Intervento di Johnny Dotti (Cr, 26/03/14)
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Intervento di Johnny Dotti (Cr, 26/03/14)
Intervento di Johnny Dotti (Cr, 26/03/14) Vorrei iniziare mettendo in evidenza la parola “amicizia” perché vorrei che ascoltaste le parole di questa sera con questo spirito: da noi, sono bergamasco, è normale parlare franco, cercare di dirsi quello che si pensa vero e cercherò di essere poco retorico, andando al fondo delle cose. Quando mi è stato dato il tema del vostro convegno, ho cercato di immaginarvi non solo come un’organizzazione, ma come un organismo. Un’organizzazione è un soggetto freddo, un organismo ha dentro la vita. Tutto. Come un qualcosa di vitale, dove le relazioni contano. Questo è il “modello” italiano. Se noi avremo la capacità di rileggere questo nostro modello sarà la nostra possibilità di futuro. Ho diviso il mio intervento così: tre saranno “invocazioni”, tre saranno “provocazioni” e tre saranno “convocazioni”. Torna sempre la parola vocazione perchè credo che in questo tempo occorra sentirsi “chiamati”. La condizione per affrontare questo tempo complicato è sentire una vocazione: invocando, provocando e convocando. Non dico questo perché siamo in Quaresima e io sono un povero Cristo, ma perché la questione non è sentirsi fuori dal gioco ma sentirsi protagonisti di questa fase storica che è difficile, fase di profondissimi cambiamenti nel mondo, bisogna cercare di guardare a questi cambiamenti con uno spirito di partecipazione, non siamo qui per caso. Noi centriamo con tutto ciò che accade. Per affrontare questo tempo sono convinto che serva uno spirito, e sto parlando in termini molto laici, serva una fede, serva credere nella realtà, serva sapere che tu sei e sei con gli altri dentro una storia che ha un senso. Siamo in tempi fortemente nichilistici, c’è un appiattimento dei significati, dei valori, c’è una sostituzione molto rapida dei punti di riferimento. La tecnologia è una buona cosa, ma richiede una capacità di lettura della quantità di informazioni che riceviamo che, aimè, se non abbiamo un senso compiuto, non sempre siamo in grado di avere. Se non aiutiamo i giovani a stare dentro uno spirito buono, la pura funzione informativa della tecnologia non è in grado di condurli al senso della vita e senza senso della vita non si sta nella globalizzazione. La prima invocazione è che già da stasera crediamo alle parole che ci diciamo, dare un peso buono alle parole perché è la parola che ci fa uomini, mentre oggi la parola è sotto attacco. Tutto è uguale, tutto viene detto e il contrario di tutto. La parola non ha più valore. Un tempo si dava la propria parola, era la parola che io davo che dava fiducia all’altro. Per questo dico recuperiamo la parola, perché senza parola è durissimo far nuove tutte le cose. Ricordo che in salsa cristiana le cose esistono quando Adamo ha dato un nome alle cose. Credere nella parola è credere nella realtà, è immaginare che la realtà contiene il Mistero che ci compie. Detto invece in salsa artigiana, ciò deve ritornare anche fra le imprese. Se il vostro mondo perde la parola è perduto. E non pensiamolo per gli altri, questo deve riaccadere fra noi, i nostri dipendenti e le nostre famiglie. La seconda invocazione è che bisogna tornare a pensare che la fragilità è un pezzo importante della nostra felicità. Veniamo da trent’anni in cui ciò che conta è dire agli altri quanto siamo potenti, chi siamo, quanto siamo felici, pensando che più siamo pieni di noi stessi più siamo felici, dimenticando che l’uomo è appeso fra una fragile nascita e una fragile morte. E che la fragilità è una condizione fondamentale per costruire la solidarietà, che non si costruisce fra persone potenti ma solo quando reciprocamente ci riconosciamo fragili. Abbiamo costruito l’Italia esattamente su questo spirito di fragilità che era capace poi di costruire del welfare, giustizia, bontà, vita. Quindi vi prego di non rincorrere solo la potenza di voi stessi, proviamo a recuperare la fragilità come condizione della nostra felicità. Non possiamo immaginarci sempre al top, eterni, invincibili, ad un certo punto la vita è accettare che qualcuno ti aiuti perché non ce la fai più. E questo vale anche per le imprese artigiane: non rincorrete per forza un modello di potenza. Il discorso del bello perché piccolo va bene, ma fragili e isolati non si va da nessuna parte; occorre fare cose insieme agli altri. Aiutaci vita ad essere felicemente fragili. La terza invocazione è usare la parola “benedire”. Questi tempi hanno bisogno di persone che benedicono e non di persone che maledicono. Le persone che benedicono sono quelle che dicono bene della vita, quelle che dicono bene del loro presente, che non giocano al “come sarebbe bello”, ma che sanno che ora si gioca