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Europa e Asia Centrale
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DUEMILA
Turchia
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EUROPA E ASIA CENTRALE
accuse erano collegate a un suo articolo sulle autorità locali del distretto di Asht, in cui aveva accusato
di corruzione alcuni funzionari e aveva criticato le forze di polizia e di sicurezza locali. Makhmadyusuf
Ismoilov è stato multato per una cifra pari a circa 7000 dollari Usa e bandito per tre anni dall’attività
giornalistica. A dicembre, la condanna è stata confermata in appello ma le pene sono state cancellate.
VIOLENZA CONTRO DONNE E RAGAZZE
La violenza contro le donne ha continuato a essere un grave problema. Uno dei principali
fattori che ha contribuito all’alto tasso di violenza domestica è stato l’incapacità dello
stato di adottare misure idonee a impedire i matrimoni precoci, che sono illegali. Il 1°
gennaio, l’età minima per il matrimonio è stata aumentata da 17 a 18 anni con un decreto presidenziale. Tuttavia, sono rimasti insufficienti i servizi per proteggere le sopravvissute alla violenza domestica, come rifugi e alloggi alternativi sicuri. In autunno, è
stata presentata al parlamento una bozza di legge “sulla protezione sociale e legale dalla
violenza domestica”, che era in preparazione da molti anni. A fine anno non era ancora
stata discussa né votata.
MISSIONI E RAPPORTI DI AMNESTY INTERNATIONAL
Delegate di Amnesty International hanno visitato il Tagikistan ad aprile.
Tajikistan: A coalition of non-governmental organizations is calling on the government to
end torture and fulfil its international obligations (EUR 60/003/2011)
Tajikistan: Amnesty International submission to the UN Universal Periodic Review, October 2011 (EUR 60/006/2011)
TURCHIA
REPUBBLICA DI TURCHIA
Capo di stato: Abdullah Gül
Capo del governo: Recep Tayyip Erdoğan
Pena di morte: abolizionista per tutti i reati
Popolazione: 73,6 milioni
Aspettativa di vita: 74 anni
Mortalità infantile sotto i 5 anni: 20,3‰
Alfabetizzazione adulti: 90,8%
Le promesse riforme costituzionali e giuridiche non ci sono state. Al contrario, è stato
minacciato il diritto alla libertà di espressione ed è aumentata la violenza della polizia
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contro chi protestava. Migliaia di azioni penali basate su leggi antiterrorismo viziate
hanno sistematicamente ignorato gli standard di equità processuale. Attentati dinamitardi
hanno ucciso civili. Non ci sono stati progressi nel riconoscimento del diritto all’obiezione
di coscienza o nella tutela dei diritti dei minori nel sistema giudiziario. La legge ha continuato a non garantire i diritti di rifugiati e richiedenti asilo e delle persone lesbiche,
gay, bisessuali e transgender (Lgbt). I meccanismi di prevenzione per la lotta alla violenza
contro le donne sono rimasti inadeguati.
CONTESTO
A giugno, il Partito giustizia e sviluppo (Adalet ve Kalkınma Partisi – Akp) ha vinto le
elezioni parlamentari ed è stato riconfermato al governo. Nove candidati dell’opposizione
regolarmente eletti non hanno potuto insediarsi in parlamento a causa dei procedimenti
giudiziari aperti nei loro confronti, secondo le norme antiterrorismo: otto erano sotto processo e sono rimasti in carcere, mentre al nono è stato impedito di ricoprire l’incarico a
causa di una precedente condanna.
A luglio, il capo delle forze armate e i suoi tre generali più alti in grado si sono dimessi,
a dimostrazione delle continue tensioni tra il governo e le forze armate. Le dimissioni
sono seguite a un’ondata di arresti di ufficiali militari in servizio o in pensione, accusati
di aver complottato per rovesciare il governo.
A settembre, la Turchia ha ratificato il Protocollo opzionale alla Convenzione contro la
tortura, aprendo la strada al monitoraggio indipendente dei luoghi di detenzione. Tuttavia,
entro la fine dell’anno non aveva introdotto norme legislative per istituire il necessario
meccanismo interno di applicazione o altri meccanismi di prevenzione promessi, quali
una procedura indipendente per le denunce contro la polizia o un ufficio del difensore
civico.
A fine anno, l’annunciata bozza di costituzione non era ancora stata presentata per essere
discussa. Non sono stati applicati gli emendamenti costituzionali adottati con un referendum durante la legislatura precedente, volti a rendere le leggi sui diritti sindacali più
vicine agli standard internazionali.
