Numero di Gennaio bis

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Numero di Gennaio bis
NUMERO QUATTRO - GENNAIO 2015
Editoriale
La satira di Charlie? Semplice Dirit to
Alla luce di quanto avvenuto il 7 Gennaio a Parigi, un excursus sulla vicenda e
cosa voglia dire essere liberi di manifestare la propria opinione.
“Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero
con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. L’articolo
21 della Costituzione del nostro
Paese così recita, e similmente
fa l’articolo 19 della Dichiarazione
dei Diritti dell’Uomo. Si presuppone che quanto sancito non possa
essere violato, o quantomeno che
vi sia un certo controllo da parte
delle istituzioni stesse poiché
esso possa essere protetto. Ci
si aspetta inoltre che i suddetti
diritti siano condivisi da tutti,
in quanto “inalienabili”. Invece è
recente la testimonianza di quanto queste aspettative possono
essere disattese. La vittima è la
nostra vicina di casa, la Francia,
più nello specifico la redazione
del settimanale satirico Charlie
Hebdo. Questo giornale era già
stato vittima di alcune minacce
e addirittura di un attentato
incendiario nella precedente sede
della redazione; nessuno si è
scoraggiato o demoralizzato. Le
vignette incriminate sono quelle
che ritraggono il Profeta Maometto e che ridicolizzano la fede
musulmana. Nemmeno il Papa è
stato esente dalla satira di Charlie e con esso la fede cristiana.
Innegabilmente non si trattava di
satira leggera, ma è altresì vero
che se si fosse trattato di barzellette non si sarebbe chiamata
“satira”.
Persino la Corte di Cassazione si
è sentita in dovere di definire la
satira in quanto diritto costituzionale. Essa in altre parole viene
descritta come una manifestazione di pensiero che, attraverso
il riso suscitato, si prefigge
il compito di far riflettere e
impiantare nel lettore il germe
del cambiamento. Purtroppo
questo genere non è apprezzato
Una Francia scossa,
ferita nel cuore e sconvolta da un crimine compiuto dai suoi stessi figli
da tutti. Il problema, purtroppo,
nasce dal fatto che i credenti più
ferventi, in questo caso osiamo
dire estremisti della religione
musulmana, hanno interpretato
le vignette di Charlie come delle
vere e proprie offese al proprio
Credo religioso finendo con uccidere 12 componenti della redazione. Successivamente la polizia
francese, attraverso due blitz,
è riuscita ad uccidere i 3 killer e
a liberare gli ostaggi presi dagli
assalitori qualche ora prima. La
Francia reduce da questa palese
violazione dei diritti umani, è una
Francia ferita nel cuore, una
Francia scossa e sconvolta da un
crimine commesso dai suoi stessi
“figli”. “Figli” deviati da un’ideologia
fondamentalista che va contro i
principi stessi della religione. Se
vige il diritto di esporre la propria
opinione liberamente, non vige,
invece, quello di uccidere chi ha
un’idea differente dalla nostra. Le
contestazioni riguardo le vignette
di “Charlie Hebdo” continuano a
nascere e diffondersi, in particolare in Niger (dove si contano
10 morti) e in Cecenia. I musulmani marciano, a volte danno
fuoco alle Chiese, protestano e si
uniscono per manifestare contro
il settimanale francese e le sue
vignette sul Profeta. Deve farci
riflettere, invece, proprio l’ultima
vignetta pubblicata in copertina
dal giornale. Sotto la scritta
“Tutto è perdonato” vi è Maometto con in mano un cartello con su
scritto l’ormai celebre motto “Je
suis Charlie”.
L’intento della redazione era
proprio questo sin dall’inizio, far
riflettere e ispirare nel lettore il
cambiamento tanto sognato dalla
società, ma mai avvenuto. Allora
uniamoci anche noi e, nel nostro
piccolo, proviamo a farci portatori di quel cambiamento per cui
“Charlie” ha sempre lottato.
Alice Fraschetti 5 D
1
SESSANTESIMO MINUTO
Sezione Banzi
Spiccando in volo di struzzo
Ma è proprio vero che un bambino, un maestro, una penna e un libro possono
cambiare il mondo?
Il sole sorge, gli uccelli cinguettano,
il vento accarezza un pavimento di
aghi di pino; ed è il momento per
il Banzi di immergersi nella tradizionale esperienza di didattica
alternativa. Le lezioni canoniche
chiudono i battenti un paio d’ore
al giorno, ed è qui che l’orchestra
banzina si mobilita unita. Non il
coro gospel scolorito (non di nome
ma di fatto) gentilmente piazzato
in aula magna in contemporanea,
seppur estremamente emozionante, ma la macchina di studenti
pensanti in riposino perenne (assemblee di istituto, n.d.r.) che una
volta tanto decidono di mettersi
in discussione provando a creare
ambienti altamente formativi e
di spaziare in tematiche e spunti
spesso tralasciati nelle ore curriculari, a causa di “oppressioni” ministeriali. La comunità studentesca può vantarsi di aver ottenuto
risultati sorprendenti: straordinaria collaborazione e gestione
ottimale garantita da un servizio
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d’ordine impeccabile, oltre all’essenziale contributo dei rappresentanti degli studenti e di tutti i
moderatori. Il Banzi ha lanciato un
segnale imponente, un messaggio
a tutti gli studenti affinché il periodo di didattica alternativa sia il
punto di partenza per un interesse globale ed una sollecitazione
al ruolo personale di ognuno per
Viaggio nell’esperienza
di didattica alternativa tra successi e note
stonate
raggiungere le stesse incredibili
risposte. Ma anche un messaggio
al corpo docente, evidentemente
recepito dalla minoranza, felice
di contribuire con le proprie preziose competenze ad una migliore
riuscita della didattica offrendo
la propria esperienza a sostegno
delle nuove leve. Prontamente
ignorato invece dalla gran parte
degli insegnanti, ma la coscienza
civica del futuro cittadino non si
plasma sufficientemente a colpi
di nozionismo, pertanto è opportuno fare appello anche alle Muse
per cercare di conferire dignità
al ruolo attivo che ogni studente
deve rivestire nella scuola. Coltivare in lui il suo aspetto sociale
amalgamandolo con l’attualità;
imparare dal passato. Cantami, o
Diva, le parole di Malala Yousafzai,
diciassettenne Premio Nobel per
la pace, del cui discorso è riportato un frammento: “Le nostre parole possono cambiare il mondo.
Perché se siamo tutti uniti, riuniti
per la causa dell’istruzione e se
vogliamo raggiungere quest’obbiettivo dovreste aiutarci a conquistare potere tramite le armi
della conoscenza e lasciarci schierare le une accanto alle altre con
unità e senso di coesione”.
Massimiliano Muci 4 E
NUMERO QUATTRO - GENNAIO 2015
Sezione Attulità
2014: appunti di un anno indimenticabile
Un occhio al futuro e uno al passato rivivendo gli eventi più importanti
Ogni volta che si è sul finire di un anno
sembra che tutti cerchino di rincorrere il successivo come se quello appena
passato fosse stato un brutto scherzo.
Molto probabilmente per alcune persone il 2014 non è stato indolore ma piuttosto un lento salasso. Però il benvenuto
neonato si è mostrato dal lato sbagliato.
Il tanto sperato cambio di rotta si è rivelato un forte pugno nello stomaco che
ha costretto ad ammettere che dei
problemi sottovalutati o considerati obsoleti in realtà sono tangibili e pericolosi,
soprattutto adesso. Sono passati solo
pochi giorni dal countdown e la società
civile ha dovuto piangere delle vittime
del terrorismo e dell’integralismo religioso. Ovviamente il futuro fortunatamente non si esaurisce in questi gesti
e consciamente bisogna ricordare ciò
che è avvenuto in precedenza, i famosi
corsi e ricorsi storici. Il 2014 è stato un
anno intenso su molti fronti, segnato
da scontri militari, politici, sociali e generazionali, scosso da eventi luttuosi ma
anche illuminato da scoperte ed eventi
straordinari. Puntando i riflettori verso
la politica italiana il 2014 è l’anno del “stai
sereno” e nonostante le rassicurazioni
E. Letta si dimette e M. Renzi prende le
redini del gioco. Il 16 febbraio il segretario del Pd è convocato dall’ex Presidente
della Repubblica G. Napolitano al Quirinale
e ottiene l’incarico di formare un nuovo
governo. Dopo che il parlamento ha votato la fiducia, il Consiglio dei Ministri ha
declamato il suo progetto di riforme e
ha iniziato il lavoro alle Camere. Nel corso
dei mesi sono emerse voci di opposizione, anche all’interno della sinistra, fino ad
arrivare alle manifestazioni e allo sciopero generale del 12 dicembre in opposizione al Jobs Act. Vicissitudini politiche
hanno interessato altre nazioni come il
Brasile che ha confermato per il secondo mandato con oltre il 51% Dilma Rousseff. Non sono andate altrettanto bene
Il 2014: un anno intenso
su molti fronti, segnato
da scontri ma anche
illuminato da scoperte
le elezioni di metà mandato per il partito
democratico di Barack Obama che ha
ceduto il controllo della Camera e del
Senato ai repubblicani. Intanto nel Regno
Unito si afferma sia alle elezioni europee
che alle locali l’Ukip, partito euroscettico e populista guidato da Nigel Farage.
