Numero di Gennaio bis
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NUMERO QUATTRO - GENNAIO 2015 Editoriale La satira di Charlie? Semplice Dirit to Alla luce di quanto avvenuto il 7 Gennaio a Parigi, un excursus sulla vicenda e cosa voglia dire essere liberi di manifestare la propria opinione. “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. L’articolo 21 della Costituzione del nostro Paese così recita, e similmente fa l’articolo 19 della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo. Si presuppone che quanto sancito non possa essere violato, o quantomeno che vi sia un certo controllo da parte delle istituzioni stesse poiché esso possa essere protetto. Ci si aspetta inoltre che i suddetti diritti siano condivisi da tutti, in quanto “inalienabili”. Invece è recente la testimonianza di quanto queste aspettative possono essere disattese. La vittima è la nostra vicina di casa, la Francia, più nello specifico la redazione del settimanale satirico Charlie Hebdo. Questo giornale era già stato vittima di alcune minacce e addirittura di un attentato incendiario nella precedente sede della redazione; nessuno si è scoraggiato o demoralizzato. Le vignette incriminate sono quelle che ritraggono il Profeta Maometto e che ridicolizzano la fede musulmana. Nemmeno il Papa è stato esente dalla satira di Charlie e con esso la fede cristiana. Innegabilmente non si trattava di satira leggera, ma è altresì vero che se si fosse trattato di barzellette non si sarebbe chiamata “satira”. Persino la Corte di Cassazione si è sentita in dovere di definire la satira in quanto diritto costituzionale. Essa in altre parole viene descritta come una manifestazione di pensiero che, attraverso il riso suscitato, si prefigge il compito di far riflettere e impiantare nel lettore il germe del cambiamento. Purtroppo questo genere non è apprezzato Una Francia scossa, ferita nel cuore e sconvolta da un crimine compiuto dai suoi stessi figli da tutti. Il problema, purtroppo, nasce dal fatto che i credenti più ferventi, in questo caso osiamo dire estremisti della religione musulmana, hanno interpretato le vignette di Charlie come delle vere e proprie offese al proprio Credo religioso finendo con uccidere 12 componenti della redazione. Successivamente la polizia francese, attraverso due blitz, è riuscita ad uccidere i 3 killer e a liberare gli ostaggi presi dagli assalitori qualche ora prima. La Francia reduce da questa palese violazione dei diritti umani, è una Francia ferita nel cuore, una Francia scossa e sconvolta da un crimine commesso dai suoi stessi “figli”. “Figli” deviati da un’ideologia fondamentalista che va contro i principi stessi della religione. Se vige il diritto di esporre la propria opinione liberamente, non vige, invece, quello di uccidere chi ha un’idea differente dalla nostra. Le contestazioni riguardo le vignette di “Charlie Hebdo” continuano a nascere e diffondersi, in particolare in Niger (dove si contano 10 morti) e in Cecenia. I musulmani marciano, a volte danno fuoco alle Chiese, protestano e si uniscono per manifestare contro il settimanale francese e le sue vignette sul Profeta. Deve farci riflettere, invece, proprio l’ultima vignetta pubblicata in copertina dal giornale. Sotto la scritta “Tutto è perdonato” vi è Maometto con in mano un cartello con su scritto l’ormai celebre motto “Je suis Charlie”. L’intento della redazione era proprio questo sin dall’inizio, far riflettere e ispirare nel lettore il cambiamento tanto sognato dalla società, ma mai avvenuto. Allora uniamoci anche noi e, nel nostro piccolo, proviamo a farci portatori di quel cambiamento per cui “Charlie” ha sempre lottato. Alice Fraschetti 5 D 1 SESSANTESIMO MINUTO Sezione Banzi Spiccando in volo di struzzo Ma è proprio vero che un bambino, un maestro, una penna e un libro possono cambiare il mondo? Il sole sorge, gli uccelli cinguettano, il vento accarezza un pavimento di aghi di pino; ed è il momento per il Banzi di immergersi nella tradizionale esperienza di didattica alternativa. Le lezioni canoniche chiudono i battenti un paio d’ore al giorno, ed è qui che l’orchestra banzina si mobilita unita. Non il coro gospel scolorito (non di nome ma di fatto) gentilmente piazzato in aula magna in contemporanea, seppur estremamente emozionante, ma la macchina di studenti pensanti in riposino perenne (assemblee di istituto, n.d.r.) che una volta tanto decidono di mettersi in discussione provando a creare ambienti altamente formativi e di spaziare in tematiche e spunti spesso tralasciati nelle ore curriculari, a causa di “oppressioni” ministeriali. La comunità studentesca può vantarsi di aver ottenuto risultati sorprendenti: straordinaria collaborazione e gestione ottimale garantita da un servizio 2 d’ordine impeccabile, oltre all’essenziale contributo dei rappresentanti degli studenti e di tutti i moderatori. Il Banzi ha lanciato un segnale imponente, un messaggio a tutti gli studenti affinché il periodo di didattica alternativa sia il punto di partenza per un interesse globale ed una sollecitazione al ruolo personale di ognuno per Viaggio nell’esperienza di didattica alternativa tra successi e note stonate raggiungere le stesse incredibili risposte. Ma anche un messaggio al corpo docente, evidentemente recepito dalla minoranza, felice di contribuire con le proprie preziose competenze ad una migliore riuscita della didattica offrendo la propria esperienza a sostegno delle nuove leve. Prontamente ignorato invece dalla gran parte degli insegnanti, ma la coscienza civica del futuro cittadino non si plasma sufficientemente a colpi di nozionismo, pertanto è opportuno fare appello anche alle Muse per cercare di conferire dignità al ruolo attivo che ogni studente deve rivestire nella scuola. Coltivare in lui il suo aspetto sociale amalgamandolo con l’attualità; imparare dal passato. Cantami, o Diva, le parole di Malala Yousafzai, diciassettenne Premio Nobel per la pace, del cui discorso è riportato un frammento: “Le nostre parole possono cambiare il mondo. Perché se siamo tutti uniti, riuniti per la causa dell’istruzione e se vogliamo raggiungere quest’obbiettivo dovreste aiutarci a conquistare potere tramite le armi della conoscenza e lasciarci schierare le une accanto alle altre con unità e senso di coesione”. Massimiliano Muci 4 E NUMERO QUATTRO - GENNAIO 2015 Sezione Attulità 2014: appunti di un anno indimenticabile Un occhio al futuro e uno al passato rivivendo gli eventi più importanti Ogni volta che si è sul finire di un anno sembra che tutti cerchino di rincorrere il successivo come se quello appena passato fosse stato un brutto scherzo. Molto probabilmente per alcune persone il 2014 non è stato indolore ma piuttosto un lento salasso. Però il benvenuto neonato si è mostrato dal lato sbagliato. Il tanto sperato cambio di rotta si è rivelato un forte pugno nello stomaco che ha costretto ad ammettere che dei problemi sottovalutati o considerati obsoleti in realtà sono tangibili e pericolosi, soprattutto adesso. Sono passati solo pochi giorni dal countdown e la società civile ha dovuto piangere delle vittime del terrorismo e dell’integralismo religioso. Ovviamente il futuro fortunatamente non si esaurisce in questi gesti e consciamente bisogna ricordare ciò che è avvenuto in precedenza, i famosi corsi e ricorsi storici. Il 2014 è stato un anno intenso su molti fronti, segnato da scontri militari, politici, sociali e generazionali, scosso da eventi luttuosi ma anche illuminato da scoperte ed eventi straordinari. Puntando i riflettori verso la politica italiana il 2014 è l’anno del “stai sereno” e nonostante le rassicurazioni E. Letta si dimette e M. Renzi prende le redini del gioco. Il 16 febbraio il segretario del Pd è convocato dall’ex Presidente della Repubblica G. Napolitano al Quirinale e ottiene l’incarico di formare un nuovo governo. Dopo che il parlamento ha votato la fiducia, il Consiglio dei Ministri ha declamato il suo progetto di riforme e ha iniziato il lavoro alle Camere. Nel corso dei mesi sono emerse voci di opposizione, anche all’interno della sinistra, fino ad arrivare alle manifestazioni e allo sciopero generale del 12 dicembre in opposizione al Jobs Act. Vicissitudini politiche hanno interessato altre nazioni come il Brasile che ha confermato per il secondo mandato con oltre il 51% Dilma Rousseff. Non sono andate altrettanto bene Il 2014: un anno intenso su molti fronti, segnato da scontri ma anche illuminato da scoperte le elezioni di metà mandato per il partito democratico di Barack Obama che ha ceduto