v “cenni sulle principali malattie cronico degenerative”

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v “cenni sulle principali malattie cronico degenerative”
INSEGNAMENTO DI
IGIENE GENERALE E APPLICATA
LEZIONE V
“CENNI SULLE PRINCIPALI MALATTIE CRONICO
DEGENERATIVE”
PROF. DOMENICO GIELLA
Igiene generale e applicata
Lezione V
Indice
1 Introduzione --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 3 2 Malattie Cardio Vascolari E Respiratorie --------------------------------------------------------------------------------- 5 3 Malattie Tumorali ------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 10 4 Malattie Metaboliche --------------------------------------------------------------------------------------------------------- 12 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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Introduzione
Tutte le malattie del tipo cronico degenerativo hanno in comune un decorso protratto nel
tempo.
Esse riconoscono, come già accennato, una fase iniziale cosiddetta pre-clinica, in cui sono
già presenti elementi predisponenti alla malattia stessa ma assolutamente silenti sul piano clinico e,
molto spesso, misconosciuti al paziente stesso ed al medico.
Sarebbe questa la fase in cui trova piena giustificazione una profilassi primaria che agisca
anche in senso educazionale sulle abitudini di vita del soggetto al fine di impedire o, quantomeno,
modificare o ritardare nel tempo l’esordio della malattia.
Nella seconda fase detta fase di stato oppure fase clinica, la malattia è già clinicamente
evidente, nella sua precipua caratterizzazione. Essa si manifesta apertamente e dà , in maniera
evidente, i suoi effetti sul piano della salute. È questa la fase della prevenzione secondaria, di quelle
attività cioè tese a mantenere il controllo della malattie ed impedire i danni consequenziali.
Il decorso clinico ulteriore porta, tuttavia, nel corso degli anni alla degenerazione clinica dei
substrati su cui la malattia agisce, conducendo a quei danni oramai irreversibili, a quelle lancinanti
invalidità di gravoso peso personale e sociale ed infine alla morte del soggetto. Prima di ciò la
prevenzione terziaria tende a correggere o limitare i danni invalidanti e ad ottenere quelle
condizioni di qualità della vita accettabili cui tutti hanno diritto.
Le malattie cronico – degenerative sono appannaggio dell’ultimo secolo, che ha visto, grazie
al progredire delle scoperte scientifiche e delle acquisizioni tecnologiche relativamente a farmaci
nuovi e nuove competenze, il declino epidemiologico delle malattie infettive grazie anche ai
migliorati tenori di civiltà e di vita e, contestualmente, l’affermarsi di patologie nuove, quali quelle
appunto di tipo cronico degenerativo.
La migliore qualità di vita, il miglioramento delle tecnologie diagnostiche e l’affinata terapia
medica, hanno consentito sopravvivenze impensabili qualche secolo fa. È aumentato,
contestualmente, il numero di malattie molto legate anche ai tempi moderni; basti pensare alla
cardiopatia ischemica, chiara figlia dello stress della vita di oggi, alla bronchite cronica
assolutamente rapportabile agli attuali livelli di inquinamento atmosferico, alle malattie
dismetaboliche, prima tra tutte il diabete e l’ipercolesterolemia molto dipendenti dalle pessime
abitudini alimentari degli ultimi anni.
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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Tali malattie , oltre che essere a prognosi quasi sempre infausta per il paziente, costituiscono
un problema di sanità pubblica sia per il carico economico di spesa sia perché sono fattori
responsabili di incremento delle cifre di morbosità e mortalità.
Per offrire una panoramica sufficientemente valida sulle principali malattie cronico
degenerative, conviene dividerle per gruppi, indicando, ad esempio, le malattie cardiovascolari e
respiratorie nel primo gruppo, le malattie tumorali nel secondo gruppo e le malattie del
metabolismo nel terzo gruppo.
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Malattie cardio vascolari e respiratorie
Insieme detengono il triste primato delle malattie cui si deve il maggior numero di morti nel
mondo.
In primis ed in assoluto le malattie cardiovascolari, da tempo, sono indicate come la causa di
mortalità più frequente al mondo.
Il loro incremento percentuale è di tipo esponenziale e legato sempre più a regimi ed
abitudini di vita igienicamente scorretti a partire dall’ abitudine tabagica, al consumo di droghe,
all’alimentazione ipercalorica, agli stili di vita specie quelli più sedentari, allo stress della vita
moderna, al sovraffollamento.