Alcuni paesi però sono ancora in lotta
per poter affermare il diritto di esprimere liberamente il voto e decidere chi
governa. In Burkina Faso sono avvenute
violente proteste contro il presidente
Blaise Compaoré che era intenzionato a
cambiare la costituzione per potersi ricandidare alle elezioni 2015 dopo 27 anni
di governo. Dall’altra parte del mondo i
manifestanti di Occupy Central a Hong
Kong, che hanno occupato il distretto
finanziario e protestato per ben due
mesi fino allo sgombero delle barricate,
chiedevano libere elezioni nel 2017. La geografia del ventunesimo secolo ha avuto
uno scossone: gli scontri in Ucraina tra
filoeuropei e polizia di Kiev hanno portato
all’annessione della Crimea alla Russia. Il
17 luglio è stato abbattuto l’aereo di linea
della Malaysia Airlines MH17 nei pressi di
Grabovo, nell’est dell’Ucraina, probabilmente a causa di un missile filorusso.
Il 2014 ha affrontato e ha lasciato in
eredità al successore delle piaghe che
hanno destabilizzato l’intero pianeta. Si
pensi all’epidemia dell’ebola, che partendo dell’Africa Occidentale, ha mietuto vittime innumerevoli in tutto il continente e
all’estremismo dello Stato Islamico che
con altrettanta forza sta imponendo il
suo dominio con armi, timore, rapimenti,
attentati, video e uccisioni barbare, trascurando la convenzione non scritta di
risparmiare donne e bambini.
Mariangela Corsetti 5 D
3
SESSANTESIMO MINUTO
Sezione Attulità
Il tunnel della crisi economica
Stati Uniti fuori dalla crisi. Europa ancora lontana dalla ripresa. Le singole Nazioni stanno provvedendo con riforme poco efficaci.
Quella del 2008 sembra essere
una crisi senza fine. Il crollo dell’economia mondiale ha comportato
un aumento del debito pubblico dei
singoli Paesi coinvolti. Dopo circa sei anni le aspettative di molti
Stati sono poco rassicuranti. Le
conseguenze sono imprevedibili e
dipendono da innumerevoli fattori
tra cui il più temuto: la politica. È
proprio quest’ultimo il caso che
ha influenzato maggiormente l’economia greca degli ultimi tempi.
Le elezioni sono imminenti e sembrano indicare la sinistra di Syriza
come possibile vincitrice. Il leader
dello scheramento politico vorrebbe promuovere la creazione
di una conferenza internazionale
molto simile a quella che nel 1953
dimezzò il debito pubblico Tedesco.
Fattore determinante di tale politica è la credibilità dei mercati
finanziari che, in un Paese con debito pubblico pari al 117%, non può
che essere negativa. Molti economisti tendono ad essere ottimisti
aspettando con ansia le elezioni
del 25 Gennaio.
Al di là della Grecia, la situazione di
altri Paesi risulta migliore, come
ad esempio quella della Svizzera.
Il nostro piccolo vicino, infatti, ha
subito la decisione della Banca
Nazionale Svizzera di sganciare
il valore del franco dall’euro. Se
da un lato questo provvedimento
ha giovato all’economia statale,
dall’altro ha messo in crisi numerosi investitori stranieri che
si sono ritrovati a dover pagare
rate molto più alte rispetto alle
precedenti.
La conseguenza della situazione
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di queste e altre zone è l’aumento
del prezzo dell’oro. Quest’ultimo è
uno degli indici che permette di
analizzare la situazione economica mondiale e dal quale è possibile
dedurre che la crisi esiste ancora
nonostante molti pensassero che
la ripresa degli USA e l’abbassamento del prezzo della benzina
avrebbero trainato, verso la stabilità economica, anche altri Paesi.
Ma a spaventare investitori di tutto il mondo è l’aspetto finanziario.
A circolare su internet è la notizia
di un possibile crollo della borsa
statunitense. La veridicità di tale
supposizione sembra aver attirato l’attenzione di molti esperti del
Grecia, Svizzera e Stati
Uniti influenzano l’economia di questo primo
mese del 2015.
settore tra cui lo stesso Warren
Buffett che ha guadagnato miliardi di dollari investendo in borsa.
Si pensa sia solo una questione di
tempo prima che si assista ad un
crollo del mercato del 50%. Nes-
suno, però, può prevederne l’andamento o dire con certezza ciò che
accadrà. Le ipotesi sono diverse
ma tutti concordano sulla necessità di prepararsi al peggio.
Se gli USA sono soggetti a cambiamenti imprevedibili, l’Europa lo
è ancora di più. La sua economia
non dipende da un singolo Paese
ma da tanti Stati con leggi proprie e situazioni interne talvolta
agli antipodi. La domanda che scaturisce direttamente da quest’ultima cosiderazione è se l’Europa,
avendo cosi tanti vincoli, si possa
effettivamente riprendere dalla
crisi. La linea politica da adottare
è dibattuta e prevede due possibilità: l’uscita dalla CEE (comunità
economica europea) dei Paesi più
a rischio o l’affrontare la crisi
tutti insieme rallentando l’economia degli stati più forti per incrementare quella dei più deboli.
In ogni caso, questo primo mese
del 2015 fa auspicare ad un miglioramento generale dell’economia
ma è ancora prematuro pensare di potersi lasciare la crisi alle
spalle.
Chiara Palumbo 5 O
NUMERO QUATTRO - GENNAIO 2015
Sezione Attulità
La storia di Eva Mozes e Rainer Hoess
Un’ex deportata ad Auschwitz adotta il nipote di un nazista: “Aveva bisogno di
quell’amore che la sua famiglia non gli ha mai dato”
In un mondo pieno di violenza e
crudeltà c’è chi ancora trova il coraggio di perdonare, schierandosi
dalla parte del bene: è il caso di Eva
Mozes, un’ebrea nata in Romania,
che all’età di dieci anni ha visto
la sua vita cambiare orribilmente. Infatti Eva è stata deportata
nel campo di concentramento di
Auschwitz insieme al resto della
sua famiglia e, affiancata da sua
sorella gemella Miriam, è stata
costretta a subire,inoltre, esperimenti medici strazianti da parte
del dottor Josef Mengele, meglio
noto come “angelo della morte”: si
pensa che le due abbiano attirato
l’attenzione dell’uomo, il quale era
talmente affascinato dal loro essere così identiche, che le trattò
come pezzi di carne per esperimenti di ogni genere, giustificando
le sue atroci sevizie sui prigionieri
come “scopi di ricerca scientifica”.
Nonostante la perdita dei loro ge-
Su 1500 coppie di gemelli
deportati nel campo di
concentramento appena
200 sopravvissero.
nitori nel campo di sterminio, Miriam ed Eva, sopravvissute, emigrarono negli Stati Uniti, cercando
di ricostruire la loro vita.
Decenni dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, Eva,ormai
ottantenne, ha ricevuto,poi, un’email dall’allora sconosciuto Rainer
Hoess, di 49 anni, nipote di Rudolf
Hoess, il quale è stato un ufficiale
tedesco membro delle SS e primo
comandante nazista del campo
di concentramento di Auschwitz,
responsabile di circa 1 milione di
vittime; a lui si devono la rapida
costruzione del campo e l’impiego
del gas Zyklon B (acido cianidrico)
nelle camere a gas per semplificare e velocizzare le uccisioni.
Hoess, in preda ai rimorsi, spiegava di aver tagliato ogni tipo di
rapporto con la propria famiglia,
in quanto disgustato dalle azioni spietate del nonno e,spinto dal
senso di colpa ha,dunque, chiesto
ad Eva di prendere in considerazione la possibilità di adottarlo
come nipote, divenendo, così, la
sua nonna adottiva.
La donna colpita dal gesto, dopo
averlo incontrato personalmente
ha accettato di farlo.“Sono orgogliosa di essere sua nonna- spiega- Lo ammiro e gli voglio bene:
aveva bisogno di quell’amore che
la sua famiglia non gli ha mai dato”.
Le due sorelle sono sopravvissute
agli esperimenti più brutali, infatti
nel caso dei gemelli Mengele inoculava di proposito anche virus letali
per studiarne, poi, le conseguenze: ne veniva contagiato solo uno
e, in caso di morte, veniva ucciso
anche l’altro per poter poi proce-
dere ad una comparazione “post
mortem”. Su ben 1500 coppie di
gemelli deportati nel campo di
concentramento, infatti, appena
200 sopravvissero.
Rainer Hoess non è riuscito a sopportare tutto il male generato
dal nonno: “ In famiglia vigeva una
vera e propria dittatura, il nonno
era da ammirare come un eroe,
ma per me è stata una croce”. Restano ancora tanti brutti ricordi
di quei tempi passati e di quegli
orrori seminati. Fortunatamente ci sono persone come Rainer
Hoess che hanno colto la vera
essenza della vita, l’amore e la dignità della persona e, pur sapendo
che a compiere quegli orrori era
stato suo nonno, quindi parte della
sua famiglia e di se stesso, aveva condannato i suoi gesti, tanto
da affermare che sarebbe stato
propenso a profanare la sua tomba, se ne avesse avuta una, infatti,
dopo esser stato catturato nel
suo nascondiglio, è stato impiccato per i suoi crimini il 16 aprile
1947, in quanto giudicato colpevole
dalla Corte Suprema di Varsavia.