Sono aumentati gli scontri armati tra il Partito dei lavoratori del Kurdistan (Partiya Karkerên Kurdistan – Pkk) e le forze armate. A ottobre è stata lanciata una vasta operazione
militare nel nord dell’Iraq che ha preso di mira le basi del Pkk e ha costretto centinaia
di civili a lasciare i loro villaggi. A dicembre, 35 civili, in maggioranza minori, sono stati
uccisi quando un aereo da guerra turco ha bombardato un gruppo di civili nel distretto
di Uludere, vicino al confine con l’Iraq.
A ottobre, un terremoto nella provincia orientale di Van ha provocato più di 600 morti.
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Le autorità sono state criticate per la lentezza dei soccorsi, che hanno lasciato migliaia
di persone senza casa e al gelo.
Le autorità turche si sono pronunciate contro le violazioni dei diritti umani in atto sull’altra sponda del Mediterraneo orientale. A settembre, il governo ha annunciato che
avrebbe contestato la legittimità del blocco navale di Gaza presso la Corte internazionale
di giustizia. Un rapporto delle Nazioni Unite sull’arrembaggio della nave turca Mavi Marmara, del maggio 2010, aveva concluso che le forze di difesa israeliane avevano fatto
uso eccessivo della forza nell’operazione, che aveva provocato la morte di nove cittadini
turchi. A novembre, il ministro degli Esteri ha annunciato l’imposizione di sanzioni alla
Siria a causa dei persistenti omicidi di manifestanti pacifici.
LIBERTÀ DI ESPRESSIONE
Sono stati avviati molti procedimenti giudiziari che hanno minacciato il diritto di singole
persone alla libertà di espressione. In particolare giornalisti che esprimevano opinioni
critiche, attivisti politici curdi e altri hanno rischiato azioni legali inique quando denunciavano la situazione dei curdi in Turchia o criticavano le forze armate. Oltre alle incriminazioni derivate da vari articoli del codice penale, un gran numero di processi che
minacciavano la libertà di espressione erano collegati alla legislazione antiterrorismo (v.
oltre, Processi iniqui). Sono continuate le minacce di violenza contro figure di spicco
che esprimevano le loro opinioni. A novembre sono entrate in vigore nuove norme che
hanno suscitato ulteriori preoccupazioni in merito alle arbitrarie restrizioni imposte ai
siti web.
A febbraio, il difensore dei diritti umani Halil Savda ha ricevuto conferma della sua condanna per aver
“allontanato l’opinione pubblica dall’istituzione del servizio militare”. È stato condannato a 100 giorni di
carcere per aver espresso il suo sostegno al diritto all’obiezione di coscienza al servizio militare. A fine
anno, erano ancora in corso altri due processi per la stessa accusa e un’altra condanna era pendente dinanzi alla Corte suprema d’appello.
A marzo, Ahmet Şık e Nedim Şener, entrambi giornalisti che indagavano su presunti abusi dei diritti umani
da parte di funzionari dello stato, sono stati incriminati per appartenenza a un’organizzazione terroristica.
Il loro arresto e quello di altri sei giornalisti erano parte di un’operazione di polizia contro Ergenekon, una
presunta rete criminale con collegamenti nell’esercito e in altre istituzioni statali, accusata di complottare
per rovesciare il governo. Nel procedimento, alcuni loro articoli sono stati utilizzati come prove fondamentali
a loro carico. A fine anno, erano ancora in detenzione preprocessuale.
A novembre, 44 persone, tra cui l’editore Ragıp Zarakolu e la professoressa Büşra Ersanlı, sono stati arrestati per la presunta appartenenza all’Unione delle comunità del Kurdistan (Koma Civaken Kurdistan –
Kck), legata al Pkk. Ragıp Zarakolu e Büşra Ersanlı sono stati entrambi interrogati sulla loro partecipazione
a eventi organizzati dall’accademia politica del Partito per la pace e la democrazia (Barış ve Demokrasi
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Partisi – Bdp), un partito politico riconosciuto, e sui loro rispettivi lavori, editoriale e accademico. Ulteriori
ondate di arresti a novembre e dicembre hanno portato alla detenzione di 37 avvocati e 36 giornalisti, sospettati di appartenere alla Kdc. A fine anno erano tutti ancora in carcere.
A giugno, Baskın Oran ed Etyen Mahçupyan, entrambi giornalisti del quotidiano bilingue armeno-turco
Agos, sono stati minacciati di morte. Fin dal 2004 avevano ricevuto analoghe minacce, per le quali nessuno
era stato assicurato alla giustizia.
