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Il pettegolezzo è malizioso, frivolo e facile da diffondere, ma doloroso da sopportare e difficile da sradicare. Nessun pettegolezzo
svanisce mai del tutto, se sono in molti a dargli voce; anch’esso è
una specie di divinità.
Esiodo, Le opere e i giorni
Titolo originale dell’opera
The Wicked Godmother
Traduzione dall’inglese
di Simona Garavelli
© 1987 by Marion Chesney
© 2015 astoria srl, corso C. Colombo 11 – 20144 Milano
Prima edizione: marzo 2015
ISBN 978-88-98713-08-0
In copertina:
John Singer Sargent, Ena and Betty, Daughters of Asher and Mrs Wertheimer,
olio su tela, 1901, Tate Collection
Progetto grafico: zevilhéritier
Stampato nel mese di marzo 2015
da Galli Thierry Stampa, Milano
www.astoriaedizioni.it
Il villaggio sonnolento di Upper Marcham non aveva
mai assaporato uno scandalo così ghiotto.
Il vedovo e notabile locale sir Benjamin Hayner era morto, e aveva lasciato l’amministrazione di tutti i suoi beni e
delle immense tenute a una gentildonna decaduta di nome
Harriet Metcalf. Miss Metcalf avrebbe dovuto esercitare
il controllo su detti beni e tenute fino a quando le figlie di
sir Benjamin, le gemelle Sarah e Annabelle, non avessero
compiuto ventun anni. Al momento ne avevano soltanto
diciotto. Harriet Metcalf, la loro madrina, non ne aveva
che venticinque.
Sir Benjamin era stato amico intimo dei genitori di Harriet e in più occasioni, dopo la loro morte, aveva invitato
Harriet a cena a Chorley Hall, la sua imponente dimora.
Ma nessuno, meno che mai i numerosi parenti di lui, si
sarebbe aspettato che affidasse l’amministrazione dei suoi
affari a una persona come Harriet.
La prospettiva che lei dovesse rinunciare a tutto quanto
il giorno del ventunesimo compleanno delle gemelle, e tornare a vivere con il magro reddito proveniente da un fondo
fiduciario di famiglia, non aiutava a mitigare lo sdegno.
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Perché Harriet Metcalf era ormai per tutti un’Avventuriera e una Donna Dissoluta. Del resto bastava guardarla.
Aveva una folta nuvola di vaporosi capelli biondi e occhi
azzurri grandi e profondi. Le sopracciglia erano sottili e
arcuate, piuttosto scure, e le ciglia lunghe e nere come la
fuliggine. Le bionde non andavano di moda. Ma non era
questo a renderla sospetta.
Aveva un personale slanciato e seducente. E un carattere
solare, ma la gente del posto e i parenti pensavano che nessuna con una tale aura di sensualità avrebbe potuto fare a
meno di essere Quella Poco di Buono Che Era. Il defunto
sir Benjamin Hayner era stato un bell’uomo. Mentre gli
abitanti del villaggio congetturavano sulla natura della relazione tra lui e Miss Metcalf, il pettegolezzo prendeva piede.
Fino ad allora, Harriet era stata rispettata ed estremamente benvoluta.
Ci si sarebbe potuti aspettare una certa dose di acidità
da parte dei parenti, ma i sospetti e l’ostilità dei paesani
erano nuovi, e Harriet ne fu ferita e sconcertata.
Il fatto era che tutti i pettegolezzi venivano messi in circolazione dalle gemelle stesse, persuase, a causa della gelosia che provavano nei confronti di Harriet, che quelle storie
fossero vere e che gli scandali che andavano diffondendo
contenessero una dose di verità. Sarah e Annabelle erano
caute nel diffondere le maldicenze, e nessuno riusciva mai
a risalire alla loro fonte; di certo non Harriet, che adorava
le gemelle e si sentiva onorata che fossero state affidate alle
sue cure, anche se solo per un breve periodo. (La loro nascita era stata una prova troppo grande per la povera lady
Hayner, che era sopravvissuta solo poche ore dopo averle
date alla luce.)