Alla base di tali malattie c’è l’iniziale danno vascolare, quello legato cioè
all’invecchiamento precoce della parete interna delle arterie, processo che è meglio conosciuto con
il termine di aterosclerosi. Esso si verifica per il fissurizzarsi dello strato interno epiteliale e per il
successivo infiltrarsi all’interno di particolari sostanze e cellule di provenienza ematica con deposito
di fibrina e grasso fino alla costituzione di placche di spessore anche importante che riducono il
calibro e la pervietà vasale.
I danni provenienti da tale alterazione appaiono evidenti dapprima in quei distretti vascolari
cosiddetti nobili, quali il distretto coronarico, da cui la cardiopatia ischemica cronica oppure la sua
massima espressione quale l’infarto del miocardio.
Analogamente il danno vascolare si renderà evidente nel distretto cerebrale dove potrà dare
luogo ad invecchiamento precoce oppure, come massima espressione, all’ictus cerebrale.
Altri parenchimi nobili interessati saranno il rene, la circolazione retinica per quanto
riguarda gli occhi ed infine l’intero distretto vascolare con ripercussioni sul circolo generale che
conducono alla arteriosclerosi generalizzata.
L’ipertensione arteriosa, come detto, rappresenta una delle patologie cardiovascolari, forse
la più frequente. Essa nella maggioranza dei casi, ben oltre il 90%, viene definita essenziale, in
quanto non è possibile identificare una causa specifica precisa. Nel restante dei casi può essere
attribuibile ad altre patologie tra cui quelle endocrine o renali. Normalmente si usano due numeri
per esprimere il valore della pressione: uno per indicare la pressione ''minima'' (che corrisponde alla
pressione esistente nelle arterie nel momento in cui il cuore si rilassa dopo una contrazione) e uno
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per indicare la pressione "massima" (che esprime invece il valore della pressione esistente nelle
arterie nel momento in cui il cuore si contrae).
L’ ipertensione determina valori pressori al di sopra dei 140 di massima e dei 90 di minima;
è assolutamente asintomatica e, pertanto, in grado di esercitare il suo effetto dannoso per un numero
enorme di anni prima di essere diagnosticata e trattata. . In certi casi un aumento della pressione può
provocare qualche disturbo, come mal di testa, vertigini, ronzii all'orecchio, affanno, disturbi alla
vista o sanguinamento dal naso.
È interessante notare che in alcune popolazioni non industrializzate con abitudini di vita e
alimentari molto diverse dalle nostre (bassissimo consumo di sale, attività fisica intensa, etc.)
l'ipertensione è pressochè inesistente, ed inoltre la pressione arteriosa non aumenta con l'avanzare
dell'età. Nel caso dell’ ipertensione è importante attenersi a delle regole;
in particolare è necessario:
ridurre l'ingestione di sale; poiché gli alimenti totalmente insipidi non sono graditi è bene
ridurre gradualmente la quantità di sale impiegata in modo da abituarsi al nuovo sapore dei cibi;
vanno ovviamente evitati tutti i cibi ricchi in sale come i salumi e, in generale, gli alimenti
conservati; evitare anche grissini, fette biscottate, crackers, pizza, scegliere tipi di pane con scarso
contenuto di sale (pane toscano o pugliese) ;
ridurre la quantità di calorie introdotte, quindi mangiare meno cibi ad alto contenuto
energetico come i dolci, i grassi e le bevande alcoliche;
sostituire i grassi di origine animale, come burro o lardo, con oli vegetali che sono meno
dannosi per l'organismo; evitare alimenti ricchi in colesterolo, come formaggio, uova, carne di
maiale; limitare il quantitativo di bevande alcoliche (non più di 1/2 litro di vino al giorno) e non
esagerare nel consumo di caffè;
abolire il fumo o, come minimo, ridurlo il più possibile perché, come si è detto in
precedenza, aumenta i rischi dell'ipertensione e può favorire improvvisi aumenti della pressione;
è bene limitare, per quanto possibile, occasioni di tensione o di ansia eccessivi, cercando
momenti di rilassamento psicofisico (es. svolgendo una attività fisica che non richieda sforzi troppo
intensi);
effettuare una terapia con farmaci antiipertensivi ;essa deve essere prescritta dal medico che
sceglierà, caso per caso, la cura più idonea. È è indispensabile che una persona con la pressione alta
comprenda l'importanza di assumere regolarmente i farmaci che gli sono stati prescritti; in alcuni
casi possono comparire effetti indesiderati quali: stanchezza, sonnolenza, secchezza della bocca,
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modificazioni dell'umore, tosse stizzosa; sarà bene allora segnalarli al proprio medico per ricevere
consigli più appropriati.
