III - Pegaso

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III - Pegaso
INSEGNAMENTO DI
DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA
LEZIONE III
“L’ASSETTO ISTITUZIONALE DELL’UNIONE EUROPEA
(PARTE II)”
PROF. GIUSEPPE RUBERTO
Diritto dell’Unione Europea
Lezione III
Indice
1
La Commissione-------------------------------------------------------------------------------------------- 3
1.1 Nomina e cessazione dalle funzioni dei membri della Commissione ---------------------------- 3
1.2 Il Presidente della Commissione e le Direzioni generali ------------------------------------------- 5
1.3 Competenze della Commissione ----------------------------------------------------------------------- 6
2
La Corte di giustizia --------------------------------------------------------------------------------------- 9
2.1 Assetto interno e procedura --------------------------------------------------------------------------- 10
2.2 Le funzioni della Corte -------------------------------------------------------------------------------- 11
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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Lezione III
1 La Commissione
La Commissione è composta da cittadini dell’Unione europea, scelti in base alla loro
competenza generale, che offrono ogni garanzia di indipendenza. A differenza del
Consiglio, costituito dai rappresentanti dei Governi nazionali, la Commissione è dunque un
organo di individui autonomi dagli Stati di appartenenza.
Ai sensi dell’art. 213 TCE, invero, <<i membri della Commissione esercitano le loro
funzioni in piena indipendenza nell’interesse generale della Comunità. Nell’adempimento
dei loro doveri, essi non sollecitano né accettano istruzioni da alcun governo né da alcun
organismo>>. Allo stesso modo, <<ciascuno Stato membro si impegna a rispettare tale
carattere e a non cercare di influenzare i membri della Commissione nell’esecuzione dei
loro compiti>>. A garanzia dell’indipendenza dei Commissari è escluso il potere degli Stati
membri che li hanno designati di revocarli.
Funzionale all’indipendenza è altresì la norma che impedisce ai Commissari, per
l’intera durata del mandato, di ricoprire incarichi o esercitare attività professionali,
remunerate o meno. La delicatezza delle funzioni esercitate impone infine ai Commissari di
rispettare i doveri di onestà anche nell’accettare incarichi o funzioni successivamente alla
scadenza del loro mandato.
1.1
Nomina e cessazione dalle funzioni dei membri della Commissione
La Commissione è attualmente composta da 27 membri (uno per ciascuno Stato
dell’Unione) e dura in carica cinque anni. Il numero dei membri della Commissione può
essere modificato dal Consiglio con deliberazione all’unanimità (art. 213 TCE). In proposito
va aggiunto che, ai sensi dell’art. 4 del Protocollo sull’allargamento dell’Unione europea,
adottato a Nizza nel 2001, quando l’Unione raggiungerà il numero di 27 Stati membri
(come accade oggi), il numero dei componenti della Commissione sarà stabilito dal
Consiglio con deliberazione all’unanimità e dovrà essere inferiore a quello degli Stati
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membri. I Commissari, inoltre, saranno scelti in base a una rotazione paritaria con modalità
stabilite dal Consiglio, con deliberazione all’unanimità,.
Alla nomina della Commissione si perviene attraverso una serie di fasi,
caratterizzate da successive deliberazioni del Consiglio e del Parlamento europeo. La
procedura, disciplinata dall’art. 214 TCE, è la seguente:
• Il Consiglio, riunito a livello di Capi di Stato o di Governo, designa, con
deliberazione a maggioranza qualificata, la persona che intende nominare Presidente della
Commissione. Tale designazione è approvata dal Parlamento europeo;
• Successivamente, il Consiglio, deliberando sempre a maggioranza
qualificata, redige, di comune accordo col Presidente designato, una
lista di persone che intende nominare membri della Commissione, in
conformità alle proposte presentate da ciascuno Stato membro;
• Il Presidente e gli altri membri della Commissione così designati sono
sottoposti, collettivamente, all’approvazione del Parlamento europeo. In
caso di voto favorevole del Parlamento sono, infine, nominati dal
Consiglio, che delibera a maggioranza qualificata.
I membri della Commissione possono cessare anticipatamente dalle loro funzioni,
oltre che in caso decesso, per:
• dimissioni volontarie;
• dimissioni d’ufficio, nel caso in cui la Commissione o il Consiglio
chiedano alla Corte di giustizia di dichiarare dimissionario il membro
<<che non risponda più alle condizioni necessarie all’esercizio delle
sue funzioni o che abbia commesso una colpa grave>> (art. 216 TCE);
• dimissioni sollecitate dal Presidente della Commissione, previa
approvazione del collegio (art. 217 TCE).