tutta la loro vita. Questo è il “nostro” tempo! E non inteso solo come kronos, ma anche come kairos, cioè il tuo tempo, cioè la consapevolezza di vivere il tuo tempo che non toglie la fatica o il dolore, ma ti fare stare dentro con un senso alla storia. Altrimenti galleggiamo come tappi di sughero sul mare. Benedire il presente non è essere superficialmente ottimisti, ma sapere che quello è il tempo che ti è dato e dove tu puoi dare. Le provocazioni 1) L’autorità. Siamo passati da una società verticale ad una società orizzontale. E la tecnologia è stata il vettore più potente di questo passaggio di esperienza dell’altro. Mi spiego, un tempo si riconosceva qualcuno di autorevole per noi (il padre, la madre, il maestro) e tempo fa in famiglia non si davano del “tu”, mio padre con mio nonno ad esempio, era un principio di autorità per cui la parola era la parola data. C’era un codice di lettura che era figlio di questa autorità e le nostre imprese sono tutte figlie di questo codice. Era riconoscere un leader. La prima provocazione che vi faccio è che ora quel codice li non c’è più! Questo significa che non c’è più l’autorità? No, dobbiamo cercare forme di autorità in una società piatta. Prima anche la struttura politico-sociale era strutturata in forma verticale: si andava dal dirigente locale del sindacato al Ministro e si dovevano fare tutti i passaggi per arrivare al vertice. La realtà oggi è cambiata. Oggi siamo dentro ad un a società piatta, altrimenti non si spiegherebbero oggi Renzi e Grillo. In termini valoriali, dalla Rivoluzione francese oggi abbiamo portato a casa la libertà e l’uguaglianza per ora; forse ora siamo potenzialmente nel tempo della fraternità. Abbiamo bisogno quindi di riscoprire l’autorità ed è la prima provocazione, perché una società senza autorità non cresce. Senza autorità non c’è crescita di nessun tipo e autorità deriva da “augere”, cioè accrescere perché l’uomo ha bisogno di essere “lavorato”, cioè portato più in la di dov’è. Ed è esattamente l’autorità il tornio di questo lavoro. 2) L’infinito: altre forme di generazione del valore. Il cambio dell’economia. In pochi decenni circa 800milioni di persone sono uscite dalla soglia della povertà con una conseguenza: i ricchi sono più ricchi e i poveri sempre più poveri. Ma tutta questa nuova economia è stata fondata su un meccanismo che prima o poi sarebbe saltato: la fantasia, l’immaginario che possa essere una produzione quantitativa infinita che si appoggia a sua volta su un consumo infinito, che si appoggia a sua volta su un debito infinito, con l’idea che si potesse avere uno sviluppo infinito. L’illusione di applicare l’immaginario di Dio sulla crescita materiale ha prodotto una crescita incredibile in tempi veloci, ma oggi ci lascia con un infarto. Dobbiamo immaginare forme nuove di economia che fuggano da quell’idea di espansione immaginata infinita perché non è così e la crisi durerà ancora un bel po’. E non è tanto colpa di chi ha rubato o altro, è colpa dello spirito che stava dietro queste logiche di errato infinito che si è esaurito. 3) Il tempo del “tu”. Il mondo non gira più intorno a te. E’ finito il tempo dell’io narciso, dell’io assoluto e che si deve riempire di tutte le esperienze di questo mondo. Abbiamo liberato questo benedetto io e abbiamo capito che è un bel casino perché anche quando ho liberato tutto e posso fare tutto poi mi manca sempre qualcosa: l’altro, qualcuno diverso da me. Forse ora entriamo nel tempo del “tu”, dove non conta soltanto l’io ma quell’essere insieme con tutto ciò che ne consegue con dolori e ferite, dove senza l’altro io incomincio a scricchiolare, manca un qualcosa. Dove io senza voi sarei inutile, non avrei senso: siete voi qui stasera che date senso al mio io. Perché decenni di io assoluto ha portato a negare il limite e quindi ci è stato insegnato che possiamo sempre ricominciare da capo, cambiare moglie quante volte vogliamo ad esempio, tanto c’è il ricambio. Ecco allora la fragilità di cui parlavo che si basa sulla consapevolezza di essere mortali. Cosa che oggi si censura, perché un io potente non può permettersi qualcosa che lo scalfisca, che lo renda “finito”. Le convocazioni A cosa siamo quindi convocati? 1) Non separare più le dimensioni della vita. Questo voi artigiani lo capite bene. Noi veniamo da una fase in cui tutto ci porta a separare: negli affetti, nelle cose pubbliche, nel lavoro, nel privato siamo stati educati a separare, non a distinguere che è una cosa sana, ma a separare. E l’immaginario di questo scenario sono le nostre case che infatti non chiamiamo più case, ma appartamenti. Da appartare, cioè separazione, divisione. Abbiamo separato le emozioni dal pensiero, il pubblico dal privato, la nostra dimensione singolare (l’io) da quella plurale (un noi), mentre noi siamo contemporaneamente soggetti politici, economici e sociali. E il tempo della contemporaneità. Parti da distinguere ma dobbiamo prender parte a… per essere soggetti attivi nella società. Altrimenti siamo pronti a farci mettere i piedi in testa senza neppure accorgercene. Noi abbiamo bisogno di generare luoghi che non siano appartati e lo dico anche ai politici qua presenti. 