Resoconto

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“Standard di sicurezza e nuove frontiere tecnologiche per l’energia nucleare”
ANDREA GIBELLI, Presidente della X Commissione, Attività produttive,
commercio e turismo, delegato al coordinamento delle attività del Comitato VAST.
Do ora la parola al responsabile della divisione nucleare dell’ENEL, Giancarlo
Aquilanti, che ci parlerà di alcune esperienze sul campo che l’ENEL ha mantenuto
all’estero, anche nel recentissimo passato. Ricordo che, anche in questo caso,
possiamo seguire le slide in diretta sul sito della Camera.
GIANCARLO AQUILANTI, Responsabile ENEL Divisione nucleare. Grazie,
presidente. Parlando di prospettive italiane, ho suddiviso la mia presentazione in due
parti: la prima riguarda le attività nucleari di ENEL, mentre la seconda riguarda più
specificamente le tecnologie.
ENEL è oggi presente con il nucleare in diversi Paesi europei, in alcuni casi con
impianti in esercizio, in altri con impianti in costruzione. Siamo presenti in
Slovacchia, che ha una significativa percentuale di produzione nucleare, con la
tecnologia dei reattori pressurizzati di origine russa. Siamo presenti in Spagna
attraverso ENDESA e partecipiamo, insieme a EDF, alla realizzazione del progetto
di Flamanville. Abbiamo inoltre un accordo di cooperazione con ROSATOM per lo
sviluppo comune di progetti in Russia. Partecipiamo inoltre alla gara per l’impianto
di Cernavoda, in Romania.
Vorrei ricordare che, ad oggi, la capacità nucleare totale installata in ENEL è pari
a 4.400 megawatt, che corrispondono a circa tre volte la potenza nucleare installata
in Italia prima del referendum. L’acquisizione di ENDESA ha contribuito ad
aumentare in maniera significativa la percentuale di generazione nucleare di ENEL,
che oggi si aggira intorno all’11 per cento.
Per quanto riguarda l’acquisizione di Slovenské Elektrarne, essa ha rappresentato,
di fatto, il reingresso di ENEL nella produzione nucleare. La Slovacchia ha una
profonda cultura del nucleare e bisogna tener conto che il Paese ha circa 5,5 milioni
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“Standard di sicurezza e nuove frontiere tecnologiche per l’energia nucleare”
di abitanti, dei quali circa 5.500 sono addetti nell’attività nucleare. La cultura
nucleare è diffusa in tutti i settori, sia a livello dell’istruzione, sia a livello di
istituzioni, sia a livello di industrie. L’ENEL ha un programma ampio di
investimenti in Slovenske Elektrarne, per circa 3,5 miliardi di euro sino al 2012, di
cui una parte significativa è proprio sul nucleare.
Di questo programma, un elemento importante è la realizzazione e il
completamento del terzo e quarto gruppo dell’impianto nucleare di Mochovce, in
Slovacchia. La tecnologia è quella dei reattori pressurizzati di origine russa, le cui
caratteristiche portano ad un’elevata sicurezza intrinseca del progetto, in quanto
sono reattori di piccola dimensione (440 megawatt), con un volume di acqua
notevole che consente fondamentalmente dei transitori molto lenti e, quindi,
interventi dell’operatore senza la pressione del tempo. Questa è la caratteristica
principale, la prima per importanza dal punto di vista della sicurezza.
Questa tecnologia ha, inoltre, usufruito di una serie di attività di ricerca di
ingegneria, finanziate anche dall’Unione europea, negli anni ’90, che hanno
permesso di apportare ulteriori miglioramenti nella realizzazione di questi impianti.
Una cosa importante è che tali impianti sono standardizzati. La standardizzazione è
un elemento per me fondamentale, in termini di sicurezza, perché consente di
apportare e di implementare nei progetti tutta l’esperienza operativa che viene
dall’esercizio degli impianti stessi.
Il progetto di realizzazione di questo impianto è di tipo evolutivo: siamo partiti da
un progetto standard, poi è stato implementato un primo step di miglioramenti del
progetto, attraverso il primo e secondo gruppo di Mochovce e, poi, con l’ingresso di
ENEL in Slovenske Elektrarne c’è stata un’altra evoluzione del progetto, che ha
portato fino alle tecnologie che realizzeremmo con il terzo e quarto gruppo. Il
progetto è stato approvato dall’autorità di sicurezza slovacca ed ha avuto anche
l’approvazione da parte dell’Unione europea.
Abbiamo poi l’accordo con EDF per la realizzazione dell’EPR di terza
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generazione plus, che attualmente è il reattore di più elevata potenza unitaria (circa
1.600 megawatt). Le altre autorizzazioni sono quelli di Olkiluoto e di Flamanville.