Martina D’Agostino 3 E
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SESSANTESIMO MINUTO
I pensieri della redazione per “Charlie”
La Redazione tutta del Sessantesimo Minuto esprime il suo cordoglio e la sua vicinanza alle famiglie delle vittime dell’attentato di Parigi. Con dei brevi pensieri sul tema,
alcuni articolisti hanno voluto esprimere le sensazioni suscitate da tanta violenza.
Con la promessa che il sacrificio dei redattori di Charlie non rimarrà vano, lotteremo
anche noi, nel nostro piccolo giornale, per poter essere liberi di parlare. Sempre.
Alice Fraschetti 5 D
Noi siamo Charlie ogni volta che nel
mondo qualcuno tenta di tappare la
bocca. Noi siamo Charlie, indipendente che succeda in Europa o nel
resto del mondo. Noi siamo Charlie
per ogni persona uccisa o percossa. Noi siamo Charlie, non perché
condividiamo le vignette satiriche
di Charlie Hebdo, noi siamo Charlie
perché condividiamo il dolore del
fallimento umano di fronte alla negazione della libertà.
Enrica Ferilli 3 B
L’attacco sanguinoso condotto ai
danni del ‘’Charlie Hebdo’’ ci deve
indurre a portare avanti la lotta
per la libertà di espressione, senza
ferire e insultare alcuna cultura nè
religione, al fine di creare le basi
per una convivenza civile.
Caterina Cappello 3 E
terroristi sono le deboli menti che
coronano una vita vuota con una
morte violenta in nome di perversi
ideali religiosi propugnati da persone lucidamente spietate, mosse
solo dalla sfrenata ambizione di
potere, l’unico falso “vero Dio”
Alfredo Bochicchio 5 O
La prima azione che l’uomo compie è farsi sentire, dire “guarda
che io esisto!”. Allora tu che vieni
con l’arma in mano, mi minacci,
spari e mi guardi morire devi
essere consapevole che mi stai
uccidendo due volte: mi privi della
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vita e del mio diritto di esprimere
il mio pensiero.
Mariangela Corsetti 5 D
nonostante tutto, hanno scelto di
mantenere in vita Charlie Hebdo.
Eleonora Serafino 5 M
Per l’Europa, per la Francia, per
noi stessi, riflettiamo, soffermiamoci su queste tragedie per
quanto possano essere spaventose. Pensiamo al perché e a
come risolvere tutto ciò. Pensiamo insieme, uniti. Pensiamo da
coraggiosi, da lottatori, da ragazzi
che vogliono pace, che non vogliono arrendersi e lasciare che
il terrorismo attraversi i confini
delle nostre nazioni. Il terrorismo
è una malattia. È necessario curarla con “vitamine” di solidarietà,
fratellanza, libertà, uguaglianza,
amore..
Vittoria De Matteis 1 L
Le vicende accadute a Parigi tra il
7 e il 9 gennaio sono state orribili.
Sono stati uccisi tre ignettisti e il
direttore del giornale solo perché
avevano espresso la loro opinione.
Ognuno deve essere libero di dire
quello ch pensa.
Chiara Verdini 1 L
Ciò che mi lascia più amareggiato è ciò che c’è dietro a questo
attacco terroristico: nazioni che
finanziano l’Isis per i loro scopi
politici. Che i vignettisti uccisi
siano il simbolo della libertà di
stampa.
Michele Papa 5 M
Dire che in fondo se la sono cercata è uccidere una seconda volta
Charb, Cabu, Tignous, Wolinski,
Honoré. Che si condividano o no
certe idee, difendiamo la satira,
sempre. Se quel giornale vi offende, non lo comprate. Un augurio a
Luz e al resto della redazione che,
Il mio paradiso non è un posto
sperduto, lontano dall’uomo,
popolato da chi ha seguito la
sua”giustizia”, è un posto vicino,
fatto da uomini comuni, da onesti
e truffatori,capaci di esprimere
le loro idee in un infinito dibattito
che non arrivi a una conclusione.
Il mio paradiso è la libertà di
sbagliare e di essere corretto, la
libertà dell’uomo dotato di pensiero.
Luca Mariano Mariano 1 B
Charlie Hebdo fa riflettere quelle
generazioni occidentali che si
illudevano portatrici di valori saldi
e ben formati. Libertà di pensiero,
libertà di espressione, di stampa.
Libertà. Da oggi il mondo è un po’
meno aperto, e la paura è facile
da cavalcare.
Massimiliano Muci 4 E
NUMERO QUATTRO - GENNAIO 2015
Sezione Cultura
L’uomo e la terra
In mostra al Palazzo Reale di Milano dal 18 ottobre all’8 marzo 2015 un inedito Van
Gogh. Un’arte che parla di un uomo e del suo legame con la natura.
Un’imperdibile esposizione di opere del celebre pittore olandese
ci accompagna alla scoperta di
una realtà insolita e meno approfondita di un complesso universo
artistico. La rassegna, “Van Gogh.
L’uomo e la terra”, promossa dal
Comune di Milano anche per veicolare i temi dell’Expo 2015 tramite l’arte, è costituita da opere
provenienti dal Kröller-Müller
Museum di Otterlo, dal Museo
Soumaya-Fundaciòn Carlos Slim
di Città del Messico, dal Centraal
Museum di Utrecht e da collezioni
private. In un presente in cui l’industria, la tecnologia, l’eccessiva
sete di guadagno e potere stanno
inaridendo anche le parti più nobili
dell’uomo, l’arte è l’unica, in maniera intima ed elegante, che può
parlare alla nostra anima attraverso i sensi, da sempre i mezzi
supremi con cui si percepisce
e assorbe la bellezza. E in questa occasione, l’arte ci parla del
rapporto tra l’uomo e la natura,
dell’armonia di cui entrambi sono
partecipi. All’inizio è un Van Gogh
imbarazzato, quello presentato
da Kathleen Adler, la curatrice del-
Quel mondo semplice e
umile era per lui nido di
un’autentica comunione
con la natura.
la mostra, quasi a disagio verrebbe da dire, di fronte a uno dei suoi
innumerevoli (circa quaranta) autoritratti che magnificamente ricrea un’aria sospettosa e severa
verso se stesso. Sebbene l’insod-
disfazione e il tormento non siano
componenti nuove nella produzione vangoghiana, nella mostra
sembrano prendere una piega
diversa, acquistano una connotazione quasi positiva. Significative
sono le tele raffiguranti il lavoro
nei campi per comprendere come
l’artista fosse in preda a un’ossessione per il mondo agricolo e
per la vita semplice della campagna. Quel mondo semplice e umile era per lui nido di un’autentica
comunione con la natura tanto da
voler farne parte realmente; quel
lavoro sfiancante esercitava su di
lui un fascino travolgente perché
rendeva l’uomo concretamente partecipe e in parte artefice
dei cicli della terra. Eppure Van
Gogh non si lasciò mai trascinare dalla riproduzione fedele della
natura. Non riproduceva le cose
così come erano realmente; ne
riproduceva la bellezza, l’armonia,
la sinfonia dei colori, restando nei
“limiti del ragionevole”. Iniziava dai
colori della sua tavolozza, forse per rivendicare il suo ruolo di
“creatore” degli elementi delle sue
opere, come Dio lo era delle cose
della natura. In una lettera al fratello Theo dell’ottobre 1885, periodo in cui risiede a Neunen, scrive:
“Si perde l’armonia generale dei
toni della natura con un’imitazione
penosamente esatta; mentre la si
mantiene ricreando una gamma
cromatica parallela che può essere addirittura ben diversa. Una
volta concepita la sinfonia di un
colore, che importa se è identica a
quella reale?”. Seguire la natura e
creare tranquillamente dalla propria tavolozza: opposti inscindibili,
una lotta la sua che dà intimità
con la natura e una conoscenza
più completa delle cose. Risulta
naturale avvertire una tendenza romantica radicata nella sua
“poetica pittorica” perché immaginazione e sentimento guidano
spontaneamente la sua mano. La
sua arte è specchio dei suoi stati
d’animo, delle sue vicende interiori, ma in quest’ottica diversa
viene meno la drammaticità che è
una costante nelle interpretazioni critiche, e si manifesta l’ansia
e l’entusiasmo di un uomo che ha
contemplato la natura, meditato
sull’universo ma soprattutto su
se stesso per cogliere la vera essenza e bellezza.
Eleonora Serafino 5 M
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SESSANTESIMO MINUTO
Sezione Cultura
La voce del cinema messa a tacere
I principi e motivi in cui è stata utilizzata la censura cinematografica in Italia.