il controllo della Camera e del Senato ai repubblicani. Intanto nel Regno Unito si afferma sia alle elezioni europee che alle locali l’Ukip, partito euroscettico e populista guidato da Nigel Farage. Alcuni paesi però sono ancora in lotta per poter affermare il diritto di esprimere liberamente il voto e decidere chi governa. In Burkina Faso sono avvenute violente proteste contro il presidente Blaise Compaoré che era intenzionato a cambiare la costituzione per potersi ricandidare alle elezioni 2015 dopo 27 anni di governo. Dall’altra parte del mondo i manifestanti di Occupy Central a Hong Kong, che hanno occupato il distretto finanziario e protestato per ben due mesi fino allo sgombero delle barricate, chiedevano libere elezioni nel 2017. La geografia del ventunesimo secolo ha avuto uno scossone: gli scontri in Ucraina tra filoeuropei e polizia di Kiev hanno portato all’annessione della Crimea alla Russia. Il 17 luglio è stato abbattuto l’aereo di linea della Malaysia Airlines MH17 nei pressi di Grabovo, nell’est dell’Ucraina, probabilmente a causa di un missile filorusso. Il 2014 ha affrontato e ha lasciato in eredità al successore delle piaghe che hanno destabilizzato l’intero pianeta. Si pensi all’epidemia dell’ebola, che partendo dell’Africa Occidentale, ha mietuto vittime innumerevoli in tutto il continente e all’estremismo dello Stato Islamico che con altrettanta forza sta imponendo il suo dominio con armi, timore, rapimenti, attentati, video e uccisioni barbare, trascurando la convenzione non scritta di risparmiare donne e bambini. Mariangela Corsetti 5 D 3 SESSANTESIMO MINUTO Sezione Attulità Il tunnel della crisi economica Stati Uniti fuori dalla crisi. Europa ancora lontana dalla ripresa. Le singole Nazioni stanno provvedendo con riforme poco efficaci. Quella del 2008 sembra essere una crisi senza fine. Il crollo dell’economia mondiale ha comportato un aumento del debito pubblico dei singoli Paesi coinvolti. Dopo circa sei anni le aspettative di molti Stati sono poco rassicuranti. Le conseguenze sono imprevedibili e dipendono da innumerevoli fattori tra cui il più temuto: la politica. È proprio quest’ultimo il caso che ha influenzato maggiormente l’economia greca degli ultimi tempi. Le elezioni sono imminenti e sembrano indicare la sinistra di Syriza come possibile vincitrice. Il leader dello scheramento politico vorrebbe promuovere la creazione di una conferenza internazionale molto simile a quella che nel 1953 dimezzò il debito pubblico Tedesco. Fattore determinante di tale politica è la credibilità dei mercati finanziari che, in un Paese con debito pubblico pari al 117%, non può che essere negativa. Molti economisti tendono ad essere ottimisti aspettando con ansia le elezioni del 25 Gennaio. Al di là della Grecia, la situazione di altri Paesi risulta migliore, come ad esempio quella della Svizzera. Il nostro piccolo vicino, infatti, ha subito la decisione della Banca Nazionale Svizzera di sganciare il valore del franco dall’euro. Se da un lato questo provvedimento ha giovato all’economia statale, dall’altro ha messo in crisi numerosi investitori stranieri che si sono ritrovati a dover pagare rate molto più alte rispetto alle precedenti. La conseguenza della situazione 4 di queste e altre zone è l’aumento del prezzo dell’oro. Quest’ultimo è uno degli indici che permette di analizzare la situazione economica mondiale e dal quale è possibile dedurre che la crisi esiste ancora nonostante molti pensassero che la ripresa degli USA e l’abbassamento del prezzo della benzina avrebbero trainato, verso la stabilità economica, anche altri Paesi. Ma a spaventare investitori di tutto il mondo è l’aspetto finanziario. A circolare su internet è la notizia di un possibile crollo della borsa statunitense. La veridicità di tale supposizione sembra aver attirato l’attenzione di molti esperti del Grecia, Svizzera e Stati Uniti influenzano l’economia di questo primo mese del 2015. settore tra cui lo stesso Warren Buffett che ha guadagnato miliardi di dollari investendo in borsa. Si pensa sia solo una questione di tempo prima che si assista ad un crollo del mercato del 50%. Nes- suno, però, può prevederne l’andamento o dire con certezza ciò che accadrà. Le ipotesi sono diverse ma tutti concordano sulla necessità di prepararsi al peggio. Se gli USA sono soggetti a cambiamenti imprevedibili, l’Europa lo è ancora di più. La sua economia non dipende da un singolo Paese ma da tanti Stati con leggi proprie e situazioni interne talvolta agli antipodi. La domanda che scaturisce direttamente da quest’ultima cosiderazione è se l’Europa, avendo cosi tanti vincoli, si possa effettivamente riprendere dalla crisi. La linea politica da adottare è dibattuta e prevede due possibilità: l’uscita dalla CEE (comunità economica europea) dei Paesi più a rischio o l’affrontare la crisi tutti insieme rallentando l’economia degli stati più forti per incrementare quella dei più deboli. In ogni caso, questo primo mese del 2015 fa auspicare ad un miglioramento generale dell’economia ma è ancora prematuro pensare di potersi lasciare la crisi alle spalle. Chiara Palumbo 5 O NUMERO QUATTRO - GENNAIO 2015 Sezione Attulità La storia di Eva Mozes e Rainer Hoess Un’ex deportata ad Auschwitz adotta il nipote di un nazista: “Aveva bisogno di quell’amore che la sua famiglia non gli ha mai dato” In un mondo pieno di violenza e crudeltà c’è chi ancora trova il coraggio di perdonare, schierandosi dalla parte del bene: è il caso di Eva Mozes, un’ebrea nata in Romania, che all’età di dieci anni ha visto la sua vita cambiare orribilmente. Infatti Eva è stata deportata nel campo di concentramento di Auschwitz insieme al resto della sua famiglia e, affiancata da sua sorella gemella Miriam, è stata costretta a subire,inoltre, esperimenti medici strazianti da parte del dottor Josef Mengele, meglio noto come “angelo della morte”: si pensa che le due abbiano attirato l’attenzione dell’uomo, il quale era talmente affascinato dal loro essere così identiche, che le trattò come pezzi di carne per esperimenti di ogni genere, giustificando le sue atroci sevizie sui prigionieri come “scopi di ricerca scientifica”. Nonostante la perdita dei loro ge- Su 1500 coppie di gemelli deportati nel campo di concentramento appena 200 sopravvissero. nitori nel campo di sterminio, Miriam ed Eva, sopravvissute, emigrarono negli Stati Uniti, cercando di ricostruire la loro vita. Decenni dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, Eva,ormai ottantenne, ha ricevuto,poi, un’email dall’allora sconosciuto Rainer Hoess, di 49 anni, nipote di Rudolf Hoess, il quale è stato un ufficiale tedesco membro delle SS e primo comandante nazista del campo di concentramento di Auschwitz, responsabile di circa 1 milione di vittime; a lui si devono la rapida costruzione del campo e l’impiego del gas Zyklon B (acido cianidrico) nelle camere a gas per semplificare e velocizzare le uccisioni. Hoess, in preda ai rimorsi, spiegava di aver tagliato ogni tipo di rapporto con la propria famiglia, in quanto disgustato dalle azioni spietate del nonno e,spinto dal senso di colpa ha,dunque, chiesto ad Eva di prendere in considerazione la possibilità di adottarlo come nipote, divenendo, così, la sua nonna adottiva. La donna colpita dal gesto, dopo averlo incontrato personalmente ha accettato di farlo.