TORTURA E ALTRI MALTRATTAMENTI
Sono continuate le denunce di tortura e altri maltrattamenti nei posti di polizia e durante
i trasferimenti verso commissariati e prigioni. La polizia ha regolarmente fatto uso eccessivo della forza durante le manifestazioni, in particolare durante le proteste prima e
dopo le elezioni di giugno. In molti casi, le manifestazioni sono degenerate in violenza
dopo l’intervento della polizia e l’uso di gas lacrimogeni, idranti e proiettili di plastica.
Gli organi d’informazione hanno documentato molti episodi di agenti che picchiavano i
manifestanti con i manganelli.
A maggio e giugno, le manifestazioni nella città di Hopa, nella provincia nordorientale di Artvin, sono sfociate in scontri tra la polizia e i dimostranti, uno dei quali è morto e altri sono stati feriti. Metin Lokumcu
è morto per un attacco cardiaco dopo essere stato raggiunto dai lacrimogeni sparati dalla polizia. Anche
i manifestanti che protestavano ad Ankara per il comportamento degli agenti durante le proteste di Hopa
sono stati vittime della violenza della polizia. Secondo il suo avvocato, la manifestante Dilşat Aktaş è stata
picchiata da circa 10 agenti che le hanno fratturato l’anca, rendendola inabile a camminare per sei mesi.
A fine anno, un’inchiesta penale su tale episodio era ancora in corso. Non era la prima volta che Dilşat
Aktaş veniva coinvolta in una presunta aggressione della polizia. In alcune riprese televisive di marzo si
vedeva mentre, durante una manifestazione, un agente la prendeva a pugni; ciò nonostante, il procuratore
di Ankara ha deciso di non perseguire il caso.
A ottobre, il militare di leva Uğur Kantar è morto in ospedale, a quanto risulta, per le torture inflittegli da
alcuni soldati mentre era in custodia militare all’interno della sua guarnigione, nella zona settentrionale
di Cipro. Cinque ufficiali, tra cui il direttore del carcere militare, sono stati incriminati per la sua morte. A
fine anno, il procedimento giudiziario era in corso.
IMPUNITÀ
Le indagini su presunte violazioni dei diritti umani da parte di funzionari statali sono rimaste inefficaci. Anche quando sono stati aperti procedimenti penali, le possibilità di
assicurare alla giustizia i responsabili sono rimaste remote. Le controaccuse hanno continuato a essere impiegate come tattica per mettere a tacere chi denunciava gli abusi.
A giugno, il colonnello Ali Öz e altri sette militari sono stati condannati per negligenza, per non aver riferito
informazioni sul complotto per uccidere il giornalista e difensore dei diritti umani Hrant Dink, che avrebbero
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potuto impedirne l’omicidio, avvenuto nel 2007. Sebbene a luglio un tribunale minorile abbia condannato
Ogün Samast come esecutore materiale, rimaneva in dubbio una possibile indagine sulle circostanze dell’omicidio, compresa la collusione di funzionari statali.
Non ci sono state indagini pubbliche sulla morte, avvenuta ad agosto, di una famiglia di sette persone
nella regione curda dell’Iraq settentrionale, a quanto sembra a causa del bombardamento di un aereo militare turco. In quel periodo, le forze aeree stavano compiendo attacchi nella zona contro basi del Pkk.
A settembre, la Corte suprema d’appello ha ribaltato, per ragioni procedurali, lo storico verdetto del 2010
con cui erano stati condannati agenti di custodia e altri funzionari statali per la morte in custodia di Engin
Çeber, avvenuta nell’ottobre 2008. La comunicazione scritta della sentenza è stata rimandata per più di
due mesi, ostacolando ulteriormente gli sforzi per garantire giustizia per Engin Çeber.
A dicembre, un agente di polizia è stato condannato per l’“omicidio negligente” del richiedente asilo nigeriano Festus Okey, al quale aveva sparato nel 2007, mentre si trovava in custodia di polizia. Il tribunale
ha respinto la richiesta dei parenti di intervenire nel procedimento come “parte lesa”, come previsto dal
diritto turco. Il giudice ha anche sporto denuncia penale contro alcuni attivisti che avevano criticato il
procedimento e cercato di intervenire nel processo.
