CO‐HOUSING: INSIEME per un “ABITARE MIGLIORE”

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CO‐HOUSING: INSIEME per un “ABITARE MIGLIORE”
Società
CO‐HOUSING: INSIEME
per un “ABITARE MIGLIORE”
Revival
del borgo
tradizionale
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I
l co-housing è un modello
abitativo collaborativo, già
consolidato a partire dagli
anni 70 nel Nord Europa e
negli Stati Uniti, che intende
dare una risposta al bisogno
della società odierna di vivere
in modo meno individualistiArticolo e Foto di co e più sociale, meno consuGiulia Maringoni mistico e più creativo, meno
costoso e più sereno. Come? Riscoprendo la socialità e la cooperazione
tra vicini di casa, senza troppe ossessioni per la privacy.
Negli ultimi tempi, dopo il boom
degli eco-villaggi, si è creato un bel
movimento anche in Italia.
Ne parliamo con i futuri coinquilini del primo condominio solidale
di Torino, in via Cottolengo 2/4 nella
variopinta cornice del quartiere multietnico di Porta Palazzo. I soci fanno
parte della Cooperativa Numero
Zero, nata all’interno dell’associazione “CoAbitare”, attiva dal 2007. Ben
8 famiglie si sono rimboccate le
maniche e hanno ristrutturato un
immobile ormai in disuso per farne
la loro casa, trasformando le proprie
esperienze in patrimonio comune
per risparmiare tempo, soldi ed
energia e guadagnarci in qualità di
vita, il tutto con un occhio di riguardo verso l’ambiente.
Qual è stata la scommessa più interessante?
Piera: «Sicuramente il fatto che siamo un gruppo eterogeneo, diversificato per età, professioni e interessi.
Qui a fianco. La gru all’opera
nella palazzina in via Cottolengo 4.
Nella pagina a fianco. La facciata
del condominio visibile dalla piazza
del mercato di Porta Palazzo.
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Le differenze sono fondamentali, in modo che le
necessità si compensino e ci sia uno scambio autentico. Il co-housing è il giusto compromesso. Qui condividiamo, ma ognuno ha il suo spazio privato,
mentre la comune somiglia molto a una comunità
monastica di tipo integralista, chiusa su se stessa ma
ben poco vitale. Sei talmente omologato che alla fine
rischi che scambi poco o niente. Persone diverse,
invece, hanno esigenze e disponibilità variegate che
si possono facilmente incastrare. È più un gioco del
puzzle che un gioco dell'essere tutti uguali».
al confronto. La socialità da molti è
vista addirittura come insidiosa. In
pratica cerchiamo di darci una mano
l’uno con l’altro, ottimizzando spazi,
attrezzature, tempo e risorse. Da ciò,
sul lungo periodo, deriverà un
risparmio economico e per l’ambiente notevole.
Qual è il motto dell'associazione?
Matteo: «È fondamentale che il
gruppo sperimenti da subito il metodo della progettazione condivisa:
ovviamente, è necessario il supporto
di professionisti anche retribuiti (nel
nostro caso, disponibili all’interno
del gruppo stesso), ma lo sviluppo
Chiara: “Un modo di vivere vecchio come il mondo”. Non stiamo inventando niente di nuovo, solo
cerchiamo di recuperare ciò che è andato perso, in
controtendenza all'isolamento che dilaga sempre
più. La gente è fagocitata dalla routine e non trova
più il tempo di dedicarsi al dialogo, alla conoscenza,
Quali sono gli ingredienti imprescindibili perché la formula del cohousing funzioni al meglio?
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del progetto deve vedere la partecipazione
di tutti per capire che cosa significa collaborare e condividere, discutere e mediare le
decisioni, gestire i conflitti. Bando alle operazioni immobiliari “chiavi in mano”! La
progettazione deve partire dal basso ed essere “fai da te”, anche se faticosa e complicata.
Da dove siete partiti e com’è stato il percorso?
