politica energetica basata sul nucleare. Tuttavia dopo aver preso accordi con i francesi di EDF (costruttori del tanto discusso EPR, il reattore di terza generazione) e imbastito un’enorme campagna propagandistica sui vantaggi che l’energia nucleare avrebbe portato al paese, qualcosa ha fatto sì che il piano si inceppasse. Il sisma che ha distrutto gran parte del nord-est del Giappone, ha infatti anche gravemente danneggiato la centrale nucleare di Fukushima, mettendo in allarme l’intero globo. A quel punto la macchina del consenso ideata dagli strateghi del premier per convincere gli italiani che un ritorno al nucleare fosse cosa buona e giusta, si è bloccata improvvisamente. E se aggiungiamo a questa criticità il fatto che le elezioni amministrative sono ormai prossime, possiamo ben farci un quadro preciso del perché il governo in questi giorni abbia repentinamente deciso di abbandonare il progetto su cui aveva già così pesantemente investito. È proprio in tale quadro che va inserito il rapido dietrofront del Ministro Tremonti, che presente martedì scorso ad un’audizione delle commissione affari istituzionali del parlamento europeo, ha dichiarato: «Credo sia il momento per un passaggio storico. Credo sia arrivato il momento di ragionare su una versione applicata del vecchio e glorioso piano Delors e di investire in piani di investimento in ricerche alternative, anche combinandoli con la nuova struttura geopolitica del Mediterraneo. Credo che sia arrivato il momento di finanziare questi piani per investimenti in nuove energie, anche con gli Eurobond». Quasi irriconoscibile la posizione del ministro rispetto a quella espressa più volte nei mesi passati; come, per esempio, quella ormai celebre battuta espressa al Forum di Cernobbio appena un anno fa: «Dal debito energetico non si esce con il mulino a vento o con il mulino bianco. La scelta del nucleare non è sbagliata». Oppure ancora, per rimanere a tempi più vicini a noi, si pensi alla sua posizione sull’atomo, enunciata appena quindici giorni fa durante il programma televisivo In mezz’ora, condotto da Lucia Annunziata: «Se avessimo il nucleare avremmo un tasso di crescita molto più alto di molti altri. Noi in Italia non abbiamo centrali, ma in questo momento in Europa ci sono 150 centrali e in Svizzera tantissime, quindi la questione non riguarda solo l'Italia». Un procedere a tentoni che ricorda molto il cammino intrapreso anche da un altro ministro. Alludo al ministro per lo sviluppo economico Paolo Romani, che dopo aver sferrato un attacco micidiale contro gli incentivi alle fonti rinnovabili, e averlo per di più dotato di potere retroattivo (rendendo molto precaria la situazione dei 100.000 addetti del settore), ha in questi giorni presentato la bozza del nuovo conto energia. Dopo essere stato duramente bacchettato dal commissario dell’UE per l’energia, Günther Oettinger (qui trovate la lettera inviata al Ministro Romani), che ha invitato il governo italiano a definire una chiara regolamentazione per gli incentivi e a non utilizzare strumenti legislativi retroattivi (e quindi illeciti perché lesivi del diritto alla libera impresa), Romani ha cercato di correre ai ripari presentando il quarto conto energia che dovrà adesso essere approvato nella conferenza stato-regioni. Tra i punti salienti, una differenziazione di incentivazione che distinguerà i piccoli impianti (fino a 200 chilowatt) da quelli più grandi (oltre 200 chilowatt), misura che ha lo scopo di combattere la speculazione sui contributi. Inoltre saranno aiutati anche gli investimenti fatti in zone particolarmente degradate, come le discariche o terreni contaminati. Vasco Errani, presidente della conferenza, ha già annunciato che «permangono forti criticità, anche se è stato fatto un passo in avanti», annunciando il rinvio della seduta per esaminare la bozza al 28 aprile. NUCLEARE: UNA