Viene definita “censura cinematografica” il controllo preventivo
di un’opera cinematografica da
parte di un’autorità competente,
che autorizza o nega la proiezione
oppure ne limita la visione ad un
pubblico adulto. La censura viene
messa in atto qualora si pensi che
un film possa essere contrario
alla morale, turbare l’ordine pubblico e i rapporti internazionali,
ma anche se esso contiene eventuali offese ad istituzioni, chiesa
e religione. Un’istituzione, quella
della critica, che parte quindi da
principi saldi e incontestabili. Ma
come sempre, quando si parla di
censura, il dibattito è inevitabile: cosa è giusto mostrare? Può
essere, la libertà di espressione,
limitata? La storia del cinema ci
mostra vari esempi di censura
immotivata, basti pensare che
uno dei più grandi registi italiani,
Federico Fellini, è stato più volte
Quando si parla di censura, il dibattito è inevitabile. Può essere la libertà
di espressione limitata?
vittima della censura per vilipendio alla religione, scene di sesso ed
erotismo esplicite. Ne “I Vitelloni”,
fu richiesto di tagliare la scena
dell’incontro tra un commediografo e un attore omosessuale,
poiché quest’ultimo sembra voler
tentare un approccio amoroso
verso il commediografo. Nella scena non è presente alcun contatto
fisico e le avances dell’attore vengono subito rifiutate, ma la cen-
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sura riteneva l’episodio offensivo
al pudore. Anche la famosa scena
di Alberto Sordi e i lavoratori, in cui
l’attore sbeffeggia con una pernacchia e un gestaccio un gruppo
di operai, veniva considerata lesiva alla morale. Entrambe le scene
riuscirono ad essere inserite nella
versione integrale del film, ma Fellini dovette più volte vedere i suoi
film, ora considerati per nulla offensivi, esser vietati ai minori. Un
caso eclatante di censura lo subì
Monicelli per il suo film “Totò e Carolina”. Nell’opera, Totò interpreta
un poliziotto in maniera comica e
surreale, come soleva fare in tutti
i suoi ruoli. La censura trovò che
il personaggio di Totò sminuisse
e ridicolizzare il ruolo dell’agente
della Polizia. Monicelli fu costretto
a tagliare molte scene, comprese
alcune contenenti riferimenti al
suicidio, a gravidanze indesiderate e al comunismo. Il film uscì pesantemente menomato, vittima di
86 tagli ed esempio della feroce
censura che vigeva in Italia negli anni ’50. Ma fu sotto il regime
fascista che la censura italiana
raggiunse il suo massimo impiego.
Furono aboliti qualsiasi riferimenti al regime o al Duce, all’odio tra
le varie classi sociali (fu tagliata,
nel capolavoro di Fritz Lang, “Metropolis”, la scena degli operai che
si dirigono a lavoro a passo lento e con aria affranta) e furono
vietati riferimenti al suicidio, che
modificarono, tra i tanti, il finale
di “Orage”, opera francese di Marc
Allégret e che quasi rimossero
il doppio suicidio presente nella
trasposizione filmica del 1937 di
Romeo e Giulietta. Storia più recente quella del parodistico “Brian
di Nazareth”, uscito in Italia con 12
anni di ritardo, per la forte satira
verso la figura di Gesù. Il cinema è
uno strumento che fa paura per
l’enorme potere suggestivo che
dimostra di avere sul popolo, ma
la sua arte e potenza espressiva
non può essere repressa da un
potere politico o religioso. Riuscirà
sempre a far valere la propria
voce.
Matilde Tramacere 5 D
NUMERO QUATTRO - GENNAIO 2015
Sezione Cultura
Il suffragio universale compie 70 anni
Storia di una lotta politica e sociale che si tinge di rosa.
La lotta delle donne italiane per
ottenere il diritto di voto nasce
nell’800, ma solo dopo più di un
secolo giunge ad una conclusione.
Attraversando alterne vicende,
nel 1928 vi è un totale annullamento del diritto di voto, ma è nel
La Medaglia d’oro va alla
Nuova Zelanda, che per
prima concede il voto
alle donne nel 1983.
1945 che avviene la vera svolta.
Partendo dall’età pre-unitaria,
sono tre i Regni che concedono
alle donne di votare: Lombardia,
Toscana e Veneto. Non vi era,
però, la possibilità di essere elette. Con l’avvento dell’unità, questi
diritti vennero meno. Vi era una
sorta di tacito accordo per cui
gli uomini erano gli unici “cittadini italiani” a cui le leggi e i decreti
facevano riferimento. Le donne
lombarde ebbero il coraggio di
definirsi “cittadine italiane” por-
tando alla Camera una petizione:
chiedevano che il diritto di voto
venisse esteso all’intero Paese.
Numerosi i tentativi di riforma del
sistema elettorale, di cui due riusciti nel 1871 e 1876. Vennero però
insabbiati e mai discussi in Senato.
Nemmeno Depretis rinunciò alla
causa e tentò di modificare la situazione elettorale femminile. Non
riuscì totalmente nell’intento, ma
ottenne “solamente” un allargamento del diritto di voto maschile.
In Inghilterra nacque un movimento di rivendicazione guidato dalle
donne inglesi che prendevano il
nome di Suffragette. Era il 1872.
Questo diede una spinta importante alla lotta che si este a livello
internazionale. Dopo anni di lotte,
nel 1928 le donne inglesi ottennero il diritto di voto. Ma l’Inghilterra
si trova solo sul secondo gradino
del podio. La medaglia d’oro va alla
Nuova Zelanda che concede alle
donne di votare nel 1893. Vennero le guerre, e solo a seguito della
fine del secondo conflitto mondiale si ottennero risultati tangibili
in Italia. Durante la guerra molti
uomini dovettero abbandonare il
lavoro per combattere e le donne
dovettero adattarsi e praticare
mestieri notoriamente maschili. Forti di questa esperienza, le
“quote rosa” presero sicurezza e
tornarono a lottare per i loro diritti. Togliatti e De Gasperi diedero
forma ad un decreto che prese il
nome di Bonomi. Il 20 Gennaio 1945
Togliatti scrisse una lettera a De
Gasperi per richiedere che la questione del voto alle donne venisse
discussa nell’imminente consiglio
dei ministri. Così avvenne e il 30
Gennaio dello stesso anno l’ultimo
argomento trattato nell’assemblea del consiglio dei ministri fu
l’estensione del voto alle donne
nelle imminenti elezioni. Il decreto
venne affrontato con poca attenzione, ma la maggioranza si
dimostrò favorevole. L’indomani,
le donne italiane di almeno 21 anni,
furono finalmente in grado di partecipare attivamente alla vita politica. Le uniche a fare eccezione
erano le prostitute schedate che
lavoravano al di fuori delle case
dove era loro concesso di esercitare la professione. Le donne italiane non erano ancora eleggibili.
Si dovette attendere il 10 Marzo
1946 perché le donne potessero
ritenersi cittadine a pieno diritto.
Una lotta durata un secolo, vinta
sfoderando gli artigli e mostrando
“gli attributi” tipici del sesso femminile: coraggio, determinazione
e tanta voglia di combattere per
raggiungere i propri traguardi.
Alice Fraschetti 5 D
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SESSANTESIMO MINUTO
Sezione Scienza e
Te c n o l o g i a
2014: A Science Odyssey
From astounding discoveries to new amazing theories, let’s explore the “magic-flavoured” world of science.
Thanks to the limitless power of
human imagination, empowered
by the connecting potential of the
Web, the very approach to scientific progress has hastened over
the centuries. As a result, we gather knowledge, or better, we “do
science” at an exponential rate.
So, where decades ago, it would
make no sense to write an article
like: <<1959, a look back at new
discoveries>>, today I find myself quite embarrassed as trying
to summarize a ‘’single’’ year of
science in a page, as I have to omit
hundreds of interesting researches.
This indeed, has been a rewarding
year, as we “humans” have exploited our passion for photography
by taking the most accurate picture of the universe ever! We
know the immense cosmos with
99% accuracy, and yet, 80% of
its mass is missing and we can’t
explain why. My bet is that we
don’t know it at all.
Speaking about records, we have
discovered the most distant star,
the oldest star, and even the “coolest” one, and by “coolest”, I mean
We gather knowledge, or
better “We do Science”
at an inconceivably fast
speed
the one with the lowest temperature, just to avoid any misunderstanding.
We have found liquid water on
Mars and Ceres, (clues of ancient life forms?), but sadly we
10
haven’t been able to do so with life
on other planets yet. That’s why,
maybe, we are so desperately
trying to find exoplanets, earth-like planets that share many
similarities with our world (temperature, atmosphere…).
Setting the universe aside (Is it
possible? I mean, the universe is
just everywhere) I dare say that
the most exciting projects have
been carried out here on earth:
-We have found a 1 million years
old flower stuck in amber while
reproducing, which gave us insight
about prehistorical reproduction,
showing that it hasn’t really changed ever since.
-We have found a complete skeleton of the biggest dinosaur ever,
a monstrous creature called Titanosaur, as massive and bulky as
hundreds of elephants. Moreover,
we have the definitive proof that
birds are living dinosaurs, so we
actually eat dinosaur meet every
now and then. Would you have
expected it?
-We have 3D-printed functioning
organs: an entire heart, a cranium and a lung, which have been
successfully transplanted into patients.
-We have built the first “neuro-
morphic chip”, a chip made to
emulate how humans reason (do
they??)
-We are many steps closer to finding the ultimate cure for cancer,
thanks to our ability to remotely
control nano-robots inside our
bodies.
-We have been told by Stephen
Hawking that we don’t understand
anything about black holes, and
yet we are paying for his film.
- We had a monkey control
another monkey’s avatar via
brain connections, not to mention
that we have translated Chimpanzee’s language into English. I wonder what their first words have
been!
-However, the real breakthrough
of 2014 science, is an incredible
attempt to expand our genetic
alphabet. We all know our DNA is
based on 4 letters. What if, we
expand the number of letters?