Con questo accordo l’ENEL di fatto partecipa al 12,5 per cento di Flamanville, oltre
ad avere un’opzione per le prossime cinque unità EPR che verranno realizzate in
Francia.
L’aspetto importante è che questo accordo prevede un nuovo transfer, il che vuol
dire, sostanzialmente, che i nostri progettisti partecipano alla progettazione
dell’impianto sia con persone impegnate nelle attività di progettazione, sia con
persone in sito. Un altro gruppo di persone partecipa, poi, al travaso di esperienza
operativa sull’esercizio di questi impianti. Attualmente ci sono circa 65 nostri
ingegneri dislocati presso EDF.
Per quanto riguarda ENDESA, infine, dal punto di vista nucleare si tratta del più
grosso attore in Spagna, con circa il 47 per cento della produzione nucleare di quel
Paese. Ci sono percentuali variabili di partecipazione ai diversi impianti, ma di fatto
la tecnologia prevalente è quella degli impianti pressurizzati (3-loop) di origine
Westinghouse.
L’attività nucleare è, per definizione, un’attività internazionale: non ci si muove a
livello nazionale, ma a livello mondiale. Rientrando nel settore del nucleare, quindi,
ENEL è rientrata, giocoforza, in tutte le organizzazioni internazionali che si
occupano di queste attività.
Volendo tracciare una dei processi che un Paese deve compiere per rientrare nel
nucleare, ho diviso la slide che vedete ora in due parti: la parte inerente l’impianto e
quella inerente il combustibile: la prima comprende la ricerca, la realizzazione degli
impianti, il loro esercizio, la decommissioning e il deposito finale dei prodotti del
decommissioning; la seconda, viceversa, riguarda la fabbricazione, il combustibile
nell’impianto, la gestione del combustibile dopo l’irraggiamento e il deposito finale.
Ebbene, in questo flusso l’ENEL è, di fatto, presente nella ricerca, nella
realizzazione degli impianti, nell’esercizio degli impianti e nella parte del
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combustibile prima del riprocessamento del deposito finale.
Passando alle tecnologie per la realizzazione degli impianti, le due colonne di
destra indicano, la prima, la penetrazione nel mercato della filiera tecnologica e la
seconda la specifica tecnologia di ciascun fabbricante.
I pressurizzati sono attualmente circa il 60 per cento, quindi sono di gran lunga
predominanti nel mercato; poi, nel pressurizzato, chiaramente, ci sono diverse
tecnologie e diversi fabbricanti, quali Toshiba-Westinghouse, AREVA e la
tecnologia russa.
Per quanto riguarda la realizzazione degli impianti, quindi, ENEL è presente nel
pressurizzato attraverso AREVA EPR e nella tecnologia russa attraverso l’impianto
di Mochovce. Se va avanti il progetto di Cernavoda, sarà presente anche nella
tecnologia CANDU.
Per quanto riguarda l’esercizio degli impianti, viceversa, attraverso ENDESA, è
presente nella tecnologia Toshiba-Westinghouse, nella tecnologia VVER in
Slovenske Elektrarne e, poi, quando entrerà in servizio l’EPR, anche nella
tecnologia franco-tedesca AREVA.
Parlando di tecnologie, un aspetto importante è la loro certificazione: una scelta
tecnologica ovviamente non può essere una scelta nazionale, ma deve essere una
scelta che condivide l’esperienza a livello internazionale.
Da questo punto di vista, a livello europeo, le utilities europee che operano nel
nucleare si sono consorziate, sin dagli anni ‘90, per definire i requisiti che devono
avere gli impianti attualmente chiamati generation III. Esse hanno definito delle
specifiche tecniche che sono oggi condivise a livello europeo. Questo comitato
EUR, inoltre, certifica le specifiche tecnologie: avere una tecnologia certificata vuol
dire avere una tecnologia che, dal punto di vista dei requisiti, porta con sé il frutto
delle esperienze operative degli impianti, che sono state sottoposte ad una serie di
screening e di verifiche successive, dal punto di vista delle caratteristiche di
sicurezza, economicità, affidabilità eccetera.
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Un processo analogo, anche se in questo caso sul lato regolatorio, avviene
chiaramente anche negli Stati Uniti, dove deve esservi la certificazione dei singoli
progetti. Questo porta ad una serie di vantaggi: la standardizzazione dei progetti
certificati; l’armonizzazione dei criteri a livello sovranazionale; il trasferimento
dall’esperienza operativa da tutti gli impianti in servizio su quella tecnologia; il
delinearsi di requisiti di sicurezza standard più elevati; e, infine, la semplificazione
del processo autorizzativo nel singolo Paese.