“Sono orgogliosa di essere sua nonna- spiega- Lo ammiro e gli voglio bene: aveva bisogno di quell’amore che la sua famiglia non gli ha mai dato”. Le due sorelle sono sopravvissute agli esperimenti più brutali, infatti nel caso dei gemelli Mengele inoculava di proposito anche virus letali per studiarne, poi, le conseguenze: ne veniva contagiato solo uno e, in caso di morte, veniva ucciso anche l’altro per poter poi proce- dere ad una comparazione “post mortem”. Su ben 1500 coppie di gemelli deportati nel campo di concentramento, infatti, appena 200 sopravvissero. Rainer Hoess non è riuscito a sopportare tutto il male generato dal nonno: “ In famiglia vigeva una vera e propria dittatura, il nonno era da ammirare come un eroe, ma per me è stata una croce”. Restano ancora tanti brutti ricordi di quei tempi passati e di quegli orrori seminati. Fortunatamente ci sono persone come Rainer Hoess che hanno colto la vera essenza della vita, l’amore e la dignità della persona e, pur sapendo che a compiere quegli orrori era stato suo nonno, quindi parte della sua famiglia e di se stesso, aveva condannato i suoi gesti, tanto da affermare che sarebbe stato propenso a profanare la sua tomba, se ne avesse avuta una, infatti, dopo esser stato catturato nel suo nascondiglio, è stato impiccato per i suoi crimini il 16 aprile 1947, in quanto giudicato colpevole dalla Corte Suprema di Varsavia. Martina D’Agostino 3 E 5 SESSANTESIMO MINUTO I pensieri della redazione per “Charlie” La Redazione tutta del Sessantesimo Minuto esprime il suo cordoglio e la sua vicinanza alle famiglie delle vittime dell’attentato di Parigi. Con dei brevi pensieri sul tema, alcuni articolisti hanno voluto esprimere le sensazioni suscitate da tanta violenza. Con la promessa che il sacrificio dei redattori di Charlie non rimarrà vano, lotteremo anche noi, nel nostro piccolo giornale, per poter essere liberi di parlare. Sempre. Alice Fraschetti 5 D Noi siamo Charlie ogni volta che nel mondo qualcuno tenta di tappare la bocca. Noi siamo Charlie, indipendente che succeda in Europa o nel resto del mondo. Noi siamo Charlie per ogni persona uccisa o percossa. Noi siamo Charlie, non perché condividiamo le vignette satiriche di Charlie Hebdo, noi siamo Charlie perché condividiamo il dolore del fallimento umano di fronte alla negazione della libertà. Enrica Ferilli 3 B L’attacco sanguinoso condotto ai danni del ‘’Charlie Hebdo’’ ci deve indurre a portare avanti la lotta per la libertà di espressione, senza ferire e insultare alcuna cultura nè religione, al fine di creare le basi per una convivenza civile. Caterina Cappello 3 E terroristi sono le deboli menti che coronano una vita vuota con una morte violenta in nome di perversi ideali religiosi propugnati da persone lucidamente spietate, mosse solo dalla sfrenata ambizione di potere, l’unico falso “vero Dio” Alfredo Bochicchio 5 O La prima azione che l’uomo compie è farsi sentire, dire “guarda che io esisto!”. Allora tu che vieni con l’arma in mano, mi minacci, spari e mi guardi morire devi essere consapevole che mi stai uccidendo due volte: mi privi della 6 vita e del mio diritto di esprimere il mio pensiero. Mariangela Corsetti 5 D nonostante tutto, hanno scelto di mantenere in vita Charlie Hebdo. Eleonora Serafino 5 M Per l’Europa, per la Francia, per noi stessi, riflettiamo, soffermiamoci su queste tragedie per quanto possano essere spaventose. Pensiamo al perché e a come risolvere tutto ciò. Pensiamo insieme, uniti. Pensiamo da coraggiosi, da lottatori, da ragazzi che vogliono pace, che non vogliono arrendersi e lasciare che il terrorismo attraversi i confini delle nostre nazioni. Il terrorismo è una malattia. È necessario curarla con “vitamine” di solidarietà, fratellanza, libertà, uguaglianza, amore.. Vittoria De Matteis 1 L Le vicende accadute a Parigi tra il 7 e il 9 gennaio sono state orribili. Sono stati uccisi tre ignettisti e il direttore del giornale solo perché avevano espresso la loro opinione. Ognuno deve essere libero di dire quello ch pensa. Chiara Verdini 1 L Ciò che mi lascia più amareggiato è ciò che c’è dietro a questo attacco terroristico: nazioni che finanziano l’Isis per i loro scopi politici. Che i vignettisti uccisi siano il simbolo della libertà di stampa. Michele Papa 5 M Dire che in fondo se la sono cercata è uccidere una seconda volta Charb, Cabu, Tignous, Wolinski, Honoré. Che si condividano o no certe idee, difendiamo la satira, sempre. Se quel giornale vi offende, non lo comprate. Un augurio a Luz e al resto della redazione che, Il mio paradiso non è un posto sperduto, lontano dall’uomo, popolato da chi ha seguito la sua”giustizia”, è un posto vicino, fatto da uomini comuni, da onesti e truffatori,capaci di esprimere le loro idee in un infinito dibattito che non arrivi a una conclusione. Il mio paradiso è la libertà di sbagliare e di essere corretto, la libertà dell’uomo dotato di pensiero. Luca Mariano Mariano 1 B Charlie Hebdo fa riflettere quelle generazioni occidentali che si illudevano portatrici di valori saldi e ben formati. Libertà di pensiero, libertà di espressione, di stampa. Libertà. Da oggi il mondo è un po’ meno aperto, e la paura è facile da cavalcare. Massimiliano Muci 4 E NUMERO QUATTRO - GENNAIO 2015 Sezione Cultura L’uomo e la terra In mostra al Palazzo Reale di Milano dal 18 ottobre all’8 marzo 2015 un inedito Van Gogh. Un’arte che parla di un uomo e del suo legame con la natura. Un’imperdibile esposizione di opere del celebre pittore olandese ci accompagna alla scoperta di una realtà insolita e meno approfondita di un complesso universo artistico. La rassegna, “Van Gogh. L’uomo e la terra”, promossa dal Comune di Milano anche per veicolare i temi dell’Expo 2015 tramite l’arte, è costituita da opere provenienti dal Kröller-Müller Museum di Otterlo, dal Museo Soumaya-Fundaciòn Carlos Slim di Città del Messico, dal Centraal Museum di Utrecht e da collezioni private. In un presente in cui l’industria, la tecnologia, l’eccessiva sete di guadagno e potere stanno inaridendo anche le parti più nobili dell’uomo, l’arte è l’unica, in maniera intima ed elegante, che può parlare alla nostra anima attraverso i sensi, da sempre i mezzi supremi con cui si percepisce e assorbe la bellezza. E in questa occasione, l’arte ci parla del rapporto tra l’uomo e la natura, dell’armonia di cui entrambi sono partecipi. All’inizio è un Van Gogh imbarazzato, quello presentato da Kathleen Adler, la curatrice del- Quel mondo semplice e umile era per lui nido di un’autentica comunione con la natura. la mostra, quasi a disagio verrebbe da dire, di fronte a uno dei suoi innumerevoli (circa quaranta) autoritratti che magnificamente ricrea un’aria sospettosa e severa verso se stesso. Sebbene l’insod- disfazione e il tormento non siano componenti nuove nella produzione vangoghiana, nella mostra sembrano prendere una piega diversa, acquistano una connotazione quasi positiva. Significative sono le tele raffiguranti il lavoro nei campi per comprendere come l’artista fosse in preda a un’ossessione per il mondo agricolo e per la vita semplice della campagna. Quel mondo semplice e umile era per lui nido di un’autentica comunione con la natura tanto da voler farne parte realmente; quel lavoro sfiancante esercitava su di lui un fascino travolgente perché rendeva l’uomo concretamente partecipe e in parte artefice dei cicli della terra. Eppure Van Gogh non si lasciò mai trascinare dalla riproduzione fedele della natura. Non riproduceva le cose così come erano realmente; ne riproduceva la bellezza, l’armonia, la sinfonia dei colori, restando nei “limiti del ragionevole”. Iniziava dai colori della sua tavolozza, forse per rivendicare il suo ruolo di “creatore” degli elementi delle sue opere, come Dio lo era delle cose della natura. In una lettera al fratello Theo dell’ottobre 1885, periodo in cui risiede a Neunen, scrive: “Si perde l’armonia generale dei toni della natura con un’imitazione penosamente esatta; mentre la si mantiene ricreando una gamma cromatica parallela che può essere addirittura ben diversa. Una volta concepita la sinfonia di un colore, che importa se è identica a quella reale?”. Seguire la natura e creare tranquillamente dalla propria tavolozza: opposti inscindibili, una lotta la sua che dà intimità con la natura e una conoscenza più completa delle cose. Risulta naturale avvertire una tendenza romantica radicata nella sua “poetica pittorica” perché immaginazione e sentimento guidano spontaneamente la sua mano. La sua arte è specchio dei suoi stati d’animo, delle sue vicende interiori, ma in quest’ottica diversa viene meno la drammaticità che è una costante nelle interpretazioni critiche, e si manifesta l’ansia e l’entusiasmo di un uomo che ha contemplato la natura, meditato sull’universo ma soprattutto su se stesso per cogliere la vera essenza e bellezza. Eleonora Serafino 5 M 7 SESSANTESIMO MINUTO Sezione Cultura La voce del cinema messa a tacere I principi e motivi in cui è stata utilizzata la censura cinematografica in Italia. Viene definita “censura cinematografica” il controllo preventivo di un’opera cinematografica da parte di un’autorità competente, che autorizza o nega la proiezione oppure ne limita la visione ad un pubblico adulto. La censura viene messa in atto qualora si pensi che un film possa essere contrario alla morale, turbare l’ordine pubblico e i rapporti internazionali, ma anche se esso contiene eventuali offese ad istituzioni, chiesa e religione. Un’istituzione, quella della critica, che parte quindi da principi saldi e incontestabili. Ma come sempre, quando si parla di censura, il dibattito è inevitabile: cosa è giusto mostrare? Può essere, la libertà di espressione, limitata? La storia del cinema ci mostra vari esempi di censura