We increase exponentially the
possible ammino-acids, (the fundamental constituents of our
body), giving birth to new living
creatures with endless possibilities!
What’s the purpose of this “great compendium” of scientific
achievements? Well, it’s mainly
to inspire you, to show you that
the amazing world of science
has nothing to do with magic, and
yet it’s magical enough, to be the
awe-inspiring, fascinating way to
pursuit the knowledge we humans
so desperately seek, to give some
sense to this “wonderful-terrible”
immensity.
Alfredo Bochicchio 5 O
NUMERO QUATTRO - GENNAIO 2015
Sezione Scienza e
Te c n o l o g i a
Stephen Hawking: il corag gio e la scienza
“Per quanto difficile possa essere la vita, c’è sempre qualcosa che è possibile fare.
Guardate le stelle invece dei vostri piedi”.
Stephen Hawking è considerato
uno degli astrofisici più brillanti
del nostro secolo.
Nato l’8 gennaio 1942, (a 300 anni
esatti dalla morte di Galileo Galilei, una coincidenza curiosa) è
famoso soprattutto per le sue
ricerche sull’origine dell’universo e sui buchi neri. Ma Stephen
Hawking non è soltanto il famoso
fisico dal QI altissimo che tutti
conosciamo, ma è prima di tutto un uomo che nella sua vita ha
sofferto ma non si è mai arreso.
Condannato ad una vita sulla sedia
a rotelle per colpa di una malattia
degenerativa dei motoneutroni
sin da quando frequentava il college, può comunicare solo grazie
ad un sintetizzatore. Stephen non
smette mai di ripetere alle persone sfortunate come lui di andare
Hawking: astrofisico
eccezionale e grande
guerriero. Al cinema il
film sulla sua vita.
avanti e infatti lui, nonostante la
sua malattia, non ha mai smesso
di dedicare impegno e amore alle
sue ricerche che rappresentano per noi oggi un vero e proprio
tesoro. La sua passione per la
fisica e la curiosità che lo spinge
a chiedersi il perché di ogni cosa,
alimentano la sua vita e lo hanno
portato a fare ricerche scientifiche eccezionali. I suoi libri sono dei
best seller e per lui comprendere
le leggi dell’Universo è quasi come
una missione.
Gran parte del suo lavoro, come
già detto, riguarda i buchi neri e
ricerche nell’ambito della relatività generale che confermano la teoria del big bang e ipotizzano che
l’universo si stia espandendo.
I buchi neri sono di sicuro il fenomeno che più l’ha appassionato e
ancora adesso lo appassionano.
Ha iniziato elaborando leggi termodinamiche che li descrivono,
arrivando poi a scoperte più complesse che hanno confermato l’esistenza di queste entità.
Insomma, Stephen rappresenta la
scienza moderna ma lo abbiamo
visto allo stesso tempo protagonista anche di molti documentari
e programmi televisivi come Star
Trek: the next generation, The Big
Bang Theory e The Simpson. Ha
anche prestato la sua voce robotica per realizzare alcuni brani dei
Pink Floyd.
Proprio negli ultimi giorni, è uscito nelle sale il nuovo film sulla sua
vita. Già candidato a 5 oscar, il film
si chiama “La Teoria Del Tutto” ed
è tratto dal libro “Travelling to infinity. My life with Stephen” di Jane
Wilde Hawking.
Il film racconta della vita dell’a-
strofisico a partire dal 1963,
quando Stephen era uno studente
all’università inglese di Cambridge.
Lui si innamora di una studentessa di letteratura, Jane Wilde, con
cui affronterà tutte le difficoltà
della sua vita. I due si sposano e
grazie a Jane, Hawking riesce a
prendere il dottorato e a crescere tre figli con lei.
Il film cattura il pubblico con questa bellissima storia d’amore tra
due menti brillanti e i due attori
principali, Eddie Radmayne e Felicity Jones, riescono ad interpretare alla perfezione prima la felicità
dei due giovani e poi la sofferenza
dopo la malattia di lui, facendo
emergere il carattere forte della
donna che deve prendersi cura del
suo marito sostenendolo sempre.
Jane e stephen combattono entrambi la malattia insieme, ed è
proprio questo che rende il film
così bello: il coraggio e la voglia di
vivere di due persone straordinarie. Una vita da cui imparare, quella di Stephen Hawking; una vita di
studi, amore, difficoltà ma anche
soddisfazioni.
Vittoria Vergari 1 B
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SESSANTESIMO MINUTO
Sezione Scienza e
Te c n o l o g i a
Smartphone e pc, il futuro è a “blocchi”
Immaginate di poter costruire il vostro telefono su misura, con la stessa semplicità di una costruzione lego. Fantascienza? No, Modularità!
Vento di rivoluzione spira sul mondo della tecnologia “ad personam”
e tu, mio caro lettore, stai per
esserne coinvolto. Se, infatti, sei
fra quel 90% (statisticamente
osservato) di persone che hanno
cambiato un dispositivo elettronico negli ultimi due anni, sai di cosa
parlo.
Ad un mondo tecnologico in costante e rapidissima evoluzione
siamo abituati. I nostri smartphone ultramoderni diventano
obsoleti con il passare dei giorni e
sempre più concreto è il rischio di
comprare l’ultimissimo modello e
di uscire dal negozio per scoprire
che dopotutto non è più così nuovo. Un processore troppo lento,
una grafica non più accattivante,
una fotocamera scadente: sono
tali e tanti i motivi che ci spingono dritti nelle grinfie dei colossi
che dominano il settore, ansiosi
di vendere l’ennesimo modello per
conquistare la fetta più grande
della deliziosa torta chiamata
“Mercato”.
E’ a questo punto che il concetto
straordinariamente semplice ed
efficace della modularità entra
in gioco. Il termine “modulare” si
riferisce all’essere composto da
moduli, blocchi di elementi che
svolgono ciascuno una determinata funzione e che, collaborando, riescono a svolgere un determinato
compito, un po’ come gli organi in
un organismo.
Quali sono i vantaggi della modularità?
1)
L’accessibilità e la standardizzazione sono le prerogative
fondamentali della modularità: I
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moduli, dovrebbero essere semplici blocchetti, facilmente installabili e compatibili con tutti i dispositivi elettronici che abbiamo in
casa. Così, il vecchio processore
del computer potrebbe divenire
il nuovo processore del nostro
frigo, e l’obiettivo della macchina
fotografica una splendida ottica
del nostro smartphone.
2) Rivoluziona il ruolo del
consumatore che da soggetto
passivo diventa parte integrante
ed attiva: Ciascuno di noi avrà la
possibilità di costruire un “device”
su misura. Il mercato terminerebbe di imporre le odiose logiche
consumistiche che inducono “falsi”
bisogni attraverso la pubblicità;
sarebbe finalmente il consumatore ad imporsi sul prodotto. In
questo modo, un ragazzo con la
passione per la fotografia, potrà
investire nel migliore modulo della fotocamera, trascurando gli
Il vecchio processore del
nostro computer, potrebbe divenire il processore del nostro frigo
altoparlanti, che saranno invece
apprezzatissimi da un audiofilo.
L’uomo d’affari avrà l’esigenza di
montare una grande batteria e
il videogiocatore non tralascerà
sicuramente un buon modulo di
ricezione per essere sempre connesso.
3)
Nel momento in cui andiamo a sostituire un vecchio device,
possiamo semplicemente sostitu-
ire il modulo che riteniamo inadatto, evitando di buttare un intero
organismo solo perchè un organo
ha smesso di funzionare. L’aspetto dell’inquinamento tecnologico
non è assolutamente un fattore
secondario. Globalmente, produciamo circa 50 milioni di tonnellate di” e-waste” all’anno, (electronic
waste). Inoltre:
-L’e-waste ha un elevatissimo livello di tossicità per l’ambiente, e
lo smaltimento richiede una procedura economica.
-I materiali (oro, alluminio, silicio,
rame) hanno un enorme valore e
consentirebbero un notevolissimo
risparmio dell’industria.
La modularità è un’idea recentissima, ma ha impressionato a tal
punto sia l’industria che i consumatori, che colossi come Google
si sono cimentati nella produzione di uno smartphone modulare.
La buona notizia? Entro febbraio
2015 il primo smartphone modulare sarà disponibile nei nostri
negozi. Farci un pensiero, è quasi
obbligatorio!
Alfredo Bochicchio 5 O
NUMERO QUATTRO - GENNAIO 2015
Sezione Musica
Give Peace a Chance
Spunti per la playlist del giovane pacifista del ventunesimo secolo: la pace riparte
dal rock degli anni Sessanta.
A poco più di due settimane da
quello che è diventato uno degli
eventi più significativi dell’ultimo
decennio, è doveroso lasciare per
un momento da parte il racconto
di quanto è accaduto, per soffermarsi ad analizzarne il significato
più ampio.