VITTORIA A METÀ Scritto da Olga Massari Quando, quattro giorni fa, è arrivata la notizia dell’abrogazione di tutte le norme riguardanti il ritorno del nucleare in Italia, qualcuno ha esultato. Il movimento antinucleare ha vinto, abbiamo pensato tutti, dopo mesi di mobilitazioni e campagne capillari in tutta Italia, firme, volantini, dibattiti e opinioni di scienziati e intellettuali che avevano catalizzato le prime pagine dei giornali. Diciamoci la verità, la paura nucleare ha mobilitato anche gli indifferenti, molto più dell’acqua pubblica. Il governo all’inizio aveva tenuto duro, nonostante il disastro di Fukushima, con dichiarazioni del ministro dell’economia Paolo Romani che il 14 marzo tuonava così «dobbiamo continuare nel nostro piano, non dobbiamo farci prendere dall’emozione per quanto sta succedendo in Giappone, ma essere lucidi e preparati.» Poi il dietro front. Nella nota ufficiale di Palazzo Chigi si legge “ Al fine di acquisire ulteriori evidenze scientifiche mediante il supporto dell'Agenzia per la sicurezza nucleare, sui profili relativi alla sicurezza nucleare, tenendo conto dello sviluppo tecnologico in tale settore e delle decisioni che saranno assunte a livello di Unione Europea, non si procede alla definizione e attuazione del programma di localizzazione, realizzazione ed esercizio nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare". Perché questo cambio di rotta? Perché ad un mese e mezzo dal referendum? Non era chiaro fino ad un mese fa che il problema della sicurezza era fondamentale? Pare che adesso il nucleare non sia più una priorità come sosteneva Berlusconi il 5 marzo «il nucleare rappresenta l’unica alternativa a petrolio e gas, oltre alle energie rinnovabili che però rappresentano una percentuale minima del nostro fabbisogno.» Il ministro dell’ambiente Prestigiacomo minimizza il voltafaccia dichiarando che la ricerca sul nucleare «deve andare avanti» anche se l'Italia ha deciso di sospendere il suo ingresso nella produzione di energia. L’abrogazione della legge 99-2009 e la conseguente cancellazione del quesito referendario serve solo a Silvio Berlusconi per evitare che i cittadini vadano a votare anche per un altro quesito che non ha nulla a che fare con l’ambiente ma con la democrazia: il legittimo impedimento. E visto che gli ultimi sondaggi davano il raggiungimento del quorum, possiamo affermare, senza nessuna esagerazione che la cancellazione del quesito è un’abile mossa per cercare di rendere fallimentare il referendum e quindi far diventare legge il legittimo impedimento. Purtroppo, pensare che il governo si sia improvvisamente convertito alle energie rinnovabili è una favola a cui non possiamo credere. Da cittadini e da ambientalisti. Per questo, per il movimento nucleare è una vittoria a metà, e per la democrazia potrebbe essere una sconfitta sonora se gli italiani sceglieranno di andare al mare... OMBRELLONI, SDRARIO E MINI EOLICO Scritto da Giuseppe Fiordalisi Quest’estate oltre agli immancabili ombrelloni, sdraio e pedalò, nei lidi di Bagno Sole Luna di Casalborsetti, Smeraldo ,del lido di Dante e all’Alessandria del lido Adriano verranno posizionati impianti eolici che forniranno energia necessaria a tutte queste strutture balneari. Il progetto prevede di sperimentare questi impianti lungo aree costiere, per una produzione di energia pulita, dal vento. I modelli di mini eolico sono composte da pale di 6 metri che reggono turbine di un metro e mezzo o 2,40 metri. L’impatto visivo è quindi minimo, e le micro turbine producono da 1 a 1,5 kilowattora rispetto alle tradizionali pale eoliche con altezze di 80 o 100 metri. L’idea nasce dal progetto comunitario Interreg IV Power con una sovvenzione di 5 milioni di euro. La partnership principale è la Provincia di Ravenna ma sono coinvolte anche altre nazioni come la Spagna in particolare la regione dell’Andalucia