immotivata, basti pensare che uno dei più grandi registi italiani, Federico Fellini, è stato più volte Quando si parla di censura, il dibattito è inevitabile. Può essere la libertà di espressione limitata? vittima della censura per vilipendio alla religione, scene di sesso ed erotismo esplicite. Ne “I Vitelloni”, fu richiesto di tagliare la scena dell’incontro tra un commediografo e un attore omosessuale, poiché quest’ultimo sembra voler tentare un approccio amoroso verso il commediografo. Nella scena non è presente alcun contatto fisico e le avances dell’attore vengono subito rifiutate, ma la cen- 8 sura riteneva l’episodio offensivo al pudore. Anche la famosa scena di Alberto Sordi e i lavoratori, in cui l’attore sbeffeggia con una pernacchia e un gestaccio un gruppo di operai, veniva considerata lesiva alla morale. Entrambe le scene riuscirono ad essere inserite nella versione integrale del film, ma Fellini dovette più volte vedere i suoi film, ora considerati per nulla offensivi, esser vietati ai minori. Un caso eclatante di censura lo subì Monicelli per il suo film “Totò e Carolina”. Nell’opera, Totò interpreta un poliziotto in maniera comica e surreale, come soleva fare in tutti i suoi ruoli. La censura trovò che il personaggio di Totò sminuisse e ridicolizzare il ruolo dell’agente della Polizia. Monicelli fu costretto a tagliare molte scene, comprese alcune contenenti riferimenti al suicidio, a gravidanze indesiderate e al comunismo. Il film uscì pesantemente menomato, vittima di 86 tagli ed esempio della feroce censura che vigeva in Italia negli anni ’50. Ma fu sotto il regime fascista che la censura italiana raggiunse il suo massimo impiego. Furono aboliti qualsiasi riferimenti al regime o al Duce, all’odio tra le varie classi sociali (fu tagliata, nel capolavoro di Fritz Lang, “Metropolis”, la scena degli operai che si dirigono a lavoro a passo lento e con aria affranta) e furono vietati riferimenti al suicidio, che modificarono, tra i tanti, il finale di “Orage”, opera francese di Marc Allégret e che quasi rimossero il doppio suicidio presente nella trasposizione filmica del 1937 di Romeo e Giulietta. Storia più recente quella del parodistico “Brian di Nazareth”, uscito in Italia con 12 anni di ritardo, per la forte satira verso la figura di Gesù. Il cinema è uno strumento che fa paura per l’enorme potere suggestivo che dimostra di avere sul popolo, ma la sua arte e potenza espressiva non può essere repressa da un potere politico o religioso. Riuscirà sempre a far valere la propria voce. Matilde Tramacere 5 D NUMERO QUATTRO - GENNAIO 2015 Sezione Cultura Il suffragio universale compie 70 anni Storia di una lotta politica e sociale che si tinge di rosa. La lotta delle donne italiane per ottenere il diritto di voto nasce nell’800, ma solo dopo più di un secolo giunge ad una conclusione. Attraversando alterne vicende, nel 1928 vi è un totale annullamento del diritto di voto, ma è nel La Medaglia d’oro va alla Nuova Zelanda, che per prima concede il voto alle donne nel 1983. 1945 che avviene la vera svolta. Partendo dall’età pre-unitaria, sono tre i Regni che concedono alle donne di votare: Lombardia, Toscana e Veneto. Non vi era, però, la possibilità di essere elette. Con l’avvento dell’unità, questi diritti vennero meno. Vi era una sorta di tacito accordo per cui gli uomini erano gli unici “cittadini italiani” a cui le leggi e i decreti facevano riferimento. Le donne lombarde ebbero il coraggio di definirsi “cittadine italiane” por- tando alla Camera una petizione: chiedevano che il diritto di voto venisse esteso all’intero Paese. Numerosi i tentativi di riforma del sistema elettorale, di cui due riusciti nel 1871 e 1876. Vennero però insabbiati e mai discussi in Senato. Nemmeno Depretis rinunciò alla causa e tentò di modificare la situazione elettorale femminile. Non riuscì totalmente nell’intento, ma ottenne “solamente” un allargamento del diritto di voto maschile. In Inghilterra nacque un movimento di rivendicazione guidato dalle donne inglesi che prendevano il nome di Suffragette. Era il 1872. Questo diede una spinta importante alla lotta che si este a livello internazionale. Dopo anni di lotte, nel 1928 le donne inglesi ottennero il diritto di voto. Ma l’Inghilterra si trova solo sul secondo gradino del podio. La medaglia d’oro va alla Nuova Zelanda che concede alle donne di votare nel 1893. Vennero le guerre, e solo a seguito della fine del secondo conflitto mondiale si ottennero risultati tangibili in Italia. Durante la guerra molti uomini dovettero abbandonare il lavoro per combattere e le donne dovettero adattarsi e praticare mestieri notoriamente maschili. Forti di questa esperienza, le “quote rosa” presero sicurezza e tornarono a lottare per i loro diritti. Togliatti e De Gasperi diedero forma ad un decreto che prese il nome di Bonomi. Il 20 Gennaio 1945 Togliatti scrisse una lettera a De Gasperi per richiedere che la questione del voto alle donne venisse discussa nell’imminente consiglio dei ministri. Così avvenne e il 30 Gennaio dello stesso anno l’ultimo argomento trattato nell’assemblea del consiglio dei ministri fu l’estensione del voto alle donne nelle imminenti elezioni. Il decreto venne affrontato con poca attenzione, ma la maggioranza si dimostrò favorevole. L’indomani, le donne italiane di almeno 21 anni, furono finalmente in grado di partecipare attivamente alla vita politica. Le uniche a fare eccezione erano le prostitute schedate che lavoravano al di fuori delle case dove era loro concesso di esercitare la professione. Le donne italiane non erano ancora eleggibili. Si dovette attendere il 10 Marzo 1946 perché le donne potessero ritenersi cittadine a pieno diritto. Una lotta durata un secolo, vinta sfoderando gli artigli e mostrando “gli attributi” tipici del sesso femminile: coraggio, determinazione e tanta voglia di combattere per raggiungere i propri traguardi. Alice Fraschetti 5 D 9 SESSANTESIMO MINUTO Sezione Scienza e Te c n o l o g i a 2014: A Science Odyssey From astounding discoveries to new amazing theories, let’s explore the “magic-flavoured” world of science. Thanks to the limitless power of human imagination, empowered by the connecting potential of the Web, the very approach to scientific progress has hastened over the centuries. As a result, we gather knowledge, or better, we “do science” at an exponential rate. So, where decades ago, it would make no sense to write an article like: <<1959, a look back at new discoveries>>, today I find myself quite embarrassed as trying to summarize a ‘’single’’ year of science in a page, as I have to omit hundreds of interesting researches. This indeed, has been a rewarding year, as we “humans” have exploited our passion for photography by taking the most accurate picture of the universe ever! We know the immense cosmos with 99% accuracy, and yet, 80% of its mass is missing and we can’t explain why. My bet is that we don’t know it at all. Speaking about records, we have discovered the most distant star, the oldest star, and even the “coolest” one, and by “coolest”, I mean We gather knowledge, or better “We do Science” at an inconceivably fast speed the one with the lowest temperature, just to avoid any misunderstanding. We have found liquid water on Mars and Ceres, (clues of ancient life forms?), but sadly we 10 haven’t been able to do so with life on other planets yet. That’s why, maybe, we are so desperately trying to find exoplanets, earth-like planets that share many similarities with our world (temperature, atmosphere…). Setting the universe aside (Is it possible? I mean, the universe is just everywhere) I dare say that the most exciting projects have been carried out here on earth: -We have found a 1 million years old flower stuck in amber while reproducing, which gave us insight about prehistorical reproduction, showing that it hasn’t really changed ever since. -We have found a complete skeleton of the biggest dinosaur ever, a monstrous creature called Titanosaur, as massive and bulky as hundreds of elephants. Moreover, we have the definitive proof that birds are living dinosaurs, so we actually eat dinosaur meet every now and then. Would you have expected it? -We have 3D-printed functioning organs: an entire heart, a cranium and a lung, which have been successfully transplanted into patients. -We have built the first “neuro- morphic chip”, a chip made to emulate how humans reason (do they??) -We are many steps closer to finding the ultimate cure for cancer, thanks to our ability to remotely