“Quando il potere dell’amore supererà l’amore per il potere si avrà
la pace”, predicava Jimi Hendrix
nell’ultimo scorcio degli anni ‘60,
e chissà cosa penserebbe ora se
sapesse che si è esaurito gran
parte dello slancio utopistico di
quell’epoca. Contrariamente a
quanto ci si potrebbe aspettare,
la globalizzazione ha accentuato
l’individualismo, annientato la coesione sociale, e andando avanti
sembra di essere sempre più lontani dalla realizzazione di quegli
ideali. Gli strumenti della demo-
crazia globale hanno alterato la
percezione che si ha di ciò che è
diverso, facendolo apparire come
un pericolo agli occhi di chi guarda,
hanno alimentato contemporaneamente la chiusura nei confronti
di tutto ciò che diverge e si allontana dal proprio sentire e la volontà di imporre il proprio modo
di pensare con la prepotenza e la
prevaricazione. In una società globale che utilizza tutti i più moderni
canali di comunicazione virtuale,
bisogna convivere con il rischio
di essere esposti alle critiche non
sempre costruttive da parte di
chiunque esprima le proprie opinioni, anche non qualificate, e che
ciò che si produce in qualunque
forma raggiunga una quantità
sempre maggiore di persone molto eterogenee per cultura e gusti.
Orientato alla stessa visione del
L’uomo è schiavo dell’egoismo, continua a sbattere la testa contro lo
stesso muro.
grande Jimi, è il messaggio lanciato da Bob Dylan in molte delle sue
canzoni, e tra le tante la famosa
“Blowin’ In The Wind” e la meno conosciuta “Masters Of War”.
La prima, un inno al pacifismo,
oscilla tra la disperazione di chi
vede attorno a sé muri fatti di
qualunquismo ed indifferenza, e
l’ottimismo tipico di chi crede nella forza di un ideale e di una canzone. Con i suoi continui richiami
allegorici alla guerra, e il serrato
susseguirsi di domande, questo
brano costituisce uno spunto di
riflessione per chiunque lo ascolti
prestando attenzione al suo più
profondo significato.
‘Masters Of War’ è invece una
canzone dai toni aspri e dalle immagini forti. Evocativa e arrabbiata, lancia un’accusa nei confronti
di una società, e in particolare
della sua classe di governo, che
dimentica facilmente la guerra e
le sue vittime e confonde questa
indifferenza con una ricerca di
pace.
Risulta molto semplice immaginare il senso di smarrimento e
rammarico nell’animo di chi, dopo
aver combattuto per i propri ideali, si guardi intorno e realizzi che
il coraggio, la motivazione e la determinazione si siano dissolti, che
nulla sia effettivamente cambiato,
che l’uomo sia sempre più schiavo
dell’egoismo, come se non fosse
mai stanco di sbattere la testa
contro lo stesso muro. Che scelga di essere delicato, che scelga
di essere duro, Dylan cerca di
spronare l’umanità a rivalutare il
passato, a imparare da ciò che è
stato e non dovrebbe più essere.
Siamo tutti convinti che con le
canzoni non si può cambiare la
realtà, ma alcune possono contribuire a rendere migliore la società
ed il tempo in cui si vive, e non ci
resta che sperare che la musica
ci regali anche nel futuro artisti
dai quali possiamo imparare a
leggere nelle nostre coscienze.
Maria Giaccari 4 C
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SESSANTESIMO MINUTO
Sezione Musica
Le origini del Festival di Sanremo
Anche quest’anno si terrà l’annuale Festival della canzone italiana, al teatro “Ariston” di Sanremo. Ma quali sono le origini di questa ricorrenza?
“Cari amici, vicini e lontani...” è questo il saluto che apre il Festival di
Sanremo, pronunciato da Nunzio
Filogamo, il primo conduttore,
quella sera del lunedì 21 Gennaio
1951, data in cui prende vita questa ricorrenza.
All’epoca ci si trovava in un clima
di tensione dovuto alle guerre appena concluse, cercando di scappare dalla cruda realtà che aveva
circondato il piccolo paesino di
Sanremo.
Esisteva solo la radio, che riusciva
a incantare tutti gli ascoltatori
con questa novità, presentando
diversi artisti della musica italiana, con i loro inediti e le loro
esibizioni, accompagnati da una
grande orchestra. Il risultato di
questo nuovo spettacolo fu subito
un successo: si decise quindi di ripetere il Festival annualmente.
Nel 1955 la Rai riesce a collegarsi
con il casinò di San Remo dove si
svolge il Festival: è il primo anno
che lo spettacolo viene trasmesso in tv. Negli anni successivi il numero dei partecipanti aumenta:
da tre si passa a cinque cantanti,
ottenendo notevole importanza
Il Festival di Sanremo,
ha visto esibirsi diversi
artisti, sotto la guida di
molti personaggi della tv.
nel mondo della musica italiana,
finchè, nel 1958, un artista spicca
tra tutti gli altri, Domenico Modugno. Il suo brano, “Nel blu dipinto di
blu” riscuote così tanto successo
14
che diventa la colonna sonora del
Festival, ribattezzata in seguito
dagli spettatori “Volare”. Questa
canzone riesce a far esportare
la musica leggera italiana anche
all’estero.
Il 1962 presenta una novità all’interno del Festival: per la prima
volta, infatti, si può votare anche
con l’Enalotto, e, nel 1968, è Pippo
Baudo a dirigere lo spettacolo,
ospite d’onore Louis Armstrong,
che si esibisce con il brano “Mi va
di cantare”.
Nel 1972 a condurre è invece Mike
Bongiorno; lo stesso anno fa il suo
esordio Lucio Dalla, con la sua canzone “Piazza Grande”.
Nel 1984 nasce una nuova sezione
all’interno del Festival, le “Nuove
proposte”, una gara tra artisti
emergenti che fanno il loro debutto sul palco dell’A riston. Il vincitore della prima edizione è Eros
Ramazzotti, con “Una Terra Promessa”. A condurre il festival è
nuovamente Mike Bongiorno.
Ramazzotti si presenta nella categoria Big nel 1986, vincendo con
il brano “Adesso tu”.
Il 1990 è un anno particolare, in
quanto per la prima volta nella
storia del Festival, a vincere è una
band musicale, i Pooh, con “Uomini
soli”. La notizia fa scalpore e tra
gli spettatori vi è una certa sorpresa.
Nel 1995 conduce ancora una volta Pippo Baudo; a vincere è Giorgia
con il brano “Come saprei”
Nel 1998 il palco dell’A riston è ricco
di ospiti internazionali, tra cui Madonna, Ricky Martin e Celine Dion.
Il festival del 2001 è condotto da
Raffaella Carrà, insieme a Megan
Gale, Massimo Ceccherini ed Enrico Papi, mentre nel 2005 vince
“Angelo” di Francesco Renga, nell’edizione condotta da Paolo Bonolis.
Fabio Fazio e Luciana Littizzetto
conducono sia nel 2013 che nel
2014. A vincere sono rispettivamente Marco Mengoni con “L’essenziale” e Arisa con “Controvento”.
Quest’anno ricorre il 64esimo anniversario del Festival della musica italiana, con diversi artisti che
cercheranno di aggiudicarsi la
vittoria con i loro brani.
DIletta Maria Polo 3 F
NUMERO QUATTRO - GENNAIO 2015
Sezione Musica
Pino Daniele, un uomo in chiave blues
Napoli, dove è cresciuto, e tutta Italia si stringono nella memoria dell’artista
scomparso all’inizio di questo mese.
Lo si era visto giusto qualche
giorno prima, nella celebre
trasmissione “L’anno che verrà”.
Certo è che alle 21:30 di una sera
di San Silvestro probabilmente
la maggior parte dei lettori del
giornalino era più impegnata a
mangiare cotechino che a prestare attenzione al televisore
sintonizzato su Rai 1. Ma lui era
lì, a Courmayeur, e per un’ultima
volta ancora accarezzava le
corde della sua chitarra, e con
quella sua voce soave cantava
“Quando”. Mi rendo conto che
molti adolescenti di oggi potrebbero non apprezzare Pino Daniele,
e chiunque può avere le sue buone
ragioni, e non cercherò nemmeno
di strumentalizzare la sua morte
per rimpiangerlo, ma la sua improvvisa scomparsa ha davvero
coinvolto e commosso l’intero
ambito artistico della nostra
penisola, dando una misura reale
della enorme stima di cui godeva e facendoci ricordare anche
quanto fosse forte il suo impatto
popolare. “Il nero a metà, l’americano della nuova Napoli che sognava di veder passare la ‘nuttata’, il mascalzone latino, il Lazzaro
felice, l’uomo in blues, il musicante
on the road, il neomadrigalista,
Muore a Roma, a quasi
60 anni di età Pino Daniele, celebre icona della
musica Italiana.
cantautore che negli anni in cui
dominava il messaggio non mise
mai in secondo piano la musica,
pur avendo cose da dire, e che
cose”. Questo si legge tuttora sul
suo sito ufficiale, un autoritratto
che la dice lunga sul suo stile
personalissimo e inconfondibile.
Non sarà per niente facile avere
un secondo Pino Daniele, non è
davvero da tutti saper fondere
la melodia napoletana con rock,
blues, jazz, un po’ di tarantella
e un po’ di funk. Lui ci è riuscito,
partendo dalla sua Napoli, una
città che verso di lui ha sempre
provato un amore sterminato,
proprio lì nel 1977 ha lanciato “Na
Tazzuliella e cafè” e “Napule è”, due
grandi successi che, a poco più di
vent’anni, gli hanno permesso di
cominciare un incredibile viaggio
di contaminazione musicale. Ma
è con “Nero a metà” del 1979
che Daniele diventa una star del
nostro panorama musicale, un
album di straordinaria bellezza e
originalità, il disco che meglio ha
raccontato Pino, la sua anima, in
un insieme coloratissimo e ap-
passionante, che in canzoni come
“I say i’ sto ‘cca” o “Quanno chiove”
incontrava magicamente il cuore
del pubblico. Questo disco è la sua
consacrazione: dimostra il suo
essere profondamente partenopeo e al tempo stesso cittadino
del mondo; dimostra di essere
virtuoso, di voler espatriare per
diffondere il suo genio, ma nello
stesso tempo si sente fortemente legato alla sua Napoli.