Il membro dimissionario o deceduto è sostituito, per la restante durata del mandato,
da un nuovo membro, nominato dal Consiglio a maggioranza qualificata. Il Consiglio,
tuttavia, deliberando all’unanimità, può decidere di non procedere alla sostituzione.
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La Commissione, nel suo complesso, cessa anticipatamente dalle funzioni per
dimissioni collettive o in seguito a mozione di censura approvata dal Parlamento con la
maggioranza dei due terzi dei voti espressi che corrispondano alla maggioranza dei suoi
membri.
1.2
Il Presidente della Commissione e le Direzioni generali
Il ruolo del Presidente della Commissione è particolarmente significativo, come
risulta evidente dalla stessa procedura di nomina. Egli partecipa al Consiglio europeo e, ai
sensi dell’art. 217 TCE:
• orienta le azioni della Commissione e ne decide la composizione
interna per garantire la coerenza, l’efficacia e la collegialità della sua
azione;
• determina le competenze dei membri della Commissione e ne può
modificare la ripartizione nel corso del mandato;
• sovrintende all’esercizio delle funzioni dei Commissari;
• nomina i vicepresidenti della Commissione, scegliendoli tra i suoi
membri, previa approvazione del collegio;
• può obbligare un membro della Commissione a rassegnare le
dimissioni, previa deliberazione del collegio.
La Commissione ha un’imponente struttura burocratica, articolata in Direzioni
generali, che coprono le diverse aree di intervento della Comunità (agricoltura, trasporti,
commercio, sviluppo, relazioni esterne, ricerca, affari economici e finanziari, concorrenza,
salute e tutela dei consumatori ecc.). Ciascun commissario sovrintende all’attività di una o
più Direzioni generali.
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1.3
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Competenze della Commissione
La Commissione delibera a maggioranza dei membri che la compongono (art. 219
TCE). I suoi compiti, elencati dall’art. 211 TCE, sono i seguenti:
1) La Commissione ha innanzitutto un potere di vigilanza sul rispetto delle norme
comunitarie che esercita:
• nei confronti degli Stati membri, quando ritiene che abbiano commesso
un’infrazione. La Commissione dapprima invita lo Stato a presentare le
sue osservazioni, quindi, se esse non sono ritenute soddisfacenti, emette
un parere motivato. Qualora lo Stato non si conformi a tale parere entro
il termine assegnato dalla Commissione, questa può proporre ricorso
per infrazione alla Corte di giustizia (art. 226 TCE);
• nei confronti delle istituzioni e degli organi comunitari, affinché venga
sanzionato in sede giurisdizionale un loro comportamento illegittimo.
Lo strumento di cui si serve la Commissione è, in questo caso, il ricorso
di annullamento (art. 230 TCE) e il ricorso in carenza (art. 232 TCE),
dei quali si parlerà diffusamente nella lezione dedicata al sistema di
tutela giurisdizionale comunitario;
• nei confronti delle persone fisiche e giuridiche: un esempio in tal senso
è rappresentato dalle ammende e penalità di mora che la Commissione,
ai sensi dell’art. 83, comma 2, lett. a), può comminare alle imprese che
violino le regole di concorrenza. In questo caso, a differenza dei due
precedenti, il potere di vigilanza è esercitato in via diretta dalla
Commissione e non attraverso il ricorso alla Corte di giustizia.
Espressione del potere di vigilanza diretta sono altresì le raccomandazioni e i pareri
non vincolanti che la Commissione adotta nei confronti di Stati membri, istituzioni
comunitarie, imprese e ogni altro soggetto pubblico o privato per ottenere il rispetto di
specifiche disposizioni o per proporre interpretazioni univoche delle norme comunitarie.
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Funzionale alla vigilanza è inoltre il potere della Commissione di compiere indagini
d’ufficio, su richiesta del Governo di uno Stato membro o su denuncia di imprese o privati
cittadini, nonché di disporre accertamenti istruttori, raccogliendo le informazioni di cui ha
bisogno e procedendo a verifiche dirette nei confronti delle imprese, ad esempio
ispezionando locali o documenti contabili.
2) La Commissione ha inoltre un generale potere di formulare raccomandazioni e
pareri nei casi espressamente previsti dal Trattato istitutivo della Comunità europea ovvero
quando lo ritenga necessario. Il loro oggetto si estende all’intero ambito di applicazione del
Trattato.