È importante che una persona ipertesa non interrompa mai l'assunzione dei farmaci di
propria iniziativa, perché potrebbero verificarsi improvvisi e pericolosi rialzi della pressione.
Essa è il preludio della cardiopatia ischemica, alla cui origine è presente tuttavia una
multifattorialità legata alla nutrizione del miocardio che è il tessuto costituente del muscolo
cardiaco. In pratica le aumentate necessità metaboliche del miocardio, dovute allo stress lavorativo,
non sono sopperite da un adeguato apporto di ossigeno tramite il circolo coronarico compromesso
dalla formazione di placche ateromasiche all’interno dei vasi coronarici; ciò condiziona, come già
detto, una riduzione del calibro e della portata dei vasi stessi.
In una fase iniziale di tale situazione di discrepanza si inserisce il quadro della cosiddetta
angina pectoris, ossia quella penosa sensazione di dolore al petto in regione retro sternale che si
verifica molto spesso sotto sforzo ma anche a riposo. Tutto ciò è espressione di un temporaneo
ipoafflusso di sangue e ,quindi di ossigeno, al miocardio che recede nella sua sintomatologia
drammatica con l’assunzione di idonei farmaci dilatatori solitamente per via perlinguale.
Quando il danno vascolare sopravanza e rende ancor più strette le arterie coronariche, il
temporaneo restringimento di calibro che abbiamo visto in corso di angina pectoris diventa
definitivo e dunque responsabile del quadro clinico dell’infarto miocardico.
Esso è dominato dalla necrosi di un determinato territorio miocardico dapprima irrorato dal
vaso ora compromesso; dalla sua estensione dipenderà il destino del paziente e la sua
sopravvivenza.
Nell'infarto acuto del miocardio è spesso assai difficile individuare uno o più fattori
scatenanti l'evento morboso. Uno sforzo fisico eccessivo è stato spesso incriminato come momento
scatenante un infarto. Un'emozione particolarmente intensa è stata spesso messa in rapporto al
successivo instaurarsi di un infarto del miocardio, ma, come nel caso precedente, manca ogni
dimostrazione statisticamente valida di tale ipotesi. Tuttavia, non è possibile escludere che
l'aumento dell'attività del sistema adrenergico .che si ha sia in condizioni di esercizio fisico strenuo
che di intense emozioni (paura, collera, ecc.), possa, attraverso gli effetti della scarica
catecolaminica, provocare una maggiore richiesta di ossigeno da parte del cuore od indurre
alterazioni del ritmo minacciose o letali.
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In circa la metà dei casi, un'anamnesi attenta ed accurata consente di mettere in evidenza
sintomi premonitori: astenia, facile affaticabilità, vaghe sensazioni dolorose precordiali, nausea,
dispepsia, senso di ansietà immotivata.
Quando coesistono affezioni morbose a carico dell'apparato digerente (ulcera peptica,
colecistopatie, ernia iatale, ecc.) l'ammalato può attribuire a tali affezioni preesistenti la sensazione
dolorosa dell'infarto miocardico.
La mortalità è massima nelle prime ore dall'infarto, prima che il malato raggiunga
l'ospedale. Studi accurati eseguiti in Inghilterra hanno dimostrato che il 50 per cento delle morti per
infarto si verifica entro poco più di due ore dall'inizio della sintomatologia. Il 75 per cento di tutti i
decessi si ha entro 24 ore dall'inizio della sintomatologia.
Quando il danno vascolare, come già accennato, interessa il distretto cerebrale, si può
concretizzare quello che viene definito ictus cerebrale , patologia che è responsabile di circa il 15%
dei decessi in Italia.
Il danno in parola può essere di tipo “ischemico”, cioè con riduzione drastica del flusso
sanguigno in un determinato territorio di cervello , oppure da ostruzione totale del vaso con
conseguente acuta e totale interruzione del flusso ematico. In altri casi si può avere la rottura di un
vaso con conseguente emorragia cerebrale.
In tutti i casi esaminati il quadro clinico è drammatico, variando in base all’entità del
territorio colpito ed al calibro del vaso interessato.