«Una volta creato il gruppo, individuato il
palazzo da acquistare e ristrutturare, ci
siamo divisi i compiti, poi abbiamo fatto frequenti riunioni in cui ognuno di noi avanzava proposte e critiche. Siamo ricorsi al “metodo del consenso” per prendere le decisioni,
continuando a dialogare sui problemi finché
non si raggiungeva l’unanimità. Non abbiamo mai votato a maggioranza per non lasciaNelle pagine il corso dei lavori, una delle fontanelle
che verranno riciclate dai nuovi condomini,
e il tetto con pannelli solari per il riscaldamento.
re nessuno scontento. I lavori sono iniziati il
20 giugno 2010 e in primavera finalmente
potremmo trasferirci. Tutti i lavoretti che
possiamo fare noi, dall'anti tarlo alle travi
alla pulizia delle piastrelle, li gestiamo autonomamente, nell’ottica di risparmiare ma
anche per passare del tempo insieme e sentire, attraverso il sudore, la casa più nostra.
Che criteri avete seguito?
Bruna: «Quelli della sostenibilità. Così
come il nostro modo di vivere non è pesante per il mondo, allo stesso modo la casa
deve rispecchiarci in tutto e per tutto,
rispettando l'esistente al di là dei vincoli
derivanti dal piano regolatore, perché l’edificio ha una valenza storica. Abbiamo optato per una ristrutturazione a basso consumo
energetico, usando materiali ecocompatibili, energie rinnovabili (pannelli solari per
l’acqua calda) e il recupero dell'acqua piovana».
E i costi?
Piera: «Questa è stata la parte più spinosa,
ma siamo sopravvissuti. Fondamentale l’allenamento fatto sulla progettazione partecipata. È stato una specie di Tetris. A definire
dimensioni e costi degli alloggi hanno con-
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corso vari fattori, tra cui alcuni più oggettivi
(orientazione, luminosità, collocazione,
comodità) e altri soggettivi, come la vicinanza o meno agli spazi comuni, percepita da
alcuni come una fortuna e da altri come
disagio. È stato illuminante scoprire che ciò
che per te è una rinuncia all’altro non pesa
affatto. Nei condomini canonici non c’è questa trasparenza e spesso si rimugina su questioni futili senza mai parlarsi veramente.
Siamo arrivati a definire dei costi al metro
quadro, comprensivi della percentuale delle
parti comuni, più la quota del locale commerciale. Questo aggravio di costo viene
compensato dal fatto che, potendo disporre
di tanti servizi e spazi condivisi, i singoli
alloggi possono essere più piccoli».
conoscerci bene. L’immobile l’avevamo già
individuato, e la trattativa era avviata, ma il
mercato va più veloce e abbiamo dovuto
decidere rompendo ogni indugio e buttandoci senza paracadute».
La prima decisione presa?
Chiara: «L’idea è di utilizzarli noi in primo
luogo, ma non solo. Vogliamo tenere le porte
aperte al vicinato e proporre attività e laboratori, filosofia tanto più congeniale in una
Chiara: «Quando abbiamo deciso l’acquisto,
non eravamo neanche tutti. La nostra volontà era di costituire prima tutto il gruppo per
Piera: «Poi gli altri sono arrivati, sostenendo
anche una selezione! Io ho trovato l’annuncio sul giornale e sono andata a una riunione. Volevo ritornare in centro a Torino dove
avevo abitato da giovane e l’idea di vivere
con altre persone mi ha da subito conquistata. “Ci metto la firma” mi son detta e così ho
chiuso il gruppo».
E per gli spazi comuni?
Immagino abbiate già sciolto le briglie alla fantasia su come impiegarli...
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zona pulsante di vita come Porta Palazzo.
Non ci interessa arrivare lì e chiuderci nel
nostro bel castelletto immacolato, impermeabili a ciò che avviene all'esterno.
Offriremo spazi ad associazioni per incontrarsi e crescere e faremo dei 90 m2 di terrazzo il luogo prediletto per feste con vicini ed
eventi in tutte le salse».