control nano-robots inside our bodies. -We have been told by Stephen Hawking that we don’t understand anything about black holes, and yet we are paying for his film. - We had a monkey control another monkey’s avatar via brain connections, not to mention that we have translated Chimpanzee’s language into English. I wonder what their first words have been! -However, the real breakthrough of 2014 science, is an incredible attempt to expand our genetic alphabet. We all know our DNA is based on 4 letters. What if, we expand the number of letters? We increase exponentially the possible ammino-acids, (the fundamental constituents of our body), giving birth to new living creatures with endless possibilities! What’s the purpose of this “great compendium” of scientific achievements? Well, it’s mainly to inspire you, to show you that the amazing world of science has nothing to do with magic, and yet it’s magical enough, to be the awe-inspiring, fascinating way to pursuit the knowledge we humans so desperately seek, to give some sense to this “wonderful-terrible” immensity. Alfredo Bochicchio 5 O NUMERO QUATTRO - GENNAIO 2015 Sezione Scienza e Te c n o l o g i a Stephen Hawking: il corag gio e la scienza “Per quanto difficile possa essere la vita, c’è sempre qualcosa che è possibile fare. Guardate le stelle invece dei vostri piedi”. Stephen Hawking è considerato uno degli astrofisici più brillanti del nostro secolo. Nato l’8 gennaio 1942, (a 300 anni esatti dalla morte di Galileo Galilei, una coincidenza curiosa) è famoso soprattutto per le sue ricerche sull’origine dell’universo e sui buchi neri. Ma Stephen Hawking non è soltanto il famoso fisico dal QI altissimo che tutti conosciamo, ma è prima di tutto un uomo che nella sua vita ha sofferto ma non si è mai arreso. Condannato ad una vita sulla sedia a rotelle per colpa di una malattia degenerativa dei motoneutroni sin da quando frequentava il college, può comunicare solo grazie ad un sintetizzatore. Stephen non smette mai di ripetere alle persone sfortunate come lui di andare Hawking: astrofisico eccezionale e grande guerriero. Al cinema il film sulla sua vita. avanti e infatti lui, nonostante la sua malattia, non ha mai smesso di dedicare impegno e amore alle sue ricerche che rappresentano per noi oggi un vero e proprio tesoro. La sua passione per la fisica e la curiosità che lo spinge a chiedersi il perché di ogni cosa, alimentano la sua vita e lo hanno portato a fare ricerche scientifiche eccezionali. I suoi libri sono dei best seller e per lui comprendere le leggi dell’Universo è quasi come una missione. Gran parte del suo lavoro, come già detto, riguarda i buchi neri e ricerche nell’ambito della relatività generale che confermano la teoria del big bang e ipotizzano che l’universo si stia espandendo. I buchi neri sono di sicuro il fenomeno che più l’ha appassionato e ancora adesso lo appassionano. Ha iniziato elaborando leggi termodinamiche che li descrivono, arrivando poi a scoperte più complesse che hanno confermato l’esistenza di queste entità. Insomma, Stephen rappresenta la scienza moderna ma lo abbiamo visto allo stesso tempo protagonista anche di molti documentari e programmi televisivi come Star Trek: the next generation, The Big Bang Theory e The Simpson. Ha anche prestato la sua voce robotica per realizzare alcuni brani dei Pink Floyd. Proprio negli ultimi giorni, è uscito nelle sale il nuovo film sulla sua vita. Già candidato a 5 oscar, il film si chiama “La Teoria Del Tutto” ed è tratto dal libro “Travelling to infinity. My life with Stephen” di Jane Wilde Hawking. Il film racconta della vita dell’a- strofisico a partire dal 1963, quando Stephen era uno studente all’università inglese di Cambridge. Lui si innamora di una studentessa di letteratura, Jane Wilde, con cui affronterà tutte le difficoltà della sua vita. I due si sposano e grazie a Jane, Hawking riesce a prendere il dottorato e a crescere tre figli con lei. Il film cattura il pubblico con questa bellissima storia d’amore tra due menti brillanti e i due attori principali, Eddie Radmayne e Felicity Jones, riescono ad interpretare alla perfezione prima la felicità dei due giovani e poi la sofferenza dopo la malattia di lui, facendo emergere il carattere forte della donna che deve prendersi cura del suo marito sostenendolo sempre. Jane e stephen combattono entrambi la malattia insieme, ed è proprio questo che rende il film così bello: il coraggio e la voglia di vivere di due persone straordinarie. Una vita da cui imparare, quella di Stephen Hawking; una vita di studi, amore, difficoltà ma anche soddisfazioni. Vittoria Vergari 1 B 11 SESSANTESIMO MINUTO Sezione Scienza e Te c n o l o g i a Smartphone e pc, il futuro è a “blocchi” Immaginate di poter costruire il vostro telefono su misura, con la stessa semplicità di una costruzione lego. Fantascienza? No, Modularità! Vento di rivoluzione spira sul mondo della tecnologia “ad personam” e tu, mio caro lettore, stai per esserne coinvolto. Se, infatti, sei fra quel 90% (statisticamente osservato) di persone che hanno cambiato un dispositivo elettronico negli ultimi due anni, sai di cosa parlo. Ad un mondo tecnologico in costante e rapidissima evoluzione siamo abituati. I nostri smartphone ultramoderni diventano obsoleti con il passare dei giorni e sempre più concreto è il rischio di comprare l’ultimissimo modello e di uscire dal negozio per scoprire che dopotutto non è più così nuovo. Un processore troppo lento, una grafica non più accattivante, una fotocamera scadente: sono tali e tanti i motivi che ci spingono dritti nelle grinfie dei colossi che dominano il settore, ansiosi di vendere l’ennesimo modello per conquistare la fetta più grande della deliziosa torta chiamata “Mercato”. E’ a questo punto che il concetto straordinariamente semplice ed efficace della modularità entra in gioco. Il termine “modulare” si riferisce all’essere composto da moduli, blocchi di elementi che svolgono ciascuno una determinata funzione e che, collaborando, riescono a svolgere un determinato compito, un po’ come gli organi in un organismo. Quali sono i vantaggi della modularità? 1) L’accessibilità e la standardizzazione sono le prerogative fondamentali della modularità: I 12 moduli, dovrebbero essere semplici blocchetti, facilmente installabili e compatibili con tutti i dispositivi elettronici che abbiamo in casa. Così, il vecchio processore del computer potrebbe divenire il nuovo processore del nostro frigo, e l’obiettivo della macchina fotografica una splendida ottica del nostro smartphone. 2) Rivoluziona il ruolo del consumatore che da soggetto passivo diventa parte integrante ed attiva: Ciascuno di noi avrà la possibilità di costruire un “device” su misura. Il mercato terminerebbe di imporre le odiose logiche consumistiche che inducono “falsi” bisogni attraverso la pubblicità; sarebbe finalmente il consumatore ad imporsi sul prodotto. In questo modo, un ragazzo con la passione per la fotografia, potrà investire nel migliore modulo della fotocamera, trascurando gli Il vecchio processore del nostro computer, potrebbe divenire il processore del nostro frigo altoparlanti, che saranno invece apprezzatissimi da un audiofilo. L’uomo d’affari avrà l’esigenza di montare una grande batteria e il videogiocatore non tralascerà sicuramente un buon modulo di ricezione per essere sempre connesso. 