Nel suo testamento sir Benjamin aveva disposto anche
che Harriet portasse le gemelle a Londra per il loro debutto
in società e che, se non avessero “fatto presa” alla prima
Stagione, le presentasse di nuovo in quella successiva.
Il funerale era stato officiato in una gelida giornata di dicembre e Harriet aveva pianto almeno per le due settimane
successive. Ma il desiderio di fare del proprio meglio per il
vecchio amico la spinse ad asciugarsi gli occhi e cominciare
a programmare il soggiorno delle ragazze a Londra.
Harriet viveva in un cottage alla periferia del paesino.
Era piccolo, pittoresco, in stile Tudor e umido. Fino ai diciassette anni aveva vissuto con i genitori a The Grange,
una bella dimora stile Regina Anna nella zona ovest. Aveva
condotto un’esistenza agiata, e il futuro si era profilato certo. Era inteso che Harriet sarebbe stata portata in una qualche elegante stazione termale per il debutto, e là avrebbe
trovato un marito più interessato alla classe che al denaro.
Mr e Mrs Metcalf andavano orgogliosi della propria classe.
Mr Metcalf diceva spesso che i Metcalf avrebbero potuto
essere duchi o conti, se non avessero considerato i titoli nobiliari una cosa volgare. Harriet non aveva mai visto niente
di strano nel loro trito snobismo. Non aveva mai avuto un
temperamento critico, amava i suoi genitori ed era obbediente, e faticava a capire perché sir Benjamin trovasse la
loro conversazione, il loro abbigliamento e le loro maniere
una costante fonte di divertimento. Ci si divertiva più a casa
dei Metcalf che all’Astley’s Amphitheatre, diceva sempre
con la sua risata contagiosa.
Che le gemelle la trovassero antipatica e fossero gelose
di lei non aveva mai neppure sfiorato la mente innocente di
Harriet. Era troppo in soggezione di fronte agli splendidi
abiti e talenti delle figliocce per vedere lo sprezzo dietro la
facciata di correttezza.
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Alla morte dei genitori, Harriet si rese subito conto delle
ristrettezze in cui versava. Avevano lasciato parecchi debiti,
così la casa e il mobilio erano stati venduti, e a Harriet era
rimasto giusto il necessario per acquistare il piccolo cottage
in cui abitava attualmente con Beauty, il grosso e sbavante
bastardo dall’indole irascibile. Harriet amava Beauty: troppo spesso trovava gli esseri umani volubili e sconcertanti,
mentre la devozione del suo cane nero e fulvo, che ricambiava il suo amore e odiava invece qualunque altra persona
al mondo, le dava una sensazione di sicurezza.
Nel villaggio erano pochi i membri della piccola nobiltà,
e certamente non c’erano donne dell’età di Harriet che i
suoi genitori considerassero sufficientemente altolocate per
cui, alla morte di sir Benjamin, Harriet sentì più forte che
mai il bisogno di un’amica. Prima della lettura del testamento era stata in rapporti se non altro civili con gran parte
del villaggio, ma ormai, misteriosamente, persino i bottegai
la guardavano di traverso.
Gli uomini che si erano proposti quando i genitori erano
vivi erano stati tutti messi alla porta in quanto “assolutamente inadeguati”, e ormai sembrava non essercene più in
circolazione nemmeno uno disposto a sposare una zitella di
venticinque anni e per di più senza dote.
Ma Harriet non era completamente sola. Una bizzarra
amicizia tra la dolce, incantevole Harriet e una temibile zitella della comunità parrocchiale di Upper Marcham, tale Miss
Josephine Spencer, era sbocciata. Senonché negli ultimi due
mesi Miss Spencer era stata a Bath per la cura delle acque;
pur avendole scritto, Harriet non aveva mai ricevuto risposta.
Non voleva assillare le gemelle con i propri guai; sulle
loro spalle pesava già il fardello della morte del padre. Per
quanto ammirasse Sarah e Annabelle, Harriet non poteva
fare a meno di desiderare che il capriccioso cavaliere non
l’avesse ritenuta idonea a diventare – a un’età ridicolmente
giovane – madrina delle gemelle.