In genere il quadro clinico è dominato da perdita di coscienza, alterazioni della mimica
facciale, paresi transitoria degli arti, ariflessia od iporiflessia.
Dopo la fase acuta, il paziente potrà riportare danni permanenti con varie disabilità, tra cui
quella della parola e quella dei movimenti volontari.
Abbiamo
incluso
nel
capitolo
delle
malattie
cronico-degenerative
del
sistema
cardiovascolare anche le malattie respiratorie, prima tra tutte, la broncopneumopatia cronica
ostruttiva, per le implicite capacità di influire, come vedremo nella fase conclusiva, sul sistema
cardio-vascolare.
È una tra le maggiori cause di mortalità al mondo, subito dopo le malattie cardiache ed i
tumori.
Essa interessa una larga parte dell’umanità a partire, purtroppo , anche da età assolutamente
precoci come i quaranta anni.
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Sostanzialmente è espressione di un danno della mucosa bronchiale che, sottoposta ad
insulto continuato nel tempo di tipo fisico-chimico come inquinanti atmosferici, fumo di tabacco,
prodotti tossici di lavorazioni industriali, reagisce con una flogosi cronica, un’ infiammazione cioè
della mucosa stessa che dà luogo ad iperproduzione di muco, distruzione dell’epitelio muco ciliare
con riduzione della “clearance” (cioè del trasporto verso l’alto) e quindi dell’emissione del muco e
con il restringimento del calibro bronchiale, con conseguente penosa difficoltà al passaggio dell’aria
respirata specie nella sua fase espulsiva.
Tutto ciò, persistendo attivi i fattori di rischio che abbiamo citato, conduce alla progressiva
perdita funzionale respiratoria con quadri clinici anche drammatici fino all’ instaurarsi della
insufficienza respiratoria cronica.
L’incidenza della BPCO ,così come è conosciuta in tutto il mondo è, dunque, in rapporto
diretto con il fumo di tabacco, abitudine sempre più diffusa specie tra i giovani ed in speciale modo
tra le donne.
Sul piano della prevenzione, non si parlerà mai abbastanza dei danni potenziali derivanti da
tale abitudine e ogni programma educativo igienico sanitario non potrà mai prescindere da richiami
fermi sui pericoli indotti dal fumo!!
Analogamente sarà lecito intervenire sulle altre cause di determinismo della BPCO, tra tutte
l’inquinamento atmosferico, i gas di scarico delle autovetture, i residui di riscaldamento domestico,
l’inquinamento industriale in genere.
Per quanto riguarda la prevenzione delle malattie cardiovascolari, sarà opportuno incidere
sulle modifiche delle abitudini di vita, prima tra tutte, la sedentarietà. Importante risulterà un
corretto regime dietetico povero di sale, che privilegi l’assunzione di cereali, frutta e verdura, come
abbiamo già detto in precedenza.
In tema di prevenzione terziaria, che è quella che si attua a malattia conclamata, risulterà
fondamentale una corretta terapia sia della ipertensione che del danno vascolare già identificato,
così come, per quanto attiene la BPCO , sarà fondamentale il controllo assiduo della funzione
respiratoria mediante un semplice esame che si chiama spirometria, praticando rigorosamente la
terapia broncodilatatrice del caso.
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Malattie tumorali
Sono queste le malattie che più frequentemente portano a morte dopo le malattie
cardiovascolari.
Negli ultimi anni hanno avuto un incremento numerico esponenziale di difficile
interpretazione, nel senso che non è facile stabilire quanto di queste cifre sia rapportabile a nuove
diagnosi prima impossibili da fare oppure ad effettivi nuovi casi dovuti al peggioramento
dell’ambiente in cui viviamo.
Certamente l’allungamento della vita media con conseguente prolungata esposizione ai
fattori di rischio, le variazioni degli ambienti di vita e lavorativi hanno inciso in maniera
determinante sulla crescita dei tumori.
Essi sono sostenuti da danni cellulari interessanti la struttura propria dell’elemento
costituente il tessuto originario, alterazioni che possono riguardare sia il nucleo cellulare che il
citoplasma e che determinano una crescita anomala , con moltiplicazione incontrollata anche a
distanza , come avviene nella fase metastatica dei tumori e con perdita delle caratteristiche oltre che
fisiche anche funzionali delle cellule stesse.
È molto difficile stabilire il momento in cui avviene questa “deviazione” dalla normalità di
un determinato tipo cellulare, così come è difficile dire perché ciò avvenga.
