la scommessa educativa
Transcript
la scommessa educativa
ORATORIO DI BOVEZZO 15 gennaio 2012 – ore 15.00 DIVENTARE GENITORI la scommessa educativa INCONTRO GENITORI 1 A - 2 A ELEMENTARE a. La sfida della generazione Il [bambino] vieta al mondo di chiudersi sulle proprie anguste soddisfazioni come sulle proprie tronfie ansietà: “Cosa avete fatto della vostra prima apertura contemplativa? - chiede con la sua sola presenza Sono veri progressi i vostri, se hanno soppresso questo primo slancio? Vale la pena che io diventi grande?”. Naturalmente, ci riporta bruscamente al lavoro: bisogna davvero lavorare per lui, la piccola peste. Ma questo lavoro non deve arrecare solo pane e giocattoli. Deve anche arrecare senso, a meno che non si voglia unicamente ingozzare la futura pastura degli avvoltoi1. b. L’inquietudine delle cose Di tutti i terroristi barbuti, Babbo Natale non è il meno pericoloso. È il principale agente della formattazione. Niente di meglio per eliminare l’infanzia. I genitori che “per non influenzarlo” rifiutano al loro piccolo ogni educazione religiosa lo sottomettono senza timori a questo Vicario della Pubblicità. Il vostro bambino si meraviglia di un pezzo di spago, ed eccolo qui che chiede il robot elettronico della pagina 72 del catalogo Joué-Club. Il più è stato fatto perché diventi un bravo lavoratore, un bravo consumatore, che farà andare avanti la baracca. Basta soltanto osservare le nostre espressioni accigliate o ridanciane - come sono lontane dalla fiamma infantile. Ma come fare? Bisogna pur farlo crescere, il marmocchio, ma, appunto, farlo crescere non significa umiliarlo. […] Il monaco che fu la mia guida mi spinse a questa leggerezza. Quando presentai la nostra prima figlia a fratello Michel, a Solesmes, egli mi disse semplicemente: “Il vostro padre spirituale ora lo tenete in braccio”. Era eccessivo. Ma parlava come il Messia. Invece di dire: «Siate grandi come me», Gesù chiama un bimbetto, lo mette in mezzo ai suoi discepoli e dichiara: «In verità vi dico, se non diventate come questi fanciulli, non potrete entrare nel Regno dei cieli2. 1 2 F. HADJADJ, Mistica della carne. La profondità dei sessi (Grandi Saggi 8), Medusa, Milano 2009, 113. F. HADJADJ, Mistica della carne. La profondità dei sessi (Grandi Saggi 8), Medusa, Milano 2009, 112-114. 1 c. il dono della testimonianza Mentre ballavano gli disse: “Tomáš, tutto il male della tua vita proviene da me. “A causa mia sei arrivato fin qua. Così in basso che più in basso non è più possibile andare”. Tomáš le disse: “Che stupidaggini vai dicendo? Che è questo così in basso?” “Se fossimo rimasti a Zurigo, tu ora opereresti i tuoi pazienti”. “E tu faresti fotografie”. dono di sè “È un parallelo stupido” disse Tereza. “Per te il tuo lavoro rappresentava tutto mentre io posso fare qualsiasi cosa, mi è del tutto indifferente. Io non ho perso proprio nulla, tu hai perso tutto”. “Tereza,” disse Tomáš “non ti sei accorta che qui sono felice?”. “La tua missione era operare” disse. “Tereza, una missione è una cosa stupida. Io non ho nessuna missione. Nessun uomo ha una missione. Ed è un sollievo enorme scoprire di essere liberi, di non avere una missione” (M. KUNDERA, L’insostenibile leggerezza dell’essere, Adelphi, Milano 199916, 317). – È il viso dell’anima mia – Cristo! Che cosa ho mai adorato! Ha gli occhi di un demonio. – Ognuno riunisce in sé il cielo e l’inferno, Basil, – gridò Dorian, con un gesto disperato e folle. Hallward si volse di nuovo verso il ritratto, e lo scrutò. – Mio Dio, se è vero, – esclamò, – e se questo tu hai fatto della tua vita, devi esser peggiore di quanto credono i tuoi calunniatori. – Avvicinò di nuovo la luce alla tela, e guardò. La superficie pareva intatta, tal quale l’aveva lasciata, dal di dentro, erano verosimilmente affiorati l’infamia e l’orrore, per uno strano soffio di vita interna, la lebbra del peccato andava divorando la materia, la decomposizione di un cadavere