Un pomeriggio nevoso Harriet sedeva nel salotto freddo
e cupo del suo cottage cercando di decidere il da farsi quando dal giardino sul davanti le giunsero delle grida e una
serie di furiosi latrati, che poi si smorzarono con un rumore
di stoffa lacerata.
È Beauty, pensò Harriet costernata.
Corse ad aprire la porta. Lì sulla soglia, che prendeva a
ombrellate Beauty sul testone lungo e bislacco, c’era un’infuriata Miss Josephine Spencer.
“Oh, Josephine,” disse Harriet, una delle pochissime
persone a cui era concesso chiamare Miss Spencer con il
nome di battesimo. “Entra. Giù, Beauty! Cane cattivo.”
Beauty si mise ubbidiente a pancia in su sul vialetto e
allungò le zampe verso il cielo, riuscendo non solo ad assumere l’aspetto di un cane morto, ma anche quello di un
cane in cui il rigor mortis si era instaurato ormai da tempo.
“Guarda com’è ridotto il mio mantello,” disse arrabbiata Miss Spencer. “Accidenti a quella bestia.”
“Mi dispiace tanto,” disse Harriet accompagnandola in
salotto. “Guarda, però, è solo scucito. Se vuoi darmelo te lo
aggiusto in un batter d’occhio.”
Miss Spencer si tolse il mantello. “Proprio non capisco
perché tieni quel cane. Inutile per la caccia, inutile per la
compagnia, aggressivo, avido e malvagio. Se fosse mio, gli
sparerei. Dico, lo sai quanto odio quella bestia. Non te lo
ripeto forse da sempre? Non piangere.”
Gli occhi azzurri di Harriet si erano riempiti di lacrime.
“Non è per questo Josephine,” disse singhiozzando. “Vorrei
avere la tua forza. Mi sento talmente debole e sciocca.”
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“Ricomponiti,” la esortò burbera Josephine. “Sai che
nulla importa davvero, fintantoché si ha il coraggio. Guarda me.”
Harriet si asciugò gli occhi e scrutò attentamente l’amica. In effetti nessuno avrebbe mai potuto accusare Miss
Spencer di debolezza. Era una donna coriacea, dal viso
giallastro e rugoso, e piccoli occhi neri scintillanti. Nessuno
ne conosceva l’età, per quanto si riteneva avesse superato la cinquantina. Indossava un orribile cappello rigido e
un abito di velluto color porpora, parecchio frusto. Aveva
conosciuto Harriet a una festa parrocchiale tre anni prima. Neanche ora avrebbe saputo dire cosa l’avesse spinta a
prendere così in simpatia la giovane donna, perché Harriet
era cortese e svagata, e di norma, anche nella migliore delle
ipotesi, per Miss Spencer era molto difficile andare d’accordo con i membri del suo stesso sesso.
“Hai ricevuto la mia lettera?” chiese Harriet prendendo
ago e filo dal cestino da lavoro ed esaminando con attenzione la cucitura del mantello di Miss Spencer. Un triste
ululato riecheggiò in giardino. Beauty, che in qualche punto
dei meandri del suo limitato cervello stava pensando che
tutto doveva ormai essere stato perdonato e dimenticato,
chiedeva di entrare in casa.
“Per il momento lascia quell’orrendo ammasso di pulci
dov’è,” disse Miss Spencer. “Sì, ho ricevuto la tua lettera…
alla fine. Gli Harrison, quelli da cui stavo, pensano che tutta
la corrispondenza sia fatta unicamente di bollette, perciò
l’avevano messa via assieme a tutti i conti da pagare, e io
l’ho trovata solo pochi giorni fa. Sono venuta il prima possibile. Questo è un gran bel colpo di fortuna. Decisamente.”
“Come puoi dire una cosa del genere?” esclamò Harriet. “Le povere gemelle hanno perso il padre. A me tocca
amministrare le tenute e il patrimonio, e devo presentare
le ragazze in società, e non so nemmeno da che parte cominciare.”