Molto ci hanno insegnato gli ultimi anni di studi ed esperienze nella genesi dei tumori. Oggi
sappiamo, ad esempio, che molti tumori possono essere messi in relazione ad abitudini di vita
dannose ( consumo di tabacco, consumo di alcool o di droghe) , ad alimentazione smodata con
consumo di alimenti ricchi di sostanze cancerogene come i nitriti contenuti nei conservanti, all’esclusione di alimenti nobili come fibre quali frutta e verdura con il privilegio invece di sostanze
ricche di grassi animali.
Per i tumori del polmone abbiamo già fatto cenno abbondantemente ai rischi derivanti dal
fumo. Giova ricordare che essi sono tra i tumori più diffusi ed interessano prevalentemente il sesso
maschile, ma non risparmiano le donne per la concreta crescita di abitudine tabagica anche nel
gentil sesso!
Il sesso femminile è vittima sovente del tumore mammario o di quello uterino; il tumore
della mammella rappresenta quello con le maggiori implicazioni psicologiche per la donna, atteso
che la sua terapia comporta spesso un intervento mutilante di difficile accettazione. Per i tumori che
interessano il collo dell’utero sembrano avere importanza, come fattori di rischio, la precocità di
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inizio dei rapporti sessuali, l’elevato numero di partners e talune infezioni virali locali come quella
da papillomavirus.
La statistica è pressoché paritaria per i tumori della sfera digestiva, tra cui quello dello
stomaco.
Per i tumori riguardanti il fegato, il cosiddetto epatocarcinoma, un ruolo specifico svolgono
le infezioni virali che aggrediscono quest’organo, tra cui soprattutto quella da virus C, specie se
supportata da intossicazione alcolica.
I tumori della sfera genitale maschile riguardano principalmente testicoli e prostata; in
particolare quest’ultimo è molto frequente e presente, talvolta anche in forma benigna, in più della
metà degli uomini ultra settantenni.
Un cenno, infine, ai tumori del sangue; tra questi la leucemia, malattia che può presentarsi in
maniera sia acuta che cronica e che interessa le cellule della serie bianca del sangue, modificandole
nella forma ed annullandone le funzioni.
Molta importanza, per questi tumori, viene data alla esposizione a sostanze particolari come
il benzene, presente in tutte le vie urbane ed anche a fattori genetici propri dell’individuo.
Al termine di questa piccola panoramica sui tumori appare ancora più evidente il margine di
miglioramento che si potrà ottenere con sane campagne educative e promozionali di salute
alimentare oltre che comportamentale, per ridurre l’incidenza e quindi la mortalità da tumori.
Di non minore importanza sarà la spinta verso una diagnosi precoce dei tumori stessi che da
sola potrà consentire una lotta vincente contro il temibile male.
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Malattie metaboliche
Il terzo gruppo in cui , per comodità espositiva , abbiamo diviso le malattie cronico
degenerative, comprende le malattie del metabolismo.
Sono queste malattie legate a disordini metabolici che possono interessare tutti i costituenti
elementari della struttura del corpo umano e cioè i glicidi, i lipidi e le proteine.
Il metabolismo errato di uno di tali fattori finisce con l’interferire anche sugli altri
determinando, in genere, quadri clinici complessi di sofferenza che spesso prendono il nome di
“sindrome metabolica”.
Ci occuperemo principalmente di diabete mellito essendo questa la malattia più diffusa del
gruppo.
Il diabete mellito è una malattia del metabolismo , cioè del processo che l'organismo utilizza
per ricavare dagli alimenti l'energia e le sostanze di cui ha bisogno , caratterizzato da un aumento
della concentrazione nel sangue di uno zucchero, il glucosio.
Gli zuccheri semplici e quelli complessi (amidi) presenti negli alimenti (es. pane, pasta,
dolci, frutta, ecc.) durante la digestione vengono trasformati in glucosio (uno zucchero semplice)
che è la principale fonte di energia dell'organismo. Il glucosio entra nel sangue e passa poi
all'interno delle cellule per fornire energia o essere ulteriormente trasformato in altre sostanze.
Affinché il glucosio possa entrare nelle cellule è indispensabile la presenza dell'insulina. L'insulina
è un ormone prodotto dal cellule particolari, chiamate cellule beta, presenti nel pancreas, una grossa
ghiandola posta dietro allo stomaco. Quando mangiamo, il pancreas produce la giusta quantità di
insulina per consentire l'ingresso del glucosio all'interno delle cellule. Nelle persone affette da
diabete, però, il pancreas produce una quantità insufficiente di insulina, o non la produce affatto,
oppure le cellule non rispondono all'insulina prodotta dal pancreas.