e l’Inghilterra. Andrea Mengozzi, assessore per energia e l’ambiente della provincia di Ravenna, nell’ambito della “Settimana Europea per l’Energia Sostenibile” a Bruxelles ha rassicurato che i minieolici sono installazioni da posizionare sul tetto delle costruzioni già esistenti sulla spiaggia che non disturbano più di quanto fa una normale antenna televisiva. Inoltre, ricorda come il minieolico potrebbe portare ad una vera e propria rivoluzione verde in Emilia Romagna in quanto in regione si contano più di mille stabilimenti. Le condizioni di ventilazione perché il mini eolico sia efficiente devono però mantenersi su una velocità media annua compresa tra i cinque e gli otto metri al secondo. ll mini eolico non è ancora una tecnologia affermata come l’eolico, ma ha il pregio di catturare anche le turbolenze, i cambi di direzione del vento, per cui la sua minor efficienza rispetto a un grosso impianto si compensa con il vento che riesce a catturare. Perciò si può ipotizzare una sua diffusione anche in ambiente urbano, sugli edifici alti come ad esempio le torri della Regione a Bologna, ma anche sui tetti dei rifugi, oltre che sulle coste. A produrre energia saranno le famiglie, gli imprenditori in vari settori. Possiamo iniziare a parlare di generazione distribuita, ossia, come sostiene Jeremy Rifkin in cui ognuno ha la responsabilità di creare la propria energia e distribuirla attraverso un sistema simile a quello già esistente per lo scambio di informazioni su internet. FACCIAMOLO STRANO, FACCIAMOLO VERDE! Scritto da Biljana Prijic Ecofriendly anche sotto le lenzuola? Esattamente come con a tavola, in viaggio e in ogni altra occasione della vita, non è facile essere sostenibili in materia di sesso. Proteggersi è fondamentale in una sana vita sessuale, ma come (cercare di) essere ecocompatibili anche nella scelta dei preservativi? Sono belli, sono confezionati come se fossero sacchetti di lavanda, sono ambientalisti ed etici. Sono i French Letter Condoms, i preservativi inglesi CO2 neutrali. Prodotti con lattice da agricoltura biologica e nel rispetto dei coltivatori e raccoglitori indiani, sono fabbricati in Germania nel rispetto di tutte le rigide norme che garantiscono la funzionalità del prezioso salvavita. L’azienda si definisce piccola e indipendente per consumatori che vogliono fare scelte consapevoli. E i suoi prodotti non costano nemmeno un occhio della testa. Tre pacchi da 12 sono in offerta nel loro negozio virtuale a 18 sterline, poco più di 20 euro. Dopo la banana del commercio equo, ecco i preservativi fair trade, dunque. E non è un accostamento bizzarro nostro, è uno degli slogan di French Letter. Ma il Regno Unito non era quello del motto “niente sesso, siamo inglesi?”. Ben altre nazioni sono depositarie del “farlo bene” nell’immaginario collettivo. Certo il Brasile è tra questi, tra tanga, samba e altri balli sensualissimi. Ecco allora i preservativi della foresta pluviale, gli unici prodotti con lattice dell’albero della gomma. Da un’idea nata durante il lungo governo Lula, il paese che era il primo importatore di condom al mondo ha pensato bene di coniugare sviluppo economico, sociale e sostenibilità ambientale. Così nascono i condom Natex e gli alberi possono essere risparmiati perché indispensabili alla produzione dell’utile guanto di gomma. Si torna in Europa, con la tedesca Condomi. Per la serie “non tutti sanno che...”, la gran parte dei preservativi in commercio contiene caseina, una proteina del latte che viene aggiunta al lattice o ai suoi sostituti sintetici. Per chi rinuncia anche a un pezzo di parmigiano sarebbe tragico dover “sgarrare” proprio nel momento di massimo piacere. Ebbene, i profilattici Condomi sono da anni certificati “vegan ok”, perché non usano caseina o altre fonti animali. Ma ci sono poi i preservativi completamente biodegradabili americani ("Doing good