Passando per gli anni 80, con
l’album “Bonne soirèe”, con una
formazione tutta partenopea
dove non manca nessuno: James
Senese, Tullio De Piscopo, Joe
Amoruso, Tony Esposito e Rino
Zurzolo. E ovviamente lui, Pino Daniele, che nello Stone Castle di Carimate, nel 1987, impugnava la sua
chitarra, in una foto che a Napoli
è celebre quasi quanto lo scatto
dei Beatles che attraversano
Abbey Road. Fino ad arrivare agli
anni ’90, i primi problemi di salute,
e le numerose collaborazioni con
artisti della scena Italiana e non
(giusto per fare qualche nome
Francesco De Gregori, Luciano
Pavarotti, Eric Clapton, Claudio
Baglioni).
Pino Daniele è stato indubbiamente un cantautore dalle capacità
incredibili e spero che la sua
storia (andando aldilà dal fatto
che sia deceduto), la sua musica
“contaminata” sia di ispirazione
a chi vuole uscire dal muro della
banalità della musica contemporanea.
Gabriele Rizzo 5 N
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SESSANTESIMO MINUTO
Sezione Spor t
Fenomeni Carioca: genio e sregolatezza
Viaggio nella carriera dei calciatori verdeoro che si sono distinti non solo sul
terreno di gioco.
Il Brasile è una terra che da sempre coltiva la passione per il calcio
e ne sono esempio i tanti fenomeni provenienti dal Paese carioca
che popolano tutti i campionati del
mondo, specialmente quelli europei. Se i calciatori brasiliani possono quasi sempre essere sinonimo
di fantasia e “piedi buoni”, non hanno gli stessi pregi sotto l’aspetto
comportamentale, soprattutto
quando si allontanano dalla patria
natìa. Essi infatti soffrono molto la lontananza dal loro Paese
(la famosa “saudade”) e spesso
dopo pochi anni il loro rendimento
cala a picco, rendendo i fenomeni
dei veri e propri “bidoni”. Esempi
lampanti di ciò sono sicuramente
Adriano Leite Riberio e Ronaldinho,
due calciatori che hanno fatto vedere grandi cose nei palcoscenici
europei, ma che hanno lasciato
i grandi palcoscenici anticipatamente proprio perché divenute
“teste calde”. Il primo ha militato
per la maggior parte della sua
carriera nella nostra Serie A; arrivato all’Inter giovanissimo, venne girato alla Fiorentina per sei
mesi e poi ingaggiato dal Parma,
dove esplode e mette a segno, in
18 mesi, 23 gol in 37 partite in un
campionato, come quello italiano,
dove le difese non sono facilmente
penetrabili. Nel gennaio del 2004,
Roberto Mancini lo rivuole nell’Inter, poiché nota in lui le caratteristiche del fenomeno, tanto da paragonarlo a Gigi Riva e Marco Van
Basten. Ricordato ancora oggi per
la potenza dei suoi tiri, Adriano si
dimostra essere una macchina da
gol, tanto che i tifosi lo nominano
16
“Imperatore”; dopo due anni pieni
di grandi prestazioni, Adriano viene colpito da una forte depressione che lo porta ad un lento declino; insieme al suo agente decide di
optare per un prestito in Brasile,
al San Paolo, con la speranza che
la vicinanza al suo Paese lo possa
far tornare ai grandi livelli visti in
precedenza. Invece, il periodo in
Brasile mostra il lato trasgressivo del calciatore: feste notturne,
ritardi agli allenamenti e completa
mancanza di buonsenso portano il
San Paolo a terminare il prestito
prima della data prevista. Josè
Mourinho, erede di Mancini sulla
panchina dell’Inter, cerca di dargli fiducia, ma non viene ripagata
dal calciatore che continua a non
rispettare le regole. La depressione di Adriano continua, tanto che
Spesso dopo pochi anni
il loro rendimento cala a
picco, rendendo i fenomeni dei veri “bidoni”
nell’aprile del 2009 decide di interrompere momentaneamente la
propria carriera, per poi tornare
in Brasile a maggio firmando un
contratto con il Flamengo. Il fisico però ne risente e il giocatore
brasiliano non ritorna più ai fasti
di una volta; ora è svincolato e
consapevole che avrebbe potuto
essere uno dei migliori attaccanti
di tutti i tempi. Destino più o meno
analogo è quello di Ronaldinho:
punta di diamante del Barcellona
di Frank Rijkaard, vincitore della
Champions League del 2006, al
“Gaucho” furono assegnati importanti riconoscimenti personali,
come il Pallone D’Oro (2005) e il
Fifa World Player (2004, 2005).
Divenuto il sogno di tutti i più
grandi club e idolo dei ragazzini
di tutto il mondo, anche lui passò
da essere re del calcio a re della
movida in poco tempo, tanto che
il Barcellona, nel 2008, lo scarica
al Milan, dopo un infortunio che gli
fece terminare la stagione in anticipo. Al Milan fece piuttosto bene,
ma le uniche prestazioni da fenomeno rimasero quelle fuori dal
campo; lentamente il calciatore
brasiliano esce dai radar dell’elite
del calcio mondiale, ed oggi gioca
(quando ne ha voglia) nel Queretaro, squadra del campionato
messicano. Il Brasile continuerà
sempre a “sfornare” nuovi talenti,
ma probabilmente avranno sempre le due caratteristiche che li
contraddistinguono: genio e sregolatezza.
Michele Papa 5 M
NUMERO QUATTRO - GENNAIO 2015
Sezione Spor t
La Gazzet ta dei Calciofili
62esima edizione del Pallone d’Oro: vince CR7. “Il miglior gol? Il prossimo che
farò.”
Quest’anno, come ormai di
consueto, la cerimonia della 62
esima edizione del pallone d’oro
si è tenuta a Ginevra, in Svizzera,
e a fare gli onori di casa è Sepp
Blatter, presidente FIFA. Esordisce
semplicemente, parlando dell’importanza del calcio, di questo
sport meraviglioso che ancora
una volta può essere d’aiuto nel
tentativo di mettere da parte, almeno per due ore, tutti i problemi
e i disagi di questa società, del
mondo intero, che in questi giorni
hanno interessato principalmente
l’Europa con l’orribile attentato a
Charlie Hebdo. Così, dopo un breve
discorso di apertura, la cerimonia può avere finalmente inizio. A
contendersi quest’anno il pallone
d’oro sono: il portiere tedesco
che ha rivoluzionato il suo ruolo
negli ultimi anni, e per altro campione del mondo con la Germania
(Brasile 2014), Manuel Neuer; “La
Pulce” argentina oramai “abbonato” a questa cerimonia da molto
tempo, Leo Messi; infine il lusitano più famoso del pianeta, che
continua ad acquistare fama per
i suoi numeri con il pallone e anche per il gossip, Cristiano “CR7”
Ronaldo. La premiazione parte
subito in modo effervescente,
con la bellissima Kate Abdo che
introduce il nostro Alex Del Piero.
Sarà infatti lui a presentare la
top 11 dell’anno solare 2014 composta da Neuer, David Luiz (molti
risentimenti sulla sua nomina),
Thiago Silva, Sergio Ramos, Philipp
Lahm (capitano e bandiera della
Germania, svela di avere idolatrato fin da giovane Paolo Maldini, e
di essersi ispirato a lui), Angel Di
Maria, Tony Kroos, Andres Iniesta; ed infine il tridente più forte
del mondo (sarebbe illegale farli
giocare insieme) Arjen Robben,
Cristiano Ronaldo e Leo Messi.
Top 11 che presenta alcune delusioni, che però vengono messe
da parte, poiché sorteggiato su
5000 ragazzi svizzeri, un adolescente elvetico pone al tridente
d’attacco (Robben,CR7,Messi)
una domanda: <<Il miglior gol
che avete mai realizzato?>>. La
risposta degna di nota è quella di
CR7 che si guadagna uno scroscio
di applausi dicendo:<<Il prossimo
che farò.>>. Dopo questo momento di fibrillazione si passa alla
premiazione del miglior giornalista FIFA (premio alla carriera)
per il giapponese Hiroshi Kagawa.
Ma la serata è lunga e il prossimo
premio (miglior coach femminile
dell’anno) va a Ralf Kellermann
tecnico del Wolfsburg femminile: non manca l’occasione per
sottolineare il rammarico verso
la famiglia di Junior Malanda,
calciatore del Wolfsburg, morto
a soli 20 anni. Ad intrattenere,
poi, il pubblico a Ginevra, fuori
dalle tempistiche consentite, è
Joachim Low, premiato come
miglior allenatore dell’anno, un
uomo che ha rivoluzionato il calcio
e la nazionale tedesca negli ultimi
5 anni. Successivamente ottima
iniziativa della FIFA, che premia alcuni dei 14000 volonatari FIFA, con
palloni autografati dai candidati.
