Quando ci appare la fragilità del mondo

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Quando ci appare la fragilità del mondo
Quando ci appare la fragilità del mondo
Dal sisma in Friuli ad oggi, le catastrofi ci fanno avvicinare a chi sta
soffrendo
La mia prima passione infantile sono stati i sassi, i minerali. Tornavo a casa con le tasche piene, li
sistemavo in ordine in piccoli cassetti. Erano solidi, belli, concreti. Dai sassi, grazie a un libro, sono
passata a interessarmi della terra e da lì ho scoperto quello che mai avrei potuto immaginare. Sotto
di noi, sotto i nostri piedi, molto in profondità, c' era un cuore di fuoco, un cuore incandescente,
pronto ad esplodere. Sarà stato in quel momento che la mia vocazione di naturalista si è trasformata
in quella di scrittore? In qualche modo, penso di sì.
Quel cuore di fuoco pone domande, rende le notti insonni, può muoversi secondo i suoi capricci
mentre stiamo dormendo, mentre stiamo mettendo a letto i nostri figli, durante una passeggiata.
Quel cuore di fuoco si muove e provoca morte e distruzione. Tutto quello che c' era, all' improvviso
non c' è più o c' è in modo diverso. La terra è sinistramente instabile sotto ai nostri piedi, ed è quello
che troppo spesso dimentichiamo. L' apparenza ci appaga, ci tranquillizza, ci spinge a credere che
tutto sia sempre sotto controllo, che solo noi siamo padroni dei nostri giorni da ora e per sempre,
per generazioni e generazioni.
Personalmente, sono stata testimone diretta di un devastante terremoto, quello del Friuli del 1976.
Ricordo il trambusto, la corsa nel buio, la polvere, la folla confusa e terrorizzata che mi spintonava.
«L' epicentro è al nord della Germania» aveva gridato qualcuno e così quella notte, in aperta
campagna, sdraiata sulla terra che sussultava, con gli alberi intorno che oscillavano come fossero
quelli di una nave in tempesta, ho immaginato l' Europa rasa al suolo e mi sono chiesta se fosse un
privilegio o meno l' essere sopravvissuta. Vedevo i lupi scendere dai boschi e invadere i palazzi
scoperchiati, in cerca di cibo. La notte era scesa sull' Europa. Poi, col mattino, è tornato il sole. Un
sole caldo, oppressivo. Polvere ovunque, calcinacci, distruzione. Arrivavano ambulanze, elicotteri.
Dunque l' Europa esisteva ancora, quello che non esisteva più era la mia soddisfatta certezza dei
giorni. In un mondo dominato dal delirio onnipotente della tecnologia, le catastrofi naturali ci
parlano, ci ricordano che siamo esseri insignificanti, formiche che passeggiano sul dorso di un
gigante.
La morte è sotto i nostri piedi, può colpire ovunque, si muove invisibile, esplode potente, non
conosce distinzione di Paesi e di popoli, non separa il giusto dall' ingiusto, il malato dal sano, il
bambino dall' anziano, passa con la sua falce e distrugge ogni vita con selvaggia cecità. Quella
cecità che fa gridare a molti: «Ma Dio dov' è?». Già, perché nella nostra visione infantile, Dio
dovrebbe essere una sorta di contabile che stabilisce i destini con buon senso ed equità. Eppure
questo Dio che sembra non esserci, in quei momenti - come faceva notare ieri una scrittrice haitiana
- è quello più invocato, al di là di qualsiasi fede. Nella notte salgono preghiere invocazioni.
Salvami, aiutami, perdonami. Imprecazioni anche. Perché? Naturalmente la povertà offre un aiuto
generoso alle forze della natura.
Un terremoto che in Giappone provocherebbe il crollo di qualche cornicione e qualche vittima
accidentale, ad Haiti stermina un' intera città. Per risparmiare, al posto del cemento, è stata utilizzata
la sabbia, invece di quattro piloni ne sono stati messi tre, come d' altronde è successo anche in
Abruzzo. Il risparmio al posto del progetto di un futuro da lasciare ai nostri figli. Ma c' è anche un
altro lato della nostra vita, strettamente connesso alla fragilità, che le grandi catastrofi naturali
riportano alla luce. In una società profondamente cinica come la nostra, che allo stesso tempo è
nemica della vita e rimuove la morte, queste tragedie fanno scattare impreviste gare di solidarietà.
Quegli uomini così lontani dal nostro mondo, per cultura, tradizioni e stili di vita, uomini che
sembrano appartenere quasi ad altre epoche storiche, diventano improvvisamente persone da
soccorrere. E questo sentimento ci rende consapevoli di qualcosa di misterioso che ci unisce tutti e
che si chiama natura umana. È questa natura che ci permette di soffrire per le persone che soffrono,
è questa stessa natura che ci rende felici quando possiamo alleviare la sofferenza altrui. L' uomo è
un essere che si realizza pienamente nella relazione. L' anoressica povertà relazionale del nostro
mondo ipertecnologico viene così scossa dalla nudità, dalla fragilità, a cui, seppur
inconfessabilmente, sentiamo di far parte.
È la consapevolezza della fragilità ciò che permette di costruire relazioni veramente umane, società
veramente civili.
RIPRODUZIONE RISERVATA Raccolti 4,3 milioni
Corriere della Sera, Gazzetta dello Sport e Agire per Haiti hanno già raccolto 4,3 milioni di euro
per Haiti. Si può donare 2 con un sms al 48541, o tramite bonifico sul conto postale di Agire,
85593614, o sul conto Banca Intesa «Un aiuto subito» IBAN IT86 R030 6909 4000 0000 0111 105.
Tamaro Susanna - pagina 6 - (17 gennaio 2010) - Corriere della Sera