never felt better"), quelli sintetici e anallergici e via di verde in verde. Come sempre, la parte difficile è uscire dalla nicchia. Come abbiamo visto, i preservativi ecologici non sono nemmeno particolarmente cari, ma nei supermercati e nelle farmacie si trovano quasi sempre le solite due-tre marche leader di mercato. Akuel e Durex, per esempio, non hanno una sola riga dei loro siti dedicata alle tematiche ambientali. E pensare che a Bologna avremmo potuto godere a chilometro zero. Non so quanti bolognesi doc o acquisiti sanno che la Hatù, proprio quella del Settebello, aveva sede in provincia di Bologna e che la fabbrica è stata chiusa una decina d’anni fa, e la produzione trasferita in Spagna. Era stata fondata nel 1922 (!) da Franco Goldoni (il cognome vi ricorda qualcosa?) e pare che il nome dell’azienda derivasse dal latino HAbemus TUtorem. Una bella storia bolognese, insomma, finita male come spesso capita. Il marchio sopravvive ancora, solo per il mercato italiano. Ma viene man mano assorbito da Durex, di proprietà della stessa multinazionale che aveva comprato l’azienda bolognese, la Reckitt Benckiser. Nel suo megaportale di presentazione dei vari brand (tutti stranoti, da Air Wick per la profumazione degli ambienti al Vanish del fastidiosissimo “fidati del rosa”) l’azienda madre si presenta come attentissima all’ambiente. Sarà, ma non è facile fidarsi di corporation di dimensioni così poco umane. Vero che magari riescono a gestire efficacemente i trasporti, o che riescono a impiegare parte dei loro enormi proventi in azioni etiche, ma sentiamo comunque puzza si greenwashing. Come al solito, rifornirsi di prodotti etici ed ecocompatibili è una gran fatica che non tutti sono disposti a fare. Se “italians do it better” non è facile farlo anche green. “FRUTTA NELLE SCUOLE”: CIBO SANO TRA I BANCHI Scritto da Laura Simoni Martedì 19 aprile a Bologna si è svolta una grande festa a cui hanno partecipato gli studenti dell'Istituto Comprensivo Lame di via della Beverara. Come ogni party che si rispetti anche in questo c’è tanta musica e allegria, ma il banchetto cerimoniale appare decisamente diverso dal solito: al posto di patatine e chips, snack ipercalorici e bibite gassate, la tavola è imbandita con spiedini di frutta e stuzzichini di verdura. L’occasione per festeggiare la offre la conferenza di presentazione di Frutta nelle scuole, progetto promosso dall’Unione europea, gestito e cofinanziato dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, che nel suo secondo anno di vita coinvolge oltre un milione di studenti delle scuole primarie di tutta Italia. Scopo dell’iniziativa è favorire anche tra i più giovani le buone abitudini alimentari attraverso la distribuzione e il consumo consapevole di frutta e verdura del territorio e rigorosamente di stagione. Ad illustrare modalità, obiettivi raggiunti e mete future della virtuosa promozione scolastica troviamo i fautori materiali del progetto: Apofruit Italia è la capofila del raggruppamento d’imprese che si occupano della consegna diretta delle fresche merende vegetali in Emilia-Romagna, Toscana e Umbria; Alimos invece è la cooperativa con sede a Cesena che progetta e realizza a livello nazionale le misure di accompagnamento didattico connesse al progetto. «Nella sola Emilia-Romagna – spiega Mario Tamanti, direttore di Apofruit – Frutta nelle scuole coinvolge più di 73 mila alunni della scuola primaria per un totale di 414 plessi scolastici. Le consegne dei prodotti ortofrutticoli, che rispettano i criteri della produzione integrata e della coltivazione biologica, sono già iniziate da qualche mese e vengono svolte in ogni scuola aderente, per un totale di 30 giornate durante l’intero anno scolastico. Le merende vengono confezionate in involucri e vaschette biodegradabili e completamente riciclabili, a testimoniare la nostra particolare attenzione