CO‐HOUSING: INSIEME per un “ABITARE MIGLIORE”
Transcript
CO‐HOUSING: INSIEME per un “ABITARE MIGLIORE”
Società CO‐HOUSING: INSIEME per un “ABITARE MIGLIORE” Revival del borgo tradizionale 34 I l co-housing è un modello abitativo collaborativo, già consolidato a partire dagli anni 70 nel Nord Europa e negli Stati Uniti, che intende dare una risposta al bisogno della società odierna di vivere in modo meno individualistiArticolo e Foto di co e più sociale, meno consuGiulia Maringoni mistico e più creativo, meno costoso e più sereno. Come? Riscoprendo la socialità e la cooperazione tra vicini di casa, senza troppe ossessioni per la privacy. Negli ultimi tempi, dopo il boom degli eco-villaggi, si è creato un bel movimento anche in Italia. Ne parliamo con i futuri coinquilini del primo condominio solidale di Torino, in via Cottolengo 2/4 nella variopinta cornice del quartiere multietnico di Porta Palazzo. I soci fanno parte della Cooperativa Numero Zero, nata all’interno dell’associazione “CoAbitare”, attiva dal 2007. Ben 8 famiglie si sono rimboccate le maniche e hanno ristrutturato un immobile ormai in disuso per farne la loro casa, trasformando le proprie esperienze in patrimonio comune per risparmiare tempo, soldi ed energia e guadagnarci in qualità di vita, il tutto con un occhio di riguardo verso l’ambiente. Qual è stata la scommessa più interessante? Piera: «Sicuramente il fatto che siamo un gruppo eterogeneo, diversificato per età, professioni e interessi. Qui a fianco. La gru all’opera nella palazzina in via Cottolengo 4. Nella pagina a fianco. La facciata del condominio visibile dalla piazza del mercato di Porta Palazzo. Società 35 Le differenze sono fondamentali, in modo che le necessità si compensino e ci sia uno scambio autentico. Il co-housing è il giusto compromesso. Qui condividiamo, ma ognuno ha il suo spazio privato, mentre la comune somiglia molto a una comunità monastica di tipo integralista, chiusa su se stessa ma ben poco vitale. Sei talmente omologato che alla fine rischi che scambi poco o niente. Persone diverse, invece, hanno esigenze e disponibilità variegate che si possono facilmente incastrare. È più un gioco del puzzle che un gioco dell'essere tutti uguali». al confronto. La socialità da molti è vista addirittura come insidiosa. In pratica cerchiamo di darci una mano l’uno con l’altro, ottimizzando spazi, attrezzature, tempo e risorse. Da ciò, sul lungo periodo, deriverà un risparmio economico e per l’ambiente notevole. Qual è il motto dell'associazione? Matteo: «È fondamentale che il gruppo sperimenti da subito il metodo della progettazione condivisa: ovviamente, è necessario il supporto di professionisti anche retribuiti (nel nostro caso, disponibili all’interno del gruppo stesso), ma lo sviluppo Chiara: “Un modo di vivere vecchio come il mondo”. Non stiamo inventando niente di nuovo, solo cerchiamo di recuperare ciò che è andato perso, in controtendenza all'isolamento che dilaga sempre più. La gente è fagocitata dalla routine e non trova più il tempo di dedicarsi al dialogo, alla conoscenza, Quali sono gli ingredienti imprescindibili perché la formula del cohousing funzioni al meglio? Società 36 del progetto deve vedere la partecipazione di tutti per capire che cosa significa collaborare e condividere, discutere e mediare le decisioni, gestire i conflitti. Bando alle operazioni immobiliari “chiavi in mano”! La progettazione deve partire dal basso ed essere “fai da te”, anche se faticosa e complicata. Da dove siete partiti e com’è stato il percorso? «Una volta creato il gruppo, individuato il palazzo da acquistare e ristrutturare, ci siamo divisi i compiti, poi abbiamo fatto frequenti riunioni in cui ognuno di noi avanzava proposte e critiche. Siamo ricorsi al “metodo del consenso” per prendere le decisioni, continuando a dialogare sui problemi finché non si raggiungeva l’unanimità. Non abbiamo mai votato a maggioranza per non lasciaNelle pagine il corso dei lavori, una delle fontanelle che verranno riciclate dai nuovi condomini, e il tetto con pannelli solari per il riscaldamento. re nessuno scontento. I lavori sono iniziati il 20 giugno 2010 e in primavera finalmente potremmo trasferirci. Tutti i lavoretti che possiamo fare noi, dall'anti tarlo alle travi alla pulizia delle piastrelle, li gestiamo autonomamente, nell’ottica di risparmiare ma anche per passare del tempo insieme e sentire, attraverso il sudore, la casa più nostra. Che criteri avete seguito? Bruna: «Quelli della sostenibilità. Così come il nostro modo di vivere non è pesante per il mondo, allo stesso modo la casa deve rispecchiarci in tutto e per tutto, rispettando l'esistente al di là dei vincoli derivanti dal piano regolatore, perché l’edificio ha una valenza storica. Abbiamo optato per una ristrutturazione a basso consumo energetico, usando materiali ecocompatibili, energie rinnovabili (pannelli solari per l’acqua calda) e il recupero dell'acqua piovana». E i costi? Piera: «Questa è stata la parte più spinosa, ma siamo sopravvissuti. Fondamentale l’allenamento fatto sulla progettazione partecipata. È stato una specie di Tetris. A definire dimensioni e costi degli alloggi hanno con- Società 37 corso vari fattori, tra cui alcuni più oggettivi (orientazione, luminosità, collocazione, comodità) e altri soggettivi, come la