A tu per tu con il mago del foie gras: “Farlo conoscere è la mia

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A tu per tu con il mago del foie gras: “Farlo conoscere è la mia
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A tu per tu con il mago del foie
gras: “Farlo conoscere è la mia
missione. I miei abbinamenti?
Unici, ma sempre nel rispetto del
prodotto originale”
Al vino santo del Trentino, al pepe di Sichuan, al cioccolato o ai fichi della Turchia, ecco come
nascono le terrine di Bernard Fournier, chef dello storico ristorante Da Candida a Campione
CAMPIONE – “Di foie gras? Oh, potrei parlarne per ore: è la mia passione e anche la mia
missione”. Inizia così la chiacchierata con Bernard Fournier, chef dello storico ristorante Da
Candida a Campione d’Italia, dove nascono le sue molte, e uniche, variazioni di fegato grasso.
Classe ’56 e uno spiccato accento francese che, nonostante gli anni trascorsi in Italia, dichiara
ancora la sua provenienza, Bernard, nato in Lorena, nella capitale del cristallo Baccarat, è il
penultimo di sette figli. Gli uomini della famiglia, ci racconta, sono da generazioni tutti macellai,
“io sono stato l’unico maschio a sbandare”. Una ‘deviazione’ che, dopo gli studi presso la
scuola alberghiera di Strasburgo, l’ha portato a maturare la sua esperienza dietro ai fornelli di
grandi cucine come quella dello Schillinger a Colmar, della compagnia Paquet sul Mermoz e
dell'Hilton di Parigi, solo per citarne alcune.
Ma Bernard, da noi come nel mondo, è soprattutto “Le Royal Fournier”: questo infatti il
marchio registrato (depositato nel 1994 in Francia, e, dal 2000, reso europeo e svizzero con
estensione mondiale) dal mago del fegato grasso nel segno della sua missione: far conoscere
e apprezzare il foie gras anche al di fuori dei confini francesi.
Tutto è nato, racconta, quando si è trasferito in Italia. “A Parigi avevo conosciuto mia moglie,
una italiana. Nell’84 ho voluto tentare l’esperienza e ci siamo trasferiti a Trento”, dove infatti
Fournier fu Chef e Patron del ristorante Orso Grigio, in cui ha cominciato a fare le prime prove
delle sue terrine di fegato grasso.
“Ho scoperto allora che gli italiani non sapevano bene cosa fosse il foie gras: lo confondevano
con il paté, ma sono due cose completamente diverse. Da qui è partito il mio interesse e ho
deciso di far conoscere questa pietanza. Una passione che negli anni è diventata quasi una
missione”. Fournier spiega infatti che, oltre a proporlo nel suo ristorante e a vendere le sue
terrine, organizza anche corsi privati. “Non con chef o esperti, ma direttamente a contatto con
le persone che sono interessate. Sei ore, divise in due tranche, in cui propongo una
degustazione delle varie terrine, dimostrazioni dal vivo e, soprattutto, in cui parlo della storia
del foie gras e delle problematiche alimentari e animaliste”.
La sua è infatti una missione che si scontra a volte con le critiche, anche veementi, che la
preparazione di questo prodotto comporta. “Ho ricevuto lettere anonime di insulti e di minacce
dopo una trasmissione, andata in onda una quindicina di anni fa, sul maltrattamento degli
animali, in cui si parlava anche dell’ingozzamento delle oche per produrre foie gras. Da allora
molto è cambiato, le regole sono diventate più ferree e a livello europeo ci sono ora normative
precise su come debba avvenire l’ingozzamento”.
Altro modo per farlo, oltre a quello osteggiato, però non c’è e Fournier invita quindi a diffidare
di diciture come ‘prodotto senza ingozzamento’ o simili: “Le indicazioni sulle etichette di alcuni
prodotti, spesso quelli che si trovano negli scaffali della grande distribuzione, confondono i
consumatori. È un alimento criticato, ma ha una lunga storia – in Francia è infatti parte del
patrimonio culinario nazionale – e, per assurdo quasi, più se ne parla male, più se ne mangia”.
Un paradosso, che, ci svela, è anche svizzero: nella Confederazione infatti le regole sono
molto ferree e solo la sua importazione è ancora concessa. Eppure: “Indagando ho scoperto
che proprio la Svizzera, dopo la Francia, è il secondo paese consumatore di foie gras per
numero di abitanti”.
Insomma, “nonostante il pregiudizio iniziale, una volta assaggiato, il foie gras è poi molto
apprezzato e mangiato”. E apprezzatissime sono le sue terrine, in cui il fegato grasso si sposa
in abbinamenti davvero unici, come quella col vino santo del Trentino, la prima combinazione
nata dall’estro di Fournier.
“In realtà sono un tradizionalista – racconta –, all’inizio preparavo solo la variazione col vino
santo. Poi però avevo iniziato a pensare di organizzare una sei settimane con diverse serate a
tema; l’idea è piaciuta, ma una di queste aveva al suo centro il cioccolato. Mi dicevo: Bernard
però, cioccolato e foie gras assieme non vanno bene…” Come fare e come non fare, ed ecco
che Fournier si inventa il fegato grasso con gocce di cioccolato. “Da allora la ricetta è stata
perfezionata, migliorandosi costantemente nel tempo e oggi lo facciamo con cacao al 65%”.
Come da allora la varietà di abbinamenti si è arricchita e oggi si hanno così le terrine in
torchon al Sauternes, al tartufo nero, alla vaniglia di Tahiti, al pepe di Sichuan, ai fichi della
Turchia… Tutti abbinamenti, sottolinea, “fatti sempre difendendo il prodotto di base. Il gusto
che ne deriva non deve essere forte, non deve sovrastare il sapore originale. È un’unione in
grado di esaltare in cuore del foie gras e renderlo ancora più unico”.