3) L’art. 211 TCE afferma che la Commissione <<dispone di un proprio potere di
decisione e partecipa alla formazione degli atti del Consiglio e del Parlamento europeo,
alle condizioni previste dal presente trattato>>.
In realtà i casi in cui è consentito alla Commissione di esercitare un potere
decisionale autonomo sono molto rari. Un esempio è rappresentato dall’art. 86, comma 3,
TCE che riconosce alla Commissione il potere di adottare direttive e decisioni vincolanti per
gli Stati membri qualora le misure adottate nei confronti delle imprese pubbliche e delle
imprese cui sono riconosciuti diritti speciali o esclusivi non rispettino le norme del Trattato,
e in particolare le regole di concorrenza. Analogo potere la Commissione può esercitare, ai
fini del rispetto delle regole di concorrenza, in relazione all’attività delle imprese incaricate
della gestione di servizi di interesse economico generale o aventi carattere di monopolio
fiscale.
Il potere decisionale della Commissione si manifesta principalmente attraverso la
partecipazione al procedimento di formazione degli atti normativi comunitari. In particolare,
la Commissione detiene il potere esclusivo di iniziativa legislativa, esercitato talora su
sollecitazione del Parlamento o del Consiglio o sulla base degli orientamenti espressi dal
Consiglio europeo, a cui partecipa il Presidente della Commissione.
4) Secondo l’art. 211 TCE, infine, la Commissione <<esercita le competenze che le
sono conferite dal Consiglio per l’attuazione delle norme da esso stabilite>>. Detta
funzione è svolta dalla Commissione mediante l’emanazione di regolamenti con cui viene
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data esecuzione agli atti del Consiglio. Nell’esercizio della funzione esecutiva la
Commissione è tenuta a rispettare le modalità stabilite dal Consiglio che, in virtù della
decisione del Consiglio n. 1999/48 del 28 giugno 1999, consistono nella previsione di una
serie di
Comitati (consultivi, di gestione, di regolamentazione), tenuti ad esaminare
preventivamente i progetti degli atti di esecuzione, condizionando, in maniera più o meno
incisiva, l’operato della Commissione. Ad esempio il parere espresso dai Comitati
consultivi può essere ignorato dalla Commissione, non essendo vincolante. Quello reso dai
Comitati di regolamentazione è invece vincolante per la Commissione la quale, qualora
intenda disattenderlo, potrà soltanto sottoporre al Consiglio una proposta del regolamento
(non conforme alla delibera del Comitato) che intende adottare.
5) L’art. 282 TCE attribuisce alla Commissione il potere di rappresentanza della
Comunità negli Stati membri, ad esempio ai fini dell’acquisto o alienazione di beni
immobili e mobili e della rappresentanza processuale. La Commissione esercita altresì una
rappresentanza esterna della Comunità. Essa infatti: a) negozia gli accordi tra la
Comunità e uno o più Stati ovvero un’organizzazione internazionale, che saranno poi
conclusi dal Consiglio; b) rappresenta la Comunità all’interno delle organizzazioni
internazionali (ONU, OCSE ecc.); c) intrattiene rapporti, all’interno, con le rappresentanze
diplomatiche degli Stati terzi situate a Bruxelles e, all’esterno, attraverso i propri uffici di
rappresentanza situati al di fuori dell’Unione europea.
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2 La Corte di giustizia
La Corte di giustizia e il Tribunale di primo grado (insieme alle camere
giurisdizionali, di recente istituzione) sono gli organi che esercitano la funzione
giurisdizionale in ambito comunitario. Ai sensi dell’art. 220 TCE, essi <<assicurano,
nell’ambito delle rispettive competenze, il rispetto del diritto nell’interpretazione e
nell’applicazione del presente trattato>>.
L’attività della Corte è disciplinata, oltre che dai Trattati, da un apposito Statuto,
contenuto in un Protocollo allegato al Trattato istitutivo della Comunità europea e dunque
avente anch’esso la natura giuridica di Trattato internazionale. In seguito al Trattato di
Nizza, lo Statuto della Corte di giustizia (con l’eccezione del Titolo I, disciplinante lo
“Statuto dei giudici e degli avvocati generali”) può esse modificato dal Consiglio con
deliberazione all’unanimità (art. 245 TCE). La Corte inoltre adotta un regolamento di
procedura, che deve essere approvato dal Consiglio con voto a maggioranza qualificata.