A dicembre, un tribunale locale non ha emesso una sentenza di custodia nei confronti di un agente di
polizia che, nel 2009, era stato filmato mentre afferrava e poi colpiva ripetutamente alla testa con il calcio
del fucile un manifestante minorenne. Il quattordicenne S. T. aveva riportato la frattura del cranio ed era
rimasto nel reparto di terapia intensiva per sei giorni dopo l’aggressione. Il tribunale ha ridotto la pena
sostenendo che la ferita era stata accidentale e dovuta alle “condizioni dell’area”. L’agente è stato condannato a sei mesi con sospensione della pena ed è stato autorizzato a rimanere in servizio.
PROCESSI INIQUI
Nel corso dell’anno si sono tenute migliaia di procedimenti giudiziari ai sensi di leggi
antiterrorismo eccessivamente ampie e vaghe, in gran parte per appartenenza a organizzazioni terroristiche. Le norme hanno causato ulteriori abusi. Molte delle persone processate erano attivisti politici, tra cui studenti, giornalisti, scrittori, avvocati e docenti
universitari. I pubblici ministeri hanno regolarmente interrogato i sospettati in merito a
comportamenti tutelati dal diritto alla libertà di espressione o da altri diritti garantiti a
livello internazionale. Tra gli altri problemi, c’è stato il ricorso alla detenzione preprocessuale prolungata, durante la quale agli avvocati difensori è stato impedito di esaminare
le prove a carico dei loro clienti o di impugnare effettivamente la legittimità della loro
detenzione, a causa di ordini di segretezza che vietavano loro di accedere ai documenti
del caso.
A fine anno, lo studente universitario Cihan Kırmızıgül era in detenzione preprocessuale da 22 mesi, accusato di danno a proprietà e di appartenenza a un’organizzazione terroristica. L’accusa si basava sul
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fatto che indossava una sciarpa tradizionale, simile a quella portata da presunti partecipanti a una manifestazione, in cui erano state lanciate alcune bottiglie incendiarie. Un agente di polizia lo aveva anche
identificato come presente sulla scena, in contraddizione con le dichiarazioni di altri agenti. Nonostante
il pubblico ministero avesse chiesto il proscioglimento di Cihan Kırmızıgül per insufficienza di prove, il
giudice ha stabilito che la sua detenzione e il procedimento penale nei suoi confronti dovevano proseguire.
DIRITTI DEI MINORI
Sono continuati i procedimenti giudiziari nei confronti di minori ai sensi delle norme antiterrorismo, anche per aver preso parte a manifestazioni, nonostante le modifiche legislative del 2010 intendessero impedire che i dimostranti minorenni fossero perseguiti
secondo tali leggi. Sebbene sia diminuito il numero di minori perseguiti, molti erano ancora detenuti in custodia di polizia con adulti, prima di essere trasferiti alla sezione minorile. Sono stati documentati periodi di detenzione preventiva fino a un massimo di
quattro giorni e i minori hanno continuato a essere trattenuti in detenzione preprocessuale prolungata. Il problema della mancanza di tribunali minorili in molte province non
è stato affrontato.
A fine anno, il diciassettenne L. K. era in detenzione preprocessuale da otto mesi, in attesa della decisione
della Corte suprema d’appello su quale tribunale avesse la giurisdizione sul suo caso.
ABUSI DA PARTE DI GRUPPI ARMATI
Attentati di gruppi armati hanno provocato morti e feriti tra i civili.
Il 20 settembre, tre civili sono stati uccisi e 34 sono rimasti feriti in un attentato dinamitardo che ha
colpito un affollato quartiere commerciale della capitale Ankara. L’attentato è stato rivendicato dai Falchi
della libertà del Kurdistan (Teyrêbazên Azadiya Kurdistan – Tak).
Nello stesso giorno, quattro civili sono morti durante un attentato del Pkk, che apparentemente aveva
come obiettivo la polizia, nella provincia sudorientale di Siirt.
DIRITTO ALL’ALLOGGIO
Gli sgomberi forzati hanno violato i diritti dei residenti alla consultazione, alla compensazione e alla garanzia di un alloggio alternativo. Molte delle persone colpite nell’ambito
di progetti di riqualificazione urbana appartenevano ai gruppi più poveri e maggiormente
a rischio, comprese persone in precedenza sfollate con la forza dai villaggi della Turchia
sudorientale. A maggio, il Comitato delle Nazioni Unite per i diritti economici, sociali e
culturali ha reso note le proprie preoccupazioni su tali progetti di riqualificazione.
Nel quartiere Tarlabaşı di Istanbul, decine di famiglie sono state sgomberate forzatamente nell’ambito di
un progetto di riqualificazione urbana condotto dalla municipalità di Beyoğlu. Alcune persone hanno riferito
di essere di fatto diventate senza fissa dimora.