2) Allearci con altri. I prossimi anni si giocheranno in un rapporto con gli altri. Il futuro che vedo è quello di un’alleanza fra il mondo delle cooperative, degli architetti, delle parrucchiere, delle infermiere perché tutto sarà, anzi è, già legato. Non si risolve il problema del gioco d’azzardo con i gruppi di auto aiuto, ma ridando vita a quel quartiere costruendo luoghi sani. La crisi dell’edilizia non farà tornare ciò che c’era prima, i facili guadagni, quando compravi a un tot e vendevi al doppio, cosa che ha portato a tutte le sofferenze che ci sono in banca oggi. Occorre pensare a nuove forme dell’abitare in previsione anche alle situazioni familiari che cambiano, dove molti settori possano essere coinvolti. Questo è un esempio per dire che occorrerà allearsi con chi oggi non ci si immagina perché questa alleanza genererà il nuovo. Questo perché riconosciamo la nostra fragilità e insieme possiamo dare risposte. E l’alleanza deve essere esplicita per non generare sistemi corporativi mafiosi. E noi italiani possiamo tirarci fuori da questa empasse perché la nostra creatività è nata dalla povertà. Al termine vi lancio un invito: il tempo è breve. Non lasciamoci colonizzare, noi dobbiamo essere persone che si pongono in maniera diretta nella società. Credo che gli artigiani si portano dentro qualcosa di importante e l’invito che vi faccio, ed è la terza convocazione, è di ricordarvi che va custodito il fuoco, non vanno adorate le ceneri. Va custodito il valore la dove sta, non ciò che è già finito e le forme che ormai sono consumate. Ciò ci chiama ad una stagione di grande creazione. MASSETTI Ringrazio Dotti per la chiarezza e gli spunti che ci ha dato perché noi come Confartigianato stiamo proprio compiendo un itinerario che ci porterà al termine della 9° Conferenza Organizzativa con la speranza di avere maggiormente chiaro ciò che attende domani. E da sempre sappiamo di avere molte responsabilità nella nostra società, fra cui dare e mantenere il lavoro alle nostre generazioni. PERRI Grazie al vostro Presidente Rivoltini abbiamo avuto l’opportunità di poter ascoltare parole che ci danno coraggio e che ci fanno riflettere. In una società che da spesso valore a cose che non ne hanno credo che dobbiamo ritornare a dare valore all’umanità, cioè ad essere uomini che si riconoscono tali dentro un’unità, con uno sguardo importante a chi rimane indietro rispetto ai tempi che corrono veloci. Le parole di Johnny mi sono entrate nel cuore e mi hanno fatto ritornare alla realtà. Concludo con i miei complimenti ai ragazzi premiati. Io che sono stato allenatore credo che questo sia un premio, un riconoscimento per ciò che avete fatto, ma anche un invito a fare sempre meglio e anche quando le cose non andranno bene abbiate sempre uno sguardo ai più deboli. SALINI Vi ringrazio per queste due ore veramente interessanti e mi do tempo di ripensare a quanto detto questa sera perché sono concetti molto profondi nei quali mi riconosco pienamente. E mi sono reso conto di aver imparato il valore della persona in famiglia e nell’azienda di mio padre, attraverso il rapporto fra lui e la sua domanda di realizzazione e di come dava credito alle relazioni umane per capire meglio la sua domanda. E giudicare questo attraverso le riflessioni di oggi mi ha entusiasmato e commosso e ancora di più pensando a quale riconoscimento migliore di quello di un tu verso un tu se non il premio di una borsa di studio che valorizza e responsabilizza tutta la persona? Complimenti e grazie per questa serata straordinaria. MALVEZZI Quando un uomo è unito in se stesso, cioè non è frammentato, è capace di legami ed avendo molti amici artigiani so che i valori espressi questa sera non sono slegati fra loro. Oggi dire che ad una persona vive bene ed interessa la dimensione del fare politica è quasi uno scandalo. Per questo mi piace che un’Associazione di categoria ponga l’accento oggi sulla dimensione dell’uomo; non lo fa più nessuno! Tant’è che oggi ciascuno è lasciato solo come un naufrago dentro una dimensione di solitudine; invece è importante dire che ci sono luoghi dove ancora è possibile trovare questa dimensione e, anche dentro la sfida del lavoro, esiste la possibilità di riscoprirsi uomini e uomini veramente liberi. Ai ragazzi dico che guardando il lavoro degli artigiani che avete vicino credo che possiate capire cosa voglia dire essere oggi degli uomini e delle donne vere.