La Corte di giustizia è composta attualmente da 27 giudici (uno per ogni Stato
membro). Ad essi si aggiungono 8 avvocati generali, il cui numero, su richiesta della Corte,
può essere aumentato dal Consiglio con deliberazione all’unanimità.
Gli avvocati generali hanno il compito di presentare pubblicamente, con assoluta
imparzialità e indipendenza, le proprie conclusioni motivate sulle cause che richiedono il
loro intervento (art. 222, comma 2, TCE). La partecipazione dell’avvocato generale al
processo comunitario (per ogni causa può intervenirne uno solo) non è obbligatoria: l’art.
20 dello Statuto, sul punto, precisa che la Corte può fare a meno del suo intervento <<ove
ritenga che la causa non sollevi nuove questioni di diritto>>.
Le conclusioni dell’avvocato generale, che consistono in un parere su come dovrebbe
essere decisa la causa, sono rese pubbliche prima dell’emissione della sentenza e vengono
riportate in appendice alla stessa. Esse non vincolano la Corte, che non deve nemmeno dar
conto, in sede di sentenza, delle ragioni per le quali ha deciso di discostarsi dalle
conclusioni dell’avvocato generale.
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I giudici e gli avvocati generali sono nominati, di comune accordo, dai Governi degli
Stati membri, che devono sceglierli <<tra personalità che offrano tutte le garanzie di
indipendenza e che riuniscano le condizioni richieste per l’esercizio, nei rispettivi paesi,
delle più alte funzioni giurisdizionali, ovvero che siano giureconsulti di notoria
competenza>> (art. 223, comma 1, TCE). La durata del loro mandato è di sei anni, con
possibilità di rinnovo. Ogni tre anni si procede ad un rinnovo parziale, che riguarda la metà
dei giudici e degli avvocati generali. I giudici designano tra loro un presidente, il cui
mandato dura tre anni ed è rinnovabile.
Analogamente ai membri della Commissione, anche i giudici e gli avvocati generali
della Corte di giustizia, per l’intera durata della carica, non possono esercitare alcuna
funzione politica o amministrativa né, salvo deroga concessa dal Consiglio, attività
professionali, remunerate o meno. La delicatezza delle funzioni esercitate, inoltre, impone
loro di rispettare i doveri di onestà e di discrezione anche nell’accettare incarichi o funzioni
successivamente alla scadenza del loro mandato.
I giudici e gli avvocati generali cessano dalle loro funzioni per decesso, scadenza o
rinnovo del mandato, dimissioni volontarie o per rimozione, disposta su deliberazione
unanime dei giudici e degli avvocati generali della Corte qualora <<non siano più in
possesso dei requisiti previsti ovvero non soddisfino più agli obblighi derivanti dalla loro
carica>> (art. 6 dello Statuto).
2.1
Assetto interno e procedura
Inizialmente la Corte si riuniva solo in seduta plenaria, con la partecipazione cioè di
tutti i giudici (il cui numero, essendo proporzionale a quello degli Stati membri, in origine
era molto più limitato di quello attuale).
Con l’aumento del contenzioso sono state create delle “sezioni”, composte da tre o
cinque giudici (in base all’importanza della causa), che oggi costituiscono la formazione
ordinaria della Corte. La Corte si riunisce inoltre in “grande sezione” – nei casi in cui lo
richieda uno Stato membro o un’istituzione comunitaria che sia parte del giudizio - che
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comprende tredici giudici, tra i quali rientrano di diritto i presidenti delle sezioni a cinque
giudici e il presidente della Corte, che presiede anche la grande chambre. La seduta
plenaria, invece, è convocata nei (rari) casi espressamente previsti dallo Statuto (ad
esempio per le cause per la rimozione di un membro della Commissione o del Mediatore
europeo) oppure quando la Corte rinvii la causa alla seduta plenaria qualora reputi che un
giudizio pendente dinanzi ad essa rivesta un’importanza eccezionale (art. 16, commi 4 e 5,
dello Statuto).
La procedura davanti alla Corte si suddivide in una fase scritta, caratterizzata dal
deposito e dallo scambio di memorie tra le parti, e in una fase orale (che, nei casi indicati
dal regolamento di procedura, può essere esclusa), caratterizzata da un’udienza a cui
partecipano le parti, con lettura o semplice deposito dalla relazione conclusiva dell’avvocato
generale. Il processo si conclude con la deliberazione in camera di consiglio della Corte, la
cui sentenza è letta in pubblica udienza.