Piccolo cameo del famoso (?)
cantante elvetico, Bastian Becker,
che anticipa la premiazione del
miglior gol dell’anno dato a James
Rodriguez (Colombia). La serata sta per terminare e anche
il pallone d’oro femminile viene
assegnato a Nadine Kessler. Ore
20.09, Cristiano Ronaldo riceve
il Pallone d’Oro 2014, masticano
amaro Messi e Neuer. Non poteva
che essere lui, a detta di molti, il
miglior giocatore dell’anno. I suoi
numeri fanno impallidire (60 gol
di cui 46 in campionato, in una
stagione). Viene così sfatato il
tabù Messi, che ormai con le sue
vittorie “continue”, aveva spento
la magia della premiazione. Neuer
ci credeva, ma finchè ci sono
“quei due” a dare spettacolo,
dovrebbero inventare un pallone
d’oro solo per portieri.
Alessandro Corallo 3 E
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SESSANTESIMO MINUTO
Reportage della
Memoria
Macerie tra i fiori d’estate
Per il 27 gennaio, Giornata della Memoria, racconto la mia..
“Ad Auschwitz c’era la neve, il fumo
saliva lento/nel freddo giorno d’
inverno e adesso sono/nel vento,
adesso sono nel vento.” Lasciavo
così Auschwitz lo scorso agosto,
con questa canzone di Guccini
come sottofondo del viaggio di
ritorno e con ancora quel misto
di stupore e inquietudine che mi
aveva accompagnata dal momento in cui avevo varcato con l’auto
i confini della Polonia. L’autostrada era deserta e nelle stazioni di
servizio c’era qualche donna che
parlava solo polacco e riuscivo
a malapena a capire quanto costasse in euro un caffè. Ho percorso più di cinquanta chilometri
tra i piccoli paesi delle campagne
polacche, avvolte in un’amarezza
che le rendeva ancora più lontane. Non un cartello per Oświęcim,
il centro urbano di Auschwitz. Quel
posto, di cui il mondo intero parla, di cui viene urlata l’esistenza
a caratteri cubitali, sembrava un
fantasma. Se ero a trenta, dieci
o due chilometri dal più importante campo di concentramento
e di sterminio non lo sapevo, perché non c’era scritto da nessuna
parte. Ho capito che Auschwitz
è così, prende forma solo quando lo raggiungi, come se il nome
nascesse nell’istante in cui lo hai
trovato, è lì quando tu sei lì. Altrimenti come farebbero i polacchi
a vivere così vicini al suo orrore?
Sembra quasi un paradosso percepire quanto il luogo più carico
di storia e di tragica esperienza
umana sia immerso in un’atmosfera così surreale. Immaginavo
il campo esattamente come lo
avevo visto nelle fotografie, nitido,
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vivo, ma l’ho trovato segnato dal
tempo. Birkenau, il campo di sterminio di Auschwitz, responsabile
della morte di più di un milione di
persone, adesso era un’immensa
prateria dove crescevano persino
i fiori tra i resti delle baracche e
delle camere a gas distrutte. E’
proprio questo che mi ha lasciato
senza fiato, il modo genuino con
cui la realtà mi travolgeva, senza
filtri e senza orpelli. Siamo stati
abituati ad ascoltare mille volte
parole sulla crudeltà degli stermini, parole che pensavo bastassero a nutrire la sofferenza, la
compassione, pensavo che fosse
sufficiente sapere per diventare
un protettore della memoria. Ci
hanno insegnato a non smettere
mai di parlare dell’Olocausto, perché così va fatto affinché nessuno dimentichi. Ma ad Auschwitz le
guide dicono solo il numero degli
ebrei nelle baracche e cosa i nazisti facevano di loro, non c’è nessuno a fare la lezione sulla giustizia
e sulla libertà, non c’è nessuno a
L’arrivo ad Auschwitz
svelò un luogo in cui la
realtà è più forte di qualsiasi parola.
spiegare quanto tutto questo sia
stato atroce e disumano. Perché
Auschwitz è così, è muto. Oltrepassati i fili spinati, i film, i documentari, i dibattiti che hanno
rimbombato nella mia coscienza
venivano assorbiti dal silenzio della tangibilità. Ho toccato il legno
umido dei letti e il ferro freddo dei
pali d’impiccagione, mi sono appoggiata alle ringhiere delle scale
e ho camminato sui binari dei treni. Una nuova sensibilità sanciva
un legame con le cose, come se
finalmente mi appartenessero
davvero. Auschwitz mi ha rapito
con la forza del suo semplice esistere, che rendeva vano ogni tentativo di esplicazione. Per questo
ho lasciato che parlasse Guccini
al posto mio, perché mi sentivo
come il bambino della sua canzone, sospesa nel vento e spogliata
del sorriso. Ma credo che sia proprio questo custodire la memoria:
permettere ad Auschwitz di prendersi una parte di sé e portare il
peso del vuoto che lascia.
Angela Aromolo 4 E
3. La Percezione
NUMERO QUATTRO - GENNAIO 2015
Storia a Puntate
Il vero prezzo della Droga
Le sensazioni talvolta possono essere fatali e incontrollabili, potrebbero portare a
giudizi errati e stravolgere il tutto.
Non so cosa passi per la mente alle
altre persone, e non me lo sono
mai chiesto. Però ultimamente
questo dubbio mi assale ogni volta
che ripenso a quella notte. Finalmente mi hanno raccontato la verità, la loro verità. A quanto pare
sono stato incastrato da entrambe le parti, che peccato non averlo capito dal principio. D’altronde
non poteva essere l’opposto, non
mi avrebbero lasciato marcire lì
dentro per ore senza intervenire.
Questa è un’altra promessa buttata al vento, e ora mi chiedo se
veramente siano credibili come
istituzione oppure quel che dicono,
e soprattutto fanno, sia un am-
Non credevo però che
creasse così tanta assuefazione il ricorrere
a quelle sostanze per
sentirsi meglio
masso di cavolate che tentano di
far trasparire come verità. Non è
questo il mio problema, comunque.
Io credevo nel bene della giustizia,
credevo che avendo agito per un
bene superiore avrei potuto mettere a posto le cose, eppure non ci
sono riuscito. E, appunto, mi chiedo se sia io a sbagliare oppure è
il mondo che si nasconde dietro
enormi menzogne. È facile affidare la colpa a qualcun altro, eppure
io non credo di aver sbagliato nulla, se non i mezzi con cui ho agito
anche se erano, e tutt’ora sono, i
mezzi con cui chiunque agirebbe.
Non sapevo ancora con chi avevo a che fare nel momento in cui
ho iniziato questa mia “crociata”;
credevo in molte cose e molte altre me ne sfuggivano, avevo una
percezione ben precisa del pericolo cui potevo andare incontro,
anche se poi questa si è rivelata
errata. Non credevo però che
creasse così tanta assuefazione
il ricorrere a quelle sostanze per
sentirsi meglio; a mio parere ci si
sente unicamente impotenti e inutili grazie ad esse. Eppure chiunque ne faccia uso si sente impotente di suo. Quindi il mio dubbio si
condensa in questo, perché farne
uso se, alla fine, ciò che si ottiene
è una perdita della propria percezione personale come individuo. È
vero, però, che per un ristretto
lasso di tempo quelle sostanze
riescono a procurare delle sensazioni fenomenali e assurde, quasi
incredibili e poi alla fine quello che
rimane alla resa dei conti non è
altro che una perdita di coscienza.
In questo momento, comunque
sono fermamente convinto che
non ci si debba abbandonare al
loro totale controllo, questo significherebbe arrendersi, anzi significherebbe che non si è nemmeno
tentato di cambiare nulla. Io ci ho
provato, con scarsi risultati, ho
provato a fermare nel mio piccolo
questo processo di degradazione
umana che purtroppo è diffuso.
Perché loro cercheranno sempre
di più di vendere queste sostanze
in giro affinché gli altri restino
incoscienti della reale situazione
verso la quale si sta andando. Ho
scelto di non essere controllato
da quei mostri perché ritengo che,
anche se non so quale sia il mio
scopo qui, io abbia il dovere di fare
la differenza in qualche modo; e
magari sarà proprio la mia differenza a cambiare la situazione.
È come se scegliessero di vestire una maschera, facendo uso di
quelle sostanze, e ancora il dubbio
del perché lo facciano mi assale
e mi corrode internamente. Ma
dovrebbero sapere che quella
maschera non fa altro che trasformarli in loro stessi un’altra
volta, un’ultima volta prima di cadere nell’abisso di impotenza che li
caratterizza.
Gianmarco Conte 5N
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SESSANTESIMO MINUTO
Banzigmistica
Sudoku
Livello: Difficile
Soluzione del Sudoku di
Dicembre
Indovinello
Chi la fa, la fa per venderla. Chi la compra non la usa. Chi la usa non la paga.
Di quale oggetto si tratta?
Soluzione dell’indovinello di Dicembre
E’ sufficiente chiedere al viandante: “Portami al tuo paese”. Infatti, nel
caso in cui dicesse la verità, lo porterebbe proprio nel paese della verità.
Se mentisse, comunque lo porterebbe nel paese della verità (in quanto,
appunto, non dice la verità).
Le soluzioni sul prossimo
numero!
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