Nella pagina. L’architetto e co-houser
Chiara Mosetti accanto alla sua futura scala
a chiocciola in ferro battuto
e la classica festa tra vicini.
Altri progetti in corso?
Matteo: «Uno a Borgo Campidoglio a Torino
e l’altro a Collegno. Offriamo consulenza
per formare gruppi eterogenei tra persone
che vogliono sperimentare la coabitazione,
fare in modo che imparino a dialogare, ad
organizzarsi e a prendere le decisioni in
modo democratico, assistendoli soprattutto
nelle prime fasi più traballanti».
NEWS
Il 10 aprile 2010 è stata inaugurata a Firenze la “Rete nazionale per il cohousing e l’abitare solidale”, un
organismo libero, nato dal basso, apartitico e senza scopo di lucro, per raccordare tutte le esperienze esistenti in
Italia e dar loro maggiore concretezza. La missione? Interfacciarsi con enti locali, Regioni, progettisti, costruttori,
giuristi e realtà del territorio per promuovere la co-abitazione solidale. L’obiettivo è coinvolgere e consigliare,
fornendo un punto di riferimento per tutti coloro che desiderano sperimentare questo nuovo stile di vita e hanno
bisogno di risorse, consulenza, appoggi ed esperienza quotidiana.
Hanno aderito, tra le altre, le seguenti associazioni: “Coabitare” a Torino, “Mondo Comunità Famiglia”, presente
su tutto il territorio nazionale, “L’Isola che non c’è” a Varese, “Luoghi Comuni” a Como, “Le case Franche” a Forlì,
“Cohousing Solidaria” a Ferrara, “Cohousing in Toscana” a Firenze, “Casa sull’albero” ed “Ecoabitare” a Roma,
“È cohousing” e “La pillola coworking” a Bologna.
Società
PER APPROFONDIRE
Bibliografia
Cohousing: a contemporary approach to housing
ourselves, KathrYn McCamant e Charles Durrett,
Ten Speed Press negli Usa (venduto su internet
da Amazon).
The cohousing handbook:building a place for
community,Chris e Kelly ScottHanson, 2004, New
Society Publishers (Usa).
Cohousing e condomini solidali, Matthieu Lietaert, Terra Nuova Edizioni.
Sitografia
www.cohousing.it
www.cohousing.org
www.cohousingbologna.org
www.cohousingintoscana.it
www.co-housing.it
www.sostenibile.org
www.cohousingnumerozero.org
www.coabitare.org
www.cohousingresources.org
http://www.for-mother-earth.it/cohousing.php
Filmografia
Vivere in cohousing di Matthieu Lietaert, ricercatore presso l’Istituto Universitario Europeo di Fiesole, autore di “Cohousing e condomini solidali”.
La comune di Bagnaia, un frammento di utopia di
Salvatore Piscicelli e Carla Apuzzo.
CURIOSANDO PER IL MONDO
http://quaysidevillage.googlepages.com/home
(Canada)
www.cohousing.org/directory/view/1726
(California)
http://www.easternvillage.org/ (Washington)
http://pinakarri.org.au/ (Australia)
http://www.cohousing.org.uk (Gran Bretagna)
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I futuri coinquilini nella delicata fase di
progettazione condivisa: Paolo, Giulia e Bianca
Sanna, Alessandra Canto, Irene Salza,
Piera Salvano, Bruna Cibrario, Marco ed Enrico
(i figli di bruna), Elena Lanfranchini,
Chiara Mossetti, Matteo Nobili.
Sogni nel cassetto?
Piera: «Stiamo cercando di fare un pezzettino per volta. Andando a vivere lì vogliamo
che ogni occasione sia da stimolo per fare
cose nuove. Nel locale che rimarrà vuoto
dopo la chiusura del negozio di biciclette, mi
piace pensare che ci sarà lo spazio per
un’opportunità, ma nessuno ha messo un’ipoteca su un sogno. Intendiamo dare vita a
una sorta di Banca del Tempo, una scommessa impegnativa, ma in cui crediamo
molto. Del resto tra di noi funziona già
così!». ■