PREvisioni

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PREvisioni
PREvisioni
a cura di Arianna Dagnino, Stefano Gulmanelli, Giordano Stabile
MEDICINA
Siringhe infallibili
dalle meduse
(piccola consolazione per bagnanti)
I
bagnanti le odiano, ma dalle cellule urticanti delle
meduse, e di altri celenterati quali gorgonie e anemoni,
un domani potremo ricavare le siringhe con cui inietteremo vaccini e farmaci. Almeno è ciò che sperano i ricercatori della NanoCyte, una società biotech Usa che ha già
depositato la relativa domanda di brevetto. Le cnidocisti
(questo il nome delle strutture cellulari con cui i celenterati iniettano le loro tossine a intrusi e nemici) hanno al
loro interno un sottilissimo filamento cavo in diretto contatto con il liquido urticante in essi contenuto. Al loro
esterno è invece presente
una sorta di ciglio che,
appena sfiorato, induce
la cellula a «sparare» il
filamento e la relativa
sostanza urticante.
L’idea su cui stanno lavorando alla NanoCyte è
quella di estrarre dalle
cnidocisti le tossine naturali, riempirli con il farmaco da iniettare e –
assemblati a mo’ di
cerotto cellulare – appoggiarli alla pelle del paziente. Una leggera scarica elettrica
«convincerebbe» i cnidocisti ad inoculare il farmaco. Il tutto
avverrebbe in modo velocissimo e, soprattutto, totalmente
indolore. Il bruciore inferto dal contatto con la medusa è
infatti dovuto esclusivamente alla tossina iniettata, non
alla «puntura» inferta al malcapitato di turno.
NUMERI DAL MONDO
500.000
le donne morte ogni anno
nel mondo per complicanze
legate al parto (The World Health Report 2005)
La percentuale di calo del reddito
procapite dei cittadini sauditi
dal 1980 al 2002 (Banca Mondiale)
160.000
47
le tonnellate di pile portatili
(di cui solo il 30% riciclabili)
consumate ogni anno nella Ue (Gazzetta Ufficiale)
Costo per la società, in euro, degli infarti che colpiranno gli americani da qui al 2050 (American Academy
of Neurology)
2.000.000.000.000
DOMANI
Ho un figlio virtuale
È
un primissimo rudimentale stadio verso l’ibridazione tra reale e virtuale
ma, a guardare anche il successo che sta avendo, le sue implicazioni concettuali sono sconvolgenti: Eccky, un gioco di simulazione online lanciato qualche
tempo fa dall’azienda olandese Media Republic, consente di iscriversi sul sito per
cercarsi il partner con cui «dar vita» a un bimbo virtuale da accudire e crescere:
dandogli da mangiare, giocando a scacchi con lui o magari affidandolo a una
baby-sitter (virtuale) nel caso si abbia bisogno di una pausa dal gravoso compito
di genitore. Non che l’impegno duri molto – il ciclo di vita del figlio a procreazione virtuale è di sei giorni – ma l’incombenza resta notevole: quando l’Eccky
adulto (ogni giorno di vita equivale a tre anni di età) se ne va, il sistema valuta il
grado di felicità che padre e madre hanno saputo dare al loro pargolo virtuale e
ne giudica l’attendibilità genitoriale. Per esempio, dimenticarsi di «portarlo in
bagno» quando è il momento è mancanza che si pagherà cara al tirar delle somme.
Ma la parte più impressionante e attraente del processo è che prima della procreazione i due potenziali genitori, in teoria anche dello stesso sesso, devono compilare un questionario personale, in
cui si specificano le caratteristiche LA FRASE
personali, fisiche e non, le preferenze,
le attitudini, e così via. Il tutto corredato di avatar da costruirsi a immagine e somiglianza. Tutto ciò ser- Il lavoro di un
virà al sistema combinatorio di arti- futurologo non
ficial life technology del gioco per la crea- è tanto fare
zione di un Eccky «rassomigliante» e predizioni più
o meno accurate quanto
comunque unico e irripetibile. Il
risultare utile. Il fine ultimo
quale, una volta nato, può comuni- infatti è aiutare il cambio
care con i «genitori» via Web o di mentalità
mediante Sms sul cellulare, con un della gente
vocabolario sempre più sofisticato
Joseph Coates, futurologo
man mano che cresce (www.eccky.nl).