Come conseguenza, la concentrazione del glucosio nel sangue aumenta al di sopra dei livelli
normali, passa nell'urina e viene così eliminato dall'organismo. Il corpo perde in questo modo la sua
principale fonte di energia, pur essendoci paradossalmente un eccesso di glucosio nel sangue.
Esistono due tipi di diabete:
quello giovanile , diabete di primo tipo, che può esordire anche in età pediatrica ed è dovuto
a carenza assoluta di insulina, per cui la terapia si avvale di somministrazioni quotidiane di dosi di
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insulina per via sottocutanea, allo scopo di sopperire a quanto non viene prodotto e quello dell’
adulto, il diabete di secondo tipo, in cui è presente sì insulina, ma in quantità modesta oppure con
chiare difficoltà ad effettuare la sua azione per resistenza al rapporto con il glucosio.
In questi casi la terapia si avvale di sostanze che stimolano la beta cellula pancreatica ad
una maggiore produzione di insulina oppure a farmaci che consentono un migliore utilizzo
dell’insulina circolante.
Alcuni fattori possono aumentare il rischio di sviluppare un diabete. Le persone più a rischio
sono quelle che hanno altri membri della famiglia affetti da diabete (soprattutto quello di tipo 2),
quelle in sovrappeso o coloro che appartengono a particolari gruppi etnici.
Il diabete di tipo 1 si presenta con la stessa frequenza nei maschi e nelle femmine, ed è più
comune nella razza bianca.
Il diabete di tipo 2 è più frequente nelle persone anziane, specialmente donne, e nelle
persone sovrappeso.
La diagnosi di diabete, generalmente è tardiva rispetto al suo esordio, perché all’inizio esso
è povero di sintomi; questi si renderanno manifesti più tardi ,quando i primi danni d’organo si
saranno già determinati.
I danni sono soprattutto di tipo vascolare ed interessano parenchimi nobili, quali la retina , il
rene, il fegato e il cervello.
La prevenzione di questa malattia è finalizzata alla correzione dei disordini alimentari già
richiamati più volte nel discorso generale, al miglioramento degli stili di vita con privilegio per
l’attività fisica e con l’esclusione delle abitudini nocive tra cui fumo e sedentarietà. Questo perché
abbiamo detto che il soprappeso e l’obesità rappresentano oggi il fattore di rischio primario più
importante per lo sviluppo del diabete.
In un recente studio svedese il rischio di sviluppare diabete è risultato circa 10 volte più
elevato nei soggetti obesi. Un altro lavoro ha dimostrato chiaramente che anche una piccola perdita
di peso di circa 4,5 Kg è in grado di ridurre il rischio di diabete del 30%.
Una ulteriore conferma dell'efficacia di un corretto stile di vita nella prevenzione del diabete
viene dai risultati di uno studio effettuato in una cittadina cinese: i dati raccolti mostrano una
riduzione media di circa il 38% del rischio di sviluppare diabete nei soggetti che avevano cambiato
stile di vita migliorando l'alimentazione e/o incrementando l'esercizio fisico.
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Questi e molti altri studi, non ricordati per brevità, dimostrano chiaramente che è possibile
prevenire il diabete di tipo 2 riducendo il peso corporeo; eppure c'è ancora molto scetticismo sulle
possibilità di modificare le abitudini di vita degli individui per ottenere il calo ponderale!
Oggi per prevenire il diabete non si deve spingere la correzione del peso corporeo fino al
raggiungimento del peso ideale, è preferibile utilizzare il termine di peso minimo accettabile, che
individua un obiettivo molto più realistico.
Nei soggetti in sovrappeso, una riduzione dell'introito calorico di 300-500 kcal/die e un
incremento del dispendio energetico di 200-300 kcal/die, tramite una regolare attività fisica, sono
sufficienti per indurre e mantenere una riduzione ponderale di 4-5 kg e quindi per ridurre il rischio
di diabete fino al 30%!
Ricordo, per l'attività fisica, che non è obbligatorio diventare maratoneti, ma è sufficiente
camminare tutti i giorni a passo spedito per almeno mezz'ora.
Il rischio di diabete non è legato solo alla quantità di calorie introdotte, ma anche alla
composizione della dieta.