2.2
Le funzioni della Corte
La Corte di giustizia esercita principalmente funzioni giurisdizionali. Ai sensi del
Trattato istitutivo della Comunità europea essa è competente a giudicare in materia di:
• inadempimento degli Stati membri agli obblighi derivanti dal Trattato
(ricorso per infrazione: artt. 226-228 TCE);
• sanzioni pecuniarie (art. 229 TCE);
• controversie connesse con l’applicazione degli atti adottati in base al
TCE che creano titoli comunitari di proprietà industriale (questa
competenza può essere attribuita alla Corte con deliberazione del
Consiglio, adottata all’unanimità: art. 229A TCE);
• legittimità degli atti comunitari (ricorso di annullamento: artt. 230-231
TCE);
• comportamento omissivo delle istituzioni comunitarie (ricorso in
carenza: art. 232 TCE);
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• questioni pregiudiziali concernenti l’interpretazione dei trattati e la
validità e l’interpretazione degli atti compiuti dalle istituzioni
comunitarie (art. 234 TCE);
• risarcimento dei danni derivanti da responsabilità extracontrattuale
della Comunità (artt. 235 e 288 TCE);
• controversie tra la Comunità e i suoi agenti (art. 236 TCE);
• controversie
rimesse
alla
Corte
sulla
base
di
una
clausola
compromissoria (artt. 238-239 TCE).
E’ importante sottolineare che le competenze giurisdizionali attribuite alla Corte di
giustizia dai Trattati sono tassative, nel senso che, al di fuori dai casi da essi previsti, le
controversie in cui sia parte la Comunità rientrano nella giurisdizione dei giudici nazionali
(art. 240 TCE).
La Corte esercita anche funzioni consultive, mediante l’emanazione di pareri non
vincolanti che, tuttavia, per l’autorevolezza dell’organo da cui provengono, condizionano il
comportamento degli Stati membri e delle istituzioni comunitarie. Un rilievo particolare ai
pareri della Corte è talora riconosciuto dagli stessi trattati, ad esempio mediante la
previsione di procedimenti più gravosi nel caso in cui l’istituzione interessata voglia
disattenderli. Si veda, in proposito, l’art. 300, par. 6, TCE, in materia di accordi
internazionali della Comunità, che riconosce al Parlamento europeo, al Consiglio, alla
Commissione e agli Stati membri la possibilità di chiedere il parere della Corte di giustizia
circa la compatibilità di un accordo previsto con le disposizioni del Trattato, aggiungendo
che, qualora la Corte esprima parere negativo, <<l’accordo può entrare in vigore soltanto
alle condizioni stabilite dall’articolo 48 del trattato sull’Unione europea>>, cioè attraverso
la ben più gravosa procedura di revisione1.
Un siffatto parere potrebbe essere qualificato come “parzialmente vincolante” poiché, pur non comportando
l’obbligo per il soggetto che lo richiede di confermarsi ad esso, incide sulla sua attività in virtù di una
espressa previsione normativa. Non può tuttavia non rilevarsi la singolarità (rectius contraddittorietà) della
previsione dell’art. 300 TCE: la richiesta di un parere avente effetti così incisivi è infatti prevista come
meramente facoltativa (<<il Parlamento, il Consiglio, la Commissione o uno Stato membro possono
domandare il parere della Corte…>>), legittimando così le istituzioni comunitarie e gli Stati membri,
interessati ad evitare il ricorso alla procedura di revisione, a non rivolgersi alla Corte.
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Le funzioni esercitate dalla Corte di giustizia non sono limitate al pilastro
comunitario. Il Trattato sull’Unione europea attribuisce infatti alla Corte competenze
specifiche anche nell’ambito della Cooperazione di polizia e giudiziaria in materia
panale (III pilastro). Ai sensi dell’art. 35 TUE, invero, la Corte di giustizia è competente a
pronunciarsi in via pregiudiziale sulla validità e l’interpretazione delle decisioni-quadro,
delle decisioni e delle misure di applicazione delle convenzioni stabilite in virtù del Titolo I
del TUE, recante “Disposizioni sulla cooperazione di polizia e giudiziaria in materia
panale”. La Corte è altresì competente a pronunciarsi sulla legittimità delle decisioni-quadro
e delle decisioni nei ricorsi proposti da uno Stato membro o dalla Commissione, nonché
sulle controversie insorte tra Stati membri in relazione all’applicazione di un qualunque atto
adottato nell’ambito del terzo pilastro.
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