di lungo corso
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PREvisioni
AMBIENTE / 2
Sorpresa, il deserto
ora si ritira (grazie all’uomo)
AMBIENTE / 1
I pennuti spariscono
e si globalizzano
U
na all’anno. Spazzate via dalla faccia della Terra – per sempre – al
tasso di una ogni anno. È questo il destino ineluttabile cui stanno andando
incontro le 9.775 specie di uccelli oggi conosciute. Ma il quadro in futuro è
destinato a divenire ancora più fosco se è vero che per la fine del secolo il
mondo potrebbe aver perso oltre il 10% dell’attuale biodiversità avicola:
«Nel 2100 potremmo avere una sorta di omogeneizzazione su vasta scala, con
un numero sempre minore di specie di uccelli, ciascuna delle quali però
presenti quasi ovunque», ha commentato l’autore dello studio che è giunto a
queste stime, Peter Raven del Missouri Botanical Garden di St Louis.
Le cattive notizie non sembrano finire qui: il modello di previsione usato da
Raven e colleghi può essere valido anche per altre specie animali ma con risultati per così dire «per difetto». «Gli uccelli sono i più protetti dai vari progetti
di conservazione faunistica. Anche perché piacciono un po’ a tutti. Per molte
altre specie, la vita è ben più dura», dice Raven, «e l’attività dell’uomo avrà
effetti assai più deleteri di quelli prevedibili per gli uccelli».
GLOBALIZZAZIONE
Povero adesso vuol dire obeso
O
ggi gli obesi sono soprattutto abitanti dei Paesi ricchi, ma entro il
2010 i Paesi in via di sviluppo avranno «pareggiato» il conto. A
livello mondiale già adesso ci sono più persone sovrappeso (quasi un
miliardo) che a rischio malnutrizione (circa 800 milioni). Dati forniti da
Paul Zimmet, diabetologo della Monash University di Sydney, all’ultimo
Congresso Internazionale sull’Obesità tenutosi in Australia.
«Ci si preoccupa tanto dell’effetto serra o dell’aviaria», ha
ammonito Zimmet, «ma quella cui stiamo andando
incontro è una pandemia di obesità». Sotto il peso
della quale, è stata la conclusione, rischiano di
schiattare i servizi sanitari di tutti i Paesi del
mondo, travolti dalla necessità di curare le
malattie connesse agli eccessi alimentari,
quali diabete e infarti.
SPECCHIO | 28
P
er una volta buone notizie dall’Africa. Gli agricoltori del
Sahel nigerino hanno imparato la lezione e si sono trasformati in una prima linea efficacissima contro l’avanzata
del deserto. Negli anni Settanta e nei primi Ottanta la sabbia era dilagata verso Sud sotto la spinta del taglio selvaggio
delle piante e di un uso eccessivo dei pascoli. Ma dall’85 a oggi
la savana ha recuperato 30
Sahara: 7.800.000 kmq
mila chilometri quadrati (la
superficie di Piemonte e Liguria) e 2.500 chilometri quadrati
(la Valle d’Aosta) sono di nuovo
utilizzati per le coltivazioni.
Che cosa è successo? Gli agriGobi (Cina): 1.500.000 kmq
coltori hanno cominciato a
proteggere e ripiantare gli
alberi, soprattutto acacie del
tipo Faidherbia albida. Una
ricerca condotta da Chris Reij,
Kalahari: 750.000 kmq
della Free University of Amsterdam, ha rilevato che ampie
zone dove prima si trovava
un’acacia per ettaro ora ce ne
sono fino a 100. Gli alberi
creano un circolo virtuoso: le
Deserto arabico: 700.000
foglie cadute fertilizzano il
suolo, le fronde lo rendono
meno esposto all’erosione e
nutrono animali d’allevamento che fertilizzano ulteriorDasht-e-Kavir (Iran): 400.000
mente il terreno con i loro
escrementi. E dove c’è più
verde piove di più: un aumento
fino al 20 per cento secondo
uno studio del Geophysical
Research Letters. Risultato: in
Niger le produzioni di miglio
e sorgo sono cresciute del 20 e dell’85 per cento dal 1984 a oggi.