In particolare vanno fatte le seguenti poche raccomandazioni:
• Limitare il consumo di alimenti ad alta densità energetica come i dolci, le bevande
zuccherate e i grassi.
• Aumentare il consumo di cibi non raffinati ricchi di fibre vegetali come i legumi, la
frutta e gli ortaggi.
• Preferire, tra gli alimenti ricchi di amido, quelli a cosi detto basso indice glicemico
(quali la pasta e il riso parboiled).
• Recentemente tutti i maggiori esperti mondiali di diabete si sono riuniti e hanno
formulato le seguenti fondamentali raccomandazioni per la prevenzione e la diagnosi
precoce del diabete mellito:
• I soggetti senza alcun fattore di rischio per diabete, a partire dai 40 anni:
•
devono eseguire ogni tre anni un dosaggio della glicemia a digiuno e della
glicemia post-prandiale (2 ore dopo aver pranzato).
• I soggetti a rischio di sviluppare diabete, cioè quelli :
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ƒ con familiarità di 1° grado
ƒ in sovrappeso o francamente obesi
ƒ affetti da ipertensione arteriosa
ƒ con aumento del colesterolo e/o dei trigliceridi
ƒ con iperuricemia
ƒ con aterosclerosi precoce
ƒ con pregressi lievi aumenti della glicemia (tra 110 e 125 mg/dl)
ƒ le donne con pregresso diabete in gravidanza o che hanno partorito figli di peso
superiore a 4 Kg, a partire dai 40 anni: devono eseguire ogni anno un dosaggio
della glicemia a digiuno e della glicemia post-prandiale (2 ore dopo aver pranzato).
I risultati di questi test andranno interpretati con il proprio Medico curante che potrà
decidere, qualora vi fossero alterazioni significative della glicemia, di inviare il soggetto al Centro
Diabetologico per una valutazione complessiva, l'educazione strutturata e l'eventuale precoce
impostazione terapeutica.
Un cenno, infine, a quelle malattie dell’età evolutiva che più frequentemente è dato
riscontrare specie nell’età scolastica e su cui è possibile un concreto intervento di profilassi mirata.
Le malattie da errata postura, quali quelle della colonna vertebrale come la scoliosi, la
ipercifosi e le scapole alate, sono delle deformità della colonna vertebrale che , se non corrette
precocemente, possono condurre a danni irreversibili della postura.
Nella scoliosi è riscontrabile una deviazione sul piano laterale della colonna vertebrale che
può essere di tipo funzionale e, quindi, completamente correggibile con opportune modifiche della
postura e con l’attività rieducativa, oppure di tipo strutturale in cui è ravvisabile un danno
strutturale delle ossa vertebrali per cause non sempre individuabili. Anche in questi casi dovrà
essere precoce l’intervento specialistico per la rimozione delle cause organiche di scoliosi.
Nella ipercifosi si ha una accentuazione della normale curva cifotica della colonna
vertebrale che può interessare il tratto dorsale o quello lombare della colonna.
Anche in questo caso esistono quadri di ipercifosi dovuti ad atteggiamenti posturali errati
,quali quelli delle adolescenti che accentuano la cifosi per compensare lo sviluppo del seno, così
come esistono quadri di ipercifosi dove sono riconoscibili alterazioni dei corpi vertebrali di tipo
cuneiforme oppure quadri ove non sono evidenti alterazioni morfo-strutturali.
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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Lezione V
L’effetto sul piano sintomatologico è quello dei dolori al rachide vertebrale interessato, ma
anche di evidenti inestetismi posturali e, talvolta, quando la patologia è molto importante , si
possono avere ripercussioni sulla funzione respiratoria per restrizione della gabbia toracica e ,
quindi, per difficoltà nella dinamica respiratoria.
Il tratto lombare della colonna vertebrale è interessato più spesso da un’ accentuazione della
normale lordosi fisiologica delle vertebre , che comporta una prominenza anteriore dell’addome;
tale condizione , nota pure con il termine di iperlordosi lombare, è causa di dolori lombari
persistenti e molto limitanti nel corso della vita.
Da quando detto risulta evidente l’importanza di identificare il più precocemente possibile
tali anomalie o tali atteggiamenti errati della colonna , al fine di intervenire subito con idonei
correttivi, il più delle volte costituiti da attività ginnico sportive tese proprio alla correzione del
difetto.