vicinanza o meno agli spazi comuni, percepita da alcuni come una fortuna e da altri come disagio. È stato illuminante scoprire che ciò che per te è una rinuncia all’altro non pesa affatto. Nei condomini canonici non c’è questa trasparenza e spesso si rimugina su questioni futili senza mai parlarsi veramente. Siamo arrivati a definire dei costi al metro quadro, comprensivi della percentuale delle parti comuni, più la quota del locale commerciale. Questo aggravio di costo viene compensato dal fatto che, potendo disporre di tanti servizi e spazi condivisi, i singoli alloggi possono essere più piccoli». conoscerci bene. L’immobile l’avevamo già individuato, e la trattativa era avviata, ma il mercato va più veloce e abbiamo dovuto decidere rompendo ogni indugio e buttandoci senza paracadute». La prima decisione presa? Chiara: «L’idea è di utilizzarli noi in primo luogo, ma non solo. Vogliamo tenere le porte aperte al vicinato e proporre attività e laboratori, filosofia tanto più congeniale in una Chiara: «Quando abbiamo deciso l’acquisto, non eravamo neanche tutti. La nostra volontà era di costituire prima tutto il gruppo per Piera: «Poi gli altri sono arrivati, sostenendo anche una selezione! Io ho trovato l’annuncio sul giornale e sono andata a una riunione. Volevo ritornare in centro a Torino dove avevo abitato da giovane e l’idea di vivere con altre persone mi ha da subito conquistata. “Ci metto la firma” mi son detta e così ho chiuso il gruppo». E per gli spazi comuni? Immagino abbiate già sciolto le briglie alla fantasia su come impiegarli... Società 38 zona pulsante di vita come Porta Palazzo. Non ci interessa arrivare lì e chiuderci nel nostro bel castelletto immacolato, impermeabili a ciò che avviene all'esterno. Offriremo spazi ad associazioni per incontrarsi e crescere e faremo dei 90 m2 di terrazzo il luogo prediletto per feste con vicini ed eventi in tutte le salse». Nella pagina. L’architetto e co-houser Chiara Mosetti accanto alla sua futura scala a chiocciola in ferro battuto e la classica festa tra vicini. Altri progetti in corso? Matteo: «Uno a Borgo Campidoglio a Torino e l’altro a Collegno. Offriamo consulenza per formare gruppi eterogenei tra persone che vogliono sperimentare la coabitazione, fare in modo che imparino a dialogare, ad organizzarsi e a prendere le decisioni in modo democratico, assistendoli soprattutto nelle prime fasi più traballanti». NEWS Il 10 aprile 2010 è stata inaugurata a Firenze la “Rete nazionale per il cohousing e l’abitare solidale”, un organismo libero, nato dal basso, apartitico e senza scopo di lucro, per raccordare tutte le esperienze esistenti in Italia e dar loro maggiore concretezza. La missione? Interfacciarsi con enti locali, Regioni, progettisti, costruttori, giuristi e realtà del territorio per promuovere la co-abitazione solidale. L’obiettivo è coinvolgere e consigliare, fornendo un punto di riferimento per tutti coloro che desiderano sperimentare questo nuovo stile di vita e hanno bisogno di risorse, consulenza, appoggi ed esperienza quotidiana. Hanno aderito, tra le altre, le seguenti associazioni: “Coabitare” a Torino, “Mondo Comunità Famiglia”, presente su tutto il territorio nazionale, “L’Isola che non c’è” a Varese, “Luoghi Comuni” a Como, “Le case Franche” a Forlì, “Cohousing Solidaria” a Ferrara, “Cohousing in Toscana” a Firenze, “Casa sull’albero” ed “Ecoabitare” a Roma, “È cohousing” e “La pillola coworking” a Bologna. Società PER APPROFONDIRE Bibliografia Cohousing: a contemporary approach to housing ourselves, KathrYn McCamant e Charles Durrett, Ten Speed Press negli Usa (venduto su internet da Amazon). The cohousing handbook:building a place for community,Chris e Kelly ScottHanson, 2004, New Society Publishers (Usa). Cohousing e condomini solidali, Matthieu Lietaert, Terra Nuova Edizioni. Sitografia www.cohousing.it www.cohousing.org www.cohousingbologna.org www.cohousingintoscana.it www.co-housing.it www.sostenibile.org www.cohousingnumerozero.org www.coabitare.org www.cohousingresources.org http://www.for-mother-earth.it/cohousing.php Filmografia Vivere in cohousing di Matthieu Lietaert, ricercatore presso l’Istituto Universitario Europeo di Fiesole, autore di “Cohousing e condomini solidali”. La comune di Bagnaia, un frammento di utopia di Salvatore Piscicelli e Carla Apuzzo. CURIOSANDO PER IL MONDO http://quaysidevillage.googlepages.com/home (Canada) www.cohousing.org/directory/view/1726 (California) http://www.easternvillage.org/ (Washington) http://pinakarri.org.au/ (Australia) http://www.cohousing.org.uk (Gran Bretagna) 39 I futuri coinquilini nella delicata fase di progettazione condivisa: Paolo, Giulia e Bianca Sanna, Alessandra Canto, Irene Salza, Piera Salvano, Bruna Cibrario, Marco ed Enrico (i figli di bruna), Elena Lanfranchini, Chiara Mossetti, Matteo Nobili. Sogni nel cassetto? Piera: «Stiamo cercando di fare un pezzettino per volta. Andando a vivere lì vogliamo che ogni occasione sia da stimolo per fare cose nuove. Nel locale che rimarrà vuoto dopo la chiusura del negozio di biciclette, mi piace pensare che ci sarà lo spazio per un’opportunità, ma nessuno ha messo un’ipoteca su un sogno. Intendiamo dare vita a una sorta di Banca del Tempo, una scommessa impegnativa, ma in cui crediamo molto. Del resto tra di noi funziona già così!». ■