all’impatto ambientale del packaging». Continua Massimo Brusaporci, direttore di Alimos: «Il percorso di scoperta della frutta che parte dalle scuole deve giungere ad un necessario coinvolgimento degli insegnanti e delle famiglie. Per questo motivo grandi e piccoli non solo potranno assaggiare cibi sani e nutrienti, ma verranno accompagnati in tutta l’Emilia-Romagna anche attraverso 39 giornate a tema con spettacoli teatrali, 98 visite in fattorie didattiche e 479 giornate totali da trascorrere tra i laboratori didattici e la costruzione di orti scolastici». Anche Tiberio Rabboni, Assessore all’Agricoltura della Regione Emilia-Romagna, interviene compiacendosi della buona riuscita di quello che definisce il «più importante programma di educazione al consumo consapevole di frutta e verdura mai realizzato in Italia» ed auspicando che si possa finalmente «affrontare in modo serio il problema dell’educazione alimentare delle giovani generazioni cercando di contrastare la concorrenza di merendine e pubblicità televisiva». Ma torniamo alla nostra festa, in palestra, dove Daniele De Leo in arte Lando coinvolge nel suo divertente rap della frutta un centinaio di bambini, che ora sembrano convinti che una fragola, un kiwi o una mela siano buone almeno quanto una qualunque merendina da spot pomeridiano in onda tra un cartone animato giapponese ed un telefilm made in USA. Cantano insieme, animatore e alunni, declamando i colori, i sapori, le proprietà benefiche di ogni singolo dono di natura, che sia frutta o verdura, di cui l’uomo si dovrebbe nutrire quotidianamente, ma che spesso e specialmente dai più giovani viene ignorato o peggio disprezzato. Grazie a Lando e a tutti coloro che stanno investendo tempo, risorse e impegno in simili iniziative di educazione alimentare, i cittadini del domani saranno meno stolti e più sani – mentalmente e fisicamente – di molti adulti odierni. Probabilmente già oggi qualche giovane sta dubitando degli infallibili insegnamenti di “mamma tivù” e presto, forse, si domanderà che mondo sarebbe senza frutta e verdura? GREEN LEAVES: “L'ORIGINE DELLE SPECIE” Scritto da Johnny Felice Forse aveva davvero ragione Moretti, che in una scena centrale del suo ultimo film, il tanto criticato Habemus papam, ad un certo punto sbotta: «La tremenda verità che ci ha lasciato Darwin è che, dopo di lui, nulla ha più davvero un senso». Dopo aver letto attentamente l’Origine delle specie, pubblicata da Darwin nel 1859 dopo lunghissima gestazione, ci rendiamo conto che l’opinione di Moretti è, come spesso accade al regista romano, assolutamente condivisibile. La lettura del capolavoro del naturalista inglese ci lascia in bocca un sapore amaro, che ha il gusto acre della solitudine e dell’abbandono. Con Darwin l’uomo, dopo Galilei, dopo Newton, si scopre drammaticamente fragile nella sua mera animalità, preda come tutte le creature della selezione naturale, di quella che Schopenhauer aveva definito proprio in quegli anni “volontà di vivere”. La vita che va avanti a tutti i costi: selezionando le specie, estinguendone di vecchie per promuoverne di nuove, come nel gioco più cinico che la natura ci possa regalare. Un gioco in cui la figura salvifica d’un Dio legato intimamente alle sue creature perde di valore, perde di senso. In cui all’uomo non solo è negata la centralità nel creato, ma anche l’unicità del singolo individuo è messa duramente alla prova. Soltanto le specie che sapranno meglio adattarsi all’ambiente che li circonda riuscirà a proliferare, generando una progenie più forte, vincente. Gli individui sprovvisti di questa forza faticheranno a riprodursi e la loro progenie verrà pian piano a diminuire, sino quasi ad estinguersi. Eppure Darwin cerca comunque di conciliare fede e verità scientifica, straziato dal terrore d’aver ucciso la speranza nell’uomo, d’averlo ridotto al rango d’un primato più