Altra condizione abnorme dello scheletro nell’età evolutiva è quella delle scapole alate ,
dovuta alla sporgenza anomala e simmetrica il più delle volte delle scapole ; queste si associano
spesso alla ipercifosi dorsale.
Anche in questo caso vale molto il riconoscimento precoce e la idonea correzione con
opportune attività ginnico sportive.
Un ulteriore cenno, per restare nell’ambito delle patologie a carico dello scheletro in età
evolutiva, lo faremo sul rachitismo;
esso è dovuto ad una carenza di vitamina D e ad insufficiente esposizione alla luce solare ed
all’aria dei bambini.
Ciò comporta alterazioni visibili a carico delle ossa con evidenti rigonfiamenti delle parti
periferiche , turbe dell’accrescimento e deformazioni varie (particolarmente evidente negli stadi
avanzati è la deformazione della scatola cranica con il suo aumento di volume e con prominenza
delle bozze frontali).Si possono avere anche alterazioni a carico della gabbia toracica, con il
cosiddetto rosario rachitico, e della colonna vertebrale,nonché a carico degli arti inferiori che
possono assumere una forma arcuata.
Alla
riconosciuta
somministrazioni
carenza
introduttiva
di vitamina
D ,
si risponde con
esterne di questa vitamina ; giova ricordare che questa è contenuta in larga
parte in cibi quali latte, latticini, uova e carne. Il rachitismo è una malattia ormai di rarissima
osservazione,
perché al giorno d'oggi sono molto cambiate le abitudini alimentari, di
comportamento e soprattutto le condizioni socio-economiche, pertanto è molto difficile avere una
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carenza importante di vitamina D e di conseguenza sono raramente riscontrabili le classiche
manifestazioni cliniche del grave rachitismo del passato; l'interesse attuale è pertanto spostato
maggiormente sulla prevenzione.
Meritano, infine, al termine di questa carrellata sulle principali malattie, una brevissima nota
la carie dentaria e la miopia, entrambe situazioni facilmente rilevabili nell’età evolutiva e scolastica
in particolare, per la necessità di finalizzare un’opera educativo-promozionale verso tali patologie,
sia per il riconoscimento precoce, che per la loro terapia e profilassi.
Nel primo caso si tratta di una patologia che può interessare a tutto spessore i tessuti del
dente e che porta alla sua distruzione con le relative ripercussioni sulla funzione masticatoria e,
quindi, digestiva. Alla base del processo di cariogenesi vengono invocati diversi fattori, tra tutti un’
alimentazione errata specie per quanto riguarda gli zuccheri semplici , ma soprattutto la cattiva
igiene orale che comporta la persistenza di residui alimentari negli spazi interdentali con relativa
formazione della placca dentaria cui contribuisce la sovrapposizione batterica.
È imperativo insegnare precocemente ai bambini il corretto e costante uso dello spazzolino
da denti da utilizzarsi dopo ogni pasto con movimenti dall’alto verso il basso e non in senso
orizzontale.
Parimenti importante sarà anche l’uso del filo interdentale così come quello di sostanze
rilevatrici di placca , per poi poter agire con maggiore intensità sulle zone interessate.
Esistono fattori protettivi verso la carie dentaria tra cui l’utilizzo di fluoro e di calcio(
entrambi componenti essenziali del tessuto dentario).
Laddove l’introduzione con gli alimenti fosse carente, sarà opportuna una profilassi
farmacologica del problema; così pure sarà vantaggiosa un’ alimentazione molto più ricca di frutta e
verdura che non di zuccheri.
Per finire la miopia che è un difetto della visione dovuto alla deformazione del globo oculare
che riduce il suo diametro antero-posteriore determinando, con il sistema di lenti proprio
dell’occhio, la formazione delle immagini al davanti della retina e non più sulla retina stessa. I
motivi per cui si deforma l’occhio sono riconducibili a varie cause; per primo a cause ereditarie e
genetiche, ma anche a comportamenti ed atteggiamenti errati nella vita scolastica e lavorativa.
La scarsa illuminazione delle aule scolastiche, banchi scolastici non idonei, postura sbagliata
e caratteri di stampa piccoli favoriscono lo sforzo di accomodazione che, protratto nel tempo,
conduce allo sfiancamento della membrane che avvolgono l’occhio e, quindi, alla sua
deformazione.
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Anche in questo caso è opportuno intervenire precocemente con la rimozione possibile di
tutte le cause ambientali e con il ricorso a visite mediche specialistiche periodiche.
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