in un sepolcro umido non sarebbe stata altrettanto spaventosa. […] – Dio buono, che tremenda lezione! – Dorian non rispose, ma poteva udirlo singhiozzare vicini alla finestra. – Prega, Dorian, prega, – mormorò. – Che ci insegnavano da piccini? «Non indurci in tentazione. Perdona i nostri peccati, liberaci dal male». Diciamola insieme. La preghiera del tuo orgoglio è stata esaudita. La preghiera del tuo pentimento anch’essa sarà esaudita. […] Dorian Gray si volse lentamente, e lo guardò, gli occhi pieni di lagrime. responsabilità 2 – È troppo tardi, Basil, – balbettò. – Non è mai troppo tardi, Dorian. Inginocchiamoci, e vediamo di ricordare una preghiera. Non c’è un versetto che dice “benché i vostri peccati siano scarlatti, io li farò bianchi come la neve”? – Queste parole non mi dicono più nulla» (O. WILDE, Il ritratto di Dorian Gray [Biblioteca romantica 38], Arnoldo Mondadori, Milano 19702,263264). Dobbiamo accettare di essere informati, spiacevoli e impopolari. Inprossimità formati: molti genitori — me ne sono resto conto — non sanno cosa sono, d'estate, Ibiza e l'isola greca di Ios. Posti tossici, dove divertirsi in modo normale è difficile da grandi, impossibile da adolescenti. Se ci vogliono andare, impediteglielo. Convinceteli, corteggiateli, corrompeteli: mettete loro in mano i soldi per andare altrove. Spiacevoli: un ragazzo di vent'anni non vuol sentirsi dire che è uno sciocco. Anzi: non vuol sentirsi dire nemmeno cosa fare, dove andare, chi vedere. Ma nei film d'azione sono gli stuntman a lanciarsi dai balconi (spesso a pianterreno, al resto si pensa in montaggio): diteglielo. Si offenderà, protesterà, dirà che anche noi, da ragazzi, abbiamo combinato scemenze. Rispondete: erano scemenze meno sceme, tant'è vero che siamo ancora qui. Impopolari: gli adulti sono troppo impegnati a sentirsi giovani, per occuparsi dei giovani. Ma se lo facessero, e scoprissero cose gravi, dovrebbero arrabbiarsi. E battersi. È vero: porta via tempo al burraco, al calcetto o alla cena con gli amici. Ma è tempo ben speso. Non serve a niente? Ci abbiamo provato. Altrimenti c'è il rischio di pensare: fossimo stati informati, spiacevoli e impopolari, su quel balcone non sarebbero saliti (B. SEVERGNINI, Noi, adulti, e quella follia di volare dai palazzi, Corriere della Sera, 13.09.2010) 3 Ti prometto una cosa, Dio, soltanto una piccola cosa....Cercherò di aiutarti affinché tu non venga distrutto dentro di me, ma a priori salvezza non posso promettere nulla. Una cosa, però, diventa sempre più evidente per me, e cioè che tu non puoi aiutare noi, ma che siamo noi a dover aiutare te, e in questo modo aiutiamo noi stessi. L’unica cosa che possiamo salvare di questi tempi, e anche l’unica che veramente conti, è un piccolo pezzo di te in noi stessi, mio Dio. E forse possiamo anche contribuire a disseppellirti dai cuori devastati di altri uomini. Si, mio Dio, sembra che tu non possa far molto per modificare le circostanze attuali ma anch’esse fanno parte di questa vita. Io non chiamo in causa la tua responsabilità, più tardi sarai tu a dichiarare responsabili noi. E quasi a ogni battito del mio cuore, cresce la mia certezza: tu non puoi aiutarci, ma tocca a noi aiutare te, difendere fino all’ultimo la tua casa in noi. Esistono persone che all’ultimo momento si preoccupano di mettere in salvo aspirapolveri, forchette e cucchiai d’argento – invece di salvare te, mio Dio. E altre persone, che sono ormai ridotte a semplici ricettacoli di innumerevoli paure e amarezze, vogliono a tutti i costi salvare il proprio corpo. Dicono: me non mi prenderanno. Dimenticano che non si può essere nelle grinfie di nessuno se si è nelle tue braccia. Comincio a sentirmi un po’ più tranquilla, mio Dio, dopo questa conversazione con te. Discorrerò con te molto spesso, d’ora innanzi, e in questo modo ti impedirò di abbandonarmi3. 3 E. HILLESUM, Diario 1941-1943, Adelphi, Milano 20049, nota del 11.07.1942. 4