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PRIGIONIERI DI COSCIENZA – OBIETTORI DI COSCIENZA
Non ci sono stati progressi nel riconoscimento del diritto all’obiezione di coscienza al
servizio militare nel diritto interno né nel porre fine ai ripetuti procedimenti giudiziari
contro gli obiettori di coscienza che rifiutavano di svolgere il servizio militare. A novembre, nel caso Erçep vs. Turchia, la Corte europea dei diritti umani ha stabilito che il
rifiuto da parte della Turchia di garantire un servizio civile alternativo a quello militare
violava il diritto alla libertà di pensiero, coscienza e religione. Le persone che si esprimevano pubblicamente a favore del diritto all’obiezione di coscienza hanno continuato
a essere perseguite (v. sopra, Libertà di espressione).
L’obiettore di coscienza İnan Süver è rimasto in carcere a causa delle multiple condanne per il rifiuto di
svolgere il servizio militare fino a dicembre, quando è stato messo in libertà condizionata.
RIFUGIATI E RICHIEDENTI ASILO
L’accesso alle procedure d’asilo è stato negato arbitrariamente, con la conseguenza che
le persone sono state rinviate forzatamente in luoghi in cui potevano essere a rischio di
persecuzioni. Le autorità non hanno introdotto la legislazione promessa a garanzia dei
diritti fondamentali di rifugiati e richiedenti asilo. Da maggio in poi, migliaia di cittadini
siriani sono fuggiti in Turchia in cerca di protezione dalla violenza e dalle violazioni dei
diritti umani nel loro paese. Molti sono stati sistemati in campi ma non hanno avuto accesso all’Unhcr, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, o alle procedure d’asilo. Il
loro accesso al mondo esterno è stato gravemente limitato, impedendo loro anche di riferire sulla situazione dei diritti umani in Siria. Ci sono state segnalazioni di un certo
numero di cittadini siriani sequestrati in territorio turco e riportati in Siria, dove rischiavano di subire persecuzioni.
DIRITTI DELLE PERSONE LESBICHE, GAY, BISESSUALI E TRANSGENDER
Il problema della discriminazione per ragioni di orientamento sessuale e identità di genere non è stato affrontato. Gli attivisti per i diritti delle persone lesbiche, gay, bisessuali
e transgender (Lgbt) hanno continuato a subire le molestie delle autorità. Nel corso del
2011, i gruppi per i diritti Lgbt hanno registrato otto omicidi presumibilmente commessi
a causa dell’orientamento sessuale o dell’identità di genere della vittima.
A novembre, tre donne transgender, tutte appartenenti al gruppo per i diritti Lgbt di Ankara Pembe Hayat
(Vita rosa), sono state condannate per “oltraggio ad agenti di polizia” e “resistenza alla polizia”. Erano
state accusate dopo aver denunciato di essere state arbitrariamente arrestate e maltrattate da agenti.
Nessuno è stato perseguito in relazione a tale episodio.
VIOLENZA CONTRO DONNE E RAGAZZE
La Turchia ha ratificato la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la
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lotta alla violenza contro le donne e alla violenza domestica. Tuttavia, i meccanismi di
prevenzione turchi sono rimasti miseramente inadeguati e il numero di rifugi era ben inferiore a quello richiesto dal diritto interno.
A ottobre, la Corte suprema d’appello ha confermato la riduzione di pena per 26 uomini condannati per lo
stupro di una ragazza avviata alla prostituzione all’età di 12 anni, affermando che aveva “acconsentito”
a fare sesso con loro.
MISSIONI E RAPPORTI DI AMNESTY INTERNATIONAL
Delegati di Amnesty International hanno visitato la Turchia a gennaio, marzo, aprile,
maggio, giugno, agosto, settembre, ottobre e dicembre.
“Not an illness nor a crime”: Lesbian, gay, bisexual and transgender people in Turkey
demand equality (EUR 44/001/2011)
Human rights defender Halil Savda faces imprisonment again in Turkey (EUR
44/002/2011)
Families facing forced eviction in Turkey (EUR 44/007/2011)
Turkey: Attacks on civilians condemned (EUR 44/013/2011)
Turkey: Activists alleging police ill-treatment convicted for “insulting police” (EUR
44/014/2011)
Turkey: KCK arrests deepen freedom of expression concerns (EUR 44/015/2011)
Turkey: Supreme Court of Appeals overturns historic verdict in death in custody case
(EUR 44/018/2011)
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