Millennium Uomini che odiano le donne
Transcript
Millennium Uomini che odiano le donne
Schede SegnoFilm Millennium Uomini che odiano le donne (The Girl With the DragonTattoo) Regìa: David Fincher Orig.: U.S.A./Svez./U.K./Germ., 2011 Sogg.: dal romanzo di Stieg Larsson. Scenegg.: Steven Zaillian. Fotogr.: Jeff Cronenweth. Musica: Trent Reznor, Atticus Ross. Mont.: Kirk Baxter, Angus Wall. Scenogr.: Donald Graham Burt. Costumi: Trish Summerville. Suono: Bo Persson. Eff. Vis.: Digital Domain, the Third & the Seventh, Proebius, Savage Visual Effects,m Method Studios, Ollin VFX, A52, Eden FX, Colorworks; Eric Barba (superv.). Interpr.: Daniel Craig (Mikael Blomkvist), Rooney Mara (Lisbeth Salander), Christopher Plummer (Henrik Vanger), Stellan Skarsgård (Martin Vanger), Steven Berkoff (Frode), Robin Wright (Erika Berger), Yorick van Wageningen (Bjurman), Joely Richardson (Anita Vanger), Geraldine James (Cecilia), Goran Visnjic (Armansky), Donald Sumpter (det. Morell), Ulf Friberg (Wennerstrom). Prod.: Scott Rudin, Ole Sondberg, Søren Staermose, Cean Chaffin, Berna Levin e Eli Bush, per Columbia Pictures/MGM pres./Scott Rudin-Yellow Bird prod. Distr.: Warner Bros. Durata: 155 min. Il giornalista Mikael Blomkvist viene ingaggiato da Henrik Vanger, un anziano industriale svedese, per ricostruire le circostanze che, quarant’anni prima nella cittadina di Hedestad, avevano portato alla scomparsa delle nipote Harriet. Mikael dovrà indagare sui membri della stessa famiglia Vanger. Lo affianca nell’indagine la hacker Lisbeth Salander, giovane cyberpunk ribelle in credito con la vita. Uno degli aspetti di quest’ultimo prodotto del franchise Stieg Larsson che meglio è riuscito nel passaggio dalla carta allo schermo è qualcosa di specificamente visivo. Si tratta del modo in cui vengono trattate le fotografie degli eventi che si verificarono il giorno della scomparsa di Harriet. Le uniche tracce oggettive dei fatti dell’epoca sono istanti prelevati direttamente dalla realtà che eppure, per loro stessa natura, sono inevitabilmente soggettivi in quanto legati a un punto di vista preciso e dunque parziale, una prospettiva che necessariamente esclude tutte le altre possibili. Ed è solo attraverso la ricostruzione delle traiettorie degli sguardi e il completamento delle prospettive che una nuova interpretazione del passato può essere restituita e una verità non immediatamente presente può essere rivelata. Allo spettatore più accorto verrà in mente Blow-Up di Antonioni… Anche la prima versione svedese del film insisteva su questo aspetto, a sua volta ereditato dal romanzo. Ma nella nuova, assai più pulita, elegante, nevosa, esplicita, calibrata, violenta versione americana le modalità concrete di questa riscrittura del passato attraverso lo sguardo sono più interessanti perché mettono a tema i procedimenti stessi del cinema e la sua originaria essenza. Lo sforzo interpretativo che dovranno compiere i “detective” (spettatore compreso) è annunciato già nel momento in cui Henrik Vanger mostra a Mikael l’album di famiglia, du- rante il loro primo incontro: la visione dello spettatore non è allineata a quella dal personaggio, le fotografie appaiono sullo schermo ruotate di 90 gradi e costringono a inclinare la testa per poter “raddrizzare” la visione. Una soluzione “scomoda” e inusuale che comunica direttamente l’obliquità dei componenti della famiglia ritratti nelle foto. Mikael parte poi dall’acquisizione e dalla rapida messa in sequenza, attraverso il proprio computer, di singole fotografie della parata scattate dalla medesima prospettiva: come fossero fotogrammi cinematografici, le immagini statiche acquistano l’impressione del movimento. A quel punto a emergere è un gesto preciso: mentre tutti seguono il passaggio delle auto durante la sfilata, Harriet, che si trova sul marciapiede a lato della strada, incrocia lo sguardo di qualcun altro sul lato opposto. Il suo sguardo non segue la direzione di quello degli altri e la sua espressione fino a quel momento serena diviene sconvolta. La soluzione dell’enigma risiede allora nello scoprire chi Harriet avesse visto, a chi imputare il suo turbamento. La posta in gioco è la scoperta dell’oggetto del suo sguardo, l’individuazione del controcampo del suo campo visivo, come solitamente avviene nella dinamica classica degli sguardi cinematografici. È la stessa immagine a suggerire la presenza di uno sguardo complementare. Proprio alle spalle di Harriet si vede una donna nell’atto di scattare fotografie. Mikael la rintraccia e accede così al punto di vista mancante. C’è un giovane uomo, sull’altro lato della strada, che fissa proprio Harriet, ma il suo volto è seminascosto e sfocato. L’ingrandimento della foto rivela che sulla giacca dell’uomo è cucito uno stemma. E lo stesso stemma si trova sulla giacca di Martin, fratello e per mesi torturatore di Harriet, in altre fotografie. Messa in serie, campo/controcampo, ingrandimento… le mosse dell’indagine corrispondono ai procedimenti stessi del cinema, alle modalità in cui il cinema “mette in moto” la fotografia, la arricchisce di una molteplicità di prospettive, la offre e assieme nasconde allo spettatore. Rispetto alle soluzioni scelte da Oplev nella versione svedese del 2009 (proiezione di un vecchio film amatoriale, dissolvenza incrociata, messa a fuoco), qui c’è una riflessione sul valore delle immagini e sul funzionamento del cinema più basilare ma più radicale, paradossalmente in contrasto con la massiccia presenza di computer. La ricostruzione del passato è ricostruzione degli sguardi - del loro oggetto e delle motivazioni che producono gesti ed espressioni. Il disvelamento della verità è ricerca, confronto e interpretazione. Questo sforzo percettivo e cognitivo consente la ricomposizione della complessità e della totalità del passato a partire dalla singolarità e dalla parzialità delle tracce che non lo testimoniano. (Adriano D’Aloia) SegnoFilm 37 SEGNOCINEMA nr 174