“La tua grande fortuna è questa. Finché le ragazze non
saranno sposate potrai vivere tra gli agi, avere bei vestiti e
abitare in un’ottima zona di Londra, e se sarai fortunata
farai tu stessa un ottimo matrimonio.”
“Ma io non posso permettermi vestiti eleganti con cui
fare da chaperon alla Stagione londinese.”
“Mia cara bambina,” disse Miss Spencer, “e tu i soldi
prendili dal patrimonio.”
“Ma non posso,” rispose Harriet. “Vedi, dopo la lettura
del testamento, Mrs Draycott – sai, la sorella di sir Benjamin – ha detto davanti a tutti che escogiterò di certo un
modo per riempirmi bene le tasche prima che le gemelle
diventino maggiorenni. E poi ora anche gli abitanti del villaggio si comportano in modo strano e ostile. Mi chiedo se
non sia stata Mrs Draycott a mettermeli contro.”
“Mrs Draycott, come sai bene, vive nella contea confinante, e non ha mai modo di parlare con nessuno, qui da
noi. Sei sicura che quelle due ragazze, Sarah e Annabelle,
non siano andate in giro a sparlare sul tuo conto?”
“No!” esclamò Harriet, oltremodo scioccata. “Naturalmente tu non le conosci bene, ma si comportano da perfette
signore qualunque cosa facciano, e sono molto più mature
di me, molto più esperte. Non si presterebbero mai a una
cosa così bassa come il pettegolezzo.”
Miss Spencer liberò un monumentale sbuffo di disprezzo. Fuori, Beauty lanciò un altro ululato di disperazione.
“Devo proprio farlo entrare, Josephine cara,” la implorò
Harriet. “Non ti sfiorerà nemmeno, se con te ci sarò io. Sei
stata via così a lungo che si è dimenticato di te. Non è un
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animale molto intelligente, ma ha un cuore davvero grande,
ed è il mio unico amico, a parte te…”
“Fallo entrare,” concesse Miss Spencer in tono scontroso, “così poi saremo libere di dedicarci agli affari, forse.”
Harriet corse fuori dalla stanza; quasi immediatamente
una raffica di estatici uggiolii e un raspare di zampe riecheggiarono nel minuscolo ingresso.
Beauty si lasciò cadere scompostamente accanto a Harriet, attese finché non si fu seduta con il cucito ben sistemato in grembo e subito si allungò sopra i suoi piedi, volgendo
nella direzione di Miss Spencer un unico occhio piccolo,
castano, ursino e malevolo. Miss Spencer si guardò attorno nel salotto e, non per la prima volta, pensò che tutti gli
uomini erano degli stolti. Era così tipicamente maschile,
così tipico di sir Benjamin redigere un testamento tanto imprudentemente balzano. Quanto sarebbe stato più saggio
invece lasciare alla povera Harriet una somma rispettabile
e con essa garantirle l’indipendenza!
Il salotto era gradevole nella misura in cui Harriet riusciva
a renderlo tale con le sue limitate possibilità. Un mazzolino
ornamentale di foglie autunnali, conservate con la glicerina,
brillava in una brocca di bronzo tra le ombre della stanza rischiarata a lume di candela. C’erano due eleganti sedie Sheraton e un bel tavolo intarsiato, ma il pavimento sconnesso
era nudo, e il focolare era sistemato alla maniera campagnola, con tutta una serie di uncini e catene anneriti a dimostrazione che un tempo, prima della costruzione dell’ampliamento che ospitava la cucina, veniva usato per cucinare.
“Ma stavi per parlare di affari,” la invitò a continuare
Harriet con gentilezza. Si sentiva già parecchio rinfrancata. Nell’approccio alla vita così pratico e sbrigativo di Miss
Spencer c’era un che di rassicurante.
“La prima cosa da fare è andare a parlare con l’avvocato
di sir Benjamin,” stabilì Miss Spencer. “Lui disporrà che
tu possa prelevare dal patrimonio una somma sufficiente a
permetterti di fare da chaperon alle ragazze e presentarle in
società come si conviene. Potrà anche affittare una casa da
mettervi a disposizione per la Stagione. Forse farà un po’ di
fatica a trovarla in una zona elegante, ma dovrà provarci. E
poi tu non dovresti star qui. In quanto madrina e dama di
compagnia delle ragazze, dovresti stabilirti a Chorley Hall.”