3) Nel momento in cui andiamo a sostituire un vecchio device, possiamo semplicemente sostitu- ire il modulo che riteniamo inadatto, evitando di buttare un intero organismo solo perchè un organo ha smesso di funzionare. L’aspetto dell’inquinamento tecnologico non è assolutamente un fattore secondario. Globalmente, produciamo circa 50 milioni di tonnellate di” e-waste” all’anno, (electronic waste). Inoltre: -L’e-waste ha un elevatissimo livello di tossicità per l’ambiente, e lo smaltimento richiede una procedura economica. -I materiali (oro, alluminio, silicio, rame) hanno un enorme valore e consentirebbero un notevolissimo risparmio dell’industria. La modularità è un’idea recentissima, ma ha impressionato a tal punto sia l’industria che i consumatori, che colossi come Google si sono cimentati nella produzione di uno smartphone modulare. La buona notizia? Entro febbraio 2015 il primo smartphone modulare sarà disponibile nei nostri negozi. Farci un pensiero, è quasi obbligatorio! Alfredo Bochicchio 5 O NUMERO QUATTRO - GENNAIO 2015 Sezione Musica Give Peace a Chance Spunti per la playlist del giovane pacifista del ventunesimo secolo: la pace riparte dal rock degli anni Sessanta. A poco più di due settimane da quello che è diventato uno degli eventi più significativi dell’ultimo decennio, è doveroso lasciare per un momento da parte il racconto di quanto è accaduto, per soffermarsi ad analizzarne il significato più ampio. “Quando il potere dell’amore supererà l’amore per il potere si avrà la pace”, predicava Jimi Hendrix nell’ultimo scorcio degli anni ‘60, e chissà cosa penserebbe ora se sapesse che si è esaurito gran parte dello slancio utopistico di quell’epoca. Contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare, la globalizzazione ha accentuato l’individualismo, annientato la coesione sociale, e andando avanti sembra di essere sempre più lontani dalla realizzazione di quegli ideali. Gli strumenti della demo- crazia globale hanno alterato la percezione che si ha di ciò che è diverso, facendolo apparire come un pericolo agli occhi di chi guarda, hanno alimentato contemporaneamente la chiusura nei confronti di tutto ciò che diverge e si allontana dal proprio sentire e la volontà di imporre il proprio modo di pensare con la prepotenza e la prevaricazione. In una società globale che utilizza tutti i più moderni canali di comunicazione virtuale, bisogna convivere con il rischio di essere esposti alle critiche non sempre costruttive da parte di chiunque esprima le proprie opinioni, anche non qualificate, e che ciò che si produce in qualunque forma raggiunga una quantità sempre maggiore di persone molto eterogenee per cultura e gusti. Orientato alla stessa visione del L’uomo è schiavo dell’egoismo, continua a sbattere la testa contro lo stesso muro. grande Jimi, è il messaggio lanciato da Bob Dylan in molte delle sue canzoni, e tra le tante la famosa “Blowin’ In The Wind” e la meno conosciuta “Masters Of War”. La prima, un inno al pacifismo, oscilla tra la disperazione di chi vede attorno a sé muri fatti di qualunquismo ed indifferenza, e l’ottimismo tipico di chi crede nella forza di un ideale e di una canzone. Con i suoi continui richiami allegorici alla guerra, e il serrato susseguirsi di domande, questo brano costituisce uno spunto di riflessione per chiunque lo ascolti prestando attenzione al suo più profondo significato. ‘Masters Of War’ è invece una canzone dai toni aspri e dalle immagini forti. Evocativa e arrabbiata, lancia un’accusa nei confronti di una società, e in particolare della sua classe di governo, che dimentica facilmente la guerra e le sue vittime e confonde questa indifferenza con una ricerca di pace. Risulta molto semplice immaginare il senso di smarrimento e rammarico nell’animo di chi, dopo aver combattuto per i propri ideali, si guardi intorno e realizzi che il coraggio, la motivazione e la determinazione si siano dissolti, che nulla sia effettivamente cambiato, che l’uomo sia sempre più schiavo dell’egoismo, come se non fosse mai stanco di sbattere la testa contro lo stesso muro. Che scelga di essere delicato, che scelga di essere duro, Dylan cerca di spronare l’umanità a rivalutare il passato, a imparare da ciò che è stato e non dovrebbe più essere. Siamo tutti convinti che con le canzoni non si può cambiare la realtà, ma alcune possono contribuire a rendere migliore la società ed il tempo in cui si vive, e non ci resta che sperare che la musica ci regali anche nel futuro artisti dai quali possiamo imparare a leggere nelle nostre coscienze. Maria Giaccari 4 C 13 SESSANTESIMO MINUTO Sezione Musica Le origini del Festival di Sanremo Anche quest’anno si terrà l’annuale Festival della canzone italiana, al teatro “Ariston” di Sanremo. Ma quali sono le origini di questa ricorrenza? “Cari amici, vicini e lontani...” è questo il saluto che apre il Festival di Sanremo, pronunciato da Nunzio Filogamo, il primo conduttore, quella sera del lunedì 21 Gennaio 1951, data in cui prende vita questa ricorrenza. All’epoca ci si trovava in un clima di tensione dovuto alle guerre appena concluse, cercando di scappare dalla cruda realtà che aveva circondato il piccolo paesino di Sanremo. Esisteva solo la radio, che riusciva a incantare tutti gli ascoltatori con questa novità, presentando diversi artisti della musica italiana, con i loro inediti e le loro esibizioni, accompagnati da una grande orchestra. Il risultato di questo nuovo spettacolo fu subito un successo: si decise quindi di ripetere il Festival annualmente. Nel 1955 la Rai riesce a collegarsi con il casinò di San Remo dove si svolge il Festival: è il primo anno che lo spettacolo viene trasmesso in tv. Negli anni successivi il numero dei partecipanti aumenta: da tre si passa a cinque cantanti, ottenendo notevole importanza Il Festival di Sanremo, ha visto esibirsi diversi artisti, sotto la guida di molti personaggi della tv. nel mondo della musica italiana, finchè, nel 1958, un artista spicca tra tutti gli altri, Domenico Modugno. Il suo brano, “Nel blu dipinto di blu” riscuote così tanto successo 14 che diventa la colonna sonora del Festival, ribattezzata in seguito dagli spettatori “Volare”. Questa canzone riesce a far esportare la musica leggera italiana anche all’estero. Il 1962 presenta una novità all’interno del Festival: per la prima volta, infatti, si può votare anche con l’Enalotto, e, nel 1968, è Pippo Baudo a dirigere lo spettacolo, ospite d’onore Louis Armstrong, che si esibisce con il brano “Mi va di cantare”. Nel 1972 a condurre è invece Mike Bongiorno; lo stesso anno fa il suo esordio Lucio Dalla, con la sua canzone “Piazza Grande”. Nel 1984 nasce una nuova sezione all’interno del Festival, le “Nuove proposte”, una gara tra artisti emergenti che fanno il loro debutto sul palco dell’A riston. Il vincitore della prima edizione è Eros Ramazzotti, con “Una Terra Promessa”. A condurre il festival è nuovamente Mike Bongiorno. Ramazzotti si presenta nella categoria Big nel 1986, vincendo con il brano “Adesso tu”. Il 1990 è un anno particolare, in quanto per la prima volta nella storia del Festival, a vincere è una band musicale, i Pooh, con “Uomini soli”. La notizia fa scalpore e tra gli spettatori vi è una certa sorpresa. Nel 1995 conduce ancora una volta Pippo Baudo; a vincere è Giorgia con il brano “Come saprei” Nel 1998 il palco dell’A riston è ricco di ospiti internazionali, tra cui Madonna, Ricky Martin e Celine Dion. Il festival del 2001 è condotto da Raffaella Carrà, insieme a Megan Gale, Massimo Ceccherini ed Enrico Papi, mentre nel 2005 vince “Angelo” di Francesco Renga, nell’edizione condotta da Paolo Bonolis. Fabio Fazio e Luciana Littizzetto conducono sia nel 2013 che nel 2014. A vincere sono rispettivamente Marco Mengoni con “L’essenziale” e Arisa con “Controvento”. Quest’anno ricorre il 64esimo anniversario del Festival della musica italiana, con diversi artisti che cercheranno di aggiudicarsi la vittoria con i loro brani. DIletta Maria Polo 3 F NUMERO QUATTRO - GENNAIO 2015 Sezione Musica Pino Daniele, un uomo in chiave blues Napoli, dove è cresciuto, e tutta Italia si stringono nella memoria dell’artista scomparso all’inizio di questo mese. Lo si era visto giusto qualche giorno prima, nella celebre trasmissione “L’anno che verrà”. Certo è che alle 21:30 di una sera di San Silvestro probabilmente la maggior parte dei lettori del giornalino era più impegnata a mangiare cotechino che a prestare attenzione al televisore sintonizzato su Rai 1. Ma lui era lì, a Courmayeur, e per un’ultima volta ancora accarezzava le corde della sua chitarra, e con quella sua voce soave cantava “Quando”. Mi rendo conto che molti adolescenti di oggi potrebbero non apprezzare Pino Daniele, e chiunque può avere le sue buone ragioni, e non cercherò nemmeno di strumentalizzare la sua morte per rimpiangerlo, ma la sua improvvisa scomparsa ha davvero coinvolto e commosso l’intero ambito artistico della nostra penisola, dando una misura reale della enorme stima di cui godeva e facendoci ricordare anche quanto fosse forte il suo impatto popolare. “Il nero a metà, l’americano della nuova Napoli che sognava di veder passare la ‘nuttata’, il mascalzone latino, il Lazzaro felice, l’uomo in blues, il musicante on the road, il neomadrigalista, Muore a Roma, a quasi 60 anni di età Pino Daniele, celebre icona della musica Italiana. cantautore che negli anni in cui dominava il messaggio non mise mai in secondo piano la musica, pur avendo cose da dire, e che cose”. Questo si legge tuttora sul suo sito ufficiale, un autoritratto che la dice lunga sul suo stile personalissimo e inconfondibile. Non sarà per niente facile avere un secondo Pino Daniele, non è davvero da tutti saper fondere la melodia