Un nuovo concetto di professionalità Dalla Razionalità

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Un nuovo concetto di professionalità Dalla Razionalità
Un nuovo concetto di professionalità
Dalla Razionalità tecnica alla razionalità riflessiva
Il cambiamento della progettazione dai waterfall models a modelli ricorsivi e situati,
quali il rapid prototyping (Rossi e Toppano, 2009), è connesso al cambiamento, avviatosi
negli anni Settanta, del ruolo e del profilo del professionista. La professionalità del postmoderno si basava sulla performatività e sulla Razionalità Tecnica che prevedeva un ruolo
meramente esecutivo e una validazione del fare professionale in base alla «maggiore o
minore aderenza procedurale a protocolli operativi scientificamente validati», come analizza
criticamente Schön (1993, 97). Il modello della Razionalità Tecnica induceva a identificare
l'attività professionale con la soluzione strumentale di un problema attraverso la rigorosa
applicazione di teorie e tecniche su base scientifica:
dal punto di vista della Razionalità Tecnica, la pratica professionale è un processo di
soluzione dei problemi. Problemi di scelta o decisionali sono risolti mediante la selezione,
fra i mezzi disponibili, di quello che meglio si adatta a determinati fini. Il modello della
"razionalità tecnica" delineava un paradigma di pratica professionale rigorosamente
fondata su un modello applicativo, ai contesti operativi, di forme di sapere costruite sulla
base di protocolli di ricerca standardizzati, ai quali i diversi casi e le diverse situazioni
dovevano in qualche modo poter corrispondere per essere gestiti in modo efficace (idem).
Ciò significava, secondo Perillo,
ritenere che, nello svolgimento dell'attività professionale, il professionista è orientato da
fini predefiniti in rapporto ai quali scegliere i mezzi adeguati, si riferisce a teorie rigidamente
organizzate e strutturate per interpretare la prassi e intervenire in essa, e seleziona
conoscenze organizzate utilizzandole nel corso dell'azione (2012).
Dalla fine del secolo scorso l’attività del professionista è orientata non più dalla
razionalità tecnica, ma da quella riflessiva. È Shön (1992, 1993) a rovesciare
il paradigma della “Razionalità Tecnica” secondo cui un sapere
è tanto più professionale quanto più sistematico, generalizzabile,
scientifico, standardizzato. Il sapere dei professionisti, secondo
Schön, si manifesta quando ci sono problemi da risolvere,
specialmente nei “casi unici”, che presentano incertezze, criticità
e particolarità rispetto alle situazioni “tipiche”, “da manuale”, che
anche un non-professionista potrebbe risolvere.
Non ci si chiede più che “cos’è la professionalità” e “chi ha il
diritto di essere chiamato professionista”, ma “come opera il
professionista”. Le domande di ricerca riguardano la costruzione
del sapere esperto e le sue conseguenze. In questo contesto la
natura del sapere esperto risiede nella capacità di risolvere i
problemi che si presentano selezionando, di volta in volta, le
procedure e i mezzi più adeguati a ogni singolo caso (Magnoler, 2013,
26).
Proprio perché in grado di analizzare e risolvere situazioni problematiche “atipiche”,
il professionista sa molto più di quanto sia in grado di dire ed è depositario di un sapere che
spesso rimane “tacito”(Polanyi, 1979).
Non è più custode di un ordine e di un metodo come lo erano i membri delle
corporazioni medievali, ma la precarietà e l’insicurezza lo trasformano in un soggetto che
opera processi ricorsivi tra fini e mezzi, e le scelte complesse che effettua sono influenzate
da valori etici e assiologici precedentemente non determinati.
Egli deve modellizzare la realtà, costruire una risposta al problema sempre inedito
che si trova a risolvere. Ha sicuramente una cassetta di attrezzi ben fornita, ma la sua
principale competenza è quella di scegliere gli strumenti adeguati al singolo contesto, di far
fronte all’incertezza e all’imprevisto, di anticipare e prevedere l’evoluzione complessa del
sistema.