Ora Chris Reij ha lanciato un programma, Oasis, per allargare l’esperimento anche a Senegal e Burkina Faso.
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SCOPERTE
Piero Bianucci
È nata la chimica
dell’antimateria
L
a radice quadrata di 4 è 2. Ma è anche
meno 2, perché in algebra -2 per -2 fa 4.
Esistono dunque due soluzioni al problema
di quale sia la radice quadrata di 4. Una
con segno positivo e una con segno negativo.
Così, quando Dirac nel 1927 si accorse che
una sua equazione di meccanica dei quanti
riguardante l’elettrone permetteva due soluzioni, una positiva e una negativa, vide
aprirsi davanti a sé un nuovo mondo.
Ammesso che la matematica rispecchi la
realtà, l’equazione di Dirac rivelava che, oltre
all’universo della materia, deve esistere un
universo di antimateria, dove la carica elettrica delle particelle è invertita. Quindi
all’elettrone, particella di materia con carica
negativa, deve corrispondere un elettrone
di antimateria con carica positiva. L’anti-elettrone, poi chiamato positrone, fu in effetti
scoperto da Anderson nel 1932 nei raggi
cosmici. Segré e Chamberlain nel 1955 scoprirono l’antiprotone. Nel 2002 al Cern, mettendo insieme positroni e antiprotoni, si
ottenne una discreta quantità di anti-idrogeno: l’antimondo esiste davvero.
C’è però un particolare importante: se vengono a contatto, materia e antimateria si
annichilano in un lampo di energia. Proprio
come in algebra la somma di più 1 e meno
1 dà zero. Benché nel Big Bang si siano formate uguali quantità di materia e antimateria, per motivi non ancora chiari prevalse
la materia. I fisici però sanno ormai fabbricare antimateria in quantità sufficienti per
esplorare l’anti-mondo. È di questi giorni la
notizia che al Cern di Ginevra un gruppo di
ricercatori dell’Istituto nazionale di fisica
nucleare di Genova, Pavia e Brescia è riuscito
a produrre la prima reazione chimica tra
materia e antimateria formando il «protonio», costituito da un protone e un antiprotone. Figlio di una nuova chimica che tiene
insieme il diavolo e l’acqua santa. Sarebbe
bello se i politici, nel conciliare gli opposti, fossero in gamba come i fisici...
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SCIENZA
Il lifting va fatto alle ossa
S
e a 50 anni la vostra faccia è soltanto lontana parente di quella che avevate a 20 la colpa
– eventuale sovrappeso a parte – non è della pelle che ha perso elasticità e si è raggrinzita bensì delle ossa facciali che lentamente ma inesorabilmente si «disintegrano» e cambiano
forma (e di certo non per il meglio). La sconsolante conclusione emerge da ben due studi condotti da una coppia di noti chirurghi plastici: David Kahn e Robert Shaw, il primo con cattedra a Stanford, il secondo di stanza al Medical Centre dell’Università di Rochester. Nella parte
finale della loro ricerca, pubblicata sul Plastic and Reconstructive Surgery Journal (www.prsjournal.com), i due luminari della ricostruzione facciale mettono in chiaro che «i tiraggi della
pelle, l’uso di collagene e le iniezioni di Botox poco possono dinanzi a un’impalcatura ossea
che va sempre più deteriorandosi».
Un processo, quello dello sgretolamento delle ossa del viso – hanno precisato Kahn e Shaw,
assestando un colpo micidiale alla parte maggioritaria della loro potenziale clientela – «significativamente più marcato nella popolazione femminile che in quella maschile».