napoletana con rock, blues, jazz, un po’ di tarantella e un po’ di funk. Lui ci è riuscito, partendo dalla sua Napoli, una città che verso di lui ha sempre provato un amore sterminato, proprio lì nel 1977 ha lanciato “Na Tazzuliella e cafè” e “Napule è”, due grandi successi che, a poco più di vent’anni, gli hanno permesso di cominciare un incredibile viaggio di contaminazione musicale. Ma è con “Nero a metà” del 1979 che Daniele diventa una star del nostro panorama musicale, un album di straordinaria bellezza e originalità, il disco che meglio ha raccontato Pino, la sua anima, in un insieme coloratissimo e ap- passionante, che in canzoni come “I say i’ sto ‘cca” o “Quanno chiove” incontrava magicamente il cuore del pubblico. Questo disco è la sua consacrazione: dimostra il suo essere profondamente partenopeo e al tempo stesso cittadino del mondo; dimostra di essere virtuoso, di voler espatriare per diffondere il suo genio, ma nello stesso tempo si sente fortemente legato alla sua Napoli. Passando per gli anni 80, con l’album “Bonne soirèe”, con una formazione tutta partenopea dove non manca nessuno: James Senese, Tullio De Piscopo, Joe Amoruso, Tony Esposito e Rino Zurzolo. E ovviamente lui, Pino Daniele, che nello Stone Castle di Carimate, nel 1987, impugnava la sua chitarra, in una foto che a Napoli è celebre quasi quanto lo scatto dei Beatles che attraversano Abbey Road. Fino ad arrivare agli anni ’90, i primi problemi di salute, e le numerose collaborazioni con artisti della scena Italiana e non (giusto per fare qualche nome Francesco De Gregori, Luciano Pavarotti, Eric Clapton, Claudio Baglioni). Pino Daniele è stato indubbiamente un cantautore dalle capacità incredibili e spero che la sua storia (andando aldilà dal fatto che sia deceduto), la sua musica “contaminata” sia di ispirazione a chi vuole uscire dal muro della banalità della musica contemporanea. Gabriele Rizzo 5 N 15 SESSANTESIMO MINUTO Sezione Spor t Fenomeni Carioca: genio e sregolatezza Viaggio nella carriera dei calciatori verdeoro che si sono distinti non solo sul terreno di gioco. Il Brasile è una terra che da sempre coltiva la passione per il calcio e ne sono esempio i tanti fenomeni provenienti dal Paese carioca che popolano tutti i campionati del mondo, specialmente quelli europei. Se i calciatori brasiliani possono quasi sempre essere sinonimo di fantasia e “piedi buoni”, non hanno gli stessi pregi sotto l’aspetto comportamentale, soprattutto quando si allontanano dalla patria natìa. Essi infatti soffrono molto la lontananza dal loro Paese (la famosa “saudade”) e spesso dopo pochi anni il loro rendimento cala a picco, rendendo i fenomeni dei veri e propri “bidoni”. Esempi lampanti di ciò sono sicuramente Adriano Leite Riberio e Ronaldinho, due calciatori che hanno fatto vedere grandi cose nei palcoscenici europei, ma che hanno lasciato i grandi palcoscenici anticipatamente proprio perché divenute “teste calde”. Il primo ha militato per la maggior parte della sua carriera nella nostra Serie A; arrivato all’Inter giovanissimo, venne girato alla Fiorentina per sei mesi e poi ingaggiato dal Parma, dove esplode e mette a segno, in 18 mesi, 23 gol in 37 partite in un campionato, come quello italiano, dove le difese non sono facilmente penetrabili. Nel gennaio del 2004, Roberto Mancini lo rivuole nell’Inter, poiché nota in lui le caratteristiche del fenomeno, tanto da paragonarlo a Gigi Riva e Marco Van Basten. Ricordato ancora oggi per la potenza dei suoi tiri, Adriano si dimostra essere una macchina da gol, tanto che i tifosi lo nominano 16 “Imperatore”; dopo due anni pieni di grandi prestazioni, Adriano viene colpito da una forte depressione che lo porta ad un lento declino; insieme al suo agente decide di optare per un prestito in Brasile, al San Paolo, con la speranza che la vicinanza al suo Paese lo possa far tornare ai grandi livelli visti in precedenza. Invece, il periodo in Brasile mostra il lato trasgressivo del calciatore: feste notturne, ritardi agli allenamenti e completa mancanza di buonsenso portano il San Paolo a terminare il prestito prima della data prevista. Josè Mourinho, erede di Mancini sulla panchina dell’Inter, cerca di dargli fiducia, ma non viene ripagata dal calciatore che continua a non rispettare le regole. La depressione di Adriano continua, tanto che Spesso dopo pochi anni il loro rendimento cala a picco, rendendo i fenomeni dei veri “bidoni” nell’aprile del 2009 decide di interrompere momentaneamente la propria carriera, per poi tornare in Brasile a maggio firmando un contratto con il Flamengo. Il fisico però ne risente e il giocatore brasiliano non ritorna più ai fasti di una volta; ora è svincolato e consapevole che avrebbe potuto essere uno dei migliori attaccanti di tutti i tempi. Destino più o meno analogo è quello di Ronaldinho: punta di diamante del Barcellona di Frank Rijkaard, vincitore della Champions League del 2006, al “Gaucho” furono assegnati importanti riconoscimenti personali, come il Pallone D’Oro (2005) e il Fifa World Player (2004, 2005). Divenuto il sogno di tutti i più grandi club e idolo dei ragazzini di tutto il mondo, anche lui passò da essere re del calcio a re della movida in poco tempo, tanto che il Barcellona, nel 2008, lo scarica al Milan, dopo un infortunio che gli fece terminare la stagione in anticipo. Al Milan fece piuttosto bene, ma le uniche prestazioni da fenomeno rimasero quelle fuori dal campo; lentamente il calciatore brasiliano esce dai radar dell’elite del calcio mondiale, ed oggi gioca (quando ne ha voglia) nel Queretaro, squadra del campionato messicano. Il Brasile continuerà sempre a “sfornare” nuovi talenti, ma probabilmente avranno sempre le due caratteristiche che li contraddistinguono: genio e sregolatezza. Michele Papa 5 M NUMERO QUATTRO - GENNAIO 2015 Sezione Spor t La Gazzet ta dei Calciofili 62esima edizione del Pallone d’Oro: vince CR7. “Il miglior gol? Il prossimo che farò.” Quest’anno, come ormai di consueto, la cerimonia della 62 esima edizione del pallone d’oro si è tenuta a Ginevra, in Svizzera, e a fare gli onori di casa è Sepp Blatter, presidente FIFA. Esordisce semplicemente, parlando dell’importanza del calcio, di questo sport meraviglioso che ancora una volta può essere d’aiuto nel tentativo di mettere da parte, almeno per due ore, tutti i problemi e i disagi di questa società, del mondo intero, che in questi giorni hanno interessato principalmente l’Europa con l’orribile attentato a Charlie Hebdo. Così, dopo un breve discorso di apertura, la cerimonia può avere finalmente inizio. A contendersi quest’anno il pallone d’oro sono: il portiere tedesco che ha rivoluzionato il suo ruolo negli ultimi anni, e per altro campione del mondo con la Germania (Brasile 2014), Manuel Neuer; “La Pulce” argentina oramai “abbonato” a questa cerimonia da molto tempo, Leo Messi; infine il lusitano più famoso del pianeta, che continua ad acquistare fama per i suoi numeri con il pallone e anche per il gossip, Cristiano “CR7” Ronaldo. La premiazione parte subito in modo effervescente, con la bellissima Kate Abdo che introduce il nostro Alex Del Piero. Sarà infatti lui a presentare la top 11 dell’anno solare 2014 composta da Neuer, David Luiz (molti risentimenti sulla sua nomina), Thiago Silva, Sergio Ramos, Philipp Lahm (capitano e bandiera della Germania, svela di avere idolatrato fin da giovane Paolo Maldini, e di essersi ispirato a lui), Angel Di Maria, Tony Kroos, Andres Iniesta; ed infine il tridente più forte del mondo (sarebbe illegale farli giocare insieme) Arjen Robben, Cristiano Ronaldo e Leo Messi. Top 11 che presenta alcune delusioni, che però vengono messe da parte, poiché sorteggiato su 5000 ragazzi svizzeri, un adolescente elvetico pone al tridente d’attacco (Robben,CR7,Messi) una domanda: <<Il miglior gol che avete mai realizzato?>>. La risposta degna di nota è quella di CR7 che si guadagna uno scroscio di applausi dicendo:<<Il prossimo che farò.