Le tecnologie certificate EUR hanno una serie di obiettivi: la riduzione della
probabilità di incidente, che credo sia un aspetto importantissimo, anche dal punto di
vista dell’accettabilità pubblica; la minimizzazione dell’impatto di un eventuale
incidente all’esterno, in modo tale che non ci siano conseguenze significative oltre il
perimetro dell’impianto (anche questo un elemento essenziale dal punto di vista
dell’accettabilità pubblica); la riduzione delle dosi agli operatori che operano
nell’impianto; e una serie di altri parametri che vanno viceversa verso una maggiore
economicità di gestione del progetto.
Le principali tecnologie dei Light Water Reactors oggi disponibili e certificate
sono quattro. Un elemento è, appunto, la certificazione, mentre un altro abbastanza
importante è avere degli impianti già in fase di realizzazione. È chiaro che il primo
impianto realizzato sconta, sia dal punto vista progettuale, sia dal punto di vista
realizzativo, il fatto di essere il primo della serie e, quindi, ha delle incertezze in più.
Il secondo e terzo della stessa serie, ovviamente, possono giovarsi dell’esperienza
operativa derivante dalla realizzazione del primo impianto.
Andando a guardare gli impianti certificati, l’EPR ha la certificazione EUR ed è
in corso la sua certificazione da parte degli NRC, prevista nel 2011. Gli impianti in
costruzione sono quelli di Olkiluoto e quello di Flamanville in Francia. Ci sono una
serie di impianti in fase di approvazione da parte del Combined Construction and
Operating License e ci sono ordini acquisiti in Cina.
L’altra tecnologia certificata NRC e certificata EUR è la tecnologia dell’AP-1000
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di Westinghouse, per la quale ci sono ordini in Cina ed una serie di approvazioni di
licenze ottenute negli Stati Uniti.
La terza tecnologia certificata EUR è la tecnologia russa, S92. In questo caso, i
piani di sviluppo sono prevalentemente concentrati in Russia. Tutti gli impianti di
nuova realizzazione russa saranno realizzati con questa tecnologia. Ci sono, poi,
l’impianto di Belene in Bulgaria, in corso di realizzazione e due impianti in India.
Infine, nell’ambito dei bollenti, General Electrics porta avanti due tecnologie: una
certificata e in esercizio, ossia la tecnologia BWR, ed una seconda che, viceversa, è
ancora in corso di certificazione e per la quale non ci sono ancora impianti in
servizio, ma solo impianti in fase di approvazione.
Di generation IV abbiamo già parlato ed io condivido perfettamente ciò che è
stato detto. Generation IV si colloca molto più avanti nel tempo, non certamente
nell’oggi. Non si parla sicuramente di realizzazione immediata e un Paese che
rientra oggi nel nucleare non può ripartire con generation IV.
Ci sono poi aspetti inerenti il tempo di raddoppio del combustibile,
l’autofertilizzazione e così via, che chiaramente collocano la tecnologia molto avanti
nel tempo.
Un ultimo tema che mi interessa affrontare è il seguente: se le tecnologie che
devono essere usate sono certificate e, quindi, sviluppate in altri Paesi, qual è la
possibile ricaduta industriale per un altro Paese che rientra nella stessa tecnologia?
Concettualmente voglio dividere l’impianto in quattro parti: il core, ossia la parte
della caldaia nucleare, dove la tecnologia è più presente; la parte degli ausiliari del
nucleare; la parte di produzione di potenza e, infine, la parte inerente il sito.
Dividendo concettualmente l’impianto in queste quattro parti, per quanto riguarda
la caldaia nucleare, l’attività di ingegneria e l’attività di specificazione delle
forniture, esse tipicamente risiedono nel tecnologo, mentre questo non è vero, ad
esempio, per la fabbricazione delle forniture, perché essa è, di fatto, aperta al
mercato. È ovviamente necessario che il fabbricante abbia certi requisiti di qualifica,
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“Standard di sicurezza e nuove frontiere tecnologiche per l’energia nucleare”
per poter fabbricare e fornire componenti nucleari. Lo stesso discorso vale per i
montaggi.
Quindi, anche nel cuore, nel nocciolo, nella parte dell’NSSS, ci sono parti
significative dal punto di vista economico che sono aperte al mercato.
Se poi ci si allontana dalla parte nucleare, la percentuale di partecipazione aperta
al mercato aumenta in maniera significativa. Di fatto, la progettazione concettuale è
tipicamente del tecnologo, mentre la progettazione di base o di dettaglio è aperta al
mercato, ovviamente a società di ingegneria specializzate in attività nucleare.
I sistemi di produzione di energia elettrica sono totalmente aperti al mercato e i
sistemi di sito altrettanto.
È chiaro che nel nucleare, quando si dice «aperto al mercato», si presuppongono
dei requisiti di qualità organizzativi e di qualifiche precedenti che devono essere
messe in atto affinché la realizzazione abbia poi rischi minimi e controllati.
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