L`America s`inchina a Harriet Tubman “Mosé” degli schiavi

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L`America s`inchina a Harriet Tubman “Mosé” degli schiavi
ESTERI 7
IL DUBBIO
VENERDÌ 22 APRILE 2016
UCCISA A 45 ANNI DA UN COCKTAIL DI ALCOL, DROGA E FARMACI
Addio a Chyna
prima westler
che combatteva
contro gli uomini
L’
hanno trovata senza vita nella
sua stanza di albergo di Redondo Beach in California dopo che non
rispondeva al telefono da giorni. Secondo i primi rilevamenti a ucciderla sarebbe stato il solito cocktail fatale di alcol, droghe e farmaci, ma
solo l’autopsia potrà stabilire dcon
certezza le cause della morte. Joanie
Laurer aveva 45 anni, ma tutti la conoscevano come “China”, il nome di
battaglia che si scelse quando negli
anni 90 ha iniziato la carriera da
wrestler. I suoi numerosi fan la chiamavano anche “la nona meraviglia
del mondo”Fisico imponente, forza
fisica, agilità felina e una grinta fuori dal comune, China è stata la prima donna che ha combattuto contro
lottatori uomini e nel 1999 è stata a
un passo dal titolo della prestigiosa
Wwf Championchip, vincendo l’anno successivo l’Intercontinental
Championship (unica donna nella
storia). In quegli anni la sua fama
aveva una risonanza planetaria, occupando le copertine delle riviste,
apparendo in decine di film, reality
show e programmi tv. Con la celebrità arrivae anche la difficoltà nel gestire il successo pubblico, le intemperanze, le risse da bar, il consumo
di droga e la prigione dove è finita
per aver picchiato a sangue il suo
compagno. A metà degli anni 2000
l’inizio del declino sportivo e i pro-
blemi fisici (le sue protesi mammarie
hanno ceduto durante un incontro)
la portano ad allontanarsi progressivamente dai ring. E ad avvicinarsi al
mondo della pornografia semi-amatoriale. China è stata protagonista di
diverse pellicole hardcore, diventando un’attrice a luci rosse a tutti gli
effetti. Negli ultimi anni la dipendenza dall’alcol ha seriamente compromesso la sua salute fino al tragico
epilogo di Redondo Beach.
L’EROINA ABOLIZIONISTA IN EFFIGE SULLE PROSSIME BANCONOTE DA 20 DOLLARI
L’America s’inchina
a Harriet Tubman
“Mosé” degli schiavi
MORTA NELL’ANNO
IN CUI NASCEVA
ROSA PARK’S,
LIBERÒ DALLA
SCHIAVITÙ
CENTINAIA DI NERI
COMBATTENDO
IN PRIMA LINEA
DURANTE
LA GUERRA
DI SECESSIONE
TRA LE FILA
DELL’UNIONE
DANIELE ZACCARIA
S
e è vero che il destino
ama le coincidenze, per
la comunità dei neri
d’America il 1913 non può che
essere un numero speciale. È
l’anno di nascita di Rosa Park’s,
simbolo della lotta alla segregazione razziale, lo stesso in cui
morì nell’anonimato Harriet Tubman, la prima militante abolizionista della Storia d’oltreoceano.
Quasi tutti ricordano le gesta di
Park’s, il suo rifiuto di cedere il
posto di autobus a un uomo bianco che nel 1955 fece partire da
Montgomery la stagione dei diritti civili degli afromaericani. In
pochi conoscono però la straordinaria biografia di Tubman, la
“Mosé della gente nera” come
viene chiamata dagli storici statunitensi.
Eppure il suo volto occhieggerà
presto dalla banconota da 20 dollari come ha annunciato dal Segretario al Tesoro Jack Lew: «È
un pilastro della nostra democrazia». Prenderà il posto di Andrew Jackwson, il settimo presidente degli Stati Uniti (18291837), “assassino di indiani” e a
suo tempo proprietario di un
centinaio di schiavi buttati a
spezzarsi la schiena nelle sue terre del Tennessee. E sarà la prima
donna rappresentata in effige su
una banconota americana se si
esclude Martha Washington presente su un rarissimo Certificato
d’argento del 1891.
Cresciuta in una piatagione del
Maryland, quando aveva sei anni
LA BANCONOTA DA 20 DOLLARI CHE
ENTRERÀ IN CIRCOLAZIONE NEL 2020
fu venduta come schiava a una
ricca famiglia di possidenti terrieri della Contea di Dorchester
che la utilizza per i lavori domestici e per sorvegliare la figlia
neonata della padrona di casa, la
dispotica “Miss Susan”. In
quell’abitazione coloniale Harriet subisce umiliazioni e maltrattamenti continui; una volta,
accusata di aver rubato una zolletta di zucchero, è stata colpita
con violenza alla testa con una
sbarra di ferro, la “correzione” le
causa insonnie, capogiri e convulsioni che la tormenteranno
per il resto della vita. Giura a se
stessa che un giorno lei e la sua
gente non subiranno più quelle
crudeltà. Fervente cristiana, interpreta l’epopea del Vecchio Testamento in chiave abolizionista,
identificandosi con il Mosé che
porta in salvo il popolo ebraico
via dall’Egitto. E così sarà.
Nel 1849, all’età di 27 anni, fugge
verso Philadelphia, aiutata
dall’Underground Railroad
, un’organizzazione semi-clandestina animata da bianchi (per lo
più quaccheri illuminati) che si
batte per la fine della schiavitù
aiutando gli afromericani a raggiungere gli Stati del nord e il Canada. La Guerra di Secessione è
alle porte, le reti abolizioniste sono nel mirino degli schiavisti, i
cacciatori di taglie battono le
campagne per impedire ai neri di
darsi alla macchia. Chi viene catturato e riportato nelle piantagioni è marchiato a fuoco come il
bestiame a eterna memoria della
sedizione. Harriet Tubman ha ri-
conquistato la libertà, ma quell’esilio dorato non le basta, le sta
stretto. Trascorso qualche mese
in Pennsylvania riparte verso il
Maryland con un’idea fissa: liberare la sua famiglia. Oltre ai genitori e ai fratelli, Tubman riesce a
far fuggire dalle piantagioni decine e decine di schiavi, diventando una leggenda vivente nonché
nemica giurata dei dignitari del
sud. «Era sprovvista di qualsiasi
forma di paura, l’idea di essere
arrestata e punita non la spaventava affatto», scrive la sua biografa Catherine Clinton.
Allo scoppio della guerra scende
in prima linea per l’esercito
dell’Unione dove, tra mito e realtà sarà protagonista di gesta ed
episodi eroici; il più noto sarà
una spedizione navale in Georgia
che porta alla liberazione di 750
schiavi. Un’incisione di quell’epoca la ritrare con il fucile in
mano sulla prua del battello
pronto a sbarcare, un’immagine
che verrà recuperata un secolo
più tardi dal movimento delle
Black Panther. Figlia di un’epoca
selvaggia Harriet non è certo il
prototipo dell’icona non-violenta
alla Martin Luther King, al contrario non ha mai esitato a sfidare
le legge e a impugnare le armi per
difendere i diritti della sua gente,
se fosse vissuta nel Novecento e
in molti l’avrebbero definita come terrorista. Una figura poco
amata dalla destra repubblicana,
non a caso la moglie dell’ex vicpresidente Dick Cheney ha criticato i libri di storia Usa, rei di
darle «troppa importanza».