>>. Dopo questo momento di fibrillazione si passa alla premiazione del miglior giornalista FIFA (premio alla carriera) per il giapponese Hiroshi Kagawa. Ma la serata è lunga e il prossimo premio (miglior coach femminile dell’anno) va a Ralf Kellermann tecnico del Wolfsburg femminile: non manca l’occasione per sottolineare il rammarico verso la famiglia di Junior Malanda, calciatore del Wolfsburg, morto a soli 20 anni. Ad intrattenere, poi, il pubblico a Ginevra, fuori dalle tempistiche consentite, è Joachim Low, premiato come miglior allenatore dell’anno, un uomo che ha rivoluzionato il calcio e la nazionale tedesca negli ultimi 5 anni. Successivamente ottima iniziativa della FIFA, che premia alcuni dei 14000 volonatari FIFA, con palloni autografati dai candidati. Piccolo cameo del famoso (?) cantante elvetico, Bastian Becker, che anticipa la premiazione del miglior gol dell’anno dato a James Rodriguez (Colombia). La serata sta per terminare e anche il pallone d’oro femminile viene assegnato a Nadine Kessler. Ore 20.09, Cristiano Ronaldo riceve il Pallone d’Oro 2014, masticano amaro Messi e Neuer. Non poteva che essere lui, a detta di molti, il miglior giocatore dell’anno. I suoi numeri fanno impallidire (60 gol di cui 46 in campionato, in una stagione). Viene così sfatato il tabù Messi, che ormai con le sue vittorie “continue”, aveva spento la magia della premiazione. Neuer ci credeva, ma finchè ci sono “quei due” a dare spettacolo, dovrebbero inventare un pallone d’oro solo per portieri. Alessandro Corallo 3 E 17 SESSANTESIMO MINUTO Reportage della Memoria Macerie tra i fiori d’estate Per il 27 gennaio, Giornata della Memoria, racconto la mia.. “Ad Auschwitz c’era la neve, il fumo saliva lento/nel freddo giorno d’ inverno e adesso sono/nel vento, adesso sono nel vento.” Lasciavo così Auschwitz lo scorso agosto, con questa canzone di Guccini come sottofondo del viaggio di ritorno e con ancora quel misto di stupore e inquietudine che mi aveva accompagnata dal momento in cui avevo varcato con l’auto i confini della Polonia. L’autostrada era deserta e nelle stazioni di servizio c’era qualche donna che parlava solo polacco e riuscivo a malapena a capire quanto costasse in euro un caffè. Ho percorso più di cinquanta chilometri tra i piccoli paesi delle campagne polacche, avvolte in un’amarezza che le rendeva ancora più lontane. Non un cartello per Oświęcim, il centro urbano di Auschwitz. Quel posto, di cui il mondo intero parla, di cui viene urlata l’esistenza a caratteri cubitali, sembrava un fantasma. Se ero a trenta, dieci o due chilometri dal più importante campo di concentramento e di sterminio non lo sapevo, perché non c’era scritto da nessuna parte. Ho capito che Auschwitz è così, prende forma solo quando lo raggiungi, come se il nome nascesse nell’istante in cui lo hai trovato, è lì quando tu sei lì. Altrimenti come farebbero i polacchi a vivere così vicini al suo orrore? Sembra quasi un paradosso percepire quanto il luogo più carico di storia e di tragica esperienza umana sia immerso in un’atmosfera così surreale. Immaginavo il campo esattamente come lo avevo visto nelle fotografie, nitido, 18 vivo, ma l’ho trovato segnato dal tempo. Birkenau, il campo di sterminio di Auschwitz, responsabile della morte di più di un milione di persone, adesso era un’immensa prateria dove crescevano persino i fiori tra i resti delle baracche e delle camere a gas distrutte. E’ proprio questo che mi ha lasciato senza fiato, il modo genuino con cui la realtà mi travolgeva, senza filtri e senza orpelli. Siamo stati abituati ad ascoltare mille volte parole sulla crudeltà degli stermini, parole che pensavo bastassero a nutrire la sofferenza, la compassione, pensavo che fosse sufficiente sapere per diventare un protettore della memoria. Ci hanno insegnato a non smettere mai di parlare dell’Olocausto, perché così va fatto affinché nessuno dimentichi. Ma ad Auschwitz le guide dicono solo il numero degli ebrei nelle baracche e cosa i nazisti facevano di loro, non c’è nessuno a fare la lezione sulla giustizia e sulla libertà, non c’è nessuno a L’arrivo ad Auschwitz svelò un luogo in cui la realtà è più forte di qualsiasi parola. spiegare quanto tutto questo sia stato atroce e disumano. Perché Auschwitz è così, è muto. Oltrepassati i fili spinati, i film, i documentari, i dibattiti che hanno rimbombato nella mia coscienza venivano assorbiti dal silenzio della tangibilità. Ho toccato il legno umido dei letti e il ferro freddo dei pali d’impiccagione, mi sono appoggiata alle ringhiere delle scale e ho camminato sui binari dei treni. Una nuova sensibilità sanciva un legame con le cose, come se finalmente mi appartenessero davvero. Auschwitz mi ha rapito con la forza del suo semplice esistere, che rendeva vano ogni tentativo di esplicazione. Per questo ho lasciato che parlasse Guccini al posto mio, perché mi sentivo come il bambino della sua canzone, sospesa nel vento e spogliata del sorriso. Ma credo che sia proprio questo custodire la memoria: permettere ad Auschwitz di prendersi una parte di sé e portare il peso del vuoto che lascia. Angela Aromolo 4 E 3. La Percezione NUMERO QUATTRO - GENNAIO 2015 Storia a Puntate Il vero prezzo della Droga Le sensazioni talvolta possono essere fatali e incontrollabili, potrebbero portare a giudizi errati e stravolgere il tutto. Non so cosa passi per la mente alle altre persone, e non me lo sono mai chiesto. Però ultimamente questo dubbio mi assale ogni volta che ripenso a quella notte. Finalmente mi hanno raccontato la verità, la loro verità. A quanto pare sono stato incastrato da entrambe le parti, che peccato non averlo capito dal principio. D’altronde non poteva essere l’opposto, non mi avrebbero lasciato marcire lì dentro per ore senza intervenire. Questa è un’altra promessa buttata al vento, e ora mi chiedo se veramente siano credibili come istituzione oppure quel che dicono, e soprattutto fanno, sia un am- Non credevo però che creasse così tanta assuefazione il ricorrere a quelle sostanze per sentirsi meglio masso di cavolate che tentano di far trasparire come verità. Non è questo il mio problema, comunque. Io credevo nel bene della giustizia, credevo che avendo agito per un bene superiore avrei potuto mettere a posto le cose, eppure non ci sono riuscito. E, appunto, mi chiedo se sia io a sbagliare oppure è il mondo che si nasconde dietro enormi menzogne. È facile affidare la colpa a qualcun altro, eppure io non credo di aver sbagliato nulla, se non i mezzi con cui ho agito anche se erano, e tutt’ora sono, i mezzi con cui chiunque agirebbe. Non sapevo ancora con chi avevo a che fare nel momento in cui ho iniziato questa mia “crociata”; credevo in molte cose e molte altre me ne sfuggivano, avevo una percezione ben precisa del pericolo cui potevo andare incontro, anche se poi questa si è rivelata errata. Non credevo però che creasse così tanta assuefazione il ricorrere a quelle sostanze per sentirsi meglio; a mio parere ci si sente unicamente impotenti e inutili grazie ad esse. Eppure chiunque ne faccia uso si sente impotente di suo. Quindi il mio dubbio si condensa in questo, perché farne uso se, alla fine, ciò che si ottiene è una perdita della propria percezione personale come individuo. È vero, però, che per un ristretto lasso di tempo quelle sostanze riescono a procurare delle sensazioni fenomenali e assurde, quasi incredibili e poi alla fine quello che rimane alla resa dei conti non è altro che una perdita di coscienza. In questo momento, comunque sono fermamente convinto che non ci si debba abbandonare al loro totale controllo, questo significherebbe arrendersi, anzi significherebbe che non si è nemmeno tentato di cambiare nulla. Io ci ho provato, con scarsi risultati, ho provato a fermare nel mio piccolo questo processo di degradazione umana che purtroppo è diffuso. Perché loro cercheranno sempre di più di vendere queste sostanze in giro affinché gli altri restino incoscienti della reale situazione verso la quale si sta andando. Ho scelto di non essere controllato da quei mostri perché ritengo che, anche se non so quale sia il mio scopo qui, io abbia il dovere di fare la differenza in qualche modo; e magari sarà proprio la mia differenza a cambiare la situazione. È come se scegliessero di vestire una maschera, facendo uso di quelle sostanze, e ancora il dubbio del perché lo facciano mi assale e mi corrode internamente. Ma dovrebbero sapere che quella maschera non fa altro che trasformarli in loro stessi un’altra volta, un’ultima volta prima di cadere nell’abisso di impotenza che li caratterizza. Gianmarco Conte 5N 19 SESSANTESIMO MINUTO Banzigmistica Sudoku Livello: Difficile Soluzione del Sudoku di Dicembre Indovinello Chi la fa, la fa per venderla. Chi la compra non la usa. Chi la usa non la paga. Di quale oggetto si tratta? Soluzione dell’indovinello di Dicembre E’ sufficiente chiedere al viandante: “Portami al tuo paese”. Infatti, nel caso in cui dicesse la verità, lo porterebbe proprio nel paese della verità. Se mentisse, comunque lo porterebbe nel paese della verità (in quanto, appunto, non dice la verità). Le soluzioni sul prossimo numero! 20