evoluto. Lo deve soprattutto a sua moglie Emma che, malgrado la profonda fede, lo ha sempre spronato a scrivere, disvelando il mistero delle specie in natura attraverso il suo capolavoro. Malgrado quindi la mancanza di fede occorsa in Darwin dopo la perdita di Annie, la sua prima figlia femmina a cui abbiamo già accennato in un articolo della settimana scorsa, l’Origine delle specie non ha però il tono pessimistico che ci aspetteremmo: la natura, difatti, trascende l’uomo, non ne è in alcun modo la servitrice. Egli ne è solo una parte, centrale forse, ma non essenziale: il pianeta, in fondo, senza questo primate sarebbe comunque quello straordinario spettacolo che ogni giorno si fissa davanti ai nostri occhi: «Nella vita, con le sue diverse forze, originariamente impresse dal Creatore in poche forme, o in una forma sola, vi è qualcosa di grandioso; e mentre il nostro Pianeta ha continuato a ruotare secondo l'immutabile legge di gravità, da un semplice inizio innumerevoli forme, bellissime e meravigliose, si sono evolute e continuano ad evolversi». 12MILA METRI DI DISCARICA ABUSIVA A RIMINI Scritto da Lou Del Bello Sebbene la situazione delle discariche abusive non sia grave come in altre zone d’Italia, anche in Emilia-Romagna si riscontrano episodi preoccupanti, legati soprattutto ad una scarsa cultura della tutela ambientale e della salute. Il più recente caso scoperto dalla Guardia di Finanza riguarda un’azienda di Rimini. Il nome non è stato diffuso, ma si sa che le strutture si trovano nel sud della città, tra il comando dei vigili del fuoco e l’aeroporto. Ufficialmente si trattava di un’officina meccanica e vendita di automezzi usati di piccole dimensioni, ma il terreno retrostante ai locali, nascosto alla vista di chi passasse dalla vicina strada, misurava 12mila metri quadrati ed era adibito alla demolizione abusiva e allo stoccaggio, ovviamente senza le dovute misure di sicurezza, di rifiuti pericolosi. Queste pratiche non sono solo irregolari dal punto di vista legale, ma anche potenzialmente rischiose per la salute pubblica. I veicoli infatti sono classificati come rifiuti pericolosi in quanto contenenti liquidi tossici, per esempio l’olio dei freni, e materiali altamente inquinanti. Per questo necessitano di essere smantellati a norma di legge tramite un processo di bonifica. “L’esercente in questione – ha spiegato il Maresciallo aiutante Ariano, comandante della sezione operativa della stazione navale della Guardia di Finanza di Rimini – smontava i pezzi per poi rivenderli. Nonostante l’ampio spazio aperto, i rifiuti pericolosi erano accatastati in container, al chiuso. Abbiamo trovato anche delle vasche contenenti materiale oleoso”. Quest’ultima scoperta è la più rischiosa per l’ambiente: gli oli esausti o i liquidi dei freni possono filtrare attraverso il terreno e inquinare le condutture dell’acqua potabile, o le falde. “Anche i registri non erano a posto – ha aggiunto Ariano. Siamo in questo campo da ormai quindici anni, e di queste operazioni ne facciamo parecchie, anche se la situazione non è certo critica come al sud. In quelle zone il problema dei rifiuti abusivi dipende dalle infiltrazioni della criminalità organizzata, qui è più una questione culturale. Infatti, negli ultimi anni gli imprenditori locali, soprattutto i giovani, sono diventati più sensibili ai problemi ambientali e comprendono l’importanza, non solo dal punto di vista normativo, di un corretto smaltimento”. Alcuni della vecchia guardia, però, considerano ancora la regolamentazione dello smaltimento un cavillo burocratico e una spesa supplementare. La Guardia di Finanza non è in grado di fornirci il numero esatto di questi casi, anche perché le competenze si dividono in base alla localizzazione territoriale tra le varie sezioni, ma sicuramente episodi come quello di Rimini, particolarmente grave per la dimensione della