“Pensavo che sembrerebbe piuttosto presuntuoso,” rispose Harriet.
“Dovresti proprio,” ribadì Miss Spencer. “Ma ormai è
troppo tardi per crucciarsene. Ora la cosa su cui devi concentrarti è andare a Londra. Devi cercare di arrivarci il
prima possibile, rispetto all’inizio della Stagione. Devi preparare il terreno, vale a dire organizzare piccole festicciole
per il tè, fare conoscenza con le signore dell’alta società, in
particolare quelle con figli maschi in età da matrimonio.”
“È tutto piuttosto scoraggiante,” commentò Harriet.
“Non conosco granché il mondo.”
“No, e neanche le persone,” rincarò Miss Spencer.
Parlò in tono brusco; Beauty si agitò ai piedi di Harriet e
ringhiò arricciando all’indietro le labbra nere.
“Volevo dire,” proseguì Miss Spencer occhieggiando
Beauty con avversione ma moderando attentamente il tono
di voce, “che non conosci molto bene le giovani Hayner. So
che stai per dire che è assurdo, ma prova a pensarci! Non
hai mai giocato con loro quanto eravate bambine. Le hai
frequentate solo in compagnia di sir Benjamin. Ho sentito
dire che hanno preso dalla madre, una donna bisbetica e
scaltra.”
“Josephine,” disse Harriet arrossendo, “da molto tempo
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nutro grande ammirazione sia per Sarah che per Annabelle.
Possiedono una simpatia, una raffinatezza e una signorilità
che devo confessare di non possedere neppure io. In società i loro modi sono impeccabili. Io sono timida e non
riesco mai a pensare a qualcosa da dire alle persone. Loro
mi hanno sempre fatto sentire la benvenuta, e quando i
miei genitori sono morti sono state estremamente buone e
comprensive.”
“Avevano l’abitudine di farti visita quando abitavi a The
Grange,” riprese Miss Spencer. “Quante volte sono venute
a trovarti da quando stai qui?”
“Ma cosa ti è preso, Josephine?” disse Harriet in tono di
rimprovero. Poi il suo viso si distese. “Lo so perché sei così
irritabile. È stata la fatica del lungo viaggio. E poi abbiamo
parlato solo dei miei problemi, mentre non abbiamo detto
neppure una parola sul tuo soggiorno a Bath. Raccontami
delle persone che hai conosciuto là. E le acque, hanno giovato alla tua milza?”
Miss Spencer, accorgendosi sconfortata che la lealtà di
Harriet nei confronti delle gemelle Hayner sembrava davvero incrollabile, si predispose a intrattenere la giovane padrona di casa con una descrizione pungente della società di
Bath fuori stagione.
Harriet ascoltò, e nel frattempo finì di ricucire lo strappo
sul mantello di Miss Spencer, felice se non altro che l’amica
avesse smesso di criticare le gemelle.
In quello stesso istante, un chilometro a nord da Upper
Marcham, Sarah e Annabelle stavano rincasando a Chorley Hall dopo un’infruttuosa visita dall’avvocato del padre
a Barminster, capoluogo di contea.
Sostarono nell’atrio, togliendosi il mantello e ascoltan-
do il brusio della conversazione proveniente dal salotto al
piano terra. La cognata di sir Benjamin, Miss Giles, si era
stabilita in casa dopo il funerale e non dava segni di volersene andare. E neppure il fratello, Mr Peter Hayner, né
tantomeno la moglie di questi, Mrs Amy Hayner.
“In questo momento non ce la farei a sopportare nessuno di loro,” esordì Sarah. “Andiamo nel salotto di sopra,
Annabelle. Dobbiamo tenere un consiglio di guerra.” Si rivolse al maggiordomo: “Biggins, non osare dire a nessuno
che siamo tornate”. Con un braccio cinse la vita della sorella e assieme salirono l’ampio scalone di quercia.