IL DATO
È il costo del lavoro il problema dell’Europa
Il Vecchio Continente non riesce a recuperare la differenza di produttività
con gli Stati Uniti. Dove stipendi più alti non gravano sulle imprese
200
2005
2002
Costo del lavoro per unità di prodotto. Usa = 100
150
100
50
Irla
nda
Fin
lan
dia
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zia
Fonte: The Conference Board
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PREvisioni
TENDENZE
Banche svizzere
mutui con film
I
n banca: per andare al cinema oltre
che per accendere un mutuo. È l’ultima
trovata della svizzera Bsi per mostrare come
anche un istituto finanziario possa nutrire
interessi culturali oltre che pecuniari. Così
il 10 novembre un pubblico di correntisti
e cinefili si troverà riunito nello spazio inBsi
a Lugano per assistere alla proiezione di
Venga a prendere il caffè da noi, versione cinematografica di un romanzo di Piero Chiara
girata nel 1970 da Alberto Lattuada, con Ugo
Tognazzi fra i protagonisti. Un’altra pellicola restaurata, La stanza del Vescovo (sotto), di
Dino Risi, ha inaugurato la rassegna cinematografica fra gli sportelli bancari svizzeri,
che proseguirà anche nel 2007 con altre chicche d’autore. Per intenditori, se non di titoli
finanziari perlomeno di titoli d’essai.
VITA METROPOLITANA / 1
Quant’è bello coabitare
R
ecuperare lo spirito del villaggio, della piccola comunità di vicini su cui poter contare
e con cui condividere eventi ed esperienze: è questo quello che si prefiggono coloro
che decidono di partecipare a un progetto di cohousing (www.cohousing.org): abitazioni private con servizi condivisi. Nato in Danimarca negli anni 70 ed esportato negli Usa negli 80,
oggi il concetto di cohousing sta attecchendo in vari Paesi del mondo avanzato, dal Nord
Europa al Canada. In America sono già un centinaio le comunità di inquilini che hanno
deciso di organizzarsi in maniera tale da avere, unitamente all’abitazione privata, spazi
comuni in cui preparare pranzi e cene «condominiali» in clima di convivialità, organizzare i giochi per i bambini, ascoltare musica o guardare un film in compagnia.
Le co-house più strutturate dispongono anche di vani lavanderia dove fare il bucato (eliminando così il bisogno di dotare le singole abitazioni di lavatrice, asciugatrice, stenditoio) e
di camere per gli ospiti a disposizione di amici e parenti. Una comunitarietà che cerca di
recuperare la vita di quartiere di un tempo, dove tutti si conoscevano, aiutandosi vicendevolmente in contrapposizione al senso di anonimato e solitudine della vita metropolitana.
Un’esigenza sentita non solo da chi ha bambini piccoli ma anche da coppie giovani, studenti,
anziani e single. Come dimostra il progetto di cohousing appena nato nella cittadina inglese
di Stroud (www.coflats.com), vicino a Bristol: 14 appartamenti serviti da una serie di spazi
comuni e abitati da tipologie di persone molte diverse fra loro. O quelli, italianissimi (www.cohousing.it), in procinto di partire a Milano, nel quartiere di Bovisa e ad Abbiategrasso.
VITA METROPOLITANA / 2
LA FRASE
L
a cameretta di casa propria non basta più. Ora i party per i figli necessitano di spazi ampi
e attrezzati, con tanto di giulivi animatori pagati a caro prezzo. In Inghilterra, dove il trend
è più marcato che altrove, ogni anno i genitori spendono oltre 1 miliardo e mezzo di euro
per regalare feste di compleanno da favola. Perché non sfruttare appieno questa nuova gallina
dalle uova d’oro? L’Alton Towers Hotel, a Londra, ha deciso di inaugurare la prima suite per
pijama party, la Sleepover Suite. Può ospitare fino a sei ragazzine (le femminucce sono le più
propense a far combriccola e voler dormire fuori casa dalle amiche intime).
La suite ha pareti insonorizzate che consentono di sparare musica a tutto volume per le session di danza e karaoke, un’intera biblioteca di film in videocassetta fra cui scegliere, frigo-bar
ripieni di ogni leccornia festaiola (quello che gli inglesi chiamano food party) e letti disegnati
per agganciarsi fra loro e creare così la comoda arena per lunghe chiacchierate notturne. Il
tutto per 450 euro a notte. Ma, si sa, per i figli questo e altro…
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Un click di
mouse e puoi
avere quasi
tutto: musica,
film, libri. La
distribuzione
analogica
della cultura invece sa di
Medioevo. È antiquata, e
anche costosa. E inquina
pure!
Gilberto Gil, musicista,
Ministro per i Beni
Culturali del Brasile
Foto di: Marka - Corbis - Getty / Ronchi (2) - Webphoto
Pijama party da sogno per le inglesine