i gioielli della pastorizia sarda

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i gioielli della pastorizia sarda
FORMAGGI
M
ettendo in tavola i propri prodotti ogni
popolazione spiega la cultura dalla
quale proviene. In Sardegna è così forse ancor più che in altri angoli di mondo. Dai tempi
arcaici dei nuraghi e delle domus de janas, la pastorizia ha costituito la sola forma di sopravvivenza di
una popolazione forte e schietta, per la quale le greggi rappresentavano la ricchezza di generazioni, furono fonte di benessere ma anche di secolari dispute a
base di abigeato e di diritti di pascoli. Ma comunque
andassero le cose il prodotto finale di tanto latte
munto negli ovili sardi diventava puntualmente sapido formaggio, dalle tipologie appena diverse ma
indicato con quasi un nome solo: pecorino.
Tagliato a fette con il coltellaccio a serramanico di
ogni pastore e sbocconcellato insieme a quel disco
volante dalla leggerezza insuperata che è il pane carasau. Pecorinu e casu: il pasto perenne degli uomini
vestiti in velluto a coste che trascorrevano più della
metà della loro vita insieme a pecore, capre e agnelli
nelle solitudini dei monti e delle pianure sarde.
Pecorino a parte, la produzione casearia sarda
presenta ovviamente altri prodotti più comuni, oppure formaggi di nicchia, specialità rare quasi “fatte in casa” come il casizolu di Oristano, saporito e a
forma di pera che non entra però nella grande distribuzione e non esce dai confini dell’isola.
Pagina accanto: forme di pecorino Dop, prodotto
rigorosamente con latte di pecora. A denominazione
di origine protetta, il pecorino è uno dei principali
prodotti di questa terra di tradizione pastorizia. Il tipo
dolce ha gusto delicato, aromatico e leggermente
acidulo, con pasta bianca morbida e compatta; quello maturo
è più forte, gradevolmente piccante, con pasta dura. Sopra:
la caratteristica forma a pera del casizolu, specialità casearia
dell’Oristanese. In basso: il pastore Giovanni prepara
il formaggio con gli stessi gesti senza tempo dei suoi avi.
Formaggi
I GIOIELLI DELLA
PASTORIZIA SARDA
Pecorino, fiore sardo, casizolu e i cento formaggi tipici
che portano in tavola sapori, profumi e aromi della Sardegna
DI AURETTA MONESI - FOTOGRAFIE DI NEVIO DOZ
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FORMAGGI
Il presente dell’allevamento ovino sardo, e dell’industria casearia che le è collegata, sta compiendo passi da gigante e il pecorino ha assunto una valenza nevralgica nella mappa dei formaggi italiani.
Nelle sue due versioni, fresco e stagionato, il pecorino vive differenziazioni che saltano al palato, dovute al fatto che oggi non è più esclusivamente fatto con solo latte di pecora come un tempo, bensì
miscelato con latte di mucca per renderlo meno sapido e aggressivo.
Il censimento dei capi ovini presenti in Sardegna
ne conta tre milioni, tutti allevati in un territorio dove l’inquinamento atmosferico e del suolo registra
tassi assolutamente nulli.
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I sardi sono maestri nel produrre formaggi: è così
sin dai tempi dei cartaginesi, dei fenici e dei romani. La loro sapienza casearia s’incontra con quella
che si può definire una paleobiologia ambientale.
Infatti agricoltura e pastorizia sarde sono attualissime da millenni perché i principi delle metodologie
biologiche, oggi giustamente molto seguite, sono gli
stessi che hanno da sempre determinato i canoni di
coltivazione dei campi e di produzione di alimenti
base in tutta la Sardegna.
I formaggi isolani, cioè i pecorini sardi e qualche
tipo di ricotta freschissima, si sono fatti largo sul
mercato italiano e estero, giungendo addirittura a
farsi apprezzare negli Stati Uniti e, inaudito, in
Francia, cioè nel sancta sanctorum caseario per eccellenza.
Dal 1996, quando il pecorino di
Sardegna ha ottenuto la denominazione d’eccellenza Dop, la
produzione dei caseifici riunitisi nel Consorzio di tutela non
ha fatto che crescere. L’anno
scorso - il dato è importante ne sono stati marchiati come
Dop ben 12.000 quintali. Dop
sta a significare Denominazione di origine protetta, il riconoscimento della qualità massima ottenibile in una ben definita area geografica. Per fregiarsi di questo blasone il pecorino sardo deve essere prodotto esclusivamente con latte
di pecora intero. Le due tipologie del formaggio, il sardo dolce e il maturo, presentano differenze organolettiche, di tecniche di lavorazione e di forma. Il dolce si matura in 20-60
giorni, è bianco e morbido. Il
maturo necessita di una stagionatura di almeno 120 giorni. La
sua pasta si presenta quasi paglierina ed è decisamente compatta, se non dura. È questo il
pecorino che si grattugia su culingiones e malloreddus, i tradizionali primi di pasta sardi.
Nel sapore del pecorino c’è
tutta l’isola e la sua storia: la
terra aspra e dolcissima, il
profumo delle erbe di monte
accarezzate dalle brezze marine, l’aria pura, l’acqua di fonte, il fluire del tempo identico
a se stesso. Con pane e vini
forma un’inseparabile triade
di cibi primordiali e proprio
per questo attualissimi.
Pagina accanto: bancarella
di formaggi in un mercato
a Muravera, nel Cagliaritano.
Qui a destra: un piccolo
“diluvio” di forme di pecorino.
Peso e dimensioni dipendono
dalle tecniche di produzione
e dal protrarsi della stagionatura.
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