discarica, non sono un buon biglietto da visita per una zona turistica che fa del paesaggio naturale una delle sue maggiori attrattive. PORTA LA SPORTA, UNA SETTIMANA PER LA SPESA SOSTENIBILE Scritto da Davide Capalbo La settimana appena trascorsa, dal 16 al 23 aprile, in tutta Italia è stata una settimana di eventi e iniziative per invitare i cittadini e consumatori all'uso consapevole dei sacchetti di plastica, il che significa soprattutto invitare i cittadini e consumatori a evitare di usarli. Anche alla sua seconda edizione, hanno aderito a Porta la sporta la Regione Emilia-Romagna e numerosi comuni delle nostre province, insieme all'Associazione dei Comuni Virtuosi, WWF, Italia Nostra, FAI, Adiconsum, il Coordinamento delle Agende 21, Rifiuti 21 Network, Legambiente e diverse catene di supermercati. Ci sono state varie manifestazioni in giro per l’Emilia-Romagna, durante tutta la settimana – per citarne alcune: il laboratorio "Seconda vita delle cose", a Rimini, sabato 16 aprile, ha coinvolto famiglie e bambini in giochi che hanno aiutato i più piccoli a familiarizzare con i concetti di riuso e riduzione dei rifiuti; a Forlì sono state distribuite sportine di cotone per tutta la settimana, oltre a un laboratorio di riciclo (il 20 aprile) nel quali sono stati costruiti giocattoli con bottiglie, tappi e sacchetti di plastica (in un altro laboratorio, il 12 maggio, saranno costruiti nello stesso modo anche strumenti musicali); a Ferrara, domenica 17, sono state distribuite sportine di cotone a tutti i clienti del Mercato Contadino, che vende prodotti a km zero. L’obiettivo delle iniziative promosse da Porta la sporta, però, non è solo quello di fare art attack con materiali destinati alla pattumiera o dire maniacalmente no alla sportina in plastica (anche se biodegradabile), ma sensibilizzare a uno stile di vita con minore impatto ambientale: non, dunque, il riuso come gioco affascinante di una settimana, ma attraverso il gioco far passare il concetto che con un po’ di impegno è possibile evitare di ingrossare le discariche di molti materiali ancora utili, e che molti rifiuti possono essere a monte semplicemente andando a fare la spesa in modo un po’ più oculato. Quest’anno in Italia è entrata in vigore la norma europea EN 13432, che impone ai supermercati di distribuire solamente buste per la spesa biodegradabili, e non più di plastica. È stata senza dubbio un grande passo avanti, e la rapidità con cui i supermercati si sono adattati alla nuova norma anche in assenza di sanzioni è un dato molto positivo, ma secondo Porta la sporta – che fin dal 2009 si è impegnata nel preparare i consumatori a questo passaggio, inizialmente previsto per gennaio 2010 – passare da un materiale usa e getta a forte impatto ambientale come le vecchie buste di plastiche, a un materiale che, seppur biodegradabile, resta usa e getta, non è sufficiente. Per fare davvero il salto di qualità, occorre adottare un approccio al supermercato radicalmente diverso da quello del consumo opulento e sconsiderato della filosofia dell’usa e getta. Un cambiamento che nella scorsa settimana Porta la sporta ha cercato di comunicare in tanti modi, ma che è ben riassunto nelle otto voci dell’Eco-lista della spesa (che è possibile reperire sul sito): ● porta la sporta (quante servono...) ● rifiuta sacchetti e altri imballaggi inutili ● scegli prodotti sfusi o con poco imballaggio ● bevi l’acqua del rubinetto: è buona e controllata ● acquista prodotti alla spina: detersivi, latte, ecc... ● non acquistare monodosi, ma confezioni famiglia, pianifica un menu settimanale per non buttare via il cibo ● acquista prodotti derivati da materiale riciclato ● quando acquisti pensa in termini di RIUSO e non di USA e GETTA Una lista che sarebbe bene portare in tasca anche per il resto dell’anno. (Le immagini che illustrano gli articoli sono prese da Flickr)