“Ora, cosa dobbiamo fare riguardo a quella seccatrice
di Harriet?” chiese Sarah mentre spalancava la porta del
salotto. “Butta un altro ceppo nel fuoco, Annabelle, e non
stare sempre a suonare il campanello per far fare questo e
quello ai domestici, altrimenti non riusciremo mai a parlare
a quattr’occhi.”
“Li paghiamo apposta per fare le cose,” si lagnò Annabelle, ma era troppo pigra persino per impegnarsi in una
discussione con la sorella dalla volontà più forte.
Le gemelle Hayner sarebbero state del tutto simili se il
loro carattere in qualche modo diverso non ne avesse forgiato l’aspetto. Sarah era magra ed energica, Annabelle
rotondetta e languida. Sarah si infervorava per ogni cosa,
Annabelle affrontava gran parte delle vicissitudini della vita
con niente di più che un’occasionale lagnanza. Si era ormai abituata a lasciare che fosse Sarah ad affrontare ogni
problema. In presenza di terzi, la loro somiglianza diventava più marcata, poiché entrambe esibivano le stesse maniere da salotto: una sorta di pudibonda femminilità fatta
di risatine soffocate, sventagliamenti, occhi alzati al cielo
e una conversazione confinata agli argomenti più banali.
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Si comportavano cioè esattamente come ci si aspettava
che si comportassero due debuttanti di ottima estrazione
sociale. Se fossero appartenute a una casta inferiore, non
sarebbero state considerate particolarmente attraenti, ma a
occhi meno cinici di quelli di Miss Josephine Spencer una
considerevole quantità di denaro aggiungeva lustro al loro
aspetto.
Entrambe avevano folti capelli castani e vestivano alla
moda; entrambe avevano nasi piccoli e dritti e boccucce
imbronciate simili a boccioli di rosa. Ma la carnagione di
entrambe tendeva al giallastro. Indossavano colori pastello
che non donavano loro, e i modelli a vita alta spiovevano
ampi sulla figura sottile di Sarah mentre andavano a discapito della figura rotondetta di Annabelle, in quest’ultimo
caso soprattutto perché portava abiti dal taglio troppo stretto e aderente.
L’avvocato, Mr Gladstone, aveva appena detto loro per
l’ennesima volta che i termini del contratto erano assolutamente chiari. Avrebbero dovuto debuttare a Londra con
l’aiuto di Miss Harriet Metcalf, e al riguardo non c’era
nulla da fare. Invano Sarah aveva inveito dicendo che Harriet era una profittatrice che aveva stregato il loro padre e
avrebbe dilapidato il loro patrimonio lasciandole sul lastrico. Mr Gladstone aveva detto con fermezza che, secondo sir Benjamin, Miss Metcalf era l’unica donna onesta
rimasta in Inghilterra, un’opinione – aveva aggiunto Mr
Gladstone – che lui stesso condivideva. La direzione e la
gestione delle tenute sarebbero proseguite come quando
sir Benjamin era in vita, per mano del suo agente Robert
Wyckoff. Naturalmente Mr Wyckoff avrebbe dovuto consultare Miss Metcalf su qualunque questione. A quel punto
Sarah aveva detto che Miss Metcalf non aveva conoscen-
ze, era una zotica campagnola e non certo la persona più
adatta per far loro da chaperon alla Stagione. Mr Gladstone aveva risposto in tono scostante di essere certo che Miss
Metcalf avrebbe fatto tutto quanto in suo potere e che, se
le signorine Hayner pensavano di poter fare di meglio, non
avevano che da aspettare fino al compimento del ventunesimo anno di età.
“Considerato che riguardo a Harriet abbiamo le mani
legate, dal punto di vista legale, non sarebbe più saggio lasciare che ci porti a Londra?” azzardò Annabelle.
“E starla a guardare mentre ci spenna?” chiese Sarah.
“Non piace neppure a me, sorellina,” rispose Annabelle.
“E dubito che quella stupida ochetta non prenderà neanche
un penny in più di quanto le è dovuto. In fondo non è la
dolce innocentina per cui cerca di farsi passare. Ci ha portato via l’affetto di nostro padre. Lo sai anche tu.”
“E per questo la pagherà,” disse Sarah, allungando le
mani esili verso la fiamma. “A volte vieni fuori con delle
buone trovate, Annabelle. Andiamo a Londra. Siamo entrambe abbastanza belle per rivaleggiare con le sorelle
Gunter. È probabile che alla fine della Stagione ci ritroveremo entrambe fidanzate.”
“Non vorrai paragonarci alle sorelle Gunter,” ridacchiò
Annabelle. Nel secolo precedente le sorelle Gunter erano
diventate famose per i loro matrimoni sfolgoranti. “Sai cosa
pare che abbia detto una di loro a Giorgio ii? Il vecchio re
stava dicendo che non gli piacevano le cerimonie pubbliche
quando una delle due sorelle ha risposto avventata: ‘Neanche a me, Vostra Maestà. L’unica cerimonia pubblica che
vorrei vedere è la prossima incoronazione!’.”
Sarah fu travolta da un’irrefrenabile ridarella. Alla fine si
asciugò gli occhi lacrimanti e disse: “Dobbiamo assicurarci
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che con quei suoi modi subdoli Harriet non distragga gli
occhi dei gentiluomini che si posano su di noi. Basta vedere
come ha indotto papà ad amarla come una figlia, ed è questo che non riesco a perdonarle. Se avesse flirtato con lui e
cercato di diventare la sua amante, forse l’avrei sopportato.
Ma dover stare a guardarla lì seduta con quei suoi innocenti
occhi azzurri, mentre si atteggiava a santerellina, mi dava
il voltastomaco”.
“Con papà che non voleva sentire neppure una parola
contro di lei.”
“Aspetta finché non ti avremo portata a Londra, Miss
Harriet Metcalf. Lì vedrai che i tuoi modi sempliciotti e
campagnoli saranno considerati una scocciatura.” Finse di
portarsi il monocolo all’occhio e guardò Annabelle dall’alto
in basso. “Perbacco,” disse Sarah con voce profonda, “chi è
quell’improbabile mungitrice che sta assieme alle stupende
gemelle Hayner?”
“Oh, sei un vero spasso!” esclamò Annabelle, nuovamente in preda alla ridarella. Sarah prese scherzosamente
la mira per tirarle un pugno, poi le due sorelle si buttarono
sul divano e si sbellicarono dalle risate al pensiero della meritata punizione in arrivo per Miss Metcalf.
lui si sarebbe occupato delle questioni finanziarie. A Harriet
sarebbe stata corrisposta un’indennità fino a quando le gemelle non fossero diventate maggiorenni. Quanto a trovare
una casa per la Stagione, Mr Gladstone sorrise trionfante, e
da una delle capienti tasche estrasse una copia spiegazzata
del “The Morning Post”.
“Mi sono preso la libertà di rispondere a un annuncio
sul giornale,” disse. “La casa oggetto dell’annuncio è in
un’ottima zona, e l’affitto è molto conveniente.”
Indicò un annuncio in prima pagina.
Harriet e Miss Spencer si sporsero in avanti. Lessero:
Affittasi casa per la Stagione
Dimora signorile
67 Clarges Street, Mayfair
Casa arredata. Personale qualificato. Affitto: 80 sterline
Inviare richieste a: Mr Palmer, 25, Holborn
“Meraviglioso!” esclamò Harriet.
“Troppo a buon mercato per una via così elegante,”
dichiarò Miss Spencer con un cipiglio preoccupato. “Mi
chiedo se non ci sia sotto un inghippo.”
Il giorno dopo, Miss Spencer e Harriet stavano uscendo
dal cottage di quest’ultima per andare a parlare con l’avvocato, Mr Gladstone, quando il gentiluomo stesso le colse
di sorpresa presentandosi al cancello. Liete che fosse stato
loro risparmiato un viaggio fino a Barminster, le signore lo
fecero accomodare in salotto, dove Harriet lo mise a parte
delle sue preoccupazioni. Mr Gladstone non poté essere più
rassicurante. Tutte le questioni di affari pertinenti alle